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3. Il grano nell’alimentazione, nella società e nella politica 1 Cereali: tipologie, clima e terreni.

3.4. Politiche annonarie in età imperiale (da Augusto a Costantino).

3.4.3. La cura annonae di Augusto.

Tra il 23 e il 22 a.C., Roma, nonostante i nuovi apporti di grano egiziano, viveva un periodo di profonda crisi.

Il popolo cominciò a gridare nei confronti del Senato, inneggiando Ottaviano e pregandolo di assumere il controllo della cura annonae. Dopo aver nominato due curatori dei cereali affinché recuperassero grano dappertutto, provvide egli stesso ad acquistarne privatamente e ad elargirlo alla popolazione mediante ben dodici frumentationes.

Plebei Romanae viritim HS trecenos numeravi ex testamento patris meis, et nomine meo HS quadrigenos ex bellorum manibiis con sul quintum dedi, iterum autem in consulatu decimo ex ‹p›atrimonio meo HS quadrigenos congiari viritim pernumer‹a›vi, et consul undecimum duodecim frumentationes frumento pr‹i›vatim coempto emensus sum, et tribunicia potestate duodecimum quadrigenos nummos tertium viritim dedi. Quae mea congiaria p‹e›rvenerunt ad ‹homi›num milia nunquam minus quinquaginta et ducenta.

[Aug., R. G., XV, 1]364.

Come Augusto stesso afferma nelle Res Gestae, rifiutò di assumere la dittatura, la quale avrebbe potuto evocare Cesare e, quindi, parallelamente, un’ambizione al progetto imperiale che la mentalità romana, allora, non avrebbe potuto tollerare. Accettare però di sollevare la questione dei rifornimenti granari per la popolazione di Roma avrebbe potuto procuragli notevoli consensi.

Si tenga presente che in età repubblicana, la cura annonae non era una vera e propria magistratura: la distribuzione del grano era infatti affidata agli edili. Augusto, invece, istituì una carica, affidandola dapprima a due magistrati scelti annualmente tra gli ex pretori; successivamente tale numero fu innalzato a quattro, la cui nomina divenne più complicata, attraverso un sorteggio tra i candidati scelti dai magistrati che anno dopo anno entravano in carica, i quali però dovevano aver servito per tre anni come pretori. Questi assunsero, in seguito, la designazione di praefecti frumenti

dandi365, sui quali ricadde, a partire proprio dai primi anni dell’era imperiale, la competenza delle distribuzioni gratuite. Sotto Traiano, questi saranno aiutati da un procuratore equestre, il procurator

ad Minuciam, che prese questo nome dal portico in cui venivano effettuate le distribuzioni gratuite

di grano alla plebe di Roma.

364

“Alla plebe romana io ho pagato trecento sesterzi a testa in esecuzione del testamento di mio padre, e a mio nome, io ho donato, durante il mio quinto consolato, quattrocento sesterzi, provenienti dal bottino di guerra. Una seconda volta, durante il mio decimo consolato, io ho contato dal mio patrimonio quattrocento sesterzi per uomo come se fosse un congiario, e nel mio undicesimo consolato, io ho distribuito dodici volte del grano acquistato a titolo privato. E durante la mia dodicesima tribunicia potestas io ho donato, per la terza volta, quattrocento sesterzi a testa. Questi congiari non sono mai toccati a un numero inferiore di duecentocinquantamila persone” (traduzione di chi scrive).

ταῦτά τε οὖν ὡς ἕκαστα διενομοθέτει, καὶ ἵνα ἐπὶ τῇ τοῦ σίτου διαδόσει προβάλλωνται [καὶ] οἱ ἐν ταῖς ἀρχαῖς ἀεὶ ὄντες ἕνα ἕκαστος ἐκ τῶν πρὸ τριῶν ἐτῶν ἐστρατηγηκότων, καὶ ἐξ αὐτῶν τέσσαρες οἱ λαχόντες σιτοδοτῶσιν ἐκ διαδοχῆς.

