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Il breve Principato di Caligola.

3. Il grano nell’alimentazione, nella società e nella politica 1 Cereali: tipologie, clima e terreni.

3.4. Politiche annonarie in età imperiale (da Augusto a Costantino).

3.4.5. Il breve Principato di Caligola.

Caligola, di cui tuttavia non disponiamo sufficienti documenti per ricostruire la sua politica annonaria, infuse la speranza nel popolo di un periodo aureo, prospero e gaudente.

Il suo inizio, infatti, è ricordato molto munifico nei confronti della popolazione, con un congiarium, elargito il primo giugno del 37, di 75 denarii: con questo indennizzo si presentava come esecutore testamentario di Tiberio.

In realtà, questo donativo lo pone piuttosto in relazione a Giulio Cesare, il quale, celebrando il trionfo al termine della rivalità con Pompeo, donò al popolo non solo il grano che aveva promesso, ma aggiunse anche un quantitativo di denaro superiore al previsto427.

Un altro congiarium fu poi ripetuto il 19 luglio dello stesso anno, nella stessa misura del precedente, per il tirocinium dello stesso Caligola: questo donativo era quello promesso da Tiberio, proprio per l’assunzione della toga virile di Gaio e non elargito prima di allora.

Oltre a Svetonio e Dione Cassio428, questo donativo è ricordato nei Fasti Ostiensi: k. Iun.

cong(iarium) d(ivi sum) (denarii) LXXV. XIIII [k] Aug. alteri (denarii) LXXV.

Egli cominciò poi a sperperare le ricchezze, faticosamente conservate da Tiberio, nei continui spettacoli e nelle elargizioni alla plebe, con le quali certamente guadagnò consensi popolari, senza tuttavia risolvere né apportando modifiche al sistema dei regolari approvvigionamenti di grano per la città di Roma, arrivando addirittura, in alcuni momenti, ad affamare il popolo. Dalle fonti antiche, Caligola è ricordato per i suoi interventi urbanistici, volti al miglioramento delle condizioni sociali ed economiche, non solo degli abitanti di Roma ma anche delle aree limitrofe.

Nel 39 – la data è riportata da Dione Cassio e confermata in Svetonio – egli portò avanti la costruzione di un ponte di navi onerarie – contractis undique onerariis navibus429 – tra Pozzuoli e Bauli per il suo trionfo.

L’episodio, però, è esasperato da Dione Cassio che lo considera addirittura causa della difficoltà di approvvigionamento della Città e della conseguente carestia dell’inverno 40-41.

427 Populo praeter frumenti denos modios ac totidem olei libras trecenos quoque nummos, quos pollicitus olim erat,

viritim divisit et hoc amplius centenos pro mora. [Svet., Caes., XXVIII].

428 Cfr., Svet., Cal., 17, 2; Cassio Dione, LIX, 2, 2. 429 Cfr., Svet, Cal., 19.

ploi'a de; eJς th;n gevfuran ta; me;n hjqroivsqh ta; de; kai; kateskeuavsqh: ouJ ga;r ejxhvrkese ta; sullegh'nai dunhqevnta wJς ejn bracutavtw/, kaivtoi pavnta ojvsa ejnedevceto sunacqevnta, ajf’ouJ'per kai; limo;ς ejvn te th/' ’Italiva/ kai; ejn th/' ‛Rwvmh/ mavlista ijscuro;ς ejgevneto.

[Dione Cassio, LIX, 17, 2]430.

La crisi431 del 40 viene anche menzionata da Seneca:

modo modo intra paucos illos dies, quibus C. Caesar perit, si quis inferis sensus est, hoc gratissime ferens, quod ducebat populo Romano superstite septem aut octo certe dierum cibaria superesse, dum ille pontes navibus iungit et viribus imperi ludit, aderat ultimum malorum obsessis quoque, alimentorum egestas; exitio paene ac fame constitit et, quae famem sequitur, rerum omnium ruina furiosi et externi et infeliciter superbi regis imitatio. [Sen., De brev. vitae, 18, 5]432.

Si ricordi che a Puteoli il microcosmo che ruotava intorno al grano alessandrino era interamente in mani private e formato da mercatores frumentarii puteolani, da horrearii e finanzieri della città. Così come affermato in precedenza, questo commercio libero, però, non provvedeva al grano necessario per le frumentationes, quanto piuttosto al raccolto della restante parte del tributo frumentario ricavato in Egitto e in Africa che pare si possa calcolare grossomodo in 30/40 milioni di

modii (ca 200/250 mila tonnellate) usato per le scorte e per il fabbisogno complessivo di Roma.

