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Dall'«Exilé» all'«Italiano»

2 «L'Italiano» e i rapporti con l'ambiente politico e intellettuale francese e italiano.

2.2. Dall'«Exilé» all'«Italiano»

Quando nel 1834 «L'Exilé» aveva interrotto le sue pubblicazioni, nella comunità degli esuli si era cercato da subito di dar vita a un nuovo giornale. Nei due anni che corrono tra la fine dell'«Exilé» e la nascita dell'«Italiano» numerosi furono i tentativi che si succedettero in tal senso. Per seguire il proliferare di questi progetti editoriali ricorreremo alla mediazione di un intellettuale che, dall'autunno del 1834, era giunto, in «esilio volontario», nella capitale francese: Niccolò Tommaseo. Indotto a lasciare l'Italia in seguito alla soppressione dell'«Antologia» di G. P. Vieusseux, nel corso del viaggio che lo portava a Parigi aveva fatto la conoscenza di Frignani, uno dei tre direttori dell'«Esule» ed era rimasto affascinato dalla sua storia, che sembrava tratta da un romanzo d'appendice. Frignani, infatti, a causa della sua appartenenza alla Carboneria, nel 1827 era stato arrestato dalla polizia del Ducato di Modena, ma dopo sedici mesi di carcere era riuscito a fuggire, fingendosi pazzo.312 Benché Frignani avesse invitato Tommaseo a collaborare con il suo giornale – a quell'epoca ancora attivo – questi si era rifiutato, e la ragione è forse da ricondursi al giudizio fortemente critico da lui espresso nei riguardi della comunità degli esuli italiani, motivo per il quale fu sempre cauto nel prestare la sua collaborazione a iniziative sorte in seno ad essa.313                                                                                                                

312 Vedi la lettera di Tommaseo a Gino Capponi, Nîmes 14 – Lione, 16 febbraio 1834, in Carteggio

Tommaseo-Capponi, a cura di I. Del Lungo e P. Prunas, p. «Stanotte ho fatto il viaggio con Frignani,

direttore dell'Esule, che mi raccontò la sua carcere la sua fuga e i primi suoi passi nell'esilio: cosa ben più importante dell'Esule. Stette sedici mesi imprigionato, si finse pazzo, andò all'ospedale, ebbe permissione d'uscire per la città; fuggì domestico di un maestro di scuola, che si spacciava conte e reggente dell'Università di Bastia». Frignani avrebbe poi descritto la sua esperienza in un libro di memorie, La mia pazzia nelle carceri. Memorie di Angelo Frignani, Parigi, Truchy libraio editore, 1839. 313 Circa il giudizio di Tommaseo sull'ambiente degli esuli italiani a Parigi si può citare una sua lettera a Capponi, risalente al 25 ottobre 1834, in cui dà una descrizione vivace e colorita della varietà, delle divisioni e della litigiosità che contraddistinguevano quella comunità: «Chi spera costituzione dal Piemonte (e quando il governo di Francia lavorava a Napoli, lavorava a Torino altresì): chi si ride di questa speranza; e i repubblicani della Giovane, piuttosto che costituzione illusoria e corruttrice, il papa e Francesco. Chi cita a favore della repubblica San Tommaso: altri confessa che il popolo non è per loro; poi ragiona ed opera, come se fosse. I moderati s'arrabbiano contro i furibondi: i furibondi li sprezzano. I ribelli del 31 son da chiudere in Bonifazio. I Napoletani rinfacciano la sventura ai Romagnoli; e questi a quelli. Napoli già non è Italia: e il soldato napoletano, né manco sotto Napoleone, fu altro che vile. I Romagnoli fan razza da sé: non tutti. I Lombardi, da sé. Chi reputa facil cosa modellare a repubblica sino il Piemonte; chi s'avvisa di cominciare dal diffondere la lettura di libri innocenti. Chi propone una costituzione nuova, e chi un'altra. Chi vuole l'Italia libera; ma intatto il regno del papa. […]». N. Tommaseo, G. Capponi, Carteggio inedito, op. cit., pp. 193-194.

