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Facilità e difficoltà di prelevamento del grano dall’Egitto prima della sua annessione.

3. Il grano nell’alimentazione, nella società e nella politica 1 Cereali: tipologie, clima e terreni.

3.4. Politiche annonarie in età imperiale (da Augusto a Costantino).

3.4.2. Facilità e difficoltà di prelevamento del grano dall’Egitto prima della sua annessione.

Diverse sono le testimonianze relative a legami tra Roma e l’Egitto, stabiliti col fine di utilizzare le riserve in grano egiziane, già prima della sua annessione.

Fausto Zevi, ad esempio, nota che, al termine della guerra annibalica, per dirimere dispute sorte tra i regni ellenistici, in particolar modo tra Siria ed Egitto, fu inviato, come capo di un’ambasceria, Lepido, antenato del futuro triumviro, che costruì a Roma la basilica forense331.

La sua permanenza in Egitto potrebbe essere stata fondamentale per apprendere elementi architettonici orientali, importati a Roma e utilizzati per la costruzione della stessa basilica forense, detta poi Aemilia, la quale non rappresenterebbe l’unico esempio di elementi egiziani sul suolo italico, se si considera a Pozzuoli la lex parieti faciendo che attesta l’esistenza di un Serapeo già nel 105.

“Le due opere si proponevano in un certo senso come complementari, l’una destinata ad accogliere

328 “Dopo aver fatto ciò di cui parlerò, Ottaviano fondò ugualmente una città nel luogo della battaglia, gli diede lo stesso

nome e gli accordò gli stessi onori accordati a quelle fondate precedentemente. Fece anche curare alcuni canali, costruendone nuovi e organizzò tutto ciò che poteva servire” (traduzione di chi scrive).

329 Cfr., Strab., XVII, 1, 3. 330

GERACI, Alessandria, l’Egitto e il rifornimento frumentario di Roma in età repubblicana e imperiale, in Nourrir les citês de Mediterranée. Antiquité- Temps Modernes (a cura di B. Marin-C. Virlouvet), Paris 2003, pp. 625-690. Qui, pp. 634-635.

331

Cfr., ZEVI, Le grandi navi mercantili, Puteoli e Roma, Le ravitaillement en blé de Rome et des centres urbains des débuts de la République jusq’au Haut Empire, Actes du colloque International de Naples (1991), Naples-Rome 1994, pp. 61-68; qui, nello specifico, p. 67.

e custodire le merci, l’altra essendo luogo destinato anche ad affari e contrattazioni: i due monumenti finivano per corrispondersi quasi come due facce di una stessa medaglia, rappresentando rispettivamente l’aspetto unitario delle necessità commerciali di una grande città, che trovavano a loro volta nell’edificio del foro un’espressione architettonica tale da qualificare magnificamente il centro dell’Urbe”332.

Inoltre, al periodo della sconfitta di Annibale a Zama e al suo esilio dalla madrepatria, si riconduce un passo di Livio, che trova un parallelo in Polibio, su un’ambasceria inviata a Tolemeo IV nel 210 a.C. per un rifornimento di grano.

Ὅτι οἱ Ῥωμαῖοι πρεσβευτὰς ἐξαπέστειλαν πρὸς Πτολεμαῖον, βουλόμενοι σίτῳ χορηγηθῆναι διὰ τὸ μεγάλην εἶναι παρ’ αὐτοῖς σπάνιν, ὡς ἂν τοῦ μὲν κατὰ τὴν Ἰταλίαν ὑπὸ τῶν στρατοπέδων ἅπαντος ἐφθαρμένου μέχρι τῶν τῆς Ῥώμης πυλῶν, ἔξωθεν δὲ μὴ γενομένης ἐπικουρίας, ἅτε κατὰ πάντα τὰ μέρη τῆς οἰκουμένης πολέμων ἐνεστώτων καὶ στρατοπέδων παρακαθημένων, πλὴν τῶν κατ’ Αἴγυπτον τόπων. εἰς γὰρ τοσοῦτον κατὰ τὴν Ῥώμην προεβεβήκει τὰ τῆς ἐνδείας ὥστε τὸν Σικελικὸν μέδιμνον πεντεκαίδεκα δραχμῶν ὑπάρχειν. ἀλλ’ ὅμως τοιαύτης οὔσης τῆς περιστάσεως οὐκ ἠμέλουν τῶν πολεμικῶν. [Polibio, 9, 11a]333. et Alexandream ad Ptolomaeum et Cleopatram reges M. Atilius et M'. Acilius, legati ad commemorandam renouandamque amicitiam missi, dona tulere, regi togam et tunicam purpuream cum sella eburnea, reginae pallam pictam cum amiculo purpureo.

