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Le interpretazione di Polanyi e Finley.

II D IVISIONE DEL L AVORO E R IPRODUZIONE

2. Aristotele: lo scambio come un “vero problema”.

2.6 Le interpretazione di Polanyi e Finley.

Queste pagine dell’Etica Nicomachea sono state oggetto di lungo dibattito tra gli interpreti; il che è spiegabile anche sulla base della loro difficoltà concettuale. A tal riguardo, è noto il giudizio espresso da Moses Finley che ha scritto: «that this is not one of Aristotle’s more transparent discussion is painfully apparent».231 In effetti, come si è potuto vedere, non è facile seguire in maniera ordinata queste pagine aristoteliche, e soprattutto provare a leggerle tenendo a mente quanto è scritto nel primo libro della

Politica.

Dapprima, un particolare filone interpretativo ha tentato di leggere questi passi fondamentalmente come una teoria normativa dello scambio ricalcata sull’arcaico modello della reciprocità.232 Questi interpreti hanno trovato il proprio appiglio principale nel seguente passo dell’Etica Nicomachea:

infatti la gente cerca di contraccambiare i danni – altrimenti può avere l’impressione di essere in stato di schiavitù – e anche i benefici, altrimenti non si sviluppa la ripartizione, ma è per mezzo della ripartizione che la gente

                                                                                                               

229 K. Marx, Per la critica dell’economia politica, tr. it. di E. Cantimori Mezzomonti, Editori Riuniti,

Roma, 1957, p. 54.

230 Ibid. n. 1. Il passo di Aristotele che Marx ha in mente è questo: «è chiaro che lo scambio era di questo

tipo anche prima che vi fosse la moneta, dato che non vi è nessuna differenza tra dare cinque letti per una casa, o tanto denaro quanto valgono cinque letti» (1133b 25-28).

231 M. I. Finley, Aristotle and economic analysis, in «Past & Present», 44, 1970, pp. 4-23, p. 9.

232 Cfr. Finley, op. cit.; Polanyi, op. cit.; E. Will, De l’aspect éthique des origines grecques de la

resta unita. Per questo, inoltre, si costruisce un tempio alle Grazie in piena vista, perché vi sia lo scambio reciproco, dato che questo è lo specifico … della gratitudine: bisogna che uno contraccambi i servizi di chi ci ha usato cortesia, e che lui stesso prenda l’iniziativa di essere cortese (1132b 35- 1133a 6).

Partendo da questo passo, studiosi come Polanyi e Finley hanno visto in queste pagine il richiamo aristotelico ad una morale tradizionale dello scambio basato sulla reciprocità. In base a questa visione, ancora prima che sullo scambio come fenomeno economico, l’unità della città è, sin dalle sue origini, fondata sulla reciprocità tra i cittadini. Il piano economico non si è ancora svincolato, reso autonomo dalle istituzioni politiche e religiose che regolano la vita della polis.

Su questi punti si costituisce, ad esempio, l’interpretazione di Polanyi che vede alla base dell’analisi di Aristotele una polarità. Secondo Polanyi, infatti, da un lato Aristotele coglie il progressivo autonomizzarsi dell’economico, dall’altro prova a trovare una soluzione a questo problema invitando ad una morale che è quella della società tradizionale, la cui economia è embedded e i cui scambi rispettano i meccanismi di redistribuzione sociale basati sulla reciprocità. Per questo motivo, Polanyi vede in Aristotele, piuttosto che un’analisi economica, una sociologia incentrata sui concetti di

koinonia, autarkeia e dike: la koinonia è fondata sulla philia che lega i suoi membri e

che si esprime in un comportamento di reciprocità che, a sua volta, trova il proprio orizzonte normativo nella giustizia. La giustizia antica, diversamente da quella moderna, ripartisce i premi e le punizioni in relazione allo status di ogni singolo membro della comunità. Per Polanyi il fatto che Aristotele pensi anche lo scambio all’interno di questo orizzonte determinato dalla reciprocità è testimoniato dall’utilizzo del termine metadosis. Il termine metadosis «stava a indicare un’operazione precisa: quella di “cedere una parte”, in particolare a vantaggio di un fondo di viveri comune in occasione di una festività religiosa, di un pranzo cerimoniale o di qualche altro avvenimento pubblico. Questo è il significato del termine metadosis che troviamo sul vocabolario».233 Pertanto, secondo Polanyi, la traduzione di metadosis con “scambio” è profondamente ingiustificata e pecca di modernismo. Alla luce della centralità del paradigma definito dai tre concetti di autosufficienza, giustizia e reciprocità, è comprensibile il postulato aristotelico dello scambio di equivalenze. Lo scambio di                                                                                                                

equivalenze, infatti, rifletterebbe un’istituzione che, in continuità con le condotte conformi ai canoni stabiliti dalla reciprocità, deriva direttamente dalla società arcaica. Questo è il presupposto cui è legata quella teoria del giusto prezzo a cui, secondo Polanyi, l’analisi aristotelica sarebbe indirizzata. Questa è la cornice tradizionale nella quale pensa Aristotele: «comunità, autosufficienza e giustizia, questi sono i cardini della sua sociologia e lo schema di riferimento di tutto il suo pensiero economico, sia quando analizza la natura dell’economia, sia quando affronta questioni politiche».234

A questo sfondo ideale, però, si accompagna in Aristotele la constatazione empirica relativa ai processi economici che caratterizzano il quarto secolo: la kapelike, il mercato, i prezzi, il profitto dei mercanti, ecc. Il filosofo, secondo Polanyi, penserebbe queste pratiche come «istituzioni diverse e separate»235 dalla reciprocità. Polanyi ritiene, appunto, che Aristotele colga in questi termini l’origine storica di un’economia svincolata dall’apparato istituzionale, religioso, ecc.