Da una lettera di Tommaseo a Capponi, risalente al dicembre 1834, sappiamo che tra quanti, dopo la fine dell'«Esule», tentavano di dare un seguito a quell'esperienza, oltre allo stesso Pescantini, c'era anche Niccolò Bettoni314:

Il Pescantini, - scriveva infatti Tommaseo - editore dell'Esule, domanda al Governo danari per giornale nuovo: e un altro editore dell'Esule vuol tentare altro giornale da sé. Anco il Bettoni voleva: e intendeva incalappiar me. Gli risposi che no. Queste mene impotenti mi noiano.315

Nel mese di marzo del 1835, il nome di Tommaseo compariva associato al progetto di un altro giornale, che si richiamava esplicitamente all'esperienza dell'«Esule». Questa volta, però, Tommaseo sembrava aderire con convinzione all'iniziativa, di cui si era fatto promotore il letterato bresciano Camillo Ugoni.316

Dal sobborgo parigino di St. Leu, dove risiedeva, Ugoni aveva scritto a Tommaseo per informarlo della volontà di inviare il manifesto del nuovo giornale sia a Londra, sia a Bruxelles città, entrambe, dove egli stesso aveva risieduto in passato e dove si trovavano molti esuli italiani con cui era in contatto.317

In particolare, a Bruxelles vivevano Giovanni Arrivabene e Giovita Scalvini, con i quali Camillo Ugoni, tra il 1829 e il 1830, aveva già tentato di dar vita a una «Rivista Italiana», con sede a Lugano, a cui avrebbe dovuto collaborare Pellegrino Rossi318.

Il 2 marzo del 1835, Ugoni così scriveva a Tommaseo:

Ho letto con piacere il programma [scil.: del giornale]. Ne manderò un esemplare a Londra ed uno a Bruxelles, pregando di raccogliervi sotto più nomi possibili. Il

                                                                                                               

314  Niccolò Bettoni (1770-1842), importante figura di tipografo-editore, all’origine di numerose iniziative editoriali in età napoleonica e durante la Restaurazione. Cfr. Piero Barbera, Niccolò Bettoni.

Avventure d'un editore, Firenze, 1892 e la voce a cura di Francesco Barberi nel Dizionario Biografico degli Italiani. Si rinvia poi a quel testo capitale per l'inquadramento della condizione intellettuale nell'Italia

della Restaurazione che è M. Berengo, Intellettuali e librai ..., op. cit.

315 Lettera del 15 dicembre 1834, N. Tommaseo, G. Capponi, Carteggio inedito, op.cit., p. 202.

316 Per la ricostruzione della figura di Camillo Ugoni, fratello di quel Filippo che compare tra i collaboratori dell'«Italiano», si rimanda in particolare a Margherita Petroboni Cancarini, Camillo Ugoni.

Letterato e patriota bresciano. Epistolario (1818-1842), Milano, SugarCo Edizioni, 1976.

317 Sugli esuli italiani in Inghilterra, si rinvia al già citato M. Isabella, Risorgimento in esilio, op. cit. Per il Belgio, invece, si rimanda a Mario Battistini, Esuli italiani in Belgio (1815-1861), Firenze, Brunetti Editore, 1968.

318 Per una ricostruzione della vicenda di questo foglio si rinvia a Laura Sala Quaranta, «Rivista

Italiana». Storia di una rivista risorgimentale mai pubblicata, «Bollettino storico della Svizzera italiana»,

mio lo sottoscriverò venendo da voi per un esemplare, o meglio anche se voi poteste venire da me319.

Come per la «Rivista Italiana» di Lugano, anche per quella parigina C. Ugoni prevedeva di affidare la direzione a Pellegrino Rossi, anche in ragione del prestigio di cui il giurista godeva in Francia, dove appena un anno prima Guizot lo aveva chiamato a ricoprire la cattedra di diritto costituzionale che era stata appena istituita.320 Anche questo progetto, tuttavia, per quanto si può evincere dai carteggi, non riuscì ad avere seguito.