[Dione Cassio, LIV, 17, 1]366.

Questi cambiamenti comportarono, d’altro canto, una diminuzione delle sfere di competenza degli edili; in quanto, pian piano, tutto passò sotto il controllo del Principe, il quale, già prima della sua morte, che avverrà il 14 d.C., sostituì i personaggi di rango senatorio con un prefetto di rango equestre, da lui stesso nominato. Quest’ultimo, almeno nella prima fase della sua attività, si occupò della raccolta dei contributi in natura, del loro trasporto e dello stoccaggio dei prodotti per la popolazione di Roma.

Il primo prefetto equestre dell’annona è attestato nel 14 d.C. e ne troviamo menzione negli Annales di Tacito: Augusto, essendo solo ad affrontare la situazione interna, decide infatti di affidare l’incarico della cura annonae al prefetto C. Turranio, “il quale mantenne tale gravosa carica per ben 34 anni, essendo vivo nel 42, alla morte di Messalina”367:

Sex. Pompeius et Sex. Appuleius consules primi in uerba Tiberii Caesaris iurauere, apudque eos Seius Strabo et C. Turranius, ille praetoriarum cohortium praefectus, hic annonae; mox senatus milesque et populus.

[Tac., Ann., I, 7, 2]368.

Alla stregua delle osservazioni di Pavis d’Escurac369, dobbiamo ritenere che sia una carica istituita qualche anno prima. La studiosa propone di datare l’evento intorno all’8 d.C., poiché nel 7 sono ancora testimoniati due consolari designati dall’Imperatore e con le stesse prerogative che, più tardi, saranno appunto appannaggio di questo nuovo prefetto.

Si tenga presente ancora che era strategicamente importante affidare questa carica a dei personaggi che facevano parte del rango equestre, in quanto sarebbe andato a ledere gli interessi del Senato; come già precedentemente aveva fatto ponendo alla testa dell’Egitto, nel 30 a.C., proprio un cavaliere. In più, il praefectus annonae originariamente si presenta come un deputato, scelto dall’Imperatore, predisposto alla cura e alla gestione dei rifornimenti granari, ma non avendone tuttavia il pieno potere. Come ci viene espressamente sottolineato nel Digesto, il prefetto

366

“Oltre a questi diversi decreti, Augusto nominò inoltre, per la distribuzione di grano, un candidato, il quale doveva aver servito come pretore nei tre anni precedenti, che dovrebbe essere nominato ogni anno da ciascuno dei funzionari per poi essere incaricato, e in più, da queste nomine, dovrebbero essere scelti quattro uomini tra molti per l’incarico come distributori di grano” (traduzione di chi scrive).

367

OLIVA, La politica granaria di Roma antica, cit., 1931, p. 238.

368 “I consoli Sesto Pompeo e Sesto Appuleio giurarono per i primi fedeltà a Tiberio e dopo di loro Seio Strabone e C.

Turranio, quello prefetto delle coorti pretorie, questo dell’annona; subito dopo fecero lo stesso giuramento il Senato, l’esercito e il popolo” [(a cura di) B. CEVA, Tacito, Annali, Milano 2009].

369 H. PAVIS D’ESCURAC, La préfecture de l’annone. Service administratif impérial d’Auguste à Constantin, Rome

dell’annona, così come il prefetto dei vigili, era un funzionario e non un magistrato370: “non sunt magistratus, sed extra ordinem utilitatis causa costituti sunt”371

. Tuttavia, il controllo su alcune

aree particolarmente importanti per l’importazione del cereale a Roma, quali l’Egitto e l’Africa, e l’attenzione sulle diverse tipologie di mercati privati e non, con cui era spesso chiamato ad intrattenere rapporti, portavano il praefectus ad ottenere dei privilegi, essendo anche in grado di guadagnare consensi popolari.