Se l’interpretazione di Polanyi è molto importante – anche a partire dalla grande considerazione in cui tiene l’indagine aristotelica – credo, allo stesso tempo, che sia possibile muovere nei suoi confronti dei non trascurabili rilievi critici. In particolare, mi sembra che i punti chiave evidenziati da Aristotele vengano in qualche modo aggirati dalla lettura polanyiana. Polanyi, che pur riconosce dei meriti all’analisi sociologica di Aristotele, focalizza la propria attenzione su aspetti in qualche modo marginali e arriva alla conclusione (dubbia anche sul piano storico) che nell’Atene del quarto secolo persistevano ancora istituzioni economiche arcaiche che si opponevano ai nuovi

nascenti circuiti commerciali. Il primitivismo implicito in una tesi simile porta a

fraintendere il problema identificato e affrontato da Aristotele: secondo Polanyi lo sforzo dello Stagirita sarebbe teso ad individuare una formula per fissare dei prezzi giusti, in conformità con le istituzioni tradizionali fondate sulla reciprocità. A mio parere, però, le questioni sollevate dalle pagine del primo libro della Politica e del quinto dell’Etica Nicomachea sono molte più profonde e, se lette in maniera critica, possono aprire squarci interessanti per comprendere gli aspetti economici (come, ad esempio, il ruolo della moneta, i circuiti commerciali, l’organizzazione del lavoro produttivo) della Grecia del quarto secolo a. C.

Credo che siano più che ragionevoli i limiti evidenziati da Alberto Maffi nella tesi polanyiana:

                                                                                                               

234 Ivi, p. 94. 235 Ivi, p. 105.

il problema di Aristotele non è allora quello dei prezzi e del commercio […], ma quello di impedire l’acquisto contro natura di ricchezza che, in quanto tale, si manifesta in denaro. Perciò l’EN non contiene la teorizzazione di un’istituzione fondamentale della società arcaica […] ma una proposta per neutralizzare la potenzialità nociva del denaro, ponendo sotto controllo sia la sua funzione di mezzo di scambio sia quella di misura del valore.236

In una direzione simile a quella seguita da Polanyi si è mosso anche Finley nel già citato Aristotle and economic analysis. A differenza di Polanyi, però, Finley è più interessato a ricercare nelle pagine aristoteliche elementi per la ricostruzione di un quadro storico primitivista dell’Atene del quarto secolo. Anche nell’interpretazione di Finley è centrale il concetto di una koinonia fondata sull’unione di oikoi autosufficienti di per sé, in cui «the kapelos is not only unnatural, but even “unnecessary”».237

Secondo Finley, infatti, le pagine aristoteliche non sono incentrate sullo scambio come fenomeno economico, ma su questioni etiche. A queste ultime, secondo lo storico, sono da ricollegare le considerazioni fatte da Aristotele sulla ricchezza e sull’autarkeia. L’organizzazione stessa della polis al tempo di Aristotele – che per Finley corrisponde al modello weberiano della città di consumatori – non permette al filosofo di sviluppare un’analisi economica che si discosti dal senso comune proprio dell’epoca e che possa parlare a noi moderni secondo quell’apparato di concetti che definiscono il campo dell’economica.

Questo filone interpretativo tende a limitare l’analisi di Aristotele a conclusioni morali finalizzate alla difesa di valori arcaici e tradizionali. Ad esso credo che siano preferibili altri approcci critici che hanno rilevato nello Stagirita non solo gli strumenti per una ricostruzione il più possibile oggettiva della sua epoca e degli elementi che ne hanno provocato la crisi, ma anche delle domande di senso che arrivano fino a noi moderni. In conclusione, ritengo che siano condivisibili le critiche mosse da Meikle a interpretazioni come quelle di Polanyi e Finley:

so it is scarcely possible to read Aristotle, after two centuries of further development, as nothing more than an apologist for archaic institutions. If one is determined to see Aristotle either in that way, or as no more than a

                                                                                                               

236 Maffi, op. cit., p. 165. 237 Finley, op. cit., p. 17.

moralist of koinonia, then one either has to ignore the analytical content of his thought, as Finley does, or distort it in some way, as Polanyi does in portaying it as a prophetic rather than as a reflection on (and of) existing reality.238

In ultima battuta, la lezione da apprendere dalle pagine aristoteliche è molto più profonda e critica di quanto Polanyi e Finley sembrano suggerire.

2.7 Aristotele e Marx: l’arcano del valore e la critica dell’economia politica moderna.