2 «L'Italiano» e i rapporti con l'ambiente politico e intellettuale francese e italiano.
2.3. Quattro collaboratori senza nome
Come abbiamo già segnalato, l'identità di quattro collaboratori del giornale resta sconosciuta. Si tratta di coloro che si firmavano Un Inglese, C. My, N. e Y.
Un Inglese era l'autore di due contributi: Lettera I Machiavello e i suoi
contemporanei e Alcune idee sul commercio degli italiani in Oriente, cagione e fonte del suo incivilimento324
. Nel primo scritto, l'autore recensiva il saggio di A. F. Artaud, Machiavel, son génie, et ses œuvres (Paris, Didot, 1833), adottando una posizione ambigua nei confronti di Machiavelli. L'articolo, infatti, esordiva celebrandolo come:
una delle più grandi glorie d'Italia, e capace da per se solo a far celebrata non una, ma tutte insieme le nazioni, alle quali fu ugualmente importante la sua influenza;
per concludersi con questa chiosa cautelativa:
La politica qualificata dal suo nome in tutte le lingue pesa pur sempre sul mondo! Forse un mezzo proprio a riformarla, è di mettere in chiaro tutto ciò che riguarda questo grande scrittore troppo giustamente infamato come politico, e con ragion condannato ad una trista celebrità come uomo.
Tra queste due considerazioni poste all'inizio e alla fine dell'articolo, l'autore avanzava alcuni appunti nei confronti del lavoro di Artaud, al quale rimprovera alcune imprecisioni, in particolare l'aver posticipato di alcuni decenni l'inizio della cattiva fama di Machiavelli, quando invece le prime testimonianze contro la sua opera dovrebbero trovarsi già in un'epoca anteriore e a sostegno della propria tesi citava Benedetto Varchi, di cui riportava un brano tratto dalla Storia fiorentina.
Nel secondo articolo di Un Inglese325
, invece, si celebrava la funzione civilizzatrice del commercio, posizione sostenuta in quegli anni da una larga parte della letteratura economico-politica, soprattutto inglese, che collegava produttività e sviluppo industriale all'affermazione di valori civili e sociali, della moralità, dell'ordine e della libertà, «vedendo nel commercio e nell'industria delle forze capaci di rovesciare quel che rimaneva della società feudale».326
Alcuni dei dati ricavabili da questi due articoli ci inducono ad avanzare delle ipotesi circa l'ambiente a cui apparteneva questo “inglese”. Innanzitutto, ci sentiamo di esprimere alcuni dubbi sulla sua pretesa nazionalità: entrambi gli articoli, infatti, sono scritti in italiano e non si segnala da nessuna parte che siano stati tradotti; in calce al secondo articolo, inoltre, compare l'indicazione «Parigi, 20 agosto 1836», ciò che induce a ritenere che l'”inglese” risiedesse, almeno temporaneamente, a Parigi; il primo articolo, infine, testimonia una conoscenza particolarmente approfondita della storia e della cultura italiane, oltre ad attestare una notevole capacità nell'uso delle fonti, non comune in uno straniero. Da tutto questo, saremmo indotti a pensare che colui che si firmava Un Inglese fosse invece un esule italiano residente a Parigi.
Le tesi espresse nell'articolo sul commercio, poi, ci portano a ritenere che l'autore fosse legato all'ambiente degli economisti inglesi capeggiati da Nassau William Senior, esponente della scuola classica e membro della commissione parlamentare incaricata di raccogliere dati per la riforma delle
Poor Laws. Particolarmente vicino a Senior era, tra gli altri, Giovanni
Arrivabene (1787-1881) – in quegli anni esule in Belgio, dopo un periodo trascorso in Inghilterra – a cui il primo aveva assegnato l'incarico di condurre un'inchiesta sulle condizioni di vita degli agricoltori del comune di Gaesbeek, la cittadina belga dove Arrivabene risiedeva, ospite dei conti Giuseppe e Costanza Arconati. Va segnalato, inoltre, che Arrivabene era legato a Filippo Ugoni, avendo fatto parte insieme a lui della setta dei Federati, responsabile della congiura anti-austriaca del 1821 che, scoperta
325 La Nota del Direttore apposta a conclusione di questo secondo articolo recitava: «Noi speriamo, ed egli il promise, che questo valente Inglese, dotto e caldo amatore delle cose italiane, soccorrerà sovente di gravi scritti al nostro giornale, certi siccome siamo che quegli che levò si bella fama di sé nel proprio paese, non possa non illustrare le pagine in cui siano consegnati i suoi forti pensamenti, e recare nuova luce nel ritentato patrimonio della scienza sociale».
