1.3 «Tutta quasi la letteratura converge al Dramma»
1.6. Un giornale italiano a Parig
Non conosciamo la risposta di Rosales alla proposta fattagli da Agostino e da Mazzini, ma da un'altra lettera di Mazzini a Rosales, risalente all'8 dicembre 1835, si deduce che quest'ultimo dovesse aver avanzato difficoltà tali da indurre Mazzini a desistere dal tentativo di stampare la rivista a Lugano. Secondo alcune voci, inoltre, il Regno di Savoia avrebbe approvato una legge sulla stampa più permissiva, cosa che induceva il gruppo mazziniano a sperare di poter ritentare la pubblicazione a Genova176
.
Già da qualche tempo, tuttavia, il gruppo mazziniano doveva aver cominciato a pensare anche a Parigi come alla città che forse meglio di altre avrebbe potuto ospitare questa impresa editoriale. In una lettera alla madre dell'ottobre del 1835, infatti, Agostino, dopo aver accennato al progetto di acquistare la tipografia di Bienne, dove si stampava la «Jeune Suisse», scriveva:
Parle-moi plutôt des projets que j'ai communiqué à l'Avocat, de Chatterton etc. Nous voudrions avoir une réponse hâtive sur le premier de ces projets parce que si cela ne paraît pas faisable à l'intérieur nous essayerons de réaliser notre journal à Paris177.
176 «Caro amico, s'è ricevuta la tua. - Rispondo io, perché Agostino, pressato da altre cose, ora non può – ti scriverà poi. - Ho pensato, pensato, e non si fa più nulla. - Dapprima tu sei troppo a mal partito in via finanze – e noi tutti – e questa è ragione decisiva. Vuoi tu che ti riduciamo, per fare un giornale, a chiedere imprestiti a …1? Poi, perché parli di non accettare utili, se ve ne fossero? Non è più allora l'impresa fraterna che voleva essere. - Poi, mill'altre ragioni. - Poi, al nuovo anno verrà maturata in Piemonte una legge sulla stampa, che concede, dicono, un po' più di latitudine. - Allora, ritenteremo laggiù per la Rivista straniera. - Insomma, non se ne parli più – e tu abbi, in ogni modo, i nostri ringraziamenti per le offerte cortesi di fare, anche contro la tua opinione». Mazzini a Rosales, 8 dicembre 1835, SEI, vol. IV, pp. 150-151.
177 A. Codignola, I fratelli Ruffini..., op. cit. L'«Avocat» è Filippo Bettini. A quanto pare, però, Bettini non era convinto della fattibilità del progetto, come si ricava da una lettera di Agostino alla madre, del 23
Nella capitale francese, Mazzini aveva numerosi contatti sia nell'ambiente politico che in quello letterario. Stretti legami univano l'organizzazione mazziniana all'ambiente repubblicano di Parigi: Mazzini scriveva sulla «Revue Républicaine» di Godefroy Cavaignac e intratteneva dei rapporti con Armand Carrel. A Parigi, poi, oltre a contare su una vasta rete di affiliati alla Giovine Italia, Mazzini sperava di poter usufruire anche del sostegno della comunità degli esuli italiani: la pubblicazione di un giornale italiano, infatti, si prestava a federare attorno ad esso anche quanti non condividevano né la strategia, né gli scopi del progetto politico mazziniano.
A partire dall'autunno del 1834 anche Agostino Ruffini e Antonio Ghiglione risiedettero a Parigi e nel corso del loro soggiorno stabilirono diversi contatti con l'ambiente politico e culturale della capitale, con gli intellettuali francesi e con gli esuli italiani178. A Parigi Agostino doveva verificare l'esistenza o meno di condizioni propizie per stabilirvi una cellula della Jeune France179; analogo era il compito di Ghiglione, che nell'estate del 1835 da Parigi si recò a Napoli, in missione politica per conto della Giovine Italia, allo scopo di effettuare una ricognizione volta a reperire notizie e informazioni sulla situazione politico-sociale del meridione e sulla tenuta dell'organizzazione mazziniana in quelle regioni, in vista di un sollevamento che si andava programmando da qualche tempo180
.
