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III. Il Digital Millennium Copyright Act

III.3 Il DMCA ed i sistemi di P2P

III.3.1 Il caso MGM v Grokster

Una volta preso atto di questo scetticismo nell'applicazione dei safe harbor, è opportuno interrogarsi sul modello di secondary liability riferibile ai sistemi P2P. A tal fine, risulta interessante l’analisi della pronuncia della Corte Suprema nel caso Grokster155.

La questione era sorta quando Metro-Goldwyn-Mayer aveva lamentato la violazione dei suoi diritti di copyright da parte del provider Grokster, il quale forniva un software libero volto allo scambio di file mediante reti peer-to-peer. Nonostante questo software potesse essere utilizzato per scambiare qualsiasi tipo di contenuto, gli utenti vi ricorrevano principalmente per condividere file musicali e video in violazione di copyright. Per questo, MGM aveva intentato un’azione legale contro Grokster, asserendo che questo avesse consapevolmente fornito il suo software al fine di consentire agli utenti il compimento di azioni lesive.

La Corte Distrettuale e la Corte d’Appello avevano valutato la questione prendendo in considerazione la sentenza della Corte Suprema Sony Corp. of America v. Universal

152 Verizon, 351 F.3d 1229, pp. 1235-1236. 153

In re Charter Commc’ns, Inc., 393 F.3d 771, pp. 776-777.

154 Verizon,, 351 F.3d 1229, p. 1238.

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City Studios, Inc.156, la quale aveva affermato che la mera distribuzione di un prodotto suscettibile di sostanziali usi leciti non potesse dare luogo a contributory liability fintantoché il soggetto fornitore non avesse conoscenza effettiva della violazione e avesse omesso di reagire. Le corti, riconoscendo l’assenza di una conoscenza effettiva dell’illecito in capo al resistente e l’utilizzabilità del software lanciato da Grokster anche a fini leciti, avevano dunque escluso la responsabilità del provider157.

In particolare, sia la District Court che il Ninth Circuit, pur riconoscendo l’esistenza di sostanziali utilizzi leciti del software distribuito da Grokster158, avevano focalizzato la loro attenzione sui due elementi essenziali della contributory liability. Rispetto all’elemento della conoscenza dell’illecito, le numerose notifiche provenienti dai titolari dei diritti di copyright ed aventi ad oggetto specifici atti di violazione non erano state considerate rilevanti, in quanto queste non avevano consentito al resistente di acquisire actual knowledge della violazione in una circostanza in cui questi aveva la possibilità di contribuire materialmente ad essa159. Rispetto invece all’elemento del contributo materiale all’illecito, le corti di primo e secondo grado avevano evidenziato una netta distinzione rispetto al precedente A&M Records, Inc. v. Napster, Inc.160, in quanto, a

156 Sony Corp. of Am. v. Universal City Studios, Inc., 464 U.S. 417 (1984) Alla corte era stato richiesto di

valutare se Sony fosse responsabile per violazione di copyright sia in via diretta, sia in via secondaria, secondo la dottrina della contributory e della vicarious liability, in quanto questa aveva fornito ai suoi clienti lo strumento per violare il copyright degli attori. Sony aveva infatti introdotto sul mercato il videoregistratore Betamax VTR, la cui particolarità era costituita dalla dotazioe di un sistema di sintonizzazione incorporato che consentiva ai privati di registrare programmi televisivi, inclusi quelli di cui gli attori erano titolari. La Corte Suprema, pronunciatasi in proposito, aveva sancito che, al fine di escludere l’esistenza di contributory liability, sarebbe stato sufficiente dimostrare il fatto che il prodotto fosse suscettibile di utilizzi non lesivi sostanziali e commercialmente significativi, anche nel caso in cui ricorressero effettivamente gli elementi della conoscenza e della partecipazione all’illecito (par. 442). Nel caso di specie, la corte non aveva ritenuto necessario definire la portata del requisito dell’uso commercialmente significativo, in quanto lo standard richiesto era già pienamente soddisfatto da un uso potenzialmente lecito del Betamax: il time-shifting domestico a fini non commerciali (par. 442). In questa sua pronuncia, la Corte Suprema ha cercato di delineare un equilibrio tra la protezione effettiva del copyright ed esigenze ulteriori, quali il diritto dei consumatori ad utilizzare il videoregistratore Betamax per finalità non lesive, il diritto dei produttori non coinvolti nella causa di permettere ai privati di registrare i loro programmi al fine di consentire una loro più ampia circolazione, la minaccia al commercio legittimo costituita dall’imposizione di responsabilità, il pericolo di estendere il potere monopolistico dei titolari di copyright e la necessità di delegare al Congresso la risoluzione delle questioni originate dal sorgere di nuove tecnologie (J. M. Feder, Is Betamax Obsolete?: Sony Corp. of

