2.2 Le valutazioni preliminari delle banche sull’opportunità di partecipare ad operazioni in project
2.2.2 Richiami: alcuni strumenti valutativi utili nella selezione delle alternative di investimento
investimen-to
Il valore economico del capitale di rischio investito nell’impresa è in ultima analisi legato al valore attuale dei flussi di cassa attesi dai progetti di investimento intrapresi.
In particolare, il valore di un qualsiasi progetto di investimento è funzione di quattro variabili: (i) la somma algebrica dei flussi di cassa prodotti dal progetto, (ii) l’epoca in cui tali flussi risulteranno effettivamente disponibili (flussi in entrata) o verranno effettivamente richiesti (flussi in uscita), (iii) la durata complessiva dell’investimento e (iv) il costo opportunità del capitale impiegato per finanziare l’investimento. Per valutare la capacità di un progetto di creare valore per l’impresa e per i suoi azionisti si utilizzano metodi di valutazione basati sui flussi di cassa attualizzati
(discoun-ted cash flow, DCF), volti a sintetizzare il giudizio sul progetto in unico valore numerico, rappre-sentativo della sua capacità di generare utili.
Nell’ambito di operazioni di project financing, sebbene sia necessario abbandonare una logica di tipo aziendalistico, permane tuttavia un’enfasi sull’obiettivo di creazione di valore, poiché, in ul-tima istanza, i nodi del network relazionale su cui si fonda ogni operazione strutturata su basi pro-ject, sono pur sempre rappresentati da imprese (banche, società di costruzione, società di gestio-ne, fornitori, clienti – tranne nel caso in cui il mercato di sbocco dei prodotti/servizi forniti sia quello al dettaglio). D’altra parte, nel project finance, più che in altre tipologie di finanziamento, l’enfasi sul flusso di cassa è massima e necessariamente i modelli di valutazione basati sui DCF rappresentano un importante strumento decisionale, sebbene inseriti all’interno di un più ampio processo valutativo, basato su una molteplicità di altri parametri di scelta.
Nonostante la molteplicità di indicatori tecnici, economici e finanziari che generalmente sotto-stanno alle valutazioni sulla convenienza economica e sulla fattibilità e bancabilità delle operazio-ni, l’indicatore base di ogni operazione resta pur sempre il valore attuale netto (VAN, con notazio-ne anglosassonotazio-ne NPV, Net Presenotazio-ne Value). Il NPV è il valore attuale della sommatoria dei flussi di cassa in entrata e in uscita attesi dal progetto, attualizzati fino all’istante di valutazione, in base ad un tasso di sconto pari alla media ponderata del costo delle diverse fonti di finanziamento impie-gate nel progetto.
In formula:
Il NPV consente di misurare l’incremento di ricchezza prodotto dal progetto ed eventualmente di raffrontarlo a quello prodotto da investimenti alternativi.
Verosimilmente, a meno di considerazioni legate all’esistenza di politiche e strategie di portafo-glio, o allo sfruttamento di sinergie con altri progetti e altri business, o all’esistenza di opzioni reali sottese all’investimento, e naturalmente prescindendo da altre considerazioni che non si ritiene opportuno richiamare in questa sede poiché estranee a logiche di tipo puramente finanziario, un progetto di investimento sarà selezionato se caratterizzato da un NPV positivo, poiché soltanto in tal caso il progetto sarà in grado di generare ritorni superiori alle risorse impiegate. Pertanto, in presenza di progetti alternativi, tutti dotati di NPV positivo, sarà preferito quello con NPV più ele-vato.
Il metodo del NPV consente di tener conto del valore finanziario del tempo e dello specifico profi-lo di rischio dell’investimento. Tuttavia, sconta una certa soggettività di valutazione, ed infatti il medesimo progetto, se valutato da due soggetti differenti, può condurre a NPV diversi, poiché in-fluenzati dalle differenti capacità gestionali e track record dei potenziali investitori-valutatori. Il NPV di un progetto è maggiore per chi riesce a gestirlo meglio (Imperatori, 2003).
Inoltre, il NPV non consente di effettuare alcun tipo di valutazione sulla effettiva redditività del progetto, poiché non è un indice di rendimento, e non considera la specifica struttura finanziaria adottata, elemento che invece risulta di particolare rilievo ai fini della stima dell’IRR degli investi-tori a titolo di capitale di rischio. Infine, la scelta stessa del tasso di attualizzazione può presentare un certo grado di soggettività, e i valori assoluti cui l’attualizzazione conduce, essendo per l’appunto assoluti, non garantiscono confronti significativi tra progetti caratterizzati da dimensioni diverse.