Non erano tuttavia solo ragioni di carattere politico a spingere i due giovani mazziniani a lasciare la Svizzera per Parigi, perché entrambi avevano in progetto di frequentarvi l'università: la facoltà di matematica per Agostino; quella di medicina per Antonio. L'idea di iscriversi all'università non deve essere interpretata come una copertura, ma costituiva invece la prosecuzione del normale percorso di studi a cui entrambi erano stati destinati e che avrebbero senz'altro portato a termine se le vicende politiche a
novembre 1835, in cui scrive: «Je ne reviendrai plus sur notre projet de Revue. Les objections de l'Avocat m'ont atterré. Peut-être nous réaliserons notre projet autre part».
178 Per la ricostruzione del soggiorno parigino di Agostino Ruffini e di Antonio Ghiglione si rimanda a: Giovanni Faldella, I fratelli Ruffini: storia della Giovine Italia, Torino; Roma, Roux Frassati e C., 1895-1897; Maria Rosa Bornate, La giovinezza e l'esilio di Agostino Ruffini, in «Rassegna Storica del Risorgimento», ottobre-dicembre 1922, pp. 687 sgg.; A. Codignola, I fratelli Ruffini ..., op. cit.; Michele Lupo Gentile,
Carlo Antonio Ghiglione esule e patriota genovese, Barga, Bertagni, 1911.
179 Vedi A. Codignola, I fratelli Ruffini .., op.cit., p 287 n.
180 La progettata insurrezione prevedeva che dal Regno di Napoli, questa dovesse estendersi allo Stato Pontificio e quindi al resto della penisola.
cui avevano preso parte non li avessero costretti all'esilio, cambiando per sempre le loro vite.
L'inserimento dei due giovani nella società parigina fu complicato dalla loro condizione di rifugiati, a causa della quale furono costretti a proteggersi continuamente dalle indagini della polizia francese, vivendo sotto falso nome: Agostino si faceva passare per un tale Joseph Prati, mentre Ghiglione era conosciuto col nome di Louis Osia.
I due mazziniani partecipavano alla vita culturale della capitale, di cui frequentavano i salotti letterari e i teatri, e li troviamo ospiti della duchessa d'Abrantès181, che per un breve momento era sembrata voler vestire i panni della mecenate a favore del giovane Ghiglione, fresco autore di un dramma dedicato ad Alessandro de' Medici182
.
A Parigi, poi, viveva un altro mazziniano, Pietro Giannone, intellettuale e patriota che godeva allora di una certa fama all'interno della diaspora italiana, essendo anche l'autore dell'Esule, il poema che, pubblicato a Parigi nel 1829, nel corso del Risorgimento costituì uno dei modelli della retorica patriottica183. Durante la permanenza di Agostino a Parigi, nel febbraio del 1835 Mazzini scrisse a Giannone una lettera per raccomandargli il giovane Ruffini, dicendogli che Agostino:
mio fratello fin da' primi anni, fratello del mio Jacopo, ed ottimo ed infelice come noi, verrà a vedervi; ed io ve lo raccomando, e quel bene che vorrete a lui sarà come lo voleste a me184.
Tra il 1832 e il 1834, Giannone era stato tra i principali collaboratori dell'«Exilé», giornale che si pubblicava a Parigi da un gruppo di esuli italiani
181 «Gl'Italiani a Parigi, Gustavo etc. lanciati nei salons, protetti dalla D'Abrantès, disperati per altro, senza un obolo (…)». Mazzini a Melegari in una lettera del 2 marzo 1835, citata in Terenzio Grandi,
Gustavo Modena attore patriota, Pisa, Nistri-Lischi, 1968. Mme d'Abrantès era probabilmente Josephine
Junot d’Abrantès, figlia di Laure: quest’ultima era un personaggio famoso della Parigi della Restaurazione, amica di Balzac e autrice tra l’altro delle Mémoires sur la Restauration, ou souvenirs
historiques sur cette époque, la Révolution de 1830, et les premières années du règne de Louis-Philippe, Paris,
Boulé, 1838. Anche Laure, come la figlia, teneva un salon littéraire e collaborava al «Musée des Familles» di Emile Girardin.
182 Alessandro Medici. Duca di Firenze, Dramma storico di Antonio Ghiglione, Parigi, 1835. L'indicazione del luogo di stampa è falsa, perché la tragedia fu pubblicata in Svizzera, a Bienne, presso la tipografia della Giovine Italia.
