• Non ci sono risultati.

Una breve review della letteratura in materia di individuazione e allocazione dei rischi nelle

Nel documento Facoltà di Economia (pagine 59-65)

2.1 La gestione dei rischi nelle operazioni di project financing

2.1.3 Una breve review della letteratura in materia di individuazione e allocazione dei rischi nelle

nelle operazioni di project financing e di impatto della rischiosità del progetto sulla struttura dei sindacati.

Molti articoli e ricerche sono stati dedicati al tema della identificazione e attenuazione dei rischi tipici delle operazioni di project financing; tali indagini hanno utilizzato sia approcci metodologici basati su case studies (per operazioni o per settori economici) sia analisi di regressione. Da una analisi dei principali articoli in materia è possibile ricavare il quadro completo e sistematico dei ri-schi di progetto esposto in precedenza. Analogamente, molti studi empirici sono specificamente dedicati alla individuazione di una struttura tipica o ottimale dei sindacati delle banche finanziatri-ci, e alla individuazione di una relazione tra rischi di progetto da un lato, e dimensione e struttura dei sindacati dall’altro.

Tutti gli studi convergono nell’ammettere che i rischi di progetto, sia in maniera diretta che indi-retta, attraverso il ricorso ad apposite forme di garanzie e mitigazione, si riflettono in ultima istan-za sul pricing del finanziamento (misurato dallo spread).

Si ritiene utile fornire alcuni ulteriori spunti sul tema dei rischi e del pricing delle linee di credito, contenuti in alcuni articoli di più recente pubblicazione.

Drake (1999) distingue sei principali tipologie di rischi tipici delle operazioni di project financing: rischi di completamento, rischi operativi, rischi politici, rischi finanziari, rischi di mercato e rischi legali. Tali fattori, considerati nel loro insieme, forniscono una rappresentazione ampia e piuttosto esaustiva dei rischi tipici di un progetto.

Saidu (2006) analizza il profilo di rischio delle operazioni di project financing nel settore petrolife-ro in Nigeria, ed individua come segue i rischi tipici di tali iniziative: rischi politici ed ambientali, rischi di approvvigionamento e di mercato (rischi di completamento e di resa quali-quantitativa degli impianti), nonché rischi legali derivanti dal mancato ottenimento di permessi, licenze ed au-torizzazioni (in parte riconducibili secondo l’Autore a forme di rischio di completamento). Drake (1999) descrive il rischio di completamento, come un rischio comune che grava sulle espo-sizioni di tutte le parti coinvolte nel progetto, e che permane durante tutta la fase di costruzione; al termine di tale fase, dopo il collaudo e la fase di start-up, prende avvio la fase operativa, duran-te la quale assumono maggior rilievo i cosiddetti rischi di performance o di resa, connessi alla in-capacità del gestore di assicurare condizioni di resa e di mantenimento degli impianti, in linea con gli accordi contrattuali stipulati con la SPV (Drake, 1999).

Saidu (2006) identifica proprio nel rischio di completamento la principale determinante della scar-sa propensione di imprese e privati investitori nigeriani a partecipare, in qualità di Sponsor, ad

operazioni di project financing per la costruzione di pozzi petroliferi ed impianti di raffinazione38.

L’Autore riscontra la tendenza da parte dei finanziatori a richiedere ai promotori garanzie apposi-te a fronapposi-te di tale rischio; tuttavia, a seconda dell’entità e del tipo di garanzie richiesapposi-te, la struttura tipica del project finance (no-recourse o limited recourse) potrebbe essere pregiudicata o

37

Alcuni esempi di financial covenants: obbligo di mantenere un capitale netto minimo, un rapporto attivo/passivo mi-nimo, un capitale circolante mimi-nimo, un rapporto ricavi/costi fissi minimo.

38

L’Autore individua come segue le componenti di tale rischio: costs overrun a causa di ritardi nel completamento dell’opera derivanti da cause geografico-morfologiche, da problemi tecnici o da altri errori di progettazione; cause di forza maggiore; ritardi imputabili a inefficienza del costruttore; minore capacità produttiva e minore efficienza degli im-pianti a causa di difetti di progettazione o delle tecnologie impiegate; minori riserve di petrolio rispetto a quanto stabili-to dalle analisi esplorative; e infine trivellazione di un suolo del tutstabili-to privo di risorse petrolifere.

