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Le sentenze C-70/10, Scarlet c Sabam e C-360/10 Sabam c Netlog

Capitolo 2. La responsabilità dell’ISP nella direttiva e-Commerce 2000/31/CE

III. Le pronunce della Corte di Giustizia

III.2 Pronunce relative ai provvedimenti inibitori

III.2.2 Le sentenze C-70/10, Scarlet c Sabam e C-360/10 Sabam c Netlog

Le sentenze Scarlet v. SABAM e SABAM v. Netlog rappresentano la prima occasione per la Corte di Giustizia per prendere posizione sulle concrete modalità operative delle misure inibitorie disposte dai giudici nazionali339. Nel primo caso, la questione pregiudiziale sorge nell’ambito di una controversia tra una società di gestione collettiva dei diritti di autori e produttori di opere musicali, la SABAM, e Scarlet, un ente fornitore di accesso ad internet. La SABAM aveva rilevato il fatto che alcuni utenti di Scarlet avevano scaricato illecitamente materiale protetto da diritti d’autore spettanti ai membri della società attrice, e aveva così richiesto la condanna di Scarlet alla cessazione della violazione. Il tribunale di primo grado di Bruxelles aveva dunque condannato la società intermediaria ad impedire qualsiasi forma di scambio di materiale protetto da copyright. Scarlet aveva proposto appello contro tale decisione e nell’ambito di tale giudizio il giudice aveva sollevato questione pregiudiziale, al fine di accertare se gli obblighi posti a suo carico fossero conformi con il diritto comunitario. In particolare, il giudice del rinvio chiedeva alla Corte di Giustizia di chiarire se il diritto comunitario, nello specifico le direttive 2000/31, 2001/29, 2004/48, 95/46 e 2002/58, anche alla luce del rispetto dei diritti fondamentali implicati, fosse tale da impedire ad un giudice nazionale di ingiungere ad un intermediario di disporre sistemi di filtraggio di tutto il traffico online nei confronti di tutti i suoi utenti, a livello preventivo e per un tempo indeterminato, tale da individuare ed impedire le violazioni del diritto d’autore340.

337 V. M. S

CHRIJVERS, European Court rules on the position of eBay regarding sale of infringing products: L’Oréal v. eBay, in European Intellectual Property Review, 732 (2011).

338 Corte di Giustizia UE, Sentenza C-324/09 del 12.07.2011, L’Oréal SA e altri contro eBay International AG e altri, pt. 142. Sul punto, anche PETRUSO, Fatto illecito degli intermediari tecnici della

rete e diritto d’autore: un’indagine di diritto comparato, cit. 339

Corte di Giustizia UE, Sentenza C-70/10 del 24.11.2011, Scarlet Extended SA contro Société belge des

auteurs, compositeurs et éditeurs SCRL (SABAM), in Raccolta 2011 I-11959. 340 C-70/10, par. 28.

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Per risolvere la questione, la corte fa riferimento alle direttive 2001/29 e 2004/48, le quali legittimano i titolari dei diritti di proprietà intellettuale ad ottenere nei confronti degli intermediari un provvedimento volto alla cessazione degli atti lesivi. Le disposizioni nazionali di recepimento poi, come direttamente esplicitato dalle stesse direttive, non possono entrare in contrasto con la direttiva e-Commerce, e nello specifico con il suo articolo 15 il quale, come visto, vieta alle autorità nazionali di imporre un dovere di sorveglianza in capo agli intermediari. A questo punto, la corte prende in considerazione il punto centrale della questione, ossia se un’ingiunzione come quella oggetto della causa principale istituisca di fatto un dovere di sorveglianza vietato dall’articolo 15 della direttiva e-Commerce. Per rispondere a tale quesito, il giudice comunitario analizza le implicazioni derivanti dalla predisposizione di un sistema di filtraggio, e rileva come l’intermediario dovrebbe in primo luogo identificare i file oggetto di traffico peer-to-peer nell’ambito dell’intero traffico sulle sue reti; tra questi, dovrebbe successivamente individuare i file lesivi dei diritti d’autore facenti capo ai soggetti che lamentino la violazione e, in ultima istanza, dovrebbe impedirne l’ulteriore scambio. Da questa analisi emerge dunque il fatto che una ingiunzione come quella disposta dal giudice di Bruxelles sarebbe tale da comportare un dovere di sorveglianza generale e preventivo in capo al provider che risulterebbe in contrasto con il suddetto articolo 15341. La corte prosegue poi nel suo ragionamento e prende in considerazione la possibilità di giustificare quest’ingiunzione in un’ottica di rispetto dei diritti fondamentali tutelati dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea. La tutela del diritto alla proprietà intellettuale, però, non sembra idonea a questo fine, in quanto né la Carta né la giurisprudenza ne sanciscono l’intangibilità. La stessa sentenza Promusicae, infatti, ne fissa il necessario bilanciamento con gli altri diritti fondamentali con cui di volta in volta entri in conflitto. Il giudice comunitario, quindi, si pronuncia nel senso di un necessario bilanciamento tra la proprietà intellettuale e, da un lato, il libero esercizio dell’attività d’impresa degli intermediari, e dall’altro il diritto ad essere informati ed alla protezione dei dati personali degli utenti. Come chiarito nella stessa sentenza, l’implementazione di un sistema di filtraggio comporterebbe sia l’identificazione di tutti gli indirizzi IP degli utenti, sia un rischio di lesione della libertà di informazione, vista la difficoltà di distinguere, per mezzo di uno strumento automatico, i contenuti leciti da quelli illeciti342. La corte conferma così il principio per cui le direttive di cui sopra, lette in combinato disposto con i diritti fondamentali della Carta, escludono la possibilità di ingiungere ad un intermediario online di predisporre sistemi di filtraggio preventivi343.