Nello stesso 40, l’esercito romano occupò la Mauretania, corrispondente all’incirca alla fascia settentrionale del Marocco e dell’Algeria.

Rimbalza facilmente agli occhi l’interesse continuo che gli imperatori nutrivano non solo per l’Egitto, ma anche per l’Africa, con incessanti guerre e rivolte per assicurarsene il possesso.

430 “Le imbarcazioni per la costruzione del ponte vennero in parte portate lì, in parte furono costruite sul posto, dal

momento che quelle che si potevano far giungere in tempi brevi non bastavano, seppure fossero state riunite tutte le unità possibili, tanto da provocare una grave carestia in Italia, specialmente a Roma” [(a cura di) M. SORDI – A. STROPPA – A. GALIMBERTI, Cassio Dione, Storia romana (libri LVII-LXIII), Milano 1999].

431 Più volte, nelle fonti antiche, ritroviamo il dato riguardante il poco interesse di Caligola verso i bisogni del popolo

che, anzi, spesso ridusse alla fame. Cfr., Tac., Ann., VI, 13, 1-2; Svet., Cal., 26, 5; 39. La storia poi della crisi del 40 è addirittura riflessa in Aur. Vitt., Caes., 4, 3.

432

“Or ora, nel volgere di quei pochi giorni nei quali morì G. Cesare – con la grandissima soddisfazione, se i morti hanno una qualche sensibilità, di valutare che, pur sopravvivendogli, il popolo romano per lo meno avrebbe avuto da mangiare solo più per sette o otto giorni – mentre costruiva ponti con navi insieme congiunte e giocava con le forze dell’impero, era lì presente l’ultimo dei mali anche per gli assediati, la mancanza di alimenti; per poco non furono la morte e la fame e, conseguente alla fame, lo sfacelo totale, il prezzo da pagare per l’imitazione di un re pazzo e straniero, a cui la tracotanza aveva portato sfortuna” [(a cura di) P. RAMONDETTI, Seneca, Dialoghi, Torino 1999].

La divisione della Mauretania in due province, la Mauretania Caesariensis e la Mauretania

Tingitana avvenne, secondo Plinio il Vecchio433, per opera dello stesso Caligola, mentre per Dione fu Claudio a dividerle, al termine delle rivolte e delle vigorose campagne di Svetonio Paolino e Osidio Geta434.

I racconti di Tacito e Cassio Dione differiscono circa le cause per cui Caligola affidò il comando dell’Africa ad un legato, piuttosto che ad un proconsole, come era sempre stato a partire da Augusto.

Per Tacito, Caligola, timoroso delle rivolte che avrebbe potuto causare un certo Marco Silano, proconsole in una data imprecisata, lo destituì dalla carica per affidarla ad un suo legato. Per Cassio Dione, invece, Caligola adottò questo stesso provvedimento ma nel 39 e verso il suo successore Lucio Calpurnio Pisone435.

Indipendentemente dalla veridicità delle fonti, ciò che è bene sottolineare è che questo aspetto è estremamente importante, in quanto segna la strada verso quella cristallizzazione di ogni forma di comando, sia in campo economico, che in quello politico e estero, nelle mani dell’imperatore. Si tenga, infatti, presente che un legato nominato da un imperatore restava in carica per un periodo indeterminato, a discrezione appunto del sovrano; il proconsole, invece, restava in carica un anno. L’astuta manovra di Caligola fu studiata per assicurare il pieno controllo di quel lembo di terra, essenziale, tra l’altro, per l’approvvigionamento in grano di Roma.

Si propose anche l’obiettivo di portare a terminare alcune opere avviate da Augusto e lasciate incompiute da Tiberio.

Per il bene comune, poi, si ricorda l’avvio della costruzione di due acquedotti436

, uno di questi nella zona di Tivoli, completato però da Claudio.

433 Principio terrarum Mauretaniae appellantur, usque ad C. Caesarem Germanici filium regna, saevitia eius in duas

divisae provincias. [Plinio, N.H., V, I, 2]. “All’inizio si trovano le due Mauretanie, che erano regni fino al tempo di Gaio Cesare, figlio di Germanico, e che per la crudeltà di quest’ultimo furono divise in due province” [(a cura di) A. BARCHIESI-R.CENTI-M.CORSARO-A.MARCONE-G.RANUCCI, Plinio il Vecchio, Naturalis Historia (libri I-VI), Torino 1982].

434Cfr., Cassio Dione, LX, 9, 5.