183 L'Esule era stato recensito con favore da Mazzini sull'«Indicatore livornese» del 25 gennaio 1830 e fu all'origine dell'amicizia tra il suo autore e Mazzini (vedi la voce Pietro Giannone curata da Mario Pecoraro sul Dizionario Biografico degli Italiani).
e che rappresenta l'antecedente diretto dell'«Italiano»185
. «L'Exilé/L'Esule. Journal de littérature italienne ancienne et moderne» era un giornale letterario bilingue, diretto da tre ex-appartenenti alla Carboneria, approdati in Francia a seguito dei moti nelle Romagne: Giuseppe Andrea Cannonieri, Angelo Frignani e Federico Pescantini186
.
Come sottolinea anche Annalisa Nacinovich, «L'Esule» si proponeva
quale voce unitaria dell'esilio italiano, aggregando nelle sue pagine posizioni che erano state, e presto torneranno ad essere, anche molto distanti187.
Tra quanti scrivevano per l'«Esule» figuravano anche Pietro Maroncelli e Terenzio Mamiani188
, ma l'elenco dei collaboratori riportava anche il nome di tale Giovanni Mazzini: questa svista aveva provocato la reazione, tra il divertito e il piccato del diretto interessato, che in una lettera del 1832, indirizzata a Giovanni La Cecilia, così scriveva:
185 In una lettera indirizzata a Pietro Giannone, del novembre 1832, Mazzini si rammaricava del fatto che Giannone non potesse dare il suo contributo al giornale della Giovine Italia e scriveva: «Duolmi che la vostra salute e gli obblighi contratti con l'Esule vi tolgano di contribuire alla Giovine Italia, che va, non foss'altro, più dirittamente allo scopo, e che mercé cure e spese non lievi, circola per tutta Italia. — Credo, che potendo, lo farete; e dove non vi riesca possibile, non mi dorrò di voi, ma del destino, che contende la parola frequente a que' pochissimi, che soli la farebbero udir libera ed efficace». Nell'ultimo fascicolo della Giovine Italia, quello del luglio 1834, Giannone scrisse un articolo di argomento religioso dal titolo Una veritas.
186 Questa rivista è al centro del lavoro condotto da Gianfrancesco Borioni, membro di CIRCE. Nella sua tesi di dottorato, L'Exilé : revue littéraire bilingue de l'émigration carbonara (1832-1834), discussa nel 2000 sotto la direzione di Giuditta Isotti Rosowsky, Borioni ha ricostruito il tentativo di riorganizzazione del patrimonio letterario italiano promosso da questa rivista, secondo un'impostazione che si richiamava al modello romantico. Sull'«Exilé» sono da tenere presentei anche le osservazioni di Annalisa Nacinovich, Letteratura e educazione nazionale: «L'Éxilé, journal de littérature
italienne ancienne et moderne» (1832-1834)», in «Italianistica», anno XL, 2, 2011, pp. 13-22. Il giornale è
stato oggetto di studio anche da parte di Maria Luisa Belleli, che ha condotto una ricerca molto accurata, poi pubblicata da Cristina Trinchero in Maria Luisa Belleli, Voci italiane da Parigi. “L'Esule –
l'Exilé” (1832-1834), introduzione a cura di Cristina Trinchero, Tirrenia Stampatori 2002. Sui tre
direttori del giornale, si segnalano: Carlo Francovich, Albori socialisti nel Risorgimento. Contributo allo
studio delle società segrete (1776-1835), Firenze, Le Monnier, 1962; A. Galante Garrone, Buonarroti e i rivoluzionari italiani; Maria Grazia Melchionni, Uno statuto per l'Italia nella strategia rivoluzionaria degli esuli (1831-1833), Domus Mazziniana, Pisa 1991. Su Giuseppe Cannonieri e Federico Pescantini si
rimanda anche al Dizionario Biografico degli Italiani, ad voces. Su Frignani, vedi il capitolo a lui dedicato in Atto Vannucci, I martiri della libertà italiana dal 1794 al 1848. Memorie raccolte da Atto Vannucci, Milano, 1887, II vol., pp. 33-34.
