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2. Ricezione di Lord Byron nel contesto ceco e traduzioni

2.2. Prime traduzioni e primi byronisti

La prima fase della ricezione nelle terre ceche dell’opera byroniana può essere fatta risalire agli anni 1823-1836, cioè nel periodo di maggior controllo da parte della censura austriaca. Discutere delle opere di Byron in pubblico era infatti impossibile, l’unica occasione in cui il poeta venne nominato pubblicamente coincise con il suo arrivo a Missolungi, commentato peraltro in tono piuttosto neutro (si veda il giornale Vlastenský

zvěstovatel [Il messaggero della patria], nell’articolo Turecké císařství [L’Impero turco]

del 1824)122. I giornali non riporteranno nemmeno la notizia della sua morte nello stesso anno123.

Nel contesto ceco Byron venne tradotto relativamente tardi, e per la prima importante monografia bisognerà attendere fino al 1870, quando Josef Durdík

pubblicherà O poezii a povaze Lorda Byrona [La poesia e la personalità di Lord Byron]. Questo testo contiene la prima traduzione integrale in lingua ceca del Don Juan e di molte altre opere fino ad allora non tradotte124.

Prima dell’opera di Durdík compariono infatti solo poche poesie e frammenti di Lord Byron, la prima delle quali è When Coldness wraps this suffering Clay, tratta dalla raccolta Hebrew Melodies (1815). Questa è la raccolta dell’autore inglese che conoscerà più traduzioni e adattamenti. La prima, che, come la definisce Bohuslav Mánek, è più una “parafrasi […] con una notevole semplificazione”125 dell’originale, è opera di Karl Ferdinand Dräxler (1806–1879), che scrisse con lo pseudonimo Manfred126 e pubblicò,

121 L’idea di diversi “romanticismi” paralleli deriva dal fatto che la realtà storica, frammentata, viene comunque sempre riflessa dal singolo individuo nella propria prospettiva individuale, Ivi, p. 11.

122 Bohuslav Mánek, První české překlady, op. cit., p. 24.

123 Martin Procházka, “Byron in Czech culture”, in Richard Cardwell, The Reception, op. cit., p. 284, nota 6.

124 Ivi, p. 285.

125 Bohuslav Mánek, První české překlady, op. cit., p. 24.

126 Nella traduzione è evidente la semplificazione dal punto di vista lessicale (per esempio coldness è reso con smrt [morte], e suffering clay con vetché tělo [corpo logoro], rendendo certo il concetto generale, ma senza le precise connotazioni che questi termini implicano), ma anche formale, il verso ceco infatti è

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sul numero seguente della stessa rivista (Čechoslav)127, una sua poesia, Povzbuzení [Incoraggiamento], che riecheggiava i temi dello stesso Byron. Dräxler stesso infatti venne ritenuto uno dei primi “byronisti” nelle terre ceche (così venivano infatti definiti i primissimi poeti romantici cechi).

Nonostante il fatto che le pubblicazioni delle opere del poeta inglese nel contesto ufficiale si contassero sulle dita di una mano, la supposta “minaccia” di Byron e del cosiddetto byronismo fu immediatamente avvertita dai patrioti cechi, infatti già nel 1823 Jan Kollár ne parlava in termini di “Vulcani parnassiani che ci stanno assordando con i loro colpi e minacciano di seppellirci sotto le loro stesse ceneri e pietre”128. Questa figura del poeta romantico visto come vulcano risuonò spesso all’interno del contesto letterario ceco, come avremo in seguito occasione di vedere (in particolare in

riferimento a Mácha cfr. infra, § 2.5. e 5.1.).

2.3. “Che ce ne facciamo noi di Byron?”129

È questo il ritornello che risuonava nei circoli letterari cechi, in seguito alla pubblicazione delle primissime opere di Byron. Anche se, come sottolinea Mánek, il commento era riferito più precisamente ai primi imitatori del poeta inglese in lingua tedesca, i patrioti cechi impegnati nell’opera di Rinascita nazionale osteggiarono la figura di Byron in quanto componimenti simili cominciarono a comparire anche nel contesto ceco, e la corrente romantica che andava formandosi in quel periodo portava proprio il nome di “byronismo”. Lord Byron infatti, sia nella personalità che nell’opera, incarnava più di qualsiasi altro autore, per gli obrozenci cechi, il poeta romantico, ribelle, individualista, aristocratico, e fu proprio a partire dalla sua influenza che sorse la

senza rima, libero (primo e settimo verso a parte, non c’è un verso eguale all’altro nella versione di Dräxler) e del tutto lontano dal metro originale. Inoltre capita che i versi siano spostati rispetto all’ordine originale. Troviamo infatti it cannot die del verso 3 ricollocato alla fine del quarto: musí žíti [deve vivere], che di per sé, peraltro, sarebbe espresso, invece che con la negazione come nell’originale,con l’imperativo “deve”, e posto a fine verso, in posizione forte, contrariamente all’originale. In Ivi, pp. 24-25.