ta, assumendo di fatto le sembianze di un finanziamento di tipo full-recourse. Tale eventualità giu-stificherebbe la bassa disponibilità dei privati ad assumere il ruolo di promotori. Saidu sottolinea come il rischio di completamento abbia importanti ripercussioni sulla complessiva bancabilità di una iniziativa di project financing. Infatti, un progetto incompleto, difficilmente può produrre i cash flow necessari a supportare il servizio del debito. Analogamente, eventuali ritardi nella con-clusione della fase di costruzione possono innalzare il livello complessivo dei costi, erodendo di fatto i ratios di fattibilità finanziaria dell’opera: ad esempio, considerando il Debt Service Cover Ratio, si può verificare sia una riduzione del numeratore derivante dal minor flusso di cassa dispo-nibile, sia un aumento del denominatore (qualora si renda necessario rifinanziare il completamen-to dell’opera mediante nuove linee di credicompletamen-to).

I rischi di mercato e di minori ricavi si riferiscono invece alla eventualità che l’accesso al mercato si riveli particolarmente difficile, a causa di barriere all’entrata di vario tipo, non adeguatamente va-lutate in sede di piano strategico e di business plan, o alla eventualità che il mercato di sbocco del-la produzione risulti maturo o saturo, e che dunque non possano essere rispettate le previsioni di vendita e di ricavo, o che eventualmente esistano molti prodotti concorrenti o perfetti sostituti eventualmente disponibili a condizioni di prezzo convenienti o con tecnologie più innovative (Dra-ke, 1999). Il rischio politico è invece definito come il rischio derivante da fenomeni di nazionalizza-zione, esproprio, cambiamenti nel quadro normativo-regolamentare di riferimento, o di violenza politica e di sommossa. L’impatto potenziale di tale tipologia di rischio su iniziative di project fi-nancing è naturalmente al di fuori del controllo dei finanziatori e degli Sponsor, e costituisce per-tanto un fattore esogeno al progetto. I finanziatori, perper-tanto, richiedono forme di copertura a fronte di tali rischi e, soprattutto in presenza di progetti realizzati in Paesi in via di sviluppo o in economie emergenti, caratterizzati pertanto da sistemi legali che non garantiscono certezza ai di-ritti delle parti, viene a crearsi una fattispecie ulteriore di rischi classificata dall’Autore proprio come rischi legali.

Mizrachi (2006) analizza nel dettaglio le cause di Forza Maggiore (Force Majeure), e confronta le principali modalità di trattamento e allocazione adottate nei sistemi di civil law e common law. In generale, le clausole di forza maggiore definiscono circostanze in presenza delle quali risulta giu-stificata l’impossibilità totale o parziale del progetto di funzionare e produrre le performance at-tese. Dall’analisi comparativa svolta dall’Autore emergono poche differenze tra i principali sistemi legali internazionali in termini di approccio alla individuazione dei rischi di forza maggiore; esisto-no, infatti, caratteri disitintivi comuni e diffusi su scala internazionale, in presenza dei quali si con-figurano cause di forza maggiore: imprevedibilità, inevitabilità ed esternalità rispetto al progetto. Tuttavia, i vari sistemi analizzati differiscono nelle modalità ammesse per la mitigazione di tali ri-schi. L’Autore conclude che sebbene i rischi di Forza Maggiore siano comuni a molte transazioni realizzate su scala internazionale, nel project financing essi assumono una portata particolarmen-te rilevanparticolarmen-te poiché tali operazioni richiedono transazioni di lungo particolarmen-termine, in cui è ancora più dif-ficile anticipare e prevedere in maniera dettagliata tutti i possibili eventi, suscettibili di inficiare negativamente la capacità di produrre ricavi e di assicurare flussi di cassa in linea con le previsioni. Dunque, oltre a ricorrere ad eventuali forme di assicurazione fornite generalmente dalla Banca Mondiale o dalle Agenzie multilaterali di sviluppo e di credito all’esportazione, tali rischi richiedo-no in primo luogo una puntuale attività di due diligence, e l’ottenimento di dichiarazioni di inte-resse e di collaborazione e appoggio da parte dei governi dei Paesi ospiti, nonchè la definizione di accordi e contratti preventivi con le parti, volti a fissare le condizioni economiche delle rispettive obbligazioni, evitando che cambiamenti improvvisi nello scenario di riferimento e nell’andamento di alcune variabili macroeconomiche e sistemiche, non controllabili o influenzabili, impattino ne-gativamente sulla sosteniblità del progetto.