[Livio, XXVII, 4, 10]334.

Si può quasi con certezza affermare che Roma importava grano dall’Egitto, già prima che questo diventasse sua provincia; nonostante il dato nelle fonti di età repubblicana non sia affermato esplicitamente, si tenga infatti presente che solo il grano fiscale era annotato, poiché si trovava sotto il diretto controllo dello Stato.

In più le fonti accennano solo alle tria frumentaria, perché possedimenti effettivi dei Romani.

Un passo da sottolineare, come rileva il Geraci335, è tratto dalla Pro Rabirio Postumo di Cicerone, nel quale si parla di alcune merci trasportate a Roma dall’Egitto, tra cui fallaces quidem et fucosae,

chartis et linteis et vitro celatae336.

Queste merci nascoste sotto i papiri, i lini e il vetro non alludono sicuramente al grano, ma non si

332 ZEVI, Navi mercantili, cit., 1994, p. 67.

333 “I Romani inviarono ambasciatori a Tolemeo, volendo essere riforniti di grano, poiché ne avevano grande penuria:

era stato distrutto dagli eserciti tutto quello che c’era in Italia fino alle porte di Roma e non erano arrivati aiuti dall’esterno, dato che in tutte le parti del mondo, tranne che in Egitto, erano in corso guerre ed erano accampati eserciti. L’insufficienza di grano a Roma era tale che il medimno siculo valeva quindici dracme. Ma tuttavia, anche in circostanze così difficili, non trascuravano le operazioni belliche”. [(a cura di) D. MUSTI – M. MARI – J. THORNTON, Polibio, Storie, vol. IV (libri VII-IX), Milano 2002].

334

“M. Atilio e M.’Acilio furono poi inviati ad Alessandria come ambasciatori ai regnanti Tolemeo e Cleopatra, per ricordare e rinnovare l’amicizia col popolo romano. Anche ad essi furono portati doni, al re una toga, una tunica di porpora ed una sedia curule eburnea; alla regina una ricca veste ricamata con un mantello di porpora”. [(a cura di) B. CEVA e M. SCANDOLA, Livio, Storia di Roma, vol. VI (libri XXIV-XXVII),Milano 2000].

335 GERACI, L’Egitto provincia frumentaria, cit., 1994, p. 281. 336 Cic., Pro Rab. Post., 14, 40.

può escludere né affermare che le merci di cui parla Cicerone “si limitassero esclusivamente a papiro, lino e vetro”337.

In più, non si dimentichi che Rabirio era un importante banchiere che aveva addirittura aperto credito al faraone Aulete, ma anche ad armatori singoli e/o associati che mettevano in mare una magnifica flotta commerciale.

Questo dato inviterebbe a supporre una crisi in Egitto, tale da spingere questo Paese a commercializzare i prodotti più redditizi della propria terra, sicuramente più congeniali del grano, per cercare di riprendere l’economia.

Che la ricchezza dell’Egitto, insieme a quella cirenaica, fosse nota nell’ambiente romano, è facilmente comprensibile, stando anche ad un passo, sempre di Cicerone, tratto dal De lege agraria:

Quid? Mytilenae, quae certe vistrae. Quirites, belli lege ac victoriae iure factae sunt, urbs et natura ac situ et descriptione aedificiorum et pulchritudine in primis nobilis, agri iucundi et fetiles, nempe eodem capite inclusi continentur. Quid? Alexandrea cunctaque Aegyptus ut occulte latet, ut recondita est, ut furtim tota decemviris traditur! Quis enim vestrum hoc ignorat, dici illud regnum testament regis Alexae populi Romani esse factum? Hic ego con sul populi Romani non modo nihil iudico, sed ne quid sentiam quidem profero. Magna enim mihi res non modo ad statuendum, sed etiam ad dicendum videtur esse. Video qui testamentum factum esse confirmet; auctoritatem senatus exstare hereditatis aditae sentio tum, cum Alexa mortuo legatos Tyrum misimus, qui ab illo pecuniam depositam nostris recuperarent. Haec L. Philippum saepe in senatu confirmasse memoria teneo; eum, qui regnum illud teneat hoc tempore, neque genere neque animo regio esse inter omnes fere video convenire. Dicitur contra nullum esse testamentum, non oportere populum Romanum omnium regnorum appetentem videri, demigraturos in illa loca nostros homines propter agrorum bonitatem et omnium rerum copiam.