435 Cfr., A. A. BARRETT, Caligula. The corruption of power, London 1989, p. 187; Tac., Hist., IV, 48; Dione Cassio,

LIX, 20, 7. Sulla divergenza dei racconti di Tacito e Dione, cfr., A. A. BARRETT, Caligula, cit., 1989, p. 192.

436

Post hos C. Caesar, qui Tiberio successit, cum parum et publicis usibus et privatis voluptatibus septem ductus aquarum sufficere viderentur, altero imperii sui anno, M. Aquila Iuliano P. Nonio Asprenate cos., anno urbis conditae septingentesimo nonagesimo uno duos ductus incohavit. [Front., Aeq., XIII, 1]. “Dopo quest, C. Cesare, il successore di Tiberio, ritenendo che sette acquedotti fossero insufficienti per le esigenze della Città e i piaceri individuali, il secondo anno del suo regno, sotto il consolato di M. Aquila Julianus e di P. Nonius Asprenas, nell’anno 789 dalla fondazione di Roma, iniziò due acquedotti”. (traduzione di chi scrive).

Inchoavit autem aquae ductum regione Tiburti et amphitheatrum iuxta Saepta, quorum operum a successore eius Claudio alterum peractum, omissum alterum est.

[Svet., Cal., 21]437.

Caligola si distinse per l’impegno profuso nella cura sulle vie di comunicazione, con progetti maestosi, innovativi e geniali, anche se non tutti furono realizzati.

Importante, in tal senso, il suo progetto di attuazione di un canale sull’istmo di Corinto, dove mandò uno dei suoi centurioni ad effettuare le misurazioni438.

Corinthiacus hinc, illinc Saronicus appellatur sinus; Lecheae hinc, Cenchreae illini angustiarum termini, longo et ancipiti navium ambitu quas magnitudo plaustris transvehi prohibet. Quam ob causam perfodere navigabili alveo angustias eas temptavere Demetrius rex, dictator Caesar, Gaius princeps, Domitius Nero.

[Plinio, N. H., IV, 5, 10]439.

Con Barrett440, apprendiamo la volontà di Caligola di fondare inoltre una città sulle Alpi, avendo come scopo il miglioramento delle vie di comunicazione con la Gallia e la Germania; dalla prima forse per garantire un ulteriore apporto di cereali.

Considerando che, solo con Claudio, il passo del Gran San Bernardo sarà lastricato, ciò farebbe supporre che la copertura vada comunque attribuita a Caligola441.

Degno di nota, anche se mai realizzato, è sicuramente il progetto di un porto a Reggio Calabria che sarebbe stato utilissimo, secondo Flavio Giuseppe, per l’approdo delle navi che trasportavano il grano dall’Egitto.

ἔργον δὲ μέγα ἢ βασίλειον οὐδὲν αὐτῷ πεπραγμένον εἴποι ἄν τις ἢ ἐπ’ ὠφελείᾳ τῶν συνόντων καὶ αὖθις

437 “Diede inizio anche alla costruzione dell’acquedotto nella zona di Tivoli e dell’anfiteatro presso il Campo Marzio.

Di queste opere, la prima fu portata a termine da Claudio, suo successore, l’altra fu interrotta” [(a cura di) F. CASORATI-L. DE SALVO, Svetonio, Vite dei Cesari, Roma 2010].

438 Cfr., Svet., Cal., 21. 439

“I due golfi si chiamano da un lato Corintiaco, dall’altro Saronico; le estremità della strettoia sono di qui Lechee, di là Cencree. Lungo e rischioso è il periplo per quelle navi che, a causa delle loro dimensioni, non si possono trasbordare su carri all’altro lato dell’Istmo; per tale motivo si è cercato di scavare un canale navigabile attraverso la strettoia, da parte del re Demetrio, del dittatore Cesare, dell’imperatore Gaio Caligola, e di Nerone” [(a cura di) A. BARCHIESI- R.CENTI-M.CORSARO-A.MARCONE-G.RANUCCI, Plinio il Vecchio, Naturalis Historia (libri I-VI), Torino 1982].

440 Cfr., BARRETT, Caligula, cit., 1989, p. 292; Svet., Cal., 21. 441 Cfr., BARRETT, Caligula, cit., 1989, p. 292.

ἀνθρώπων ἐσομένων, πλήν γε τοῦ περὶ Ῥήγιον καὶ Σικελίαν ἐπινοηθέντος ἐν ὑποδοχῇ τῶν ἀπ’ Αἰγύπτου σιτηγῶν πλοίων· τοῦτο δὲ ὁμολογουμένως μέγιστόν τε καὶ ὠφελιμώτατον τοῖς πλέουσιν·

[Gius. Flavio, A. J., XIX, 205-206]442.

