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Bioi economici e crematistica naturale.

II D IVISIONE DEL L AVORO E R IPRODUZIONE

2. Aristotele: riproduzione dell’oikos e oikonomia.

2.3 Bioi economici e crematistica naturale.

Una volta concluso l’esame della schiavitù, Aristotele non passa a trattare – come sarebbe da aspettarsi – i rapporti di coniugalità e di paternità, ma si sofferma su una questione spinosa accennata nel terzo capitolo e rimasta ancora in sospeso: «ma c’è un quarto elemento che ad alcuni sembra esaurire in sé tutta l’amministrazione domestica, ad altri pare costituire la parte più importante di essa; bisogna indagare come stanno le cose. Intendo alludere alla cosiddetta crematistica» (1253b 11-14).

Dunque, il problema da affrontare risiede in una specifica trattazione del rapporto esistente tra crematistica e amministrazione domestica. La crematistica è identica all’oikonomia o è una parte ad essa subordinata? E se è subordinata, di che tipo di subordinazione si tratta?

Alla prima domanda Aristotele risponde immediatamente in maniera chiara. Ormai è stato detto abbastanza a proposito dell’amministrazione domestica per capire che ad essa spetta l’uso dei beni, mentre alla crematistica spetta l’acquisizione di essi. Questa risposta, però, solleva nuove difficoltà: constatato che oikonomia e crematistica sono identiche, resta da vedere se la seconda faccia parte della prima oppure se sia un tipo di attività autonoma. In questa questione è implicita tutta l’ambiguità della crematistica.176 Un’ambiguità anche terminologica: da un lato la radice della parola chrematistike rinvia a chrema, una cosa che si usa e di cui si ha bisogno; dall’altro lato, nella sua accezione più comune, essa significa la tecnica di far denaro.177

Questa ambiguità, però, rimane puramente astratta se non viene tematizzata alla luce del contesto concettuale evocato e definito dall’oikonomia. Il fine dell’oikonomia è l’autosufficienza familiare, definita dal consumo e dall’uso dei beni di cui c’è bisogno. Il bisogno, determinato su base naturale, rappresenta il limite, la barriera oltre la quale l’accumulazione dei beni non si può spingere. Quindi una parte della crematistica, specificata come attività che procura i beni necessari, è ancorata a una determinazione naturale (il bisogno come concetto-limite) ed è parte dell’amministrazione domestica.

In prima istanza, a questa crematistica naturale spetta il compito di procurare il nutrimento (trophe). Le maniere particolari di procurarsi il sostentamento, però, dipendono da una serie di fattori legati ai modi di vita di una comunità. Come ha fatto notare Silvia Campese,178 il ragionamento aristotelico si muove in stretta analogia con un discorso di tipo etologico.

Ma vi sono molte specie di cibi e perciò molte specie di vita e tra gli animali e tra gli uomini, perché non è dato vivere senza cibo, sicché le differenze dei cibi determinano tipi di vita animale differenti. Degli animali selvatici alcuni vivono in gruppi, atri isolati, secondo il modo in cui più facilmente possono procurarsi il cibo, dal momento che alcuni sono carnivori, altri erbivori, altri onnivori, e perciò la natura ha determinato i loro tipi di vita secondo le loro comodità e la loro preferenza, non essendo naturalmente la stessa cosa gradita a tutti, in quanto agli uni piacciono certe cose, agli altri altre; e

                                                                                                               

176 Cfr. Finley, Aristotle and economic analysis, cit., insiste particolarmente sui due significati del termine

chrematistike, in particolare pp. 15-18.

177 L’accezione di crematistica nel senso di tecnica di far denaro, ad esempio, è riscontrabile anche nella

Repubblica di Platone (cfr. Resp 330b; 397e; 415e; 581d-582b).

178 Cfr. S. Campese, I bioi economici nel I libro della Politica, in Lisi (a cura di), The ways of classical

perfino tra i carnivori e gli erbivori ben diversi sono i tipi di vita che conducono le diverse specie. Altrettanto dicasi degli uomini: infatti ben diversi sono i tipi di vita che conducono le diverse specie (1256a 19-30).