[Cic., De lege agr. II, 16, 41-42]338.

Nonostante le considerazioni esposte fin qui, dobbiamo ricordare che quasi tutti i più importanti e valenti generali, consoli e magistrati che hanno calcato il palcoscenico del mondo romano, si sono recati in Africa per cercare i propri vettovagliamenti e le riserve per i propri soldati e magari qualche eccedenza da inviare alla plebe romana, senza, tuttavia, spingersi verso l’Egitto.

337 GERACI, L’Egitto provincia frumentaria, cit., 1994, p. 281.

338 “E che? Mitilene, diventata certamente vostra, Quiriti, per legge di guerra e diritto di vittoria, città tra le più famose

per la posizione naturale, per la pianta e la bellezza degli edifici è certo compresa nel medesimo articolo di legge. E che? Alessandria e tutto l’Egitto come vi sono ben nascosti e occultati, come sono consegnati furivamente ai decemviri! Chi di voi ignora, che si va dicendo, che quel regno è diventato proprietà del popolo romano per il testamento del re Alessandro? Su ciò io console del popolo romano non solo non do alcun giudizio, ma non esprimo neppure la mia opinione. Mi sembra infatti difficile impresa non solo a giudicare, ma anche a dirsi. Conosco chi afferma che il testamento è stato fatto; so che esiste un decreto del senato sul possesso dell’eredità, quando, morto Alessandro, mandammo ambasciatori a Tiro, per ritirare a profitto dei nostri il denaro da lui depositato. Ricordo che Lucio Filippo spesso ha confermato questi fatti nel senato, e vedo che quasi tutti sono d’accordo che il principe che ora regna non è né di stirpe né di animo regale. Ma d’altra parte si dice che non deve sembrare avido di annettersi tutti i regni, che i nostri cittadini emigreranno in quei luoghi per la bontà dei terreni e l’abbondanza di ogni bene”. [(a cura di) E. D’ARBELA, Cicerone, Le tre orazioni sulla legge agraria, Milano 1967].

Il perché di tale riserbo resta ignoto.

Un primo elemento da prendere in considerazione potrebbe essere la difficoltà di navigazione per una nave che da Alessandria raggiungeva Puteoli e, solo in minima parte, Ostia.

Non sempre il grano che affluiva a Roma era richiesto per reale necessità; la maggior parte delle volte, infatti, ciò che spingeva a recuperare ingenti quantitativi era la pretesa degli abitanti della Città.

Tuttavia, quando si ammassano notevoli derrate alimentari, spiega il Geraci, vanno tenuti in considerazione tre ordini di valori spesso decrescenti: volume di importazione, volume di distribuzione e volume di consumo339.

Per comprendere questi si deve anche considerare il tasso di deterioramento del cereale, dovuto a diversi fattori, tra cui il trasporto e lo stato di conservazione nei periodi estivi, poiché il grano, conservato in sili sotterranei o in magazzini leggermente sopraelevati o, addirittura, costruiti a livello del suolo, spesso non era sottoposto ad un’accurata ventilazione che avveniva soltanto con scarsi sistemi naturali.

Granaria sublimata ad septentrionem aut aquilonem spectantia disponantur; ita enim frumenta non poterunt cito concalescere, sed ab flatu refrigerata diu seruantur. Namque ceterae regiones procreant curculionem et reliquas bestiolas, quae frumentis solent nocere.

[Vitr., De Arch., VI, 6, 4]340.

“Nei granai di transito, a Pozzuoli, poi anche ad Ostia, prima di essere di lì ripreso e trasportato a Roma, nonché nell’Urbe stessa, il frumento era spesso stivato semplicemente in sacchi sottoposti ad aerazione dall’esterno. I limiti di questo sistema di stoccaggio ‘misto’, nel quale il grano era soggetto a spostamenti continui, hanno sempre inciso gravemente sul tasso di perdita, che ancor oggi raggiunge i suoi livelli più alti nella fase della ‘dal molo al consumo’, quella cioè che intercorre tra il momento in cui il cereale è scaricato a terra dalle navi e il suo utilizzo finale come cibo”341.Tenendo presente questa serie di elementi, si pensi al tasso di deterioramento che il cereale poteva subire nel percorrere la lenta e lunga traversata da Alessandria a Puteoli.

