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Budoucí vlasť e Childe Harold’s Good Night

6. Il byronismo di Mácha nei temi e nelle influenze dirette di Lord Byron

6.2. Influenze byroniane sui testi

6.2.1. Budoucí vlasť e Childe Harold’s Good Night

“Buonanotte, patria mia!” augurò il vecchio con voce cordiale.555

Karel Hynek Mácha

Il tema del viaggio è uno dei temi più frequenti del romanticismo: l’abbandono della patria, la fuga dal mondo, il mare, e pervade molte opere sia di Lord Byron, che di Mácha. Nell’ambito delle poesie che il poeta ceco ha pubblicato, Budoucí vlasť [La patria che sarà] affronta ad esempio proprio questo tema, ed è evidentemente improntata su un preciso passo del Childe Harold (canto I, XIII).

Le differenze tra le due opere in generale sono molte, il Childe Harold un grande poema in quattro canti, Budoucí vlasť una poesia in sei strofe; indubbiamente, però, si avvicina al canto di Harold in questione. Questo componimento in forma quasi di ballata si discosta dal resto dell’opera: in entrambi troviamo infatti strofe di otto versi, rime ABABCDCD, le sillabe dei versi variano in Byron da 8 a 6, in Mácha da 8 a 9. Sull’innovazione del verso máchiano nel contesto ceco abbiamo brevemente fatto accenno nel paragrafo 6.1.3., in Budoucí vlasť infatti ritroviamo il trocheo che compare anche nel Maggio, e che avrà seguito nella metrica ceca di cui Mácha sarà ritenuto il pioniere. Di grande importanza sarà inoltre l’eredità del verso máchiano soprattutto nella poesia simbolista tra Ottocento e Novecento ispirata nei contenuti dal modello francese, e anche, in generale, nelle traduzioni556.

Tornando al confronto con il Childe Harold, dal punto di vista tematico entrambi i componimenti sono costruiti come dialoghi tra signore e paggio, i quali si stanno allontanando dalla patria natia per intraprendere un lungo viaggio per mare.

‘Adieu, adieu my native shore Fades o’er the waters blue;

The Night-winds sigh, the breakers roar, And shrieks the wild sea-mew.

Yon Sun that sets upon the sea We follow in his flight;

Farewell awhile to him and thee,

‘Come hither, hither, my little page! Why dost thou weep and wail? Or dost thou dread the billow’s rage, Or tremble at the gale?

But dash the tear-drop from thine eye; Our ship Is swift and strong:

Our fleetest falcon scarce can fly

555 “„Dobrou noc, vlasti má!“ přál stařec hlasem srdečným”, Karel Hynek Mácha, “Klášter sázavský”, in Idem, Próza, op. cit., p. 85.

556 Jiří Levý, “Čapkovy překlady ve vývoj českého překladatelství a českého verše”, in Karel Čapek,

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My native Land — Good Night! […] ‘Let winds be shrill, let waves roll high, I fear not wave nor wind:

Yet marvel not, Sir Childe, that I Am sorrowful in mind; For I have from my father gone, A mother whom I love,

And have no friend, save these alone, But thee — and one above.

‘My father bless’d me fervently, Yet did not much complain; But sorely will my mother sigh Till I come back again.’ — ‘Enough, enough, my little lad! Such tears become thine eye; If I thy guileless bosom had, Mine own would not be dry.

More merrily along.

‘Come hither, hither, my staunch yeoman, Why dost thou took so pale?

Or dost thou dread a French foeman? Or shiver at the gale?’

‘Deem'st thou I tremble for my life? Sir Childe, I 'm not so weak; But thinking on an absent wife Will blanch a faithful cheek. […] ‘With thee, my bark, I’ll swiftly go Athwart the foaming brine ;

Nor care what land thou bear’st me to, So not again to mine.

Welcome, welcome, ye dark blue waves! And when you fail my sight,

Welcome, ye deserts, and ye caves! My native Land — Good Night!’557

Abbiamo riportato alcuni passaggi più significativi del canto in questione che sembrano più simili al componimento di Mácha per confrontarli direttamente. In Byron, più che un dialogo tra i due, si instaura un monologo, il lamento del paggio che,

vedendo le sponde natie allontanarsi, a viaggio appena intrapreso, rimpiange la propria casa e la famiglia, intercalato dalle fredde risposte di Harold, il quale invece non ha al contrario nulla di cui compiangersi. La vita ha ispirato Lord Byron a scrivere questo passo, quando dovette rimandare in patria il compagno di viaggio, il giovane Robert Rushton, che sentiva troppo la nostalgia di casa558. Byron stesso invece, come del resto il suo Harold, non aveva, almeno inizialmente, alcun rimorso nel lasciare l’Inghilterra, e soprattutto la società che vi risiedeva, e rifiuta anche il mito di Ulisse e del suo Argo:

and Argus, we know to be a fable559.

