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2. Ricezione di Lord Byron nel contesto ceco e traduzioni

2.7. Letteratura importata

Attorno al 1840 la discussione su Byron e sul byronismo si estense fino a diventare, all’interno dei circoli letterari cechi, di dominio pubblico. Le opinioni erano delle più disparate, non solo su Byron, ma sulla letteratura europea in generale, e i contrasti erano alimentati soprattutto dall’emergere della nuova generazione (che già è stata definita come “cosmopolita”, supra, § 2.5.). Il perno su cui ruota la discussione era però sempre Byron, soprattutto per il critico di Mácha Jan Slavomír Tomíček (1806-1866), che in quello stesso anno scriveva:

Pěvcům jiných národů, v národním básnictví neslavných, nijaká nekynula korouhev domácí, a Francouzové, Angličané a Němci, neslysíce veselých

žálostných, skromných a veleslavných zpěvů slovanských, chodili do školy k Múze řecké a latinské […] nelze, aby národní duch, zachvácení ponejvíce ohledem na hrubší těla potřebnosti, na čisté skoro kramářství z jedné, a z druhé strany na bouřné vlání, zimniční třas a do sebe zavrácené hloubání jednotlivců, byl mohl sloužiti za pravidlo, za veslo v podotčeném smyslu. […] a když Lord Byron, tato loď admirální, hrůzou pojatý nad balvany bavlny svého národu, zoufati si počal, tu tisíceré menší větší lodičky vydaly zoufalých skřetů a vřesků, že národové slyšeli to a nerozuměli k čemu a proč to? Druhým otevřela se propast, a divně larvy a hnusné potvory vycházely strašit národ francouzský a německý. Obojí, zoufalý i

167 Martin Procházka, “Byron in Czech culture”, op. cit., p. 298.

168 “U nás, díky Bohu, sotva bude takýchto těkavých bláznů a neznabohů” , in Bohuslav Mánek, První

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hnusný tento básnění způsob nemá základu, nemá ohlasu v básněním slovanském.169

Per gli cantori di altre nazioni, non celebri nella poesia nazionale, non esiste alcun stendardo nazionale, e i francesi, gli inglesi e i tedeschi, che non danno ascolto ai canti slavi, allegri e addolorati, umili e gloriosi, hanno preso lezioni dalle Muse greche e latine, […] non è possibile che uno spirito nazionale, concentrato

principalmente sul versante delle più basse esigenze corporali e quasi solamente sul puro mercanteggiare da una parte, e dall’altra sull’insurrezione ribelle, l’agitazione fervente e la continua auto riflessione dei singoli, possa servire da esempio, da voga nel nostro senso. […] e quando Lord Byron, quest’ammiraglia, preso dall’orrore dei macigni di cotone della sua nazione, si fece prendere dalla disperazione, migliaia di navi più piccole e più grandi emisero grida disperate e gemiti, è possibile che [altre] nazioni li sentissero e non ne comprendessero il motivo e la causa? Per questi altri si è aperto il baratro, e strane larve e bestie disgustose ne sortirono per terrorizzare la Francia e la Germania. Entrambi questi modi di comporre, quello disperato e quello disgustoso, non hanno fondamenta, non hanno eco nella poesia slava.

Era stato proprio Tomíček ad aver per primo divulgato in lingua ceca la storia inglese, con una sintesi non troppo elaborata aveva infatti illustrato la situazione

contemporanea britannica centrandola sulla nascita del formalismo classicheggiante e lo sviluppo del capitalismo selvaggio occidentale170. L’Inghilterra, ma anche la Francia e la Germania, le quali “prendono lezioni dalle Muse greche e latine”, e non dai canti semplici e umili dei popoli slavi (evidente è ancora la spinta del panslavismo a guidare le parole di Tomíček, cha parlava di “poesia slava”, “gloriosi canti slavi”, e non

prettamente cechi), erano incapaci di farsi guida di ideali nazionali a causa della loro frammentazione in individui focalizzati unicamente su se stessi e sui propri interessi. Byron in questo scenario era dipinto quasi come un disertore, e il byronismo, in quanto in netto contrasto con le pietre miliari del folklore slavo (Kollár e Čelakovský in primis), assieme al capitalismo occidentale, erano allora sentite come ostacoli non solo nei confronti dell’indipendenza ceca ma anche della più ampiaunità slava, il sogno cioè di una convivenza armoniosa tra le nazioni slave171.

