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Capitolo 2. La responsabilità dell’ISP nella direttiva e-Commerce 2000/31/CE

III. Le pronunce della Corte di Giustizia

III.1 Bilanciamento di interessi: tendenze giurisprudenziali

Questa sentenza risulta di particolare interesse ai nostri fini in quanto rappresenta una prima, seppur elusiva, presa di posizione della Corte di Giustizia in merito al bilanciamento tra la tutela della proprietà intellettuale e quella di diritti fondamentali ulteriori312. La controversia pendeva tra la Promusicae, un’associazione senza scopo di lucro di cui fanno parte le maggiori etichette discografiche ed audiovisive spagnole e volta alla tutela delle prerogative degli intermediari del settore, e la Telefónica de España, una compagnia commerciale che fornisce servizi di accesso a internet, quindi un internet service provider (ISP). Nell’ambito di un procedimento civile dinnanzi al Juzgado de lo Mercantil nr. 5 di Madrid, Promusicae aveva richiesto a Telefónica di comunicare l’identità e l’indirizzo di alcuni suoi utenti di cui Promusicae aveva individuato l’indirizzo IP313. Secondo quanto riportato dalla associazione attrice, infatti, questi ultimi avevano utilizzato il programma peer-to-peer “KaZaA” per scambiare materiale protetto da diritto d’autore, la cui titolarità spettava ai membri dell’associazione. In tale contesto, il giudice nazionale aveva sollevato una questione pregiudiziale davanti alla Corte di Giustizia, chiedendo sostanzialmente se il diritto comunitario, e in particolare le direttive 2000/31/CE, 2001/29314 e 2004/48, lette anche alla luce degli articoli 17 e 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, fossero da interpretarsi nel senso di imporre agli Stati membri di istituire, al fine di garantire l’effettiva tutela del diritto d’autore, un obbligo di comunicare taluni dati personali nel contesto di un procedimento civile315.

Il procedimento logico della sentenza prende avvio dall’analisi delle direttive citate dal giudice del rinvio nonché della direttiva 2002/58/CE, analizzata spontaneamente dal

312 Corte di Giustizia UE, Sentenza C-275/06 del 29.01.2008, Promusicae c. Telefonica de Espana SAU),

in Racc., 2008, pp. I-271, commentata da D.SARTI,Privacy e proprietà intellettuale: la Corte di Giustizia in mezzo al guado, in AIDA, 2008, 427; R.CASO,Il conflitto tra diritto d’autore e protezione dei dati personali: appunti dal fronte euro-italiano, in Diritto dell'internet, 2008, 459; A. MANTELERO,

L’ingegneria interpretativa della Corte di Giustizia delle Comunità europee in soccorso della tutela online del diritto d’autore, in Giurisprudenza italiana, 2008, 1422.

313 Codice numerico attribuito ad un dispositivo (computer, tablet, smartphone…) collegato alla rete

internet avente la duplice funzione di identificarlo e di consentire il suo raggiungimento a partire da un diverso terminale, in http://it.wikipedia.org/wiki/Indirizzo_IP (consultato il 17/06/2014).

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Direttiva 2001/29/CE del 22 maggio 2001 sull'armonizzazione di taluni aspetti del diritto d'autore e dei diritti connessi nella società dell'informazione.

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giudice comunitario, relativa alla protezione dei dati nel settore delle comunicazioni elettroniche. In particolare, l’articolo 5 nr. 1 della direttiva 2002/58 impone agli Stati membri un dovere di garantire la riservatezza delle comunicazioni effettuate tramite una rete di comunicazione pubblica e mediante servizi di comunicazione elettronica accessibili al pubblico e di vietare la memorizzazione di tali dati senza l’autorizzazione degli utenti316. L’articolo 15 nr. 1 della stessa direttiva prevede alcune deroghe a questo principio, ma esse, essendo riferite da un lato alla sicurezza nazionale ed alla difesa e sicurezza pubblica, e dall’altro al perseguimento di reati, non paiono applicabili al caso in oggetto317. La corte esclude altresì che l’eccezione relativa agli utilizzi non autorizzati del sistema di comunicazione elettronica possa riferirsi ad una situazione come quella di cui alla causa principale. Invero, tale eccezione sembra riguardare l’integrità e la sicurezza del sistema e non risulta quindi applicabile ad una situazione idonea a dar luogo a procedimenti civili318.