Mácha dal canto suo non si apprestava a partire per un lungo viaggio per mare,

Budoucí vlasť è stata composta nel 1833 in seguito alla lettura del Childe Harold in

traduzione tedesca560. Comuni sono i temi del viaggio per mare, del paggio e del signore, in entrambi i componimenti il signore cinico, realista e senza paura non

557 George Gordon Byron, Selected Poems, London, 2005, pp. 65-67.

558 Byron, George Gordon, Works, op.cit., p. 5.

559 Martin Procházka, “Childe Haroldovo Dobrou noc”, op. cit., p. 292.

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rimpiange la terra natia, o non la considera per nulla, il paggio invece sogna il passato o, nel caso di Mácha, il futuro in patria. E come Harold, il protagonista di Budoucí vlasť non ha una patria da lasciare:

„Slyš, páže můj, proč smuten stojíš? – Slyš páže můj! – sem blíže pojď! – Snad že se vlny mořské bojíš? – O neboj se, pevná je loď. – Slyš, páže můj! – darmo volání. – On neslyší. – Co znamená ta touha tvá, to tvoje lkání?“- „„Tam za mlhami vlasť je má! O patř! o hleď! co z moře klínu V požár večerní vystoupá, polou to leží v mlhy stínu, půl to chová vlna skoupá. O pane, hleď! v poslední záři jak zlatě soumrakem to hrá, o jisté vlasti hledím v tváři, o jistě! jistě vlasť to má!““ „O páže můj, nechtěj tam zříti! Darmo radostný budíš cit! – Co pravíš vlastí svojí býti, jest jenom Lůny chladný svit; až vzhůru se nad moře zvedne, až poslední dne zhasne zář, obličej její touhou zbledne, jakou i tvoje zbledla tvář!“ – – „ Slyš, páže můj! – kroky měsíce jsou daleko, v půl přešla noc. – Proč rosí slza zas tvé líce? – Jakého želu tě zas moc,

Mé dítě, moří?“ – „Hleď, o pane sotva to oko rozezná,

co v bledé Lůny záři plane, ó jistě, jistě vlasť je má!“ „Čí jazyk tobě řečí zrádnou lhal vlasť, již hledá zrak? –

Ty nemáš, chlapče, vlasť nižádnou! Co tam zveš vlastí, jest jen mrak.

“Ascolta, paggio mio, perché siedi triste? – Ascolta, paggio mio! – vieni qui più vicino! – Cos’è, hai paura delle onde del mare? – Oh non avere paura, la nave è robusta. – Ascolta, paggio mio! Inutile invocare. – Egli non ode. – Cosa significa

quel tuo desiderio, il tuo lamento?” “Lì oltre le onde c’è la mia patria!

Oh guarda! Oh osserva! Ciò che dal grembo del mare si innalza nel chiarore serale;

sta metà nell’ombra della nebbia, l’altra metà l’onda lo tiene, avara. Oh signore, guarda! Nell’ultima luce i giochi dorati del crepuscolo,

sicuramente sto guardando in viso la patria, oh sicuro! Sicuramente qui è la patria!” “Oh, paggio mio, perché volgere lo sguardo! Tu risvegli invano un sentimento gioioso! – ciò che tu dici essere la tua patria,

è solo la luce fredda della luna; quando si innalzerà, sul mare,

quando l’ultima luce del sole scenderà: il suo viso impallidirà dal desiderio, come anche il tuo viso è impallidito!” - - “Paggio mio, ascolta! – i passi della luna sono lontani, la notte è per metà passata. - Perché una lacrima ti riga ancora la guancia? - Quale dolore, ancora così tanto,

ti tormenta, figlio mio?” – “Guarda, oh signore Proprio ora l’occhio lo riconosce,

Ciò che fiammeggia nella pallida luce della luna, Quella sicuramente, sicuramente è la mia patria!” “La lingua di chi, con parole false,

ti ha mentito sulla patria che lo sguardo sta cercando?- Tu, ragazzo, di patria non ne hai nessuna!

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A proto slyš! o slyš, pojď spáti, Než líce tobě zbarví den; Snad že se ve snách budeš smáti Vstříc vlasti své; sen jako sen!“ Poslechnul páže, odšel spáti; ještě nepřešel noci stín, pán vloží, pokoj chtě mu dáti, jej v lůžko chladné, v moře klín. A nad ním jitro, večer vzplane, již však nebarví jeho líc; – on věčně, věčně nepovstane; – že hledal vlasť svou, neví víc.561

E per ciò ascolta – oh, ascolta, va’ a dormire, prima che il giorno ti colori le guance; forse nei tuoi sogni riderai

incontro alla tua patria – un sogno come un altro! E il paggio ubbidì, andò a dormire;

non era ancora passata l’ombra della notte, il signore lo pone, vuole dargli pace, sul freddo giaciglio, sul grembo del mare. E su di lui il giorno, la sera divamperà, ma le sue guance non colorerà; - lui non si alzerà mai, mai;

che cercava la sua patria, non sa nulla di più.