Con l’esposizione analogica che caratterizza questo passo Aristotele rafforza ulteriormente il nesso tra il mondo sociale e il mondo naturale che fa da perno del suo ragionamento. La differenza tra gli stili di vita dei diversi gruppi si determina anche sulla base delle loro inclinazioni alimentari e dalla maniera impiegata da ciascuno di essi per procurarsi il cibo. Per questo ha senso parlare di bioi economici.

Aristotele procede a una classificazione dei particolari bioi economici in cui sono presenti anche caratterizzazioni psicologiche e morali. Ci sono i nomadi (che sono i più pigri), poi coloro che si procurano il sostentamento tramite il ladrocinio, quelli che vivono di pesca, i cacciatori e, infine, gli agricoltori, i quali rappresentano la maggior parte degli uomini. La vita nomade, agricola, brigantesca, piscatoria e venatoria rappresentano modi di vita che, in conformità con le leggi di natura, si procurano il sostentamento necessario senza ricorrere al commercio. Il fine di ogni comunità è l’autosufficienza, e la natura fornisce tutti i mezzi perché esso venga realizzato (cfr. 1256b 15-22). L’acquisizione animale costituisce «il paradigma di quella crematistica naturale che è parte dell’oikonomia».179

La crematistica, ancorata al bisogno e ai limiti imposti dalla sua naturalità, è parte dell’amministrazione domestica ed è pertanto definibile a pieno titolo come

crematistica naturale:

una sola specie di acquisto è una parte dell’amministrazione domestica: quella che si deve praticare o che ci si deve mettere in condizione di poter praticare per raccogliere i mezzi necessari alla vita e utili alla comunità politica e familiare. Ed è ragionevole affermare che la vera ricchezza consiste in questi mezzi. La quantità di simili mezzi sufficienti per una vita buona non è infinita (1256b 26-32).

La validità della determinazione naturale che regola l’acquisizione dei beni è immanente all’organizzazione dell’oikos e della polis. Sulla base di essa Aristotele

                                                                                                               

formula una definizione “naturale” di ricchezza in quanto «l’insieme degli strumenti della famiglia e della città» (1256b 36-37).

La crematistica naturale è l’arte tesa all’acquisizione di un tale genere di ricchezza. Essa pertanto è propria degli oikonomoi e dei politici. Alla crematistica naturale si contrappone la «crematistica nel senso pregnante del termine» (1256b 40) che si libera dall’orizzonte limitato e naturale. Per essa non c’è alcun limite all’accumulazione di ricchezza. Come si vedrà nel capitolo successivo, essa è finalizzata allo scambio, all’accumulazione e al profitto che si realizza tramite esso. La crematistica innaturale, dunque, sconvolge completamente l’ordine di una comunità, anche semplicemente con l’introduzione di figure sociali come i kapeloi e di nuovi strumenti (la moneta). Essa, infatti, sorgendo laddove c’è necessità dello scambio per ottenere ciò di cui si ha bisogno, si fonda proprio sul commercio.

C’è comunque un genere di ‘scambio originario’, il baratto, il quale resta in qualche modo ancorato ai limiti naturali imposti dal bisogno; allo stesso tempo, però, esso è esposto ad un’evoluzione che, kata logon, valica ogni barriera naturale e raggiunge le forme più corrotte dello scambio (la kapeleia e l’usura).

Aristotele dunque, a differenza di Platone, coglie già nel baratto, nello scambio di merce contro merce, un’ambivalenza che può portare all’autonomizzazione degli interessi legati all’accumulazione di ricchezza dal fondamento naturale di ogni comunità. Un fondamento naturale che è già presente nell’oikos e nelle forme di divisione del lavoro presenti al suo interno, le quali sono finalizzate a una produzione che, limitata quantitativamente, soddisfa le necessità produttive e riproduttive dell’organismo familiare.