187 A. Nacinovich, Letteratura e educazione nazionale, cit., p. 15.
188 L'elenco dei collaboratori premesso al primo numero della rivista comprende: Angeloni, Dottor Medico; Basti (Nicola); Canuti (Filippo), Avvocato; D'Aceto (Cavaliere, Giovanni), Professore di Belle Lettere; Giannone (Pietro); Gherardi (Giuseppe); Mamiani della Rovere (Conte Terenzio); Martelli (Desiderio), Professore di Belle Lettere; Mazzini (Giovanni), Avvocato; Maroncelli (Pietro), Professore di Belle Lettere; Orioli (Francesco), già Professore di fisica all'Università di Bologna; Passamonti (Antonio); Pepoli, (conte Carlo); Petrucci (Gaetano), Dottor di Leggi; Ravina (Giuseppe); Salfi (Francesco); Salvi (Carlo); Zanolini (Antonio). Benché compaia anche il nome di Francesco Saverio Salfi, di fatto egli non potrà dare il suo apporto alla rivista, perché morirà subito prima della redazione del primo numero. Almeno due dei collaboratori dell'«Esule», Filippo Canuti e Francesco Orioli, li ritroveremo anche nell'«Italiano».
Ma come diavolo ho io da scrivere anche per l'Esule— ti par egli carità cristiana? — D'altronde, s'indirizzino a Giovanni Mazzini, io mi chiamo Giuseppe. — Faccio del resto tutto il possibile per rubare un po' di tempo al tempo, e scrivere; ma essi ora vogliono politica, ed io non posso scrivere che letteratura-politica189.
«L'Esule» si proponeva di offrire al pubblico francese un «manuale di letteratura nazionale»190: l'impianto complessivo del giornale, infatti, seguiva un'impostazione di tipo storiografico che agli interventi di critica militante privilegiava la proposta di una serie di «profili dei letterati più illustri»191
, così da approntare un corso completo di letteratura italiana che, prendendo le mosse dalle origini dell'italiano letterario, arrivasse a trattare dell'età presente.
Quando, nel 1834, «L'Esule» cessò le pubblicazioni, la comunità degli italiani a Parigi si adoperò nel tentativo di fondare un'altra rivista, che fosse in grado di raccogliere le varie voci dell'ambiente intellettuale italiano in esilio. Sorsero quindi numerosi progetti, che videro il coinvolgimento di molti intellettuali, alcuni dei quali ritroveremo poi nella redazione dell'«Italiano».
Dopo i vari tentativi falliti, il disegno del gruppo mazziniano di dar vita ad una rivista letteraria si incontrò quindi con il fervere di progetti editoriali degli esuli italiani nella capitale francese. L'abbozzo di una rivista letteraria mazziniana risaliva alla seconda metà del 1835: l'idea, infatti, che prima era già in nuce, prese corpo in concomitanza con quella di creare una biblioteca drammatica, che aveva ricevuto un ulteriore impulso dopo che Antonio Ghiglione e Agostino Ruffini avevano assistito alla rappresentazione del
Chatterton, uscendone carichi di entusiasmo per un'opera che sembrava
contenere una sintesi del loro pensiero estetico.
Mentre Antonio Ghiglione, dopo aver portato a termine la sua missione a Napoli, faceva una sosta in Svizzera allo scopo di riferirne a Mazzini, per poi rientrare a Parigi192; agli inizi del mese di luglio del 1835, Agostino Ruffini
189 Giuseppe Mazzini a Giovanni La Cecilia, Marsiglia 16 novembre 1832, in SEI, Epistolario, vol. I, p. 34. Mazzini, in effetti, non collaborò con «L'Esule».
190 Vedi A. Nacinovich, Letteratura e educazione nazionale, cit. p.
191 Come evidenziato da A. Nacinovich, la principale novità dell'«Exilé» consiste nella «trasformazione degli articoli letterari da interventi di critica militante o di aggiornamento bibliografico in una storia della letteratura italiana 'a episodi'».
192 Vedi la lettera di Mazzini a Melegari dell'1 febbraio 1836, in cui lo informa: «Ghiglione, per tua norma, è andato a Parigi». SEI, Epistolario, vol. IV, p. 228.
decideva di porre fine alla sua esperienza parigina per tornare in Svizzera dove, oltre a Mazzini, continuava a risiedere suo fratello Giovanni. La partenza da Parigi lo rallegrava, non fosse stato per il dispiacere di dovervi lasciare degli amici a cui si sentiva legato: «le bon Céleste, le gai, mais aussi bon que gai, Accursi, Montecuccoli, et d'autres, que vous ne connaissez pas»193. Analoghi sentimenti erano espressi da Agostino in una lettera della fine del mese di luglio, in cui, ribadendo di non provare nostalgia per Parigi, diceva di rimpiangere solo due, tra le persone che vi aveva lasciato: «Il va sans dire que de tout ce monde je n'en regrette que deux: Céleste et