Subito nobis hodie Alexandrinae naves apparuerunt, quae praemitti solent et nuntiare secuturae classis adventum: tabellarias vocant. Gratus illarum Campaniae aspectus est: ominis in pilis Puteolorum turba consistite et ex ipso genere velorum Alexandrinas quamvis in magna turba navium intellegit; solis enim licet

339 Cfr. GERACI, Alessandria, l’Egitto e il rifornimento frumentario di Roma, cit., 2003, p., 636.

340 “I granai saranno posti in alto e orientati verso Nord o Nord-est; in questo modo, il grano sarà protetto contro un

riscaldamento rapido e, grazie alla freschezza dell’aria che circola, si conserverà più tempo. Infatti, le altre esposizioni attirano i punteruoli e tutti gli insetti che abitualmente rovinano il grano”. (traduzione di chi scrive).

siparum intendere, quod in alto omnes habent naves.

[Sen., Epist., IX, 77, 1]342.

Secondo alcuni studiosi, il carico granario alessandrino giungeva a Roma mediante diversi convogli, ma se si considera, con Geraci343, che ognuno dei convogli era costituito da un centinaio di navi da trasporto pesante, questa ricostruzione si presenta inverosimile.

È più facile pensare che, prima che le navi attraccassero a Pozzuoli, si fermassero a largo, dove una serie di navi più piccole – le naves codicariae344 – facevano da navetta, fino alle coste del fiume Tevere.

Un altro motivo che probabilmente spinse i Romani a non interessarsi così apertamente all’Egitto potrebbe essere dato dal facile recupero di grano dell’Africa.

Si è notato come, dopo la sconfitta di Annibale, molte quantità di grano fossero inviate a Roma dal re della Numidia Massinissa, il quale, nel suo Paese, aveva incentivato la coltivazione dei campi, anche se la situazione interna dello stesso non può essere ricostruita concretamente, in quanto scarsi sono sia i riferimenti nelle fonti antiche, sia i ritrovamenti archeologici.

Tuttavia, che l’Africa sia stata una fonte immensa di ricchezza per Roma, possiamo riscontrarlo in diversi periodi e in diverse fonti.

Ad esempio, nel 46 a.C., al termine della battaglia di Tapso, lo stesso Giulio Cesare affermerà che l’Africa nova – ossia la Numidia orientale – porterà al popolo romano 200.000 medimni attici di grano.

Ἀλλὰ γὰρ ὡς ἐπανῆλθεν εἰς Ῥώμην ἀπὸ Λιβύης, πρῶτον μὲν ὑπὲρ τῆς νίκης ἐμεγαληγόρησε πρὸς τὸν δῆμον, ὡς τοσαύτην κεχειρωμένος χώραν, ὅση παρέξει καθ’ ἕκαστον ἐνιαυτὸν εἰς τὸ δημόσιον σίτου μὲν εἴκοσι μυριάδας Ἀττικῶν μεδίμνων, ἐλαίου δὲ λιτρῶν μυριάδαςτριακοσίας.

[Plut., Caes., 55, 1]345.

I raccolti del grano in Numidia erano spesso ottimi: dopo aver pagato le imposte in natura, l’agricoltore prelevava semplicemente il grano necessario per il fabbisogno della propria famiglia e della servitù; il resto era deposto in celle sotterranee.

A proposito di questi ripostigli sotterranei, abbiamo una testimonianza di un militare al seguito di

342

“Oggi improvvisamente ci sono apparse le navi alessandrine che per solito vengono mandate avanti ed annunziano l’arrivo imminente della flotta: sono infatti chiamate avvisatrici. Nella Campania è un piacere vederle: tutta la popolazione di Pozzuoli si riversa al molo, e pur nel grande numero delle navi riconosce le alessandrine dal genere delle vele; ad esse solo infatti è concesso tenere spiegata quella vela alta che tutte le navi spiegano solo in alto mare” [(a cura di) B. GIULIANO, Seneca, Lettere a Lucilio (libri VII-XIV), Bologna 1969].

343 GERACI, Alessandria, l’Egitto e il rifornimento frumentario di Roma, cit., 2003, p. 644. 344 RICKMAN, The corn supply, cit., 1980, pp. 18-19.

