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Individuazione dell’elemento soggettivo e dei criteri di diligenza

Capitolo 3. Il recepimento della direttiva in Italia

IV. Individuazione dell’elemento soggettivo e dei criteri di diligenza

Una volta esposte le norme del d.lgs. 70/2003, è opportuno esaminare il modello di responsabilità ivi delineato. In primo luogo è necessario osservare come l’entrata in vigore del suddetto decreto e, nello specifico, dell’assenza di un obbligo generale di sorveglianza, segni la definitiva archiviazione dei tentativi di dottrina e giurisprudenza di attribuire all’intermediario online un modello di responsabilità oggettiva, la quale viene sostituita da una responsabilità colposa da concorso nella produzione dell’illecito501. Il legislatore, attenendosi al modello della direttiva, ha delineato in negativo la responsabilità del provider, esplicitando le condizioni in presenza delle quali l’intermediario non è chiamato a rispondere dell’illecito altrui. Come avviene in generale in tutti i casi di esonero da responsabilità, il ricorso alle esenzioni previste nel decreto è subordinato alla prova, da parte dell’intermediario, della conformità della sua condotta agli standard di diligenza delineati nella normativa502.

È poi necessario evidenziare che sia il legislatore europeo, sia quello nazionale non hanno voluto collegare la responsabilità civile degli internet service provider alla violazione di un generico dovere di neminem laedere, bensì al mancato rispetto di precisi obblighi comportamentali calibrati a seconda della tipologia di provider503. In questi termini, la responsabilità dei prestatori intermediari può essere riassunta nel quadro della c.d. responsabilità omissiva, che indica la mancata conformazione di un soggetto ad un comportamento che esso aveva l’obbligo giuridico di tenere, in una circostanza in cui l’evento dannoso si sia verificato: tale soggetto sarà dunque chiamato

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GAMBINI, Le responsabilità civili dell’Internet Service Provider, cit., p. 315; FACCI, La responsabilità

del provider, cit., p. 138; SANNA, Il regime di responsabilità dei providers intermediari di servizi della

società dell'informazione, cit., p. 284.

502 Pur in assenza di una esplicita previsione in tal senso nella direttiva e-Commerce e nel d.lgs. 70/2003,

è in questo senso che si pronuncia la dottrina maggioritaria. Per tutti vedi GAMBINI, Le responsabilità

civili dell’Internet Service Provider, cit., pp. 334-335 e SICA, Le responsabilità civili, cit., p. 289.

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a rispondere sulla base del combinato risposto tra l’articolo 2043 c.c. e la norma prescrittiva di tale comportamento504.

Tali norme prescrittive sono, nel caso della responsabilità del prestatore intermediario, quelle sancite nello stesso d.lgs. 70/2003. Esse delineano modelli di condotta che sono più o meno rigidi a seconda dell’attività specificamente esercitata dai provider, imponendo così a questi ultimi il rispetto di un canone di diligenza derivante dalla loro qualità di professionisti: in questo modo, il fondamento della responsabilità civile degli intermediari è riscontrabile nella colpa professionale505. Peraltro, la previsione di doveri specifici ha determinato un innalzamento dello standard di diligenza imposto all’ISP: a quest’ultimo, che organizza le attività online, ne assume il rischio e possiede le conoscenze tecniche necessarie, non sono richiesti unicamente semplici doveri di astensione, bensì, in ipotesi determinate, anche specifici obblighi di intervento506. Ne sono un esempio sia i doveri di attivazione dell’hosting provider, il quale, su comunicazione delle autorità competenti, deve rimuovere l’informazione illecita, sia i doveri di cooperazione con l’autorità giudiziaria o amministrativa, aventi ad oggetto la segnalazione di atti lesivi di cui l’intermediario è venuto a conoscenza507. Tali norme primarie, attributive di obblighi di conformazione in capo ai provider, si giustificano in considerazione della posizione di particolare vicinanza dei provider nei confronti dei contenuti online e della sua particolare posizione professionale ed economica508. Si è osservato in proposito che, nell’ambito della responsabilità dell’impresa e del provider, prevalga una nozione c.d. oggettiva di colpa, la quale corrisponde alla violazione di prescrizioni normative: tale orientamento di dottrina e giurisprudenza finirebbe così per