169 Ivi, pp. 35-36.

170Martin Procházka, “Byron in Czech culture”, op. cit., p. 290. L’opera di Tomíček Děje anglické země [Storia della nazione inglese] è stata pubblicata a Praga nel 1849 e tratta la storia inglese dall’epoca dei celti agli anni ‘20 dell’Ottocento circa.

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Dall’altra parte della barricata, era sempre Karel Sabina a prendere le difese di (Mácha e) Byron. Egli cercava, secondo Mánek172, addirittura di “imporre” la sua visione di romanticismo e del Byron geniale ed immortale173 a cui Mácha così tanto assomigliava, tentando ancora una volta di liberarlo dallo stereotipo del poeta

individualista e non curante del mondo (supra, § 2.4.). Sabina difende certamente i suoi interessi nel difendere il romanticismo, scrivendo:

Pravilť Byron o sobě: „Já nemiluju svět, on nemiluje mne, rozejdeme se ale co šlechetní nepřátelé!“ Takovému projevení citu odporoval přece jeho život. On miloval přírodu a svět a jen nízké poměry lidské se mu ošklivily; on myslil, cítil a psal pro svět, on konečně i jednal a celý se obětoval pro věc vznešenou, pro svobodu Helénska, a působil tedy více nežli milióny jiných lidí, kteří v obyčejnosti a v sprostotě své, neznámí, bez účelu a bez účinku pro sebe jen žijou a znak jakési sobecké bezdušnosti a obyčejnosti, jižto říkají solidnosti, na sobě majíce, ducha pravého lidmilenství si klamně přiosobují.174

Byron disse di se stesso: “Io non amo il mondo, esso non ama me, ci separiamo però da onorevoli nemici!”175. Tutta la sua vita era stata in contrasto con una tale dichiarazione di intenti. Egli amava la natura e il mondo e a disgustarlo erano solamente gli squallidi rapporti umani. Pensava, sentiva e scriveva solo per il mondo, egli alla fine agì e si sacrificò per una nobile causa, per la libertà della Grecia, ed ha influito più di quanto non abbiano fatto milioni di altre persone, che, nella loro normalità e rozzezza, sconosciuti, senza scopo e senza ascendente vivono solo per se stessi, nel segno di un’indifferenza e di una normalità egoiste che essi chiamano solidità, avendola loro stessi, si arrogano falsamente uno spirito di vera solidarietà umana.

Ora, l’autenticità o meno dello schizzo che Sabina tracciò di Byron non è di essenziale importanza, lo è invece il modo in cui il poeta e critico ceco tentasse di analizzare il personaggio Byron nel suo complesso e di attestarne, nello stesso tempo, le analogie con Mácha per riabilitare entrambi agli occhi dei compatrioti. Teniamo bene a mente che Mácha è sempre stato etichettato come un byronista, il che, nella prospettiva di Sabina, diventa però un segno di innovazione, di apertura alle influenze culturali occidentali, e non più una colpa. Sabina anzi manifestava a chiare lettere la necessità di

172 Bohuslav Mánek, První české překlady, op. cit., p. 36.

173 Karel Sabina, “Úvod povahopisný”, in Karel Hynek Mácha, Spisy Karla Hynka Máchy, Díl první, Praha, 1862, p. XXXIV.

174 Ivi, p. 195.

175 In riferimento verosimilmente al terzo canto del Childe Harold’s Pilgrimage (CXIV), in cui si legge: “I have not loved the world, nor the world me, -/But let us part fair foes”, in George Gordon Byron,