America v. Universal city Studios, Inc. in the Age of Napster, in Creighton Law Review, 859 (2004), p.

875-876).

157

Grokster, 380 F.3d 1154, pp. 160-163.

158 Metro-Goldwyn Mayer Studios,Inc. v. Grokster,Ltd. 259 F. Supp. 2d 1029 (C.D. Cal. 2003), par. 1035:

la corte rileva il fatto che l’esistenza di sostanziali usi leciti del software non è un punto controverso; tuttavia, omette di dare delle indicazioni che consentano di determinare cosa si intenda per “sostanzialità” degli usi leciti. Nella decisione MGM v. Grokster, 380 F.3d 1154 (Ninth Cir. 2004), par. 1162, nota 10, invece, la corte fa esplicito riferimento al fatto che un ammontare degli utilizzi leciti pari al 10% del traffico complessivo è sufficiente al fine di raggiungere il requisito della “sostanzialità”.

159 Grokster, 259 F. Supp. 2d 1029 (C.D. Cal. 2003), par. 1038. 160

A&M Records, Inc. v. Napster, Inc., 284 F.3d 1091,1096-1097 (9th Cir.2004), nel quale la corte, discostandosi dal precedente della Corte Suprema Sony, ha sancito che la prova dell’esistenza di sostanziali utilizzi leciti dello strumento fornito dal resistente non è sufficiente ad escludere la

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differenza del suo predecessore, Grokster, fornendo agli utenti gli strumenti ed il sito necessari a commettere la violazione, non partecipava materialmente alla violazione. Per dare prova del ruolo marginale di Grokster rispetto all’illecito, le corti avevano peraltro osservato che se questi avesse chiuso i suoi server, gli illeciti non si sarebbero comunque interrotti161. Le corti di primo e secondo grado avevano inoltre escluso che il convenuto potesse essere considerato responsabile alla luce della vicarious liability, poiché non aveva il potere né la capacità di monitorare l’utilizzo del software: vista l’assenza di un procedimento di log-in o di registrazione, Grokster non aveva infatti la possibilità di impedire agli utenti l’accesso alle funzioni di file sharing162.

La Corte Suprema ha però dato una lettura differente del precedente Sony: secondo questa interpretazione, l’utilizzabilità del prodotto per sostanziali fini leciti non sarebbe tale da escludere la contributory liability nel caso in cui vi siano prove dell’intento del provider di promuovere la violazione163. Nello specifico la corte, analizzando il comportamento di Grokster, ha individuato tre elementi idonei a dimostrare l’intenzionalità del provider nella promozione dell’illecito. Il primo è costituito dal ruolo attivo del provider in relazione all’illecito: nella fase iniziale della diffusione del servizio, invero, Grokster si era promosso come la nuova alternativa a Napster, aveva esplicitato che il suo obiettivo era consentire agli utenti la fruizione di contenuti illeciti ed aveva agito attivamente per incoraggiare le violazioni164. Il secondo elemento è costituito dall’assenza di qualsiasi tentativo di filtraggio dei contenuti illeciti, mentre il terzo è identificabile nei guadagni ricavati dal provider i quali, sebbene non direttamente attribuibili alla violazione in sé, derivavano dalla vendita di spazi pubblicitari sulle pagine visualizzate dagli utenti.