442

“Non eseguì nessuna grande opera, non si può citare neppure una fortezza che sia stata costruita da lui a beneficio sia dei presenti che dei futuri, ad eccezione del porto vicino a Reggio e alla Sicilia che egli progettò per ricevere la nave recante grano proveniente dall’Egitto. Per comune opinione, fu veramente una grande opera e di grandissima utilità per i naviganti” (traduzione di chi scrive).

Non abbiamo, purtroppo, ulteriori notizie sulle motivazioni che spinsero alla progettazione di tale porto, né le cause che ne determinarono l’abbandono.

L’interrogativo che si può porre, in tal senso, è perché proprio Reggio, essendo troppo a sud per servire Roma.

Secondo Barrett, “è possibile che esso fosse destinato all’approvvigionamento dell’Italia meridionale”443

.

Supponendo, invece, che l’Italia meridionale, con l’esclusione della Campania, fosse piuttosto servita dal grano che giungeva dalla Sicilia, che per quanto impoverita continuava sicuramente a produrre, si potrebbe invece pensare che il porto su Reggio sia stato pensato come uno scalo di un percorso, formato da più tappe, per far giungere il grano non solo a Roma, ma smistarlo nelle aree limitrofe.

Questi progetti sono sicuramente stati concepiti per lo sviluppo e il potenziamento del commercio, non solo di quello del grano.

Avere più scali commerciali e ampliare le stesse rotte mercantili era vantaggioso per ricavare introiti e maggiore sicurezza sui mari.

In più, bisogna tener presente che i porti principali dell’epoca – Pozzuoli e Ostia – erano soggetti a continue modifiche e ristrutturazioni; per cui, incentivare la costruzione di un nuovo porto era sicuramente utile per gli approvvigionamenti della capitale.

Nessuna fonte letteraria antica, né epigrafica restituisce informazioni circa la cura annonae adottata da Caligola; il che farebbe supporre, considerando la munificenza del primo periodo del suo impero, che abbia continuato sul solco di Augusto, nonostante abbia sperperato le finanze dello Stato.

Si ritiene che, ancora sotto il suo governo, il praefectus annonae sia stato Turranio, che ricopriva tale carica già dal 14, mantenendola fino al 48, con l’avvento dell’imperatore Claudio.

S. Turranius fuit exactae diligentiae senex, qui post annum nonagesimum, cum vacationem procurationis ab C. Caesare ultro accepisset, componi se in lecto et velut exanimem a circumstante familia plangi iussit. Lugebat domus otium domini senis nec finivit ante tristitiam, quam labor illi suus restitutus est.

[Sen., De brev. vitae, XX, 3]444.

443 BARRETT, Caligula, cit., 1989, p. 293. Secondo lo studioso, inoltre, l’ipotesi del Willrich, secondo cui il porto di

Non avendo altri riferimenti, non si può dare per certa la notizia riportata da Seneca sulla reale identità del Turranio, il cui prenomen, riportato dallo scrittore, è diverso da altre fonti, in cui è conosciuto come Caius e non Sextus. Si è supposto che Seneca non parli qui dello stesso Turranio, ma piuttosto di un fratello o un cugino del prefetto, realmente procuratore ed effettivamente novantenne sotto Caligola445.

Molti, invece, ritengono che il Turranio di cui fanno menzione Seneca e Tacito sia in realtà la stessa persona.

L’espressione, però, cum vocationem procurationis lascia ampi margini di dubbio sull’identità di questo personaggio. Il servizio dell’annona era una prefettura, non un procuratela e non necessariamente Seneca deve aver sbagliato nel citare il nome di tale funzionario.

Seppur con altri incarichi sotto Caligola, questi potrebbe anche essere un personaggio prossimo al Turranio istituito nella carica da Augusto446.

Un altro Turranio è inoltre ricordato in un passo di Plinio il Vecchio – auctore Turranio Gracili

juxta (Gaditanum fretum) gemito447 – e anche questo è facilmente identificabile con il Turranio, prefetto dell’annona.

Come nota Pavis d’Escurac, il riferimento di Plinio fornisce un’indicazione circa l’origine di questo prefetto, concludendo che, già all’inizio dell’Impero, l’alta aristocrazia del sud della Spagna cominciava a farsi strada verso le leve del comando imperiale448.