In seguito questa carica continuò ad esistere, ma solo simbolicamente, essendo tutto sotto il diretto controllo dell’imperatore.

In effetti, sottolinea ancora Pavis D’Escurac, la nomina del prefetto dell’annona dipende esclusivamente dall’Imperatore ed è lui solo a decidere se mantenerlo in carica per un periodo di tempo più o meno prolungato372.

Anche la ricostruzione del cursus honorum per questo periodo risulta difficile per i pochi dati a nostra disposizione. Guardando le carriere dei successori di Turranio, possiamo sicuramente notare come la prefettura d’Egitto sia solitamente assunta dopo aver ricoperto altre cariche: particolare che denota l’alta considerazione e importanza che se ne aveva. Ma possiamo notare, proprio attraverso la carriera di Turranio che, nella sua carriera, ricoprì dapprima la prefettura d’Egitto, per poi divenire praefectus annonae. Non avendo, quindi, dati certi si potrebbe concordare con la Pavis d’Escurac373, la quale sottolinea che la macchina amministrativa equestre non fosse sufficientemente regolata per definire gerarchicamente l’importanza delle cariche. Tuttavia, avanzerei un’ipotesi, secondo cui Turranio rivestì prima quella in Egitto, poiché quel territorio non presentava al suo interno una situazione stabile: se fosse riuscito a dare prova del suo valore lì, altrettanto sarebbe riuscito a fare all’interno dell’Urbe.

La cura annonae di Augusto non presentava sostanziali differenze rispetto all’età repubblicana, nonostante egli sia stato investito senza l’approvazione di una legge e senza limiti temporali. Probabilmente, però, come avvenne in passato in altre circostanze del mondo romano, la sua lunga durata fu dovuta semplicemente al momento di crisi della città. Infatti le altre figure preposte all’acquisto, al trasporto e alla distribuzione del grano continuarono ad affiancare l’imperatore e a svolgere normalmente i loro compiti.

A proposito di queste figure, notiamo, attraverso l’epigrafia e le fonti antiche, la suddivisione dei loro compiti. È probabile che continuasse ad esistere la figura del quaestor Ostiensis, come si

370 Cfr., Dione Cassio, LII, 24. 371

Pomponius, Dig., I, 2, 33.

372 PAVIS D’ESCURAC, La préfecture de l’annone, cit., 1976, p. 50. 373 PAVIS D’ESCURAC, La préfecture de l’annone, cit., 1976, p. 63.

evincerebbe da un passo della Storia Romana di Velleio Patercolo, in cui si parla dell’investitura di Tiberio a tale carica:

quaestor undeuicesimum annum agens capessere coepit rem publicam maximamque difficultatem annonae ac rei frumentariae inopiam ita Ostiae atque in Vrbe mandatu uitrici moderatus est, ut per id, quod agebat, quantus euasurus esset, eluceret.

[Vell. Paterc., XCIV, 3]374.

Il carattere circoscritto dei prefetti istituiti da Augusto ci viene confermato da Frontino375, il quale afferma che essi si occupavano della distribuzione del grano, senza preoccuparsi di prestare attenzione ai luoghi di ricezione. La loro denominazione non risulta comunque chiara.

Precedentemente si è visto come le nuove figure promosse da Augusto diventino in seguito dei

praefecti frumenti dandi. Henriette Pavis d’Escurac376 ci fa notare che inizialmente questi responsabili erano denominati frumenti curator ex s.c., ma anche cur(ator) frum(enti). Entrambe queste espressioni le recuperiamo da due epigrafi di età augustea. Per la prima definizione risaliamo ad un’epigrafe ritrovata ad Albano e oggi custodita al Museo Vaticano, in cui si parla di un certo L.

Memmius, frumenti curator ex s.c. La seconda, conservata sempre al Museo Vaticano, proviene da

un cippo e ci testimonia la presenza di un cur(ator) fru(menti), secondo l’interpretazione proposta da Theodor Mommsen377.