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ASSANO, Diritto dell’internet: il sistema di tutela della persona, cit., p. 354 e Cassano, Cimino, Il

nuovo regime di responsabilità dei providers: verso la creazione di un novello “censore telematico”, cit.,

p. 90. Gli autori osservano che l’obbligo giuridico di porre in essere una condotta specifica costituisca un’ipotesi eccezionale rispetto al principio generale di cui all’articolo 2043 del codice civile. È pertanto necessario che il dovere di compiere l’attività positiva sia prescritto da una norma primaria, la quale, in combinato disposto con la regola dell’art. 2043 c.c., determina la responsabilità del soggetto in caso di omissione di tale comportamento. In vigenza di tale norma prescrittiva, la verifica della responsabilità richiede unicamente la prova della sua inosservanza. F. DELFINI, La responsabilità dei prestatori

intermediari nella direttiva 200/31/CE e nel d.lgs. n. 70/2003, in Rivista di diritto privato, 2004, 55, pp.

59 ss., rilevando che la disciplina della responsabilità del prestatore intermediario introdotta dal d.lgs. 70/2003 si fonda sul modello dell’illecito omissivo, osserva come la responsabilità omissiva rappresenti, insieme alla responsabilità oggettiva, una tecnica di politica del diritto volta alla protezione di beni giuridici specifici. L’Autore osserva come, in ambito penale, la tecnica dell’illecito omissivo sia molto diffusa, in quanto l’art. 40 c.p. equipara espressamente una condotta attiva ad una condotta omissiva. Il problema dell’individuazione del soggetto responsabile dell’illecito omissivo sarà poi risolto mediante il ricorso al concetto di “posizione di garanzia”. Nel diritto civile invece, non esistendo una norma paragonabile a quella di cui all’articolo 40 c.p., si ricorre maggiormente alla tecnica della responsabilità oggettiva, la quale garantisce un’amplissima protezione dei beni giuridici ed appare riconducibile a posizioni di garanzia relative al controllo di fonti di pericolo. L’alternativa responsabilità omissiva viene invece ricondotta alla posizione di garanzia costituita dall’impedimento dell’altrui illecito.

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AMBINI, Le responsabilità civili dell’Internet Service Provider, cit.,p. 347.

506

GAMBINI, Le responsabilità civili dell’Internet Service Provider, cit.,p. 348.

507 G

AMBINI, Le responsabilità civili dell’Internet Service Provider, cit.,p. 349.

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definire una nozione di colpa slegata dal concetto di “rimprovero morale”, e corrispondente alla mera inosservanza della condotta prescritta509.

È stata poi proposta in dottrina la possibilità di integrare i canoni di diligenza professionale con i codici di condotta frutto dell’autoregolamentazione. Prima dell’entrata in vigore del d.lgs. 70/2003, ad esempio, vi è stato chi ha individuato in tali norme autoregolamentari uno strumento per integrare il canone di diligenza degli internet service provider mediante l’indicazione delle regole professionali del settore, al tempo assenti nell’ordinamento510. Attualmente, il rinvio esplicito alle condotte “ampiamente riconosciut(e) e utilizzat(e) dalle imprese del settore” di cui all’articolo 15 comma 1 lettere c) e d) dimostra la bontà di tale intuizione.

Alla base di tale necessità di fare riferimento a canoni di condotta maggiormente elastici, preferendoli a doveri comportamentali cristallizzati in disposizioni di legge, vi è la continua evoluzione delle tecnologie di riferimento: utile a tal fine sarà dunque non solo il riferimento a forme di autoregolamentazione, ma anche alle regole di soft law, agli usi comuni e alle pratiche contrattuali internazionali511.

Facendo ricorso ad un modello di responsabilità soggettiva integrato da standard di diligenza professionale di fonte legislativa ed autoregolamentare, il d.lgs. 70/2003 delinea un equilibrio soddisfacente tra l’esigenza di responsabilizzare gli intermediari online e la necessità di evitare un’attribuzione automatica a questi ultimi degli illeciti commessi dai loro utenti.