5. Personalità a confronto e influenze indirette di Byron su Mácha
5.3. Figli (incompresi) del proprio tempo
In sostanza ciascuno è solo anche in mezzo alla più grande folla, perché comprende solamente se stesso, e vede se stesso, tutto ciò che sta al di fuori lo porta solo a comprendere se stesso.422
Karel Hynek Mácha
Come Byron anche Mácha era fautore di una “poesia autentica”, entrambi scrivevano di sé stessi e, dal proprio punto di vista, osservavano il mondo con
precisione e in piena coscienza423, dalle loro particolari e differenti condizioni sociali. Karel Sabina, nella sua prospettiva di poeta romantico, si è soffermato in modo particolare su quanto Mácha fosse in linea con il contesto europeo byronista:
Nemysli však žádný, že byl Byronismus v životě monomanií Máchovou. Každý věk tvoří své zláštní charaktery, jenž co náčelníci jeho zvláštního rázu mu dodávají. Byron půjčil jen povaze věku svého i charakterům svého druhu výrazná slova, pročež naň Evropa jako na vůdce onoho básnictví hleděla, která se po něm Byronskou nazývala. Ač mnoho pouhých, často i jalových následovníků počítal, přece každý, kdo věc tuto jiným, nežli otupeným zrakem ledajakéhos z našich slaboduchých kritikářů nahlídne, snadno pozná, že ne Byron, ale duch oné doby 19. století v tomto druhu romantičnosti, v umění i v život vládne.424
Non si pensi però che il byronismo fosse nella vita una monomania di Mácha. Ogni epoca crea dei propri caratteri, solo che le vere personalità le aggiungono un loro tratto distintivo. Byron ha offerto allo spirito del proprio tempo e ai personaggi del
nazionale avrebbero potuto avere i suoi versi! La fonte di tutto ciò sta nel suo petto come un tesoro segreto, incantato], Josef Kajetán Tyl, “Rozervanec”, in Ivi, p. 119.
421 “»Hynek« v Rozervanci Máchovi není cele nepodoben — je to jeho karikatura! Podivný, neobyčejný byl spisovatel Křivokladu a Máje, však což divno, ani neobyčejná byla duševní jeho síla — i život”, in Karel Sabina, “Úvod”, op. cit., p. CVI. Corsivi nell’originale.
422 “Vlastně je každý člověk i u prostřed největšího davu osamělý, poněvadž vždy jen rozumí sobě, i sam jen vidí sebe, co mimo něho jest, jen jej k tomu vede, že sám sobě rozumí”, in Karel Hynek Mácha,
Literární zápisníky, op. cit, p. 94.
423 Miloslav Topinka, “Tělesnost u Karla Hynka Máchy”, in Slovo a smysl, IV, 2007 reperibile al sito: http://slovoasmysl.ff.cuni.cz/node/241.
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suo rango solo le parole sostanziali e per questo l’Europa ha visto in lui il un leader di quella poesia, che ora come lui si viene chiamata byroniana. Anche molti discepoli, spesso anche quelli più banali, chiunque insomma osservi questa questione in modo diverso rispetto allo sguardo ottuso di uno qualsiasi dei nostri critici stolti e da quattro soldi, capirebbe che non è Byron, ma lo spirito proprio del XIX secolo, in questo caso romantico, a regnare nell’arte e nella vita.
Uno dei pregi di Mácha fu proprio il saper cogliere, non meno di Byron, lo spirito del suo tempo, di percepire quel mal du siècle425 che ha dato origine alla poesia romantica e poi al decadentismo. A partire dagli anni ‘30 quindi la sua poesia iniziò ad evolversi, trovando l’impalcatura su cui svilupparsi e le idee cominciarono a fiorire in forme poetiche moderne per il contesto europeo dell’epoca, criticabili e condannabili per i contemporanei cechi. Ormai Mácha andava sviluppando il proprio světobol e l’animo rozervaný del poeta trovò finalmente la sua valvola di sfogo:
V svět jsem vstoupil, doufaje, že dnové moje vzejdou zlatý jako Máj;
jaký mladosti mě slibovali snové, takový že najdu v světě ráj. Než ach, brzo, příliš brzo přešli, …
…
tmavošedá v lůno jala noc! –
V světlo luny kvítko zdvihá vnadnou radostně zdá se že hlavu svou; sehnu se, ach! a co slzou chladnou, rosou noční skropí ruku mou – – Zkvétlá růže v kraje své mě víže čárnou mocí, touhy proletá
cit mé srdce; – přistoupiv tak blíže, spatřím, ach, že z hrobu vykvětá. Lilie, jejíž jsem za svítání obdivoval sněhobílou zář,
v noc korunu stříbrobledou sklání k vlhké zemi, i uvadlou tvář.