Hainz e Kleimeier (2006) sviluppano ed applicano ad un campione di 139 operazioni di project fi-nancing, realizzate tra il 1991 ed il 2005, un modello basato sull’esistenza di fenomeni di doppio azzardo morale, connessi alla necessità in capo alle banche di esercitare un controllo sia sul pro-getto che sull’operato della SPV, secondo cui l’utilizzo del project financing come tecnica di

finan-ziamento cresce in presenza di maggiori rischi politici del Paese di destinazione e della maggiore capacità dei finanziatori di influenzare e controllare tali rischi. Gli stessi prenditori dei fondi (Spon-sor) sembrano preferire il project finance in presenza di fenomeni di povertà nel Paese di destina-zione, di sistemi di corporate governance deboli, di forte presenza di rischi politici e di un buon livello di influenza e potere contrattuale del sistema bancario. Pertanto, la maggiore disponibilità delle banche a fornire finanziamenti per operazioni di project financing in Paesi ad elevato rischio politico e legale, può essere spiegata dal coinvolgimento delle Banche e delle Istituzioni Multilate-rali di sviluppo, che in tal senso fungono, secondo gli Autori, da ombrello contro i rischi.

Partendo dall’assunto che le operazioni di project financing sono caratterizzate da strutture con-trattuali e finanziarie fortemente project specific, pertanto tra loro eterogenee, Backhaus e Wer-thschulte applicano una cluster analysis ad un set di operazioni, al fine di definire dei “tipi” di pro-getto, in cui ciascun cluster è caratterizzato da una forte omogeneità interna in termini di profilo di rischio. Pertanto, le variabili rilevanti prese in considerazione dagli Autori per la costruzione dei cluster sono le seguenti: i) durata della fase di costruzione, ii) maturity dei finanziamenti, struttura e distribuzione temporale dei flussi di cassa in entrata, iii) struttura e distribuzione temporale dei flussi di cassa in uscita (sia fissi che variabili), iv) entità di ammortamenti e accantonamenti, v) ali-quota fiscale imponibile sui redditi d’impresa, vi) profilo di servizio e rimborso del debito, vii) gra-do di leva finanziaria.

Gli Autori costruiscono così sei clusters di operazioni. I risultati delle analisi su tali cluster rivelano che l’incertezza sulla durata della fase di costruzione e sul tasso di interesse applicabile nelle varie fasi di vita dell’operazione, assumono una importanza marginale, mentre le spese in conto capita-le (Capex) e i prezzi di vendita acquistano una notevocapita-le importanza ai fini della determinazione del profilo di rischio complessivo dei progetti. Tali risultati rispecchiano in realtà le evidenze di una gran parte della letteratura, secondo cui proprio i rischi di mercato e di costruzio-ne/completamento (intesi come costs overrun e delay) rappresentano le principali categorie di ri-schio da mitigare e gestire nelle operazioni di finanza di progetto (Buljevich e Park, 1999; Hof-fman, 1998; Ahmed 1999). La grande importanza dei rischi di prezzo e di mercato è poi testimo-niata dal numero e dalla varietà delle possibili tipologie di contratti di off-take sviluppati nel tem-po dai consulenti legali, particolarmente quelli di titem-po fixed-price, che generalmente contengono clausole di disallineamento e riadattamento dei prezzi al mutare delle condizioni dominanti nell’ambiente competitivo e di mercato (Finnerty, 1996; Tinsley, 2000).

In presenza di operazioni di Public Private Partenership, strutturate secondo schemi del tipo BOT, Ho e Liu (2002) identificano due macro-categorie di rischi: il rischio di costruzione e quello eco-nomico, entrambe connesse al lungo periodo di durata della concessione. Il primo si verifica in presenza di ritardi rispetto ai S.A.L. definiti nel progetto e nel credit agreement, o in presenza di livelli di costi effettivi superiori a quelli attesi, come definiti nel business plan; il secondo include il rischio di domanda, in termini di quantità e/o di prezzo, quelli di variazioni nelle spese di gestione e manutenzione o di fluttuazione dei tassi di interesse, di cambio e d’inflazione.

Secondo gli Autori, la capacità di comprendere e definire l’andamento di tali variabili stocastiche assume un’importanza cruciale, sia ai fini della determinazione delle tariffe e dei pedaggi da appli-care al pubblico, sia del livello di capitale di rischio necessario all’iniziativa, e agevola il processo di costruzione e quantificazione dei flussi di cassa attesi, e la complessiva fattibilità finanziaria dei progetti.