Quest’analisi porta la corte ad affermare che la direttiva 2002/58, ed in particolare il suo articolo 15 nr. 1, non impongono direttamente agli Stati membri, nella loro legislazione di recepimento, di prevedere un obbligo di divulgare dati personali nell’ambito di un procedimento civile, al fine di consentire un’adeguata tutela del diritto d’autore.

Nonostante questa dichiarazione, la corte dimostra scarsa fermezza nella sua decisione nella parte in cui rileva che la direttiva 2002/58, pur non affermando esplicitamente un obbligo di questo tipo, nemmeno lo esclude. Nello stesso senso, peraltro, si era pronunciato l’AG Juliane Kokott319. Mediante questa analisi, la Corte di Giustizia rileva che tali fonti, pur non escludendo la possibilità per gli Stati membri di prevedere l’obbligo di divulgare dati personali nell’ambito di un procedimento civile, non

316 C-275/06, par. 47. 317 C-275/06, parr. 49-51.

318 C-275/06, par. 52. Tuttavia, ai paragrafi 53 e 54, la corte osserva come il rinvio operato dall’articolo

15 all’articolo 13 nr. 1 della direttiva 95/46 legittima gli Stati membri a prevedere eccezioni alla tutela della riservatezza dei dati personali nei casi in cui queste siano necessarie, fra le altre cose, alla tutela dei diritti e delle libertà altrui. E quindi, in assenza di ulteriori specificazioni al riguardo, l’articolo 15 va interpretato come funzionale a garantire anche la tutela del diritto di proprietà intellettuali nell’ambito di un processo civile.

A tal proposito, A.MANTELERO, L’ingegneria interpretativa della Corte di Giustizia delle Comunità europee in soccorso della tutela online del diritto d’autore, cit., parla di “ingegneria interpretativa” della

Corte di Giustizia. Secondo questo autore una tale interpretazione non è condivisibile in quanto, in primo luogo, l’analisi del dato letterale dell’articolo 15 rende evidente che il richiamo all’articolo 13 non va ad integrare i casi di deroga, ma ha la funzione di chiarire il concetto di “misura necessaria, opportuna e proporzionata”. In secondo luogo, lo stesso fatto che la direttiva 2002/58/CE limiti le eccezioni alla tutela dei dati personali nelle comunicazioni elettroniche solo a situazioni specifiche, fa propendere per l’esclusione di un’interpretazione estensiva delle stesse.

319 Conclusioni dell’Avvocato Generale Juliane Kokott: “allo stato attuale del diritto comunitario, gli Stati membri hanno tuttavia la facoltà, in applicazione della terza e quarta alternativa prevista dall’articolo 15, n. 1, della direttiva 2002/58/CE, di prevedere che i dati personali sul traffico siano comunicati alle autorità statali, ai fini di consentire sia i procedimenti penali, sia i procedimenti civili intentati per violazione del diritto d’autore a causa di condivisione degli archivi. Essi non sono tuttavia tenuti a farlo”.

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impongono direttamente a questi di prevedere, nella loro legislazione di recepimento, un dovere di questo tipo al fine di consentire un’adeguata tutela del diritto d’autore.

