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Capitolo 2: CORPO E CULTURA SPORTIVA TRA BODY-BUILDING, FITNESS E WELLNESS

2.1 BODY-BUILDING E CURA DEL CORPO

“Se la perfezione non fosse una chimera, non avrebbe tanto successo.”

[Honoré de Balzac] Nei primi decenni del Novecento vi furono una serie di cambiamenti che favorirono lo sviluppo di attività fisiche individuali e di svago apparentemente fini a se stesse come il culturismo; tra questi grande importanza ha avuto, come già accennato, il taylorism, che si lega con i modelli culturali moderni che spronano l’individuo all’autonomia,

191 Russo Giovanna, 2013, Questioni di ben-essere. Pratiche emergenti di cultura, sport, consumo, Milano,

FrancoAngeli, pag. 20

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all’efficienza e alla realizzazione personale e sociale. Il taylorism, o «organizzazione scientifica del lavoro», è un modello di razionalizzazione del ciclo produttivo industriale secondo principi di massimizzazione dell’efficienza e dell’efficacia economica e organizzativa, strutturata su parcellizzazione, ripetitività e standardizzazione193; questo modello così efficiente è anche molto pervasivo e strutturante nella vita quotidiana delle persone, le quali devono attuare un processo di elaborazione significativo per adeguarsi e plasmare la propria forma mentis.

Nel frattempo, come scriveva Nietzsche a proposito dell’uomo, il cui cambiamento in essere lo porta ad essere padrone di se stesso, della propria volontà e progettualità, nonché di essere capace di perseguire nel tempo i propri desideri194, la modernità si sviluppava anche attorno ai principi di un nuovo umanesimo liberale195 che elevava il principio dell’autonomia e della soggettività (per costituire i fondamenti delle forme di individualismo postmoderno), di cui studiosi come Simmel, Weber196 e Foucault sancirono l’ambivalenza sia della soggettività come libertà sia dell’obbligo della persona di costruire se stesso autonomamente e soddisfacentemente secondo i nuovi modelli culturali e lavorativi.

Nel mondo dell’arte e della cultura elevata una grande attenzione era stata data già dall’Ottocento – e moltissimo poi dai regimi totalitari – all’estetica classica e all’apprezzamento delle forme del corpo, nonché a salute e atletismo. Non solo estetica, però, perché nel corso dei decenni il corpo inizia a diventare anche un oggetto sociale, un elemento dimostrativo di sé (non ancora un emblema di status come negli anni Settanta o un elemento relazionale), una rappresentazione simbolica delle capacità personali di controllo, razionalità e programmazione, nonché dell’espressione delle modalità borghesi e moderne: “il soggetto autonomo e risoluto dimostra la propria forza morale governando se stesso a cominciare dal proprio corpo”197, attraverso la sollecitazione controllata, l’equilibrio, l’armonia delle forme, ma anche per mostrare salute, laboriosità, integrazione sociale e lavorativa, condivisione culturale nonché interesse a voler mostrare positivamente se stesso.

Nemmeno gli storici possono essere concordi sui processi che hanno portato allo sviluppo del culturismo come pratica sportiva, ma è sicuro che questa poté avvicinarsi ai principi culturali dell’epoca e che poté avere grande diffusione nel secondo dopoguerra grazie ad alcune peculiarità tipicamente moderne.

193 Treccani, 2002, Enciclopedia Italiana Treccani, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, voce:

Taylorismo

194 Nietzsche