Sempre con riferimento a progetti di PPP, Thillai (2004) conclude che i progetti più rischiosi sono realizzati secondo schemi BOT; infatti, il grado di privatizzazione effettiva delle opere risulta inver-samente proporzionale al grado di rischiosità complessiva del progetto e alla sua probability of de-fault (concetto su cui ci si soffermerà in maniera approfondita nel Capitolo 3). Così, progetti rela-tivi alla costruzione di strade, aeroporti, ponti e tunnel, caratterizzati da alti rischi di mercato (in-certezza sui volumi di domanda effettiva e di traffico), basso grado di concorrenza attuale e po-tenziale, alto interesse strategico del settore pubblico nei confronti del progetto e delle opere realizzate, nonché notevole presenza di caratteristiche di bene pubblico in capo alle opere,

pos-sono essere realizzati efficacemente soltanto mediante schemi BOT. Al contrario, progetti caratte-rizzati da minore rischiosità ma anche da maggior concorrenza e minor stategicità, i cui prodotti non configurano beni pubblici in senso stretto, possono facilmente portare a preferire schemi BOOT o BOO.

Lessard e Miller (2001) riconoscono come realmente rilevanti ai fini della strutturazione e gestio-ne di grandi progetti di investimento le seguenti tre categorie di rischi: rischi di mercato, rischi so-ciali-istituzionali, e rischi tecnici o di completamento. I primi comprendono i rischi di domanda e di approvvigionamento e quelli di tipo finanziario; i rischi sociali-istituzionali comprendono, a loro volta, il rischio Paese o rischio sovrano, il rischio di change of law e quello sociale, legato cioè all’accettazione delle opere e del progetto da parte della comunità locale. Infine, i rischi di com-pletamento si articolano in rischi tecnico-tecnologici, rischi di costruzione e rischi operativi. Date queste categorie di rischi, gli Autori classificano le principali tipologie di grandi progetti ingeneri-stici, a seconda della diversa incidenza delle tre categorie di rischi sopra descritte. Così, le piatta-forme petrolifere si distinguono come progetti a basso rischio sociale-istituzionale ma ad alto ri-schio tecnico; le centrali idroelettriche, invece, tendono a creare più difficoltà sul piano sociale che non su quello tecnico-ingegneristico; le centrali nucleari associano elevati rischi sociali ed al-trettanto elevati rischi tecnici. Le infrastrutture stradali, i ponti ed i tunnel si distinguono per una bassa accettabilità sociale ed una elevata rischiosità di mercato (soprattutto in presenza di tariffe e pedaggi), oltre che naturalmente per la possibilità di inconvenienti tecnici, legati alle caratteri-stiche idro-morfologiche delle aree; i progetti relativi ai sistemi di trasporto urbano godono gene-ralmente di una discreta accettazione sociale, e di relativamente bassi rischi di mercato, mentre possono facilmente incorrere in rischi tecnici, soprattutto in presenza di lavori sotterranei. Lessard e Miller concepiscono i grandi progetti di ingegneria come sistemi complessi adattivi, sui quali insistono rischi endogeni ed esogeni che non sempre è possibile prevedere in anticipo. Gli Autori ritengono che gli Sponsor debbano adottare un approccio manageriale alla gestione dei ri-schi di progetto, che consenta di influenzare i risultati ottenibili dal progetto e trasformare in op-portunità quelle che a prima vista potrrebbere apparire mere minacce o punti di debolezza. Inol-tre, data la peculiare distribuzione dei rischi che si realizza nel project financing, viene richiamato e approfondito il tema della effettiva capacità delle parti di sopportare, gestire e sterilizzare i ri-schi di propria competenza. Infatti, gli Autori notano come non tutti i soggetti coinvolti in tale processo di allocazione possiedano i medesimi vantaggi comparativi e lo stesso livello di compe-tenze distintive nel fronteggiare i rischi. La superiorità relativa nel sopportare i rischi può derivare dall’accesso a maggiori informazioni o ad informazioni privilegiate sulla rischiosità del progetto e sull’effettivo impatto di determinati fattori; oppure, può derivare dal differente potere di influen-za che alcune parti hanno sulla formazione dei ricavi e sui flussi di cassa in entrata; infine, possono provenire da una maggiore capacità o possibilità di diversificare i rischi in portafoglio. Lessard e Miller concludono che il processo di gestione dei rischi in grandi progetti di ingeneria ed in opera-zioni di project financing risulta coerente con la teoria delle opopera-zioni reali, poichè le decisioni che conducono alla determinazione dei cash flow attesi da un progetto sono assunte in maniera se-quenziale e progressiva. In questo senso, fattori come l’incertezza e la volatilità possono addirittu-ra risultare in un maggior valore del progetto, a patto che ne sia preservata la flessibilità e che le risorse non siano impiegate in maniera irreversibile. Secondo gli Autori, nei grandi progetti, il pro-cesso di risk management avviene lungo le seguenti fasi: mitigazione, allocazione, influenza e di-versificazione; infine, assunzione degli eventuali rischi residuali.