Il Tasso interno di rendimento o IRR (Intenal Rate of Return) è definito come quel particolare tasso di attualizzazione in corrispondenza del quale il NPV di un investimento risulta nullo. In pratica, è il tasso massimo che il prenditore è disposto a pagare per raccogliere risorse con cui finanziare il progetto. In termini di scelte di investimento, l’IRR di un progetto viene generalmente confrontato con un parametro limite detto tasso di rifiuto o hurdle rate, un parametro minimo al di sotto del
T
NPV= ∑ Cash Flow .
quale gli investimenti non possono essere accettati. L’hurdle rate nelle banche è generalmente stabilito dall’Alta Direzione, sia in relazione a parametri di benchmark, che eventualmente in rela-zione al costo opportunità del capitale proprio o ad altri parametri di redditività degli asset. Es-sendo un tasso percentuale, l’IRR consente di effettuare paragoni tra progetti differenti, indipen-dentemente dalla loro dimensione relativa e di scegliere quello con IRR maggiore.
Tuttavia, il calcolo dell’IRR avviene mediante un processo iterativo, dalla cui risoluzione possono talvolta scaturire IRR multipli; inoltre, il metodo dell’IRR ipotizza che le risorse eccedenti
even-tualmente prodotte in ciascun anno dal progetto siano di fatto rinvestite ad un tasso pari all’IRR40.
Un altro modello di valutazione della convenienza economica degli investimenti è il cosiddetto tempo di recupero o pay back period, di cui si conoscono in realtà due varianti: quella basata sui flussi di cassa nominali e quella basata sui DCF.
Il pay back period rappresenta l’intervallo di tempo al termine del quale i flussi cumulativi, in en-trata e in uscita da un progetto, si eguagliano. In particolare, nel project financing, i flussi di cassa cumulati, dopo aver raggiunto un punto di massimo negativo in corrispondenza della conclusione della fase di costruzione, tendono progressivamente ad annullarsi con i flussi di cassa cumulati positivi prodotti dalla gestione dell’opera. Pertanto, il payback period si ha generalmente dopo l’inizio della fase di gestione. Nella versione discounted del pay back period, i flussi di cassa cumu-lati sono attualizzati al costo medio ponderato del capitale. Naturalmente, il pay back period non fornisce alcuna indicazione sulla redditività di un progetto e rappresenta quindi un parametro di scelta da utilizzare congiuntamente ad altri, al fine di verificare - a parità di tassi di rendimento - quale progetto assicura un più rapido reintegro dei capitali.
E veniamo, infine, a specificare brevemente cosa si intende per flusso di cassa.
Il flusso di cassa operativo disponibile costituisce il contante non reinvestito o altrimenti trattenu-to dalla gestione, e distribuitrattenu-to generalmente in forma di dividendi. E’ dunque una variabile opera-tiva, la cui determinazione è indipendente dalla particolare struttura finanziaria prescelta e che non considera gli aspetti non caratteristici della gestione aziendale. Rappresenta, pertanto, la li-quidità generata dal core business aziendale, derivante dalla somma algebrica tra risultato eco-nomico della gestione operativa e dimensione finanziaria della gestione operativa stessa (movi-menti monetari associati alle variazioni del capitale circolante e agli investi(movi-menti fissi).
Il flusso di cassa è spesso identificato con il cosiddetto EBDIAT (Earnings before Depreciation, Inte-rest and After Taxes, Working Capital Increases and Capital Expenditures), e può essere determi-nato secondo il metodo diretto o indiretto. Nel primo caso, il flusso di cassa operativo netto o un-levered free cash flow è ottenuto progressivamente, come differenza tra le entrate (ricavi del pe-riodo, riduzione dei crediti operativi del periodo e altri incassi per ricavi relativi a periodi prece-denti) e le uscite del periodo (costi operativi del periodo, riduzione dei debiti operativi del perio-do, e costi relativi a periodi precedenti ma spesati nell’esercizio, al netto dei costi non monetari, quali ammortamenti e accantonamenti). Se a ciò si aggiungono anche gli eventuali versamenti di capitale sociale e i finanziamenti ottenuti, al netto di dividendi, interessi pagati e rimborsi dei fi-nanziamenti (quota capitale) si ottiene il flusso di cassa levered, che tiene cioè conto della specifi-ca struttura finanziaria prescelta.
Nel metodo indiretto invece, il flusso di cassa si determina aggiungendo al reddito operativo netto (Net Operating Profit After Taxes, NOPAT) il valore dei costi non monetari (ammortamenti e ac-cantonamenti) e sommando la variazione del capitale circolante e quella dell’attivo fisso.
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Vi è anche una variante del modello dell’IRR, il cosiddetto ERR, o Economic Rate of Return, che rappresenta il tasso di rendimento economico di un progetto di investimento ed è ottenuto come il tasso di attualizzazione che rende nulla la somma algebrica dei flussi attualizzati di capitale e di utile netto prodotti dal progetto.
2.2.3 Richiami: misure di performance risk adjusted, creazione di valore e convenienza