Una decisione di questo tipo può dirsi problematica sotto molteplici aspetti. Innanzitutto, appare precipitosa la scelta di superare il precedente Sony v. Universal City Studios. È vero che il caso Grokster si distingue da Sony per la diversa portata delle violazioni consentite dagli strumenti in questione e per il diverso oggetto delle copie illecite, che in Sony era costituito da materiali messi a disposizione del pubblico dalle emittenti televisive; tuttavia, la decisione di applicare al caso un nuovo regime di responsabilità appare criticabile. La Corte Suprema avrebbe potuto infatti giungere al medesimo risultato specificando ulteriormente il requisito di “substantial non-infringing use” esplicitato in Sony, in modo da chiarire i criteri di attribuzione della responsabilità e ponendo quindi i provider al riparo da standard generici e liberamente interpretabili165.

responsbailità contributoria di un soggetto, qualora quest’ultimo sia ad effettiva conoscenza di violazioni specifiche ed abbia materialmente contribuito alla violazione (par. 1020-1021).

161 Grokster, 380 F.3d 1154, p.1163. 162 Grokster, 380 F.3d 1154, p.1165. 163 Grokster, 545 U.S. 913, p. 917. 164 Grokster, 545 U.S. 913, p. 925. 165 E

LKIN-KOREN, Making Technology Visible: Liability of Internet Service Providers for Peer-to-Peer

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La corte ha invece deciso di applicare la teoria della “inducement of copyright infringement”, sancendo la responsabilità del provider che dimostri chiaramente il suo intento di incentivare la violazione di copyright da parte di terzi. Gli stessi elementi apportati dalla Corte Suprema per dare prova di tale intenzionalità non paiono meno problematici: in primo luogo, l’omissione di qualsiasi tentativo di filtraggio o disabilitazione del materiale lesivo appare un elemento insufficiente a provare la promozione della violazione in capo al provider. Nell’ottica di un bilanciamento tra interessi contrastanti, l’ISP non dovrebbe essere vincolato da un onere di monitoraggio preventivo, ma dovrebbe al massimo essere tenuto ad intervenire in un momento successivo alla comunicazione della violazione. In secondo luogo, la considerazione del modello di business di Grokster come ulteriore prova di inducement si pone come un vero e proprio grimaldello per aprire le porte alla responsabilità dei provider: il sistema su cui Grokster fondava i propri guadagni, cioè il ricavato di introiti pubblicitari, è infatti ancora oggi molto comune tra i provider che offrono servizi online. In aggiunta a ciò, nel ragionamento della corte il nesso tra gli introiti dell’ISP e la commissione di atti lesivi appare molto labile, così da ampliare ulteriormente l’applicabilità della fattispecie. La decisione del caso Grokster appare inoltre criticabile in quanto, pur avendo ampliato in maniera indeterminata le situazioni in cui sia riscontrabile la responsabilità del provider, essa non appare comunque risolutiva delle problematiche poste dalla tecnologia P2P. Il provider potrà invero ridurre le probabilità di vedersi attribuire la responsabilità per inducement of copyright infringement evitando di rilasciare dichiarazioni che sottintendano la sua volontà di incentivare attività lesive. Come risulta dunque da questa analisi, la nascita dei sistemi peer-to-peer ha messo in discussione il fragile equilibrio proposto dal DMCA, in quanto lo statute fa riferimento ad un sistema tecnologico meno evoluto e non risulta sufficientemente lungimirante da riuscire a comprendere i sistemi di recente creazione. Nel tentativo di offrire tutela ai copyright holder, i cui interessi sono fortemente minacciati da questi nuovi sistemi di scambio dei file, la Corte Suprema è tornata ad applicare uno standard poco chiaro in ordine alla responsabilità secondaria dei provider, rendendo ancora una volta pressante la necessità di criteri unici ed inequivocabili.