dalla polizia austriaca fu all'origine di un lungo processo che portò all'arresto, tra gli altri, di Federico Confalonieri e di Pietro Borsieri. Coinvolto nella congiura dei Federati era stato anche Giuseppe Pecchio (1785-1835), l'economista esule in Inghilterra di cui Camillo Ugoni aveva appena pubblicato la biografia (Vita e scritti di Giuseppe Pecchio, Parigi, Baudry, 1836). In base a tutti questi elementi riteniamo che dietro lo pseudonimo di Un Inglese potesse celarsi un intellettuale attivo in questo ambiente.
L'opera di N. W. Senior, tra l'altro, tornava in un altro articolo dell’«Italiano», quello a firma N., intitolato Economia pubblica327, in cui per l'appunto si recensiva un lavoro di Senior che Arrivabene aveva tradotto sia in italiano che in francese, Principes fondamentaux de l'économie politique (Paris 1836). L'articolo di N. era fortemente critico nei confronti del pensiero economico di Nassau-Arrivabene e contestava la tesi che faceva dell'economia una scienza puramente teorica, rivendicandone invece la natura «operativa». Ma l'accusa principale che il recensore muoveva contro Senior si fondava sul fatto di avere trascurato l'aspetto morale dell'uomo per considerarlo «siccome semplice strumento idoneo alla diffusione e all'incremento dell'utile», secondo un indirizzo tipicamente utilitaristico. Compito dell'economia, invece, doveva essere quello di mirare al perfezionamento della specie umana e alla diffusione dei beni tra il maggior numero possibile di individui. Oltre a possibili suggestioni sansimoniane, quindi, N. mostrava di aderire all'idea dell'associazionismo e, insieme alle casse di risparmio e al mutuo soccorso, lo indicava come possibile strumento di intervento contro il problema del pauperismo, che invece Nassau e Arrivabene consideravano una piaga naturale, e come tale inevitabile, del sistema economico, tanto da condannare l'assistenzialismo pubblico.328
Altre due, infine, sono le sigle di cui ci è ignota l'identità. A C. My si doveva un contributo originale pubblicato sul quinto fascicolo del giornale,
O morte; quanto è amaro il ricordarsi di te!. Si trattava di un monologo
drammatico che raccontava l'approssimarsi della morte di un giovane tisico e il cui titolo richiamava un passo dell'Ecclesiaste: «O morte, dice il Savio, quanto è amaro il ricordarsi di te, per colui che gode in pace i suoi beni».
327 Questo articolo verrà ristampato nel 1837 sul «Ricoglitore italiano e straniero» di A. F. Stella. 328 Cfr. M. Isabella, Risorgimento in esilio …, op. cit.
Alla sigla Y., invece, sono associati due contributi di argomento storiografico: una Proposta di alcuni buoni libri da farsi e una recensione alla
Storia di ottanta città d'Italia e sue isole pubblicata per cura d'una società di dotti milanesi. Entrambi questi scritti si richiamavano all'impostazione che il
giornale aveva fatto propria e che vedeva negli studi storici uno strumento destinato a definire (e a celebrare) l'identità nazionale. Una sezione del giornale, in effetti, era specificamente dedicata alla «critica storica», secondo le indicazioni, del resto, già formulate da Vieusseux nella lettera a Tommaseo che abbiamo richiamato più sopra. L'articolista, quindi, richiamava l'attenzione sulla necessità di scrivere una storia del popolo italiano e a tale proposito nel primo articolo dichiarava:
Vera storia nazionale sarà quella in cui ogn'italiano troverà la storia della sua condizione e dell'arte sua. Finora quasi tutte le storie d'Italia e delle altre nazioni non sono che la storia dei grandi e dei re, o la storia delle guerre. Ma la storia agricola, industriale, commerciale, legislativa, politica, nazionale, la storia di tutte le scienze e di tutte le arti da dieci secoli in qua dove si trova?
Un simile auspicio era ripreso anche nella recensione alla Storia di ottanta
città d'Italia329, dove l'autore caldeggiava la realizzazione di ricerche
documentarie e raccomandava l'attuazione di un'opera sistematica di riordino degli archivi, per concludere auspicando la pubblicazione di un «compendio di storia italiana» ad uso delle scuole primarie.