341 C-70, par. 40. 342

E’ infatti difficile o impossibile per un sistema di filtraggio automatico distinguere le opere già cadute in pubblico dominio o oggetto di regolare licenza.

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Nell’arco di pochi mesi la corte ha avuto occasione di confermare quanto sancito nel caso Scarlet344. In un’altra controversia, invero, la stessa SABAM aveva citato in giudizio Netlog, un social network che metteva a disposizione degli utenti una piattaforma virtuale per la condivisione di informazioni e contenuti audiovisivi, di cui alcuni senza l’autorizzazione di SABAM. Quest’ultima aveva pertanto chiesto al giudice nazionale di concedere una tutela inibitoria nei confronti del provider, tale per cui quest’ultimo avrebbe dovuto cessare ogni messa in circolazione illecita delle opere del repertorio di SABAM345. A tale proposito però, Netlog aveva lamentato il fatto che un ordine di questo tipo avrebbe comportato l’imposizione in capo al provider di un dovere generale di sorveglianza e, nello specifico, lo avrebbe obbligato a predisporre un sistema di filtraggio preventivo, esclusivamente a sue spese e senza limiti di tempo, avente ad oggetto l’intera clientela e l’intero traffico di informazioni, al fine di individuare e bloccare lo scambio delle opere facenti capo a SABAM. Il giudice aveva quindi sollevato dinnanzi alla corte la medesima questione pregiudiziale relativa al caso Scarlet riguardante la compatibilità di un’ingiunzione di questo tipo con l’articolo 15 della direttiva sul commercio elettronico.

Dopo aver accertato la natura di hosting provider di Netlog, la corte ha ripercorso passo- passo il procedimento logico seguito in Scarlet, per giungere ancora una volta alla conclusione per cui le direttive 2000/31, 2001/29 e 2004/48, interpretate alla luce dei diritti fondamentali dell’ordinamento comunitario, ostano all’imposizione di un ordine come quello di cui alla causa principale.

In entrambe le pronunce, la corte, nel negare la conformità di un ordine inibitorio di questo tipo con il diritto comunitario, richiama le sue precedenti pronunce in tema di proporzionalità e bilanciamento della proprietà intellettuale con le varie libertà fondamentali con cui di volta in volta si scontra346. La proprietà intellettuale non è, infatti, un diritto intangibile da tutelare in via assoluta e ad essa possono essere apportate restrizioni a condizione di non intaccare il suo nucleo essenziale. Questo compito spetterà ai giudici nazionali, i quali dovranno individuare un giusto bilanciamento tra libertà di impresa del provider, diritto alla tutela dei dati personali347 e libertà di informazione del pubblico348.

344 Corte di Giustizia UE, Sentenza C-360 del 16.02.2012, Belgische Vereniging van Auteurs,

Componisten en Uitgevers CVBA (SABAM) contro Netlog NV, in Raccolta digitale.

345

C-360, par. 21.

346 P

ETRUSO, Fatto illecito degli intermediari tecnici della rete e diritto d’autore: un’indagine di diritto

comparato, cit., p. 1205. 347 V. P.S

AMMARCO,Alla ricerca del giusto equilibrio da parte della Corte di Giustizia UE nel confronto tra diritti fondamentali nei casi di impiego di sistemi tecnici di filtraggio, in Diritto dell’informazione e dell’informatica, 2012, 297, che mette in discussione il fatto che all’indirizzo IP possa essere attribuita la

qualifica di dato personale: “E’ vero che la normativa comunitaria in materia di tutela dei dati personali definisce il dato personale come qualunque informazione concernente una persona fisica identificata o identificabile (…) però, nel caso dell’indirizzo IP (dinamico), esso consente di identificare non un soggetto, ma un terminale da cui trae origine o si riceve il file lesivo dei diritti di proprietà intellettuale. E solamente la successiva operazione id combinazione dell’indirizzo IP, con la data e l’orario di attività di

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La corte, dunque, è inequivocabile nel sancire che un obbligo generale di monitoraggio come quello imposto dall’ingiunzione della causa principale, sarebbe incompatibile con il diritto comunitario, e nello specifico con l’articolo 15 della direttiva e-Commerce. Mancano però, a questo punto, dei canoni precisi che permettano di individuare con chiarezza se vi sia un tipo di rimedio inibitorio permanente conforme a tale principio e quali sarebbero le caratteristiche di un simile rimedio.