Nell'agosto del 1835, infine, in una lettera indirizzata a Capponi, Tommaseo dava conto di un'altra iniziativa promossa, questa volta, da Francesco Pastori.321 Già collaboratore del «Tribuno», il giornale di F. Ugoni, Pastori era un organizzatore culturale di simpatie sansimoniane giunto a metà degli anni Trenta a Parigi, dove nel 1837 aprì un Istituto di Cultura e una libreria. Tommaseo riferiva a Capponi che Pastori era interessato alla pubblicazione di un giornale di traduzioni, ragione per la quale gli aveva chiesto di far da tramite con il Vieusseux, al quale voleva inviare il manifesto del giornale322. In quegli stessi mesi, fra l'altro, Pastori aveva tentato di coinvolgere nella sua impresa lo stesso Mazzini, che però aveva preso tempo.323

La varietà di questi progetti testimonia della vivacità del milieu degli esuli: tra quanti furono coinvolti in queste iniziative, in molti di lì a poco                                                                                                                

319 Vedi M. Petroboni Cancarini, Camillo Ugoni op. cit., vol. III, p. 228.

320 Nella lettera a Tommaseo del 4 giugno 1835, Ugoni scrive tra l'altro: «Stimo pure importantissimo di ottenere da Rossi, che voglia assumere la suprema direzione letteraria del giornale». Vedi M. Petroboni Cancarini, Camillo Ugoni op. cit., vol. III, p. 232. Non conosciamo la risposta di Tommaseo a questa proposta, ma si deve supporre che il suggerimento di Pellegrino Rossi alla testa del giornale non incontrasse il suo favore, visti i sentimenti ostili che provava nei confronti del giurista.

321 Francesco Pastori, di Parma, è un'interessante figura di organizzatore culturale. Nel 1828, a Parma era proprietario di un Gabinetto di Lettura e pubblicava una Bibliografia italiana, di cui tra il 1828 e il 1829 uscirono 38 numeri. Successivamente, continuò questa attività all'interno del giornale l'«Eclettico», che si pubblicava a Parma e dove teneva una rubrica di novità letterarie. L'«Eclettico» si ispirava alle dottrine sansimoniane, come in seguito farà l'altro giornale educativo fondato da Pastori a Lugano nel 1833, l'«Istruttore del popolo». Nel corso dei moti del '31 aveva fatto parte del governo provvisorio ed era quindi stato costretto a fuggire dal ducato al rientro di Maria Luisa.

322 Nella lettera a Capponi, Tommaseo dice che Pastori «stampa un giornale di traduzioni: io non c'entro. Mi diede il manifesto da mandare al Vieusseux e glielo manderò nel settembre». Anche i curatori del carteggio affermano di non possedere informazioni su questo giornale.

323 Come si legge in una lettera di quest'ultimo a Giuditta Sidoli, risalente al settembre 1835: «Si è impressa a Parigi una prefazione di un Giornale letterario-storico sotto il titolo di Biblioteca Straniera, composto, se tant'è che si realizzi da una parte originale e da una parte tradotta delle migliori raccolte Inglesi, Alemanne e Francesi. Quello che vuole intraprenderlo è un libraio di Parma, per nome Pastori. Ignaro come si regolerà per sostenerlo. Non vi è nulla che io possa fare – egli mi ha diretto il prospetto pregandomi d'inviargli qualche cosa». SEI, Appendice, Epistolario, vol. I, Imola, Galeati, 1938, p. 365. Fu solo nel 1837 che Pastori riuscì a pubblicare la sua Bibliografia Straniera, con cui si proponeva di far conoscere le opere migliori pubblicate sia in Europa che negli Stati Uniti.

parteciperanno, direttamente o indirettamente, alla creazione dell'«Italiano», che sorge dall'incontro tra intellettuali provenienti da percorsi politici e culturali diversi.