Pertanto, i rischi “conosciuti” o facilmente riconoscibili vengono individuati ed assegnati ad appo-site strategie di copertura, altri sono affrontati mediante ricorso a strumenti finanziari o istituzio-nali; altri ancora saranno sostenuti direttamente dagli Sponsor, in base alla capacità di ognuno di comprendere, influenzare, sfruttare, modificare e sopportare tali fattori di rischiosità. Analizzando 60 primari progetti di ingegneria gli Autori verificano l’esistenza di sei meccanismi di gestione dei rischi, attraverso i quali la SPV, gli Sponsor ed i finanziatori procedono in maniera progressiva ed incrementale.

In primo luogo, i rischi vengono identificati mediante analisi e simulazioni svolte per lo più da ap-positi esperti indipendenti e consulenti; in secondo luogo, i rischi risultati significativi ma trasferi-bili vengono spostati sulle parti meglio in grado di sostenerli, oppure sono sterilizzati mediante ricorso ai mercati finanziari. A questo punto i rischi di progetto possono essere raccolti in un por-tafoglio, in relazione al quale vengono elaborate apposite strategie di gestione che consentono flessibilità e una molteplicità di risposte possibili ai futuri scenari in cui il progetto si troverà ad es-sere costruito e ad operare. Infine, i rischi residui per lo più di tipo esogeno, e dunque legati al comportamento di agenti esterni al progetto, vengono modificati e trasformati esercitando una certa influenza sui fattori in grado di influenzare a loro volta il comportamento degli stakeholders esterni.

Esty (2002) nota come negli ultimi 15 anni gli Sponsor abbiano in un certo senso cercato di espan-dere i confini di applicabilità del project financing, estendendolo anche ad operazioni caratterizza-te da elevati rischi Paese, di mercato e caratterizza-tecnologici. Tuttavia, in nessun caso il project financing è mai stato applicato a progetti che presentavano al contempo alto rischio Paese e alto rischio tec-nologico o di mercato; infatti, progetti caratterizzati da un siffatto profilo di rischio rappresentano quella che Esty chiama la “danger zone”.

Esty e Megginson (2003) hanno invece analizzato l’impatto del profilo di rischio di una iniziativa (approssimato dal rischio politico/legale) sulla struttura del sindacato, in termini di numero di banche partecipanti e grado di concentrazione delle quote.

Gli Autori ipotizzavano una relazione inversa tra grado di rischio del progetto e numero di banche coinvolte nel finanziamento; conseguentemente, si attendevano che all’aumentare del rischio dell’iniziativa aumentasse la concentrazione delle quote sindacate e si riducesse di conseguenza il numero delle banche partecipanti. In breve, la maggior rischiosità di un progetto, e dunque la maggiore probabilità di default ad esso associata, avrebbe dovuto favorire sindacati ristretti, ca-ratterizzati, a parità di importo finanziato, da maggiori quote procapite, in maniera tale da ridurre la complessità dei flussi informativi ed i costi di amministrazione, ri-contrattazione e

ristruttura-zione connessi al verificarsi di un event of default39.I risultati dell’indagine condotta su circa 500

operazioni di project financing hanno mostrato come il grado di concentrazione e la proprietà del capitale di debito siano positivamente correlati ai diritti e alle tutele riconosciute ai creditori dal sistema legale del Paese di realizzazione dei progetti, mentre la dimensione dei sindacati appare negativamente correlata alla affidabilità del regime giuridico di riferimento, approssimato dalla efficacia delle tutele riconosciute ai diritti dei creditori.

Ovvero, definita la dimensione del finanziamento, e dato il livello di rischio Paese e la probability of default del progetto, le banche Arranger preferiscono sindacati ampi in presenza di un basso livello di tutela dei diritti dei creditori, mentre adottano strutture molto concentrate in presenza di un buon livello di tutela dei loro diritti e di un solido sistema giuridico e regolamentare. Gli Au-tori concludono che, in presenza di un sistema legale e regolamentare debole o scarsamente effi-cace, gli Arranger disegnano la struttura dei sindacati in maniera da accrescere la capacità di

Nel documento Facoltà di Economia (pagine 59-65)

Outline

Documenti correlati