La Pavis d’Escurac nota ancora come diversi studiosi, tra cui Rostovtzeff, Cardinali e Van Berchem, ritengano che ci siano degli ambiti ben distinti, con l’esclusione delle frumentationes, le quali rimanevano appannaggio del Senato378. Questa tesi si scontra, però, con quanto si può leggere nelle stesse Res Gestae e nelle testimonianze offerteci dalle fonti antiche: nel 2 a.C., lo stesso Augusto diminuì il numero dei beneficiari delle stesse frumentationes379; in più, Svetonio racconta che, in seguito ad una grave carestia, l’Imperator pensò addirittura di sospenderle, in modo tale da incrementare un minimo di agricoltura sul suolo italico380.

Supporre, pertanto, che i finanziamenti per le distribuzioni regolari di grano fossero sotto il diretto controllo del Senato, significa ammettere che, già in età augustea, esistessero due casse che si opponevano: l’aerarium senatoriale e il fiscus imperiale. In realtà, l’epoca del Principato,

374 “Egli aveva diciannove anni quando, divenuto questore, cominciò a occuparsi degli affari pubblici. Incaricato dal

patrigno, egli risolse le difficoltà di approvvigionamento e la carestia di frumento a Ostia e a Roma in modo che, dalle sue azioni, si vide chiaramente quale grande uomo sarebbe diventato”. (traduzione di chi scrive).

375

“ [...] ii per quos frumentum plebei datur” [Front., De aqu., C, 1].

376 PAVIS D’ESCURAC, La préfecture de l’annone, cit., 1976, p. 23. 377 Cfr., CIL, VI, 1480; Th. MOMMSEN, Hermae, vol. 4, p. 364. 378

PAVIS D’ESCURAC, La préfecture de l’annone, cit., 1976, pp. 14-15.

379 Dione Cassio, LV, 10, 1. 380 Svet., Aug., 42, 1.

soprattutto sotto Claudio, avvia verso l’esistenza di un’unica cassa, con il potenziamento del fiscus a scapito dell’aerarium.

Resta tuttavia oscura una corretta interpretazione dell’espressione ex s.c., nel contesto di queste epigrafi.

Mettendo in atto la disposizione testamentaria di Cesare, come egli stesso afferma nelle Res

Gestae381, Augusto cominciò ad elargire beni alla popolazione.

Tra le sue distribuzioni meritano senza dubbio di essere ricordate quelle del 29 e del 24 a.C.: la prima avvenne in occasione del triplice trionfo e con le ricchezze portate dal fertile Egitto, l’altra risale, invece, al suo ritorno dalla guerra Cantabrica.

Le carestie si susseguivano continuamente: la più violenta di esse scoppiò tra il 6 e il 5 a.C. e portò Augusto ad adottare drastici rimedi per risollevare il paese, tra cui la fine delle distribuzioni gratuite di grano che facevano adagiare la plebe, non spingendola alla coltivazione dei campi.

Fece allontanare gli schiavi a più di 100 miglia di distanza, tenendo però in città i medici e gli insegnanti, per garantire alcuni servizi vitali per una città già devastata da diverse cause esterne.

Magna uero quondam sterilitate ac difficili remedio cum uenalicias et lanistarum familias peregrinosque omnes exceptis medici set praeceptoribus partimque seruitiorum urbe expulisset, ut tandem annona conualit: “impetum se cepisse” scribit “frumentationes publicas in perpetuum abolendi, quod earum fiducia cultura agrorum cessaret, neque tamen perseverasse, quia certum haberet posse per ambitionem quandoque restitui”. Atque ita post ha[n]c rem temperauit, ut non minorem aratorum ac negotiantium quam populi rationem deduceret.

[Svet., Aug., 42]382.

Di lì a poco il sistema delle frumentationes fu ripreso, onde evitare di veder lesa la propria importanza, in quanto qualunque magistrato, come già era successo in passato, avrebbe potuto acquistare delle quantità di grano, per poi donarle gratuitamente alla popolazione.