127 Čechoslav, 38, 20 settembre 1823, p. 297.

128 “Milovnici básnictví […] zdravější potravu naleznou než při mnohých parnaských Vulkánech, kteří nás […] svým práškem a třeskem téměř ohlušili, svým popelem a skálím téměř zasypali”, in Martin Procházka, “Byron in Czech culture”, op. cit., p. 287.

129 “Co nám do Byrona?”, in Josef Krasoslav Chmelenský, “Literatura Česká roku 1836”, in Časopis

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principale corrente romantica, e furono soprattutto più di altre le poesie di Mácha a portare a galla la questione130.

Ecco come Josef K. Chmelenský descriveva Lord Byron, nel suo articolo Literatura

česká z roku 1836 [Letteratura ceca dell’anno 1836] nella rivista Časopis Českého muzea [Rivista del museo (nazionale) ceco]:

Lord Byron jest nejsubjektivnější básník, jehož znám, a již tím se za vzor nehodí. Celý jeho život a celá osobnost vetkaná jest do jeho básní, jež vždy mráčna, vyhlídku na pěknější svitání kryjící, zahalují. Jeho žalost a bolest jest málokdy taková, aby soucity vyzvala; čtenář jest často na rozpacích, má-li ji posměchem či zoufalstvím nazývati. Jen jeho květoucí, ano až oslepující sloh, jeho obrazy, k nímíž z celého světa barvy vypůjčuje, a obraznost ze všech nejživější čtenáře bezděky uchupuje.131

Lord Byron è il poeta più soggettivo che io conosca, e per questo non è adatto ad essere un modello. Tutta la sua vita e tutta la sua personalità sono intessute nella sua poesia, coperta sempre da nuvole che nascondono la vista dell’alba più bella. La sua afflizione e il suo dolore, per le loro caratteristiche, quasi mai destano compassione; il lettore si trova spesso in imbarazzo, non sa se la deve chiamare scherno o disperazione. Solo il suo stile fiorito, sì, quasi accecante, le sue immagini, per le quali prende in prestito colori da tutto il mondo, e

involontariamente la sua immaginazione, più fervida di qualunque altra, cattura il lettore.

Chmelenský quantomeno tentò di tracciare un’analisi minimamente oggettiva dell’opera di Byron, cercando di far comprendere la natura del poeta per chiarirne gli aspetti dell’opera, anche se aveva a disposizione pochi elementi oggettivi per

analizzarla, viste le poche traduzioni finora pubblicate. Ammetteva che il “lord inglese, sempre in conflitto con sé stesso”, come lui stesso lo definì132, fosse dotato di

un’immaginazione fuori dal comune, quasiché ne volesse giustificare la risonanza, che sarebbe poi emersa in modo sensibile soprattutto in seguito alla pubblicazione del Máj [Maggio] dello stesso anno. Chmelenský tuttavia si cimentò in questa abbozzata interpretazione di Byron quanto basta per evidenziarne l’inadeguatezza come modello da imitare. Mácha e i byronisti romantici in generale, coloro cioè che non erano, riprendendo ancora Chmelenský, tra i componenti dell’“unica grande flora” della

130 Bohuslav Mánek, První české překlady, op. cit., p. 22.

131 Josef Chmelenský, “Literatura Česká”, op. cit., p. 385.

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letteratura nazionale, rappresentavano, in questa metaforica vegetazione di patrioti, solamente la “golpe del frumento” e perciò erano, anche loro e anzi più di tutti, da “valutare, istruire, esortare”133.

Byron, con le sue “creazioni contro natura”134 diventò infatti, soprattutto nell’ambiente dei buditelé [risvegliatori] un (se non il) simbolo della decadenza e opulenza dell’Occidente135, nonché uno degli argomenti prediletti nell’eterna dicotomia tra Est ed Ovest. Anche se la minaccia principale per l’indipendenza politica e

linguistica delle terre ceche in questo periodo era soprattutto il mondo tedesco, l’immagine che i patrioti percepirono di Byron li portò a considerarlo come il

nemico136. Anche a causa della sua poesia e posizione sociale egli fu posto in contrasto alla cultura popolare, vera portatrice della češství [l’essere ceco], della tradizione e (soprattutto) della lingua che si cerca di difendere e riportare in auge. La poesia byroniana, o quella ispirata ad essa, era invece “egoista”; spostava l’attenzione

sull’individuo, ignorando completamente la ben più importante lotta per la costruzione della patria.

Byron divenne quindi il simbolo di una frammentazione interiore, individuale ed individualista, che portò alla rottura dello “spirito unificante” che sarebbe dovuto essere alla base di una nazione, e in modo più generale della comunità slava.