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uno sviluppo ulteriore non solo della letteratura ceca in sé, ma anche che essa si mettesse al passo con le altre letterature europee:

Doba mlčení a slabosti literatury naší trvala však příliš dlouho, abychom se kvapem nyní postaviti mohli po bok spisovatelstva západního aneb i pobratřenců našich, Rusův a Polákův. Skvělé pokroky jejich obcházely nás, aniž jsme jich pozorovali, a krom několika překladů cizokrajných, a to zvláště německých plodů, ničeho jsme nedočkali, co by Čechoslovany bylo seznámilo se stavem a poměrami literárního života u jiných národů. […] Nyní však, ana literatura naše jižjiž

samostatněji sobě počíná a ve vědeckém, jakož i v krasoslovném ohledu mocněji pokračuje, nyní obávati se nelze, že jazyk a národ naše seznámením se s literárními pokroky zamezními vzduchem cizoty tak dalece zapáchne, že by se vlastnosti naše, nadání a cit náš porušovaly nebo urážely a samostatné vyvinování se literatury českoslovanské že by se omezovalo; […] Česká literatura jest již živě se pohybujícím oudem literatury evropejské, musiť tedy i život celku sobě přiosobiti.176

Il tempo della reticenza e della debolezza nella nostra letteratura è però durato troppo a lungo affinché noi in un istante ci si possa ora porre al fianco degli scrittori occidentali o i dei nostri consanguinei russi e polacchi. I loro notevoli sviluppi ci sono sempre passati accanti senza che noi li notassimo, e a parte qualche traduzione straniera, e in particolare da fonti tedesche, non abbiamo raggiunto nulla che possa far conoscere ai slavi cechi lo stato e le condizioni della vita letteraria delle altre nazioni. […] Ora però, questa nostra letteratura comincia a farsi più indipendente, dal punto di vista scientifico e da quello delle belle lettere continua a rafforzarsi; ora non si deve più temere che la nostra lingua e la nostra nazione, attraverso l’incontro con i progressi letterari stranieri si impregni a tal punto dallo spirito dell’estraneità da disturbare o addirittura offendere le nostre caratteristiche, le nostre consapevolezze e i nostri sentimenti, e che limitasse lo sviluppo indipendente della letteratura ceca. […] La letteratura ceca si sta è ormai un membro indipendente che si muove con vivacità nell’ambito della letteratura europea, e deve quindi anche appropriarsene interamente.

Aveva indubbiamente ragione Sabina nel sostenere che la (limitata) letteratura straniera finora tradotta non aveva prodotto buoni frutti, per tornare alla metafora di Kollár sopracitata (supra, § 2.5.); lo si è visto nel caso di Byron, del quale vengono tradotte poche poesie cercando però, con sforzo inutile quanto inascoltato, di adattarle alle esigenze del momento (far nascere una nazione), trascurando in gran parte

l’originale dal punto di vista formale e contenutistico.

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Byron rappresentava per Sabina non solo la chiave di volta dello sviluppo artistico di Mácha, ma anche l’incarnazione del romanticismo stesso come corrente letteraria la cui introduzione nel contesto ceco era irrinunciabile per lo sviluppo autonomo della sua letteratura originale.

Non a caso nella rubrica da lui stesso curata ed inaugurata proprio nel 1840, Květy

cizokrajné [I fiori esotici], Sabina intendeva pubblicare “estratti dalle migliori opere

straniere – se arriveranno fino a noi”177. Detto più precisamente, dunque, per mettersi alla pari con le altre culture europee in fermento, in modo da svilupparne una propria, era non solo utile ma necessario aprirsi alle correnti letterarie straniere, anche al romanticismo, di cui Sabina stesso si fece mediatore, presentando soprattutto autori inglesi come Thomas Moore, William Wordsworth, Samuel T. Coleridge e altri.