Provvide però ad un maggior controllo delle distribuzioni attraverso le tesserae frumentariae.

La popolazione dell’Urbe, effettivamente, cresceva notevolmente e, con essa, il numero degli aventi diritto alle distribuzioni. Secondo H. M. Jones, nel 28 a.C. la città contava 4.063.000 abitanti; nell’8 a.C. 4.233.000 e nel 14 d.C., 4.937.000: questi dati mostrano un decennale incremento del 2% nei

381 Cfr., Res Gestae, 15, 1.

382 “Una volta, durante una grave carestia, di difficile soluzione, allontanò da Roma le masse di schiavi in vendita e di

gladiatori e di stranieri – ad eccezione dei medici e dei precettori – e una parte degli schiavi in servizio; ed egli scrive che quando si ristabilì la normalità nei rifornimenti di viveri, prese la decisione di abolire per sempre le pubbliche distribuzioni di grano, perché proprio nella certezza di esse si trascurava la coltivazione dei campi; poi però non aveva insistito in questo proposito, perché era sicuro che un momento o l’altro sarebbero state ripristinate per desiderio di popolarità. Ma dopo di allora regolò la faccenda in modo tale da contemperare gli interessi dei contadini e dei commercianti con quello del popolo”. [(a cura di) F. CASORATI-L. DE SALVO, Svetonio, Vite dei Cesari, Roma 2010].

primi venti anni del Principato di Augusto, per arrivare ad uno dell’8% negli ultimi ventuno anni383. Con tali dati è facilmente intuibile quanto fosse indispensabile una nuova riorganizzazione delle liste degli aventi diritto, di quel “populum Romanum duabus praecipue rebus, annona et

spectaculis, teneri”384.

La tessera frumentaria fu un’innovazione di Augusto, anche se, come scrive lo stesso Svetonio, la plebe rimpiangeva l’antica usanza di prendere il grano che spettava di diritto una volta al mese.

Populi recensum ubicati egit, ac ne plebs frumentationum causa frequentius ab negotiis auocaretur, ter in annum quaternum mensuum tesseras dare destinauit; sed desideranti consuetudinem ueterem concessit rursus, ut sui cuiusque mensis acciperet.

[Svet., Aug., 40]385.

Nelle parole di Svetonio è però da mettere in rilevo l’espressione consuetudinem veterem concessit

cursus: queste parole farebbero piuttosto propendere verso il ripristino di un vecchio sistema,

probabilmente introdotto qualche tempo prima e poi sospeso. Le considerazioni esposte da Catherine Virlouvet farebbero pensare ad un’iniziativa del predecessore di Augusto, ossia di Giulio Cesare, il quale, tra l’altro, fu il primo ad introdurre il sistema del numerus clausus per i beneficiari del grano pubblico386. Nello specifico, ci si interroga su che cosa siano state e che funzione abbiano ricoperto queste tessere. La domanda sorge soprattutto per via dell’unica occorrenza che troviamo in Svetonio, il quale, in un punto della sua Vita di Augusto, introduce le tesserae nummariae387:

Frumentum quoque in annonae difficultatibus saepe leuissimo, interdum nullo pretio uiritim admensus est tessaerasque nummarias duplicauit.

[Svet., Aug., 41]388.

Gli altri testi a nostra disposizione, in particolar modo quelli dei giuristi389, parlano unicamente

383 H. M. JONES, Augustus, London 1970, p. 135. 384 Fronton., Princip. hist.,V, 11.

385

“Fece il censimento della popolazione quartiere per quartiere. E perché la plebe non fosse troppo spesso distolta dalle sue attività per le distribuzioni di grano, progettò di dare tre volte l’anno dei buoni per quattro mesi ciascuno; ma, poiché il popolo preferiva il vecchio sistema, concesse di nuovo che ricevesse il frumento mese per mese”. [(a cura di) F. CASORATI-L. DE SALVO, Svetonio, Vite dei Cesari, Roma 2010].