Una volta esclusa quest’interpretazione, la corte si interroga sull’esistenza di altre norme di diritto comunitario che possano imporre una lettura differente delle direttive considerate. La sentenza finisce quindi per riferirsi alle disposizioni 17 e 47 della Carta di Nizza, poste a tutela, rispettivamente, del “diritto di proprietà” e del “diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale”, così da valutare se un’interpretazione delle direttive che escluda un obbligo di comunicazione dei dati personali in un contesto paragonabile a quello della causa principale non sia tale da violare tali due diritti fondamentali. La corte rileva quindi il fatto che la proprietà intellettuale tutelata dalle direttive in oggetto, al pari del diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva, risulta riconosciuta nell’ambito dell’ordinamento comunitario come un diritto fondamentale in quanto ricompresa nel più ampio “diritto di proprietà”. Nel contesto della causa principale, però, la tutela di questo interesse fondamentale si scontra con quello, di rango altrettanto primario, alla tutela della vita privata e dei dati personali, riconosciuto negli articoli 7 e 8 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea. Il contrasto tra due diritti fondamentali non può che risolversi mediante un bilanciamento: a tal proposito, il giudice comunitario chiarisce come sia la stessa direttiva 2002/58, sia le direttive citate in sede di rinvio, siano già di per sé idonee a configurare un corretto punto di equilibrio. La direttiva 2002/58, infatti, fissa esplicitamente i casi in cui il trattamento dei dati personali sia consentito, mentre le tre ulteriori direttive escludono che l’applicazione delle disposizioni ivi contenute possano essere tali da incidere negativamente sul trattamento dei dati personali. La corte conclude poi il suo procedimento logico facendo riferimento al celebre precedente Lindqvist320, nel quale si afferma che le misure idonee a fissare un adeguato punto di equilibrio tra interessi contrastanti debbano essere delineate dagli Stati membri in sede di recepimento delle direttive comunitarie, così che queste possano essere adeguate alle varie situazioni possibili. Nella sentenza Promusicae, quindi, la corte, dopo aver escluso la configurabilità di un dovere di comunicazione dei dati personali per garantire l’effettività della tutela del diritto d’autore sulla base delle direttive citate, sancisce il

320 Corte di Giustizia UE, Sentenza C 101/01 del 06.11.2003, Lindqvist, Racc. pag. I 12971, relativa

alla pubblicazione su un sito internet svedese di dati personali relativi ai membri di una parrocchia senza l’autorizzazione di questi ultimi. A tal proposito era stata sollevata la seguente questione pregiudiziale: “Se in un caso come quello di specie si possa ritenere che le disposizioni della direttiva [95/46] pongano limiti incompatibili con i principi generali in materia di libertà di espressione, o con altre libertà e diritti, vigenti all'interno dell'Unione europea e che trovano corrispondenza, tra l'altro, nell'art. 10 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali”. La corte si era dunque pronunciata in merito sancendo che “le disposizioni della direttiva 95/46 non pongono, di per sé, una restrizione incompatibile con il principio generale di libertà di espressione o con altri diritti e libertà, all'interno dell'Unione europea e che trovano corrispondenza, tra l'altro, nell'art. 10 della CEDU. Spetta alle autorità e ai giudici nazionali incaricati di applicare la normativa nazionale che traspone la direttiva 95/46 garantire il giusto equilibrio tra i diritti e gli interessi in gioco, ivi compresi i diritti fondamentali tutelati dall'ordinamento giuridico comunitario”.

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principio per cui gli Stati membri, nella fase di trasposizione, devono interpretare le direttive in modo tale da garantire il giusto equilibrio tra i diversi diritti fondamentali dell’ordinamento comunitario. La stessa interpretazione delle misure di recepimento, inoltre, non deve entrare in contrasto con i diritti fondamentali, quali nello specifico la proprietà intellettuale, il diritto alla tutela giurisdizionale effettiva e alla tutela dei dati personali, né con i principi generali del diritto comunitario, come ad esempio il principio di proporzionalità321.