Hledám lidi, v mém jak ve snu žili; – bez srdce však larvy najdu jen ; – snové moji, běda! – snové – byli,
Venni al mondo sperando che i giorni
miei sarebbero germogliati d’oro, come il maggio; che giovinezza mi promettevano i sogni,
tale che avrei trovato sulla terra il paradiso. Ahimé, come sono passati rapidamente, …
…
la notte grigio scura [li] ha presi in grembo! – Alla luce della luna un bel fiore alza
con felicità, sembra, la testa;
mi chino, ah! e come una fredda lacrima, con rugiada notturna cosparge la mia mano – – Una rosa avvizzita sulla sua terra mi solleva con un oscuro potere, attraversa i desideri il sentimento del mio cuore; avvicinandomi così, vedo, ah!, che sboccia da una tomba.
Un giglio, di cui ho, all’alba,
ammirato la luce bianca come la neve,
nella notte la corolla di un argento pallido si inchina verso l’umida terra, e il volto appassito.
Cerco le persone come erano vissute nel mio sogno; – ma trovo solo larve senza cuore ; –
i miei sogni, guai ! – sogni – furono,
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jestoty je všecky zničil den. V šírý svět po ráji touhou mroucí rámě moje rozestíral jsem — po ráji — a na prsa horoucí
pouhou, lásky prázdnou tisknu zem.426
le loro realtà le ha distrutte il giorno.
Nel vasto mondo bramando fortemente il paradiso spiegai le braccia –
il paradiso – e sul petto ardente mero, privo d‘amore calpesto in terra.
Dal punto di vista della retorica cominciano a comparire anche forme più
complesse, enjambement, versi regolari, rime non solamente grammaticali, come quelle che si incontrano anche nel Mácha successivo (zář [splendore]/tvář [viso]). Allo stesso tempo sono ancora presenti i temi del fiore chino sulla terra, della tomba che incombe, ma la poesia è orchestrata su più isotopie, e su più piani contrastanti: giorno-notte, luce-oscurità, sogno-realtà, ideale-reale, speranza-delusione, terra-paradiso, vita-morte, bellezza-precarietà. L’espressione di Mácha si fa dunque più precisa, il verso più musicale, i colori più cupi, il disincanto più profondo e amaro. Il tema della rosa che sboccia dalla tomba ricorre spesso negli scritti di Mácha degli anni 1832-3, a partire da una lettera scritta ad una ragazza sconosciuta, e nella corrispondenza (lettera a Jan Beneš)427, e rappresenta in modo cupo quanto per il poeta i sogni siano già infranti, l’ideale di bellezza, di felicità e d’amore per l’altro già svanito, di quanto non sia rimasto nulla della felice prospettiva dorata di una primavera eterna. Sono temi che si ritrovano molto spesso in altre opere, tra cui Pellegrinaggio alle Krkonoše e Obrazy ze
života mého [Immagini della mia vita]. Dal punto di vista della forma è vero che Mácha
è come se oramai vivesse a mille miglia di distanza, pienamente inserito nella modernità del byronismo europeo, e anche nell’approccio alle tematiche si rivela essere già nel prospetto della stessa disperazione, e consapevolezza, per cui Baudelaire, più di
vent’anni dopo, pesterà i piedi in terra, forsennato “come un lupo in trappola, nella fossa dell’ideale”428.
Questa poesia máchiana è ormai di respiro europeo, moderna, innovatrice, unica, completamente estranea al verde giardino dei patrioti cechi, del paradiso felice, ma di cartapesta, del panslavismo. Il Mácha rozervanec, il quale non si cura dei bisogni
426 Karel Hynek Mácha, Básně, a dramatické zlomky, op. cit., pp. 233.
427 Idem, Literární zápisníky, op. cit., pp. 306-307 e 342.
428 “Mais moi, furieux, j’ai répondu : « Non! non! non!» Et pour mieux accentuer mon refus, j’ai frappé si violemment la terre du pied que ma jambe s’est enfoncée jusqu'au genou dans la sépulture récente, et que, comme un loup pris au piége, je reste attaché, pour toujours peut-être, à la fosse de l’idéal”, Charles Baudelaire, “Laquelle est la vraie ?”, in Le Spleen de Paris, Paris, 2006, pp. 198-199.
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pressanti della propria patria e i cui versi non suonano abbastanza cechi, ma al contrario intrisi di “malcontento inglese”429 non corrisponde del tutto alla verità, in quanto Mácha al contrario si interessava e si appassionava alla causa nazionale430, e conosceva peraltro la sua patria molto bene, avendola percorsa molto spesso a piedi. Questo è dimostrato anche dalle prime poesie di Mácha, da quegli Ohlas písní národních [Echi di canzoni nazionali] e dall’uso che il poeta ceco faceva delle canzoni popolari (cfr. Marinka per esempio, in cui compaiono dei frammenti di queste canzoni)431. Come Byron, che anche lontano dall’Inghilterra sembra non poter pensare ad altro432, la patria è sempre presente nei pensieri di Mácha, e nelle sue poesie.