345

“Quando tornò a Roma dall’Africa, innanzi tutto esaltò dinnanzi al popolo la sua vittoria per aver assoggettato una regione tanto vasta che avrebbe fornito ogni anno all’erario pubblico duecentomila medimni attici di grano e tre milioni di libbre d’olio”. [(a cura di) D. MAGNINO, Plutarco, Vite parallele – Vita di Alessandro e Cesare, Milano 1987].

Cesare, il quale afferma che:

Vi è un costume indigeno in Africa di avere, in piena campagna e in quasi tutte le proprietà, una cella nascosta per immagazzinare il grano. E’ soprattutto una misura di protezione, in previsione di guerre e dell’arrivo violento di nemici.

[Bell. Afr., LXV, 1].

Un altro esponente del periodo, Cicerone, nella difesa del suo assistito, Q. Ligario, parla dell’Africa definendola arx omnium provinciarum346.

Quali motivi potevano spingere Cicerone ad una tale definizione dell’Africa?

Molto probabilmente, come nota Alessandro Cristofori347, uno degli elementi che può aver portato a tale definizione è il ruolo annonario della provincia, tale già dalle guerre puniche.

Colui che aveva compreso bene che il controllo dell’Africa – e delle sue riserve granarie, nello specifico – sarebbe stato il cavallo di battaglia vincente per assumere il comando era stato Pompeo, il quale, mantenendo il controllo sui mari, su questo territorio e sorvegliando anche la Sicilia e la Sardegna, avrebbe cercato di affamare Roma, per ritornare, poi, da vincitore nella penisola348.

Nec vero dubito quin exitionum bellum impendeat cuius initium ducetur a fame […] Omnis haec classis Alexandrea, Colchis, Tyro, Sidone, Arado, Cypro, Pamphylia, Lycia, Rhodo, Chio, Byzantio, Lesbo, Zmyrna, Mileto, Coo ad intercludendos commeatus Italiae et ad occupandas frumentarias provincias comparatur. At quam veniet iratus!

[Cic., Ad Attic., IX, 9, 2]349.

Lo stesso progetto era stato, per l’appunto, ereditato in pieno dal figlio del Magnus, ossia da Sesto che, dal 43, aveva minacciato, con la sua azione piratesca e di controllo su mari e isole, l’importazione di grano verso l’Urbe, anche con un attacco, per quanto fallito, proprio sul lido africano.

Il ruolo annonario dell’Africa era stato quindi vitale per Roma, ma erano anche altri i dati che

346 Sul duplice significato di arx, come centro ideale di un territorio, oppure come luogo di valore strategico per la

difesa di un territorio, cfr. A. CRISTOFORI, L’Africa arx omnium provinciarum in età tardo repubblicana, in Simblos. Scritti di Storia antica (a cura di L. Criscuolo – G. Geraci – C. Salvaterra), Bologna, 1995, pp. 75-128; qui pp. 84-86. Cfr., inoltre, Cic., Pro Lig., 20. Nello specifico, in passo in questione, è il seguente: nam si crimen est illum voluisse, non minus magnum est vos Africam, arcem omnium provinciarum, natam ad bellum contra hanc urbem gerundum, obtinere voluisse quam aliquem se maluisse.

347

CRISTOFORI, Africa arx omnium provinciarum, cit., p. 87 e sgg.

348

Cfr. CRISTOFORI, Africa arx omnium provinciarum, cit., pp. 90-91.

349 “Non ho più alcun dubbio, ormai: ci sovrasta una guerra disastrosa, e si comincerà con l’affamarci. […] Tutta

codesta flotta – da Alessandria, dalla Colchide, da Tiro, da Sidone, da Arado, da Cipro, dalla Panfilia, dalla Licia, da Rodi, da Chio, da Bisanzio, da Lesbo, da Smirne, da Mileto, da Coo – è messa insieme per intercettare i viveri all’Italia e per occupare le province che ci danno grano. Oh, come ci ritornerà furibondo!” [(a cura di) C. VITALI, Cicerone, Lettere ad Attico (libri VII-XI), Bologna 1969].

facevano quel territorio molto importante.

“Gli elementi costitutivi della forte posizione dell’Africa erano dati dalla sua vicinanza all’Italia, dalla sua facile difendibilità per chi possedesse la supremazia sui mari, dalla presenza di una consistente comunità italica, dalla quale si potevano trarre reclute legionarie e sostegno finanziario, e dalla possibilità di assicurarsi l’appoggio delle monarchie indigene, il cui apporto militare non era affatto disprezzabile”350.