Per quanto la tematica sia delicata e difficile da risolvere mediante uno strumento di ampia portata quale una sentenza comunitaria, la pronuncia della Corte di Giustizia pecca comunque di eccessiva debolezza. Il riferimento al principio di proporzionalità, infatti, non viene corredato dall’indicazione di criteri che possano guidare l’interprete nella valutazione delle normative di recepimento, risolvendosi così in un elemento di ambiguità che potrebbe mettere a rischio la stessa tutela a pari livello di privacy e proprietà intellettuale. L’incertezza rappresentata dal riferimento al principio di proporzionalità appare a maggior ragione evidente se si pensa alle diverse interpretazioni che di tale principio possono essere offerte. Per un verso, questo principio potrebbe legittimare il ricorso a sanzioni proporzionate alla gravità dell’illecito, e quindi dare adito a discipline nazionali differenziate in relazione ad illeciti non armonizzati sul piano comunitario322. Per altro verso, invece, tale principio potrebbe essere inteso nel senso di fondare discipline che siano sufficienti a raggiungere l’obiettivo, ma che non vadano oltre quanto strettamente necessario alla sua attuazione. Anche in quest’ottica il principio di proporzionalità potrebbe dar luogo a discipline distinte tra i vari Stati membri323. Allo stesso modo, appare eccessivamente ambiguo il riferimento alla necessità di delegare agli Stati membri il compito di contemperare i principi in materia di privacy con gli altri diritti costituzionalmente garantiti, operato mediante il rinvio alla sentenza Lindqvist. In primo luogo, le tradizioni costituzionali degli Stati membri potrebbero divergere e quindi essere a fondamento di interventi differenti da parte delle autorità pubbliche nazionali. In secondo luogo, se un approccio di questo tipo poteva apparire più comprensibile in relazione al caso Lindqvist, il cui sottofondo normativo non era stato ancora adeguatamente armonizzato a livello

321 sul punto, M. D

E CATA, Il caso “Peppermint”. Ulteriori riflessioni anche alla luce del caso “Promusicae”, in Rivista di diritto industriale, 2008, 404.

322

SARTI,Privacy e proprietà intellettuale: la Corte di Giustizia in mezzo al guado, cit., p. 439.

323 Questo rischio appare però ridimensionato da una giurisprudenza costante della Corte di Giustizia

relativamente al principio di proporzionalità, cui fanno riferimento la sentenza del 21 luglio 2011, Azienda Agro-Zootecnica Franchini e Eolica di Altamura (C-2/10), Racc. pag. I-6561, pt. 73), del 15 giugno 2006, Dokter e a. (C-28/05, Racc. pag. I-5431, pt. 72) e del 14 dicembre 2004, Arnold Andrè (C- 434/02, Racc. pag. I-11825, pt. 45). In queste pronunce si afferma che, al fine di rispettare il principio di proporzionalità, le misure adottate dagli Stati membri “non devono superare i limiti di ciò che è appropriato e necessario per il conseguimento degli scopi legittimamente perseguiti dalla normativa di cui trattasi, fermo restando che, qualora sia possibile una scelta tra più misure appropriate, si deve ricorrere alla misura meno restrittiva e che gli inconvenienti causati non devono essere sproporzionati rispetto agli scopi perseguiti”.

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comunitario, lo stesso non vale in relazione alla materia della proprietà intellettuale, la quale è stata oggetto di ripetuti interventi del legislatore europeo324. Nell’ambito di un settore più uniforme dal punto di vista normativo, invero, la corte avrebbe potuto sbilanciarsi nel dettare linee guida per il concreto raggiungimento di un giusto equilibrio tra diritti contrastanti.

Il principio esplicitato dalla Corte di Giustizia necessita dunque di essere affiancato da criteri interpretativi uniformi per tutti gli Stati membri, così da evitare di lasciare a questi un eccessivo grado di libertà nella determinazione del livello di compressione della tutela della proprietà intellettuale325.

Se quindi l’atteggiamento timido assunto finora dalla corte può apparire giustificato dalla complessità della questione, il futuro necessita di una presa di posizione più determinante, anche in considerazione del crescente grado di armonizzazione comunitaria della tutela della proprietà intellettuale.