386VIRLOUVET,Tessera frumentaria. Les procédures de la distribution du blé public à Rome, École française de

Rome 1995, pp. 325-326.

387

Sul problema della tessera nummaria, cfr., CARDINALI-DE RUGGIERO, Frumentatio, DE, III, pp. 270-273; VIRLOUVET, Tessera frumentaria, cit., 1995, p. 309 e sgg.

388 “Anche il frumento, nei momenti di maggior rincaro dei prezzi, distribuì a bassissimo prezzo, o addirittura

gratuitamente. E raddoppiò il numero delle tessere monetarie” [(a cura di) F. CASORATI-L. DE SALVO, Svetonio, Vite dei Cesari, Roma 2010].

389 Cfr., Digesto, V, 1, 52, 1 (Ulpiano, VI); XXXI, 49, 1 (Paul., V, ad legem Iuliam et Papiam); XXXI, 87, Pr. (Paul.,

di tesserae frumentariae, inserendole in un contesto di acquisto della stessa. Il termine tessera, nel mondo romano e non solo, assumeva le valenze più disparate; dal campo militare a quello economico e politico390. Difficilmente si può considerare l’espressione svetoniana come un errore o un equivalente di tessera frumentaria, né tantomeno appare convincente la tesi proposta dal Rostovzeff, per il quale la tessera avrebbe assunto forma di moneta. Concordando, invece, con la Virlouvet391, la quale spiega come in latino il suffisso –arius si riferisca a qualcosa “relativo a” e non “con la forma di”, si potrebbe vedere nella tessera menzionata dallo storico, in un capitolo in cui si parla della generosità dell’imperatore, uno strumento che dava diritto ai congiaria.

Si può sostenere ciò, perché, nonostante Augusto avesse apportato all’Urbe la grande riserva granaria egiziana, da quelle regioni era spesso difficile, come su sostenuto, far arrivare integro tutto il frumento richiesto. In più, egli stesso, come già accennato, sospese momentaneamente delle elargizioni alla plebe, nella speranza di incrementare la produttività italiana.

Ricapitolando: per quanto Augusto avesse guadagnato all’Impero la forte potenza egiziana, importare cereali da lì era molto più costoso e non sempre tutto il grano acquistato arrivava a Roma in uno stato ottimale di conservazione.

Per quanto imponente possa essere considerata poi la sua azione, perché svolta insieme ad uomini potenti dello Stato, questa è stata, invece, definita “unilaterale”392.

Più l’Impero si ingrandiva, più aveva necessità di continui apporti granari che Augusto pensò di far giungere dalle province.

Ciò, però, non avrebbe potuto funzionare in eterno, considerando che bisognava cercare di incrementare la produzione italiana, in modo che la penisola potesse provvedere da sé al proprio fabbisogno alimentare.

I progetti di Giulio Cesare, tra cui in primis l’allargamento del porto di Ostia, erano volti proprio verso questa direzione; tuttavia Augusto non recepì tale linea politica.

Egli, cioè, non cercò nuove terre in Italia da rendere produttive, quanto piuttosto cercò, semplicemente, di rendere agevole la vita dei veterani, con la fondazione di numerose colonie, anche extra-urbane.

“La crisi granaria italiana alla morte di Augusto (14 d.C.) era pertanto sempre aperta. Se egli aveva saputo consolidare il principato, non aveva però potuto allontanare definitivamente le cause della complessa crisi della società romana”393.

390 Cfr., VIRLOUVET, Tessera frumentaria, cit., 1995, p. 340 e sgg. 391

Cfr., VIRLOUVET, Tessera frumentaria, cit., 1995, p. 312.

392 OLIVA, La politica granaria di Roma antica, cit., 1931, p. 245. 393 OLIVA, La politica granaria di Roma antica, cit., 1931, p. 247.