Le aree africane più produttive a livello cerealicolo erano quelle di Cirene, collocata proprio tra le province d’Egitto e d’Africa, e le valli di Bagrada e Miliana, nell’hinterland di Cartagine351. In più, come apprendiamo da Plinio, il grano africano era di ottima qualità poiché si presentava più leggero.

Sardum adicit selibram, Alexandrinum et trientem – hoc et Siculi pondus –, Baeticum totam libram addit, Africum et dodrantem.

[Plinio, N. H., XVIII, 12, 66]352.

La Cirenaica, in particolare, passa al dominio romano nel 96 a.C., in virtù del testamento lasciato dal suo ultimo re, Tolomeo Apione353. Indipendentemente dalla veridicità o meno di tale testamento, è però bene sottolineare che Roma non ridusse la Cirenaica a provincia, mantenendo buoni i rapporti e occupando soltanto gli agri regii, ossia le proprietà reali, lasciando le città libere di gestirsi autonomamente. Tuttavia, man mano che Roma continuava a consolidare i propri possessi nelle zone dell’Africa del Nord, la Cirenaica fu continuamente colpita dalle lotte di fazione che nascevano a Roma, a partire da Cesare e Pompeo, per finire con Antonio e Ottaviano.

Sappiamo da Cicerone che nel 63 a.C., si tentò con la legge agraria di Rullo di vendere gli agri

350 CRISTOFORI, Africa arx omnium provinciarum , cit., p. 128. 351 Cfr., RICKMAN, The corn supply, cit., 1980, pp. 109-110. 352

“Quello sardo è più pesante di mezza libra, quello alessandrino di mezza libbra più un terzo di libbra (e così pure quello siculo), quello della Betica di un’intera libbra, quello d’Africa di una libbra e tre quarti” [(a cura di)F.E. CONSOLINO, Plinio il Vecchio, Naturalis Historia, Torino 1984].

353I Romani si erano inseriti nella disputa tra i due fratelli, appunto Apione e il maggiore Tolomeo Filometore che si

contendevano l’Egitto e le terre che, in quel periodo, le appartenevano, ossia la Cirenaica e Cipro.

Per cercare di mantenere buoni i rapporti, poiché l’Egitto poteva servire a Roma come base d’appoggio per muovere azioni in Oriente, l’Urbe pensò di affidare l’Egitto con Cipro al Filometore e la Cirenaica ad Apione.

Le contese, però, tra i due fratelli continuarono ancora per molto tempo, e il Senato romano, pur non schierandosi in aperta ostilità col maggiore dei due, appoggiò la causa di Apione che, da sempre, era sostenuto da un certo numero di senatori e da alcuni circoli politici di Roma.

Tuttavia, come nota il Romanelli e come spesso risulta per altri movimenti capeggiati da esponenti romani, non si comprende bene quali uomini politici fossero dietro a determinate azioni e, spesso, non se ne delineano con certezza nemmeno le motivazioni.

“Un elemento tuttavia possiamo stabilire: che le maggiori di tali aderenze di Tolomeo dovevano essere nel partito che faceva capo al circolo degli Scipioni: ché non solo vediamo il re, in occasione di una delle sue venute a Roma, accarezzare l’idea di un matrimonio con Cornelia […], ma soprattutto notiamo che per due volte, nel 162 e nel 155, uno degli ambasciatori inviati dal Senato per dirimere le questioni tra i due fratelli è Cn. Cornelio Merula, appartenente ad una famiglia imparentata con gli Scipioni”. [P. ROMANELLI, La Cirenaica romana (96 a.C.-642 d.C.), Roma 1971, pp.17-18]. Riguardo l’argomento, cfr. Pol., XXXI, 18.

Apionis a beneficio del popolo di Roma, ma tale proposta non passò, e l’amministrazione di quei

campi rimase la stessa, così come invariato ne rimase lo sfruttamento.

Ascribit eidem auctioni Corinthios agros opimos et fertilis et Cyrenensis, qui Apionis fuerunt, et agros in Hispania propter Carthaginem novam et in Africa ipsam veterem Carthaginem vendit

[Cic., De lege agr. II, 19, 51]354.

Si nota, poi, per ciò che concerne le guerre civili tra Cesare e Pompeo che questa terra fu utilizzata