III.1.2 L’ordinanza C-557/07, LSG c. Tele2

Dei principi esplicitati nella sentenza Promusicae si dà conferma nell’ordinanza C- 557/07, la cui questione pregiudiziale era sorta nell’ambito di una controversia tra la LSG, una società di gestione collettiva austriaca per la protezione degli interessi di artisti ed intermediari del settore, e la Tele2, una compagnia che offre servizi di accesso ad internet, la quale si era rifiutata di fornire indirizzi e nominativi di alcuni suoi utenti. Questi ultimi, infatti, utilizzando sistemi di condivisione dei file al fine di scambiare opere protette da diritto d’autore, avevano violato i diritti di esclusiva spettanti ai membri di LSG. Le corti di primo e di secondo grado austriache avevano condannato Tele2 alla comunicazione dei dati personali dei suoi clienti, ma l’Oberster Gerichtshof, alla luce delle osservazioni dell’Avvocato Generale nell’ambito della sentenza Promusicae, aveva sospeso il procedimento per sollevare due questioni pregiudiziali. La prima riguardava la nozione di “intermediario” di cui alla direttiva 2001/29, ed in particolare la possibilità che questa fosse interpretata in modo tale da comprendere anche la figura del fornitore d’accesso che non offra servizi aggiuntivi ai suoi utenti né eserciti un controllo sull’utilizzo della rete da parte dell’utente. La seconda questione verteva invece sul fatto che il diritto comunitario, ed in particolare l’art. 8, n. 3, della direttiva 2004/48, in combinato disposto con gli articoli 6 e 15 della direttiva 2002/58, fosse tale da impedire la comunicazione da parte del fornitore dei dati personali degli utilizzatori del servizio, nell’ambito di un procedimento civile finalizzato alla tutela del diritto d’autore.

Nella sua pronuncia, il giudice comunitario riprende direttamente i principi esplicitati nella sentenza Promusicae, ed ancora una volta sancisce che, nonostante il diritto

324 S

ARTI,Privacy e proprietà intellettuale: la Corte di Giustizia in mezzo al guado, cit., p. 438. 325 S

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comunitario non osti alla previsione negli Stati membri di un obbligo di comunicazione dei dati personali nell’ambito di un procedimento civile per violazione del diritto d’autore, deve essere offerta alle direttive un’interpretazione tale da garantire un corretto equilibrio tra i diritti fondamentali in gioco. In sede di applicazione, inoltre, i giudici nazionali devono applicare il loro diritto nazionale in conformità con le direttive comunitarie, e devono evitare di offrire un’interpretazione di queste che confligga con i diritti fondamentali o con gli altri principi generali dell’ordinamento comunitario, quale ad esempio il principio di proporzionalità326.

Rispondendo poi alla prima questione pregiudiziale, la Corte di Giustizia conferma il fatto che anche un fornitore di mera connessione quale Tele2 possa rientrare nella nozione di “intermediario” di cui all’articolo 8 n. 3 della direttiva 2001/29, che si riferisce agli operatori i cui servizi siano utilizzati da terzi per commettere violazioni del diritto d’autore327. Secondo il ragionamento della corte, infatti, un soggetto che si limiti a fornire la mera connessione alla rete senza offrire servizi ulteriori né operare un controllo sul traffico può rientrare nell’ambito di tale definizione, poiché esso fornisce lo strumento mediante il quale l’utente commette la violazione328 . Lo stesso "considerando" 59 della direttiva si riferisce all’“intermediario che consenta violazioni in rete da parte di un terzo contro opere o altri materiali protetti”329, andando così a comprendere anche quei fornitori di accesso ad internet che consentono in tal modo la commissione di illeciti. La corte avvalora poi la sua posizione rilevando che, qualora si escludesse dalla nozione di “intermediario” l’unico soggetto detentore dei dati necessari ad identificare gli autori delle violazioni, la tutela della proprietà intellettuale ne risulterebbe inevitabilmente ridimensionata330.