In particolare la prima strofa è chiaramente modellata su Byron562, l’invocazione al paggio, “vieni qui più vicino!”, il modo di rassicurarlo: “Oh non avere paura, la nave è robusta”. Il rapporto tra signore e paggio sembra in entrambi i componimenti cordiale, quasi fraterno, il primo si rivolge al secondo come: my little lad, “figlio mio”,

“ragazzo”, in Mácha il paggio si rivolge direttamente al suo padrone chiamandolo “signore”, così come il paggio byroniano Sir Childe, ma del padrone non dice il nome.

Il padrone máchiano però, non è così impassibile come vorrebbe sembrare, forse vorrebbe infatti ammutolire il paggio, affinché non risvegli in lui inutilmente “un sentimento gioioso”, forse un ricordo felice, della terra da cui sta fuggendo.

Se Harold per molti versi disprezza la patria che vede allontanarsi dalla nave, il protagonista senza nome di Mácha disprezza invece l’illusione della patria, quella che l’autore stesso sente come un ideale senza speranza che il paggio cerca in un bagliore tra le onde marine. Il paggio di Harold ha una patria ben definita, una famiglia, un cane. Il paggio di Mácha invece ha solo “una nuvola”, un bagliore immaginato che fluttua sulle acque marine. La parola stessa vlasť [patria], che ricorre molto spesso in questo componimento, molto più che in Byron (che invoca la “terra natia” per due volte nella prima e nell’ultima strofa), porta con sé non solo il significato della patria fisica, le terre ceche, ma anche un’idea metafisica, soprattutto, come in questo contesto, quando la patria è vista come lontana, quasi persa, inesistente.

561 Karel Hynek Mácha, Básně a dramatické zlomky, op. cit., pp. 179-180.

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Il paggio máchiano rappresenta il concetto romantico di eterno desiderio per l’ideale563, ma non l’ideale delle stelle, una luce astratta e lontana alla quale il poeta tende, sapendo di non poter arrivare, tema che tuttavia è presente nella poetica di Mácha per esempio nel componimento Temná noci, jasná noci564 [Notte oscura, notte

luminosa] contenuto nella breve prosa Marinka. In Budoucí vlasť l’ideale espresso dalla poesia, la patria, si trova davanti al personaggio, o per lo meno nella sua

immaginazione, quasi visibile quasi da poterlo sfiorare, quasi reale perfino:

“sicuramente sto guardando in viso la patria”. E proprio la forma e il finale del dialogo, questa è la grande differenza rispetto al canto del Childe Harold, la morte del paggio, è costruita sull’inutilità e l’abbaglio dell’irraggiungibile sogno romantico, e in questo caso, della nazione.

La poesia di Mácha simboleggia in particolare l’impasse dell’azione patriottica dei cechi, la frustrazione davanti all’inutilità degli ideali panslavisti che non portano a nulla. Mácha infatti vive con estrema angoscia le lotte per raggiungere l’indipendenza

nazionale565, e si rende perfettamente conto della difficoltà che esse sono destinate ad affrontare. Signore e paggio si mettono in viaggio per cercare una nuova patria, ma l’unica soluzione sembra essere la morte, alla quale il paggio è portato dal suo stesso signore. Se in Byron la scena è dominata dal canto nostalgico del paggio, in Budoucí

vlasť si instaura tra quest’ultimo e il signore un vero e proprio dialogo, fino alla

grottesca, “ultraromantica”566 conclusione del poema.

Un’altra differenza tra i due componimenti è rappresentata dal diverso approccio al tema romantico della navigazione. Nel Childe Harold si tratta di un viaggio che il protagonista intraprende volontariamente, per sfuggire alla patria, mentre in Budoucí

vlasť il lettore non conosce nulla, né il nome del protagonista, né la meta verso cui la

sua “robusta nave” sta viaggiando, ecc. Questo perché in effetti l’essenziale in Mácha non è il viaggio di per sé, ma il perdersi in un paesaggio interiore567. E Mácha raggiunge

563 Martin Procházka, “Childe Haroldovo Dobrou noc”, op. cit., p. 294.

564 In questo componimento si alternano la paura dell’abisso oscuro e l’aspirazione irrealizzabile verso l’alto, la luce; il poeta si rende conto di essere un uomo e che il suo destino è irrimediabilmente legato alla terra “ach, a k světlu nelze jíti… ach, a jen země je má” [ahimé verso la luce non è concesso andare… ahimé, solo la terra è mia], in Karel Hynek Mácha, “Temná noci!”, in Idem, Básně a dramatické zlomky, op. cit., p. 201.

565 Karel Krejčí, “Předmluva”, in Karel Janský, Karel Hynek Mácha, život uchvatitele krásy, Praha, 1953, p. 13.

566 René Welleck, “Mácha and Byron”, op. cit., p. 393.

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questo effetto attraverso la sua nota vaghezza poetica, in questo componimento il fatto di non conoscere il contesto o i nomi dei protagonisti porta infatti ad un’ulteriore spaesamento del lettore, che viene sorpreso anche dal tragico finale.