Si esprimeva già in termini quasi panslavistici anche la traduzione del poema narrativo

Mazeppa137 (1819). Questa apparì nel 1831 sulla rivista Večerní vyražení [Impressioni serali] ad opera di Jan Nepomuk Lhota (alias L. J. Květoslav Bystřický) (1811-1890). Lhota fu il primo a tentare di tradurre una poesia più lunga di Byron, e tra il circolo di amici e poeti frequentato anche da Mácha, si guadagnò il soprannome di “Lord”138, per l’ammirazione che nutriva per Byron. Proprio la sua versione in lingua ceca, anche se certamente problematica per l’inesperienza del giovane traduttore e per il verso ceco che

133 “Všecko, co do jejího okresu [k jedné veliké flóře v literatuře] nepatří [...], není v této flóře nic než koukol ve pšenici. Ale to náleží teď k módě; my chceme všude, i v lyrických básních, posouzovati, poučovati, kázati a rozumovati”, Ibidem.

134 Martin Procházka, “Byron in Czech culture”, op. cit., p. 288.

135 Ivi, p. 283.

136 Ivi, p. 285.

137 Che con la grafia della národní obrození diventa Maceppa, fino all’attuale forma, utilizzata anche da Mánek, Mazepa, Bohuslav Mánek, První české překlady, op. cit., p. 26.

138 Bohuslav Mánek, “Byron and Nineteenth-Century Czech Society and Literature”, in Martin Procházka (a cura di), Byron: East and West, op. cit., p. 190.

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ancora doveva codificarsi139, essendo intrisa di tematiche slave (si tratta soprattutto di echi della vittoria riportata da parte dell’esercito russo sulla Svezia nella campagna di Poltava del lontano 1709), attirò l’attenzione dei patrioti, e continuò ad affascinare anche successivamente, per essere poi tradotta con più attenzione all’originale sia nei contenuti che nella forma, apportando per esempio versi rimati.

Jakub Malý, ricordato soprattutto come mediatore di molte opere di Shakespeare (tra le altre traduce Hamlet, As you like it, All’s well that ends well, Macbeth), fu il primo traduttore di Byron che cercò di riportarne in vita, nella lingua poetica ceca, i tratti essenziali del verso. Proprio lui che in seguito porterà avanti “lotte e tafferugli” con i poeti romantici (Sabina, V. Nebeský e J. V. Frič in particolare)140. Probabilmente sono suoi anche i quattro versi tradotti da The Siege of Corinth che Mácha cita nella sua prosa Klášter sázavský [Il monastero di Sázava], di cui ci occuperemo più in dettaglio in seguito (infra, § 3.4.). La traduzione di There be none of Beauty’s daughters (1815) venne pubblicata su Česká včela [L’ape ceca] nel 1834, e già dalla prima strofa141 si nota come Malý avesse cercato di adattare l’originale byroniano al metro ceco, con versi piuttosto regolari (talvolta aggiungendo una o due sillabe) e mantenendo lo schema delle rime; solo la punteggiatura non corrisponde con l’originale. Sul piano dei contenuti si permette degli spostamenti di significato142, senza però sfigurare il testo byroniano.

Da queste prime traduzioni la ricezione di Byron si divise in due linee, legate al tipo di verso usato, che vennero imitate dai byronisti cechi fino alla metà del XIX secolo: quella della lyricko-epická veršovaná povídka[racconto lirico-epico in versi]143, e la

písňová lyrika [lirica sotto forma di canzone]. Non solo, come accennavamo, la

maggioranza dei componimenti lirici pubblicati in seguito furono tratti dalla raccolta

Hebrew Melodies, che vennero tradotti da Josef Jiří Kolár (che pubblicò firmandosi

semplicemente con le iniziali J. J. K.)144, Josef Jaroslav Kalina, Edmund Břetislav

139 Bohuslav Mánek, První české překlady, op. cit., p. 26.

140 Jakub Arbes, “Český Parnas”, op. cit., p. 211.

141 Bohuslav Mánek, op. cit., p. 27.

142 Ibidem.

143 A cui si fa riferimento, ancor oggi, direttamente con il nome di byronská básnická povídka [racconto poetico byroniano] oppure ancora di veršovaná povídka byronského typu [racconti in versi di tipo byroniano].

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Kaizl, ma soprattutto da Ladislav Čelakovský145, che nel 1855 pubblicò su dieci pagine della Časopis Českého muzea quasi tutte le poesie della raccolta byroniana146. Proprio questa raccolta venne più di altre infatti considerata, in questo periodo, come l’opera più lirica di Byron, in quanto vi si esprimeva la soggettività dell’individuo ma anche la collettività nella lotta per la libertà147. Negli altri contesti europei, infatti, era considerata come una raccolta di canti di solidarietà nei confronti di ogni nazione oppressa,

soprattutto nel caso polacco148; nel contesto ceco, però, l’accoglienza di quest’opera e di Byron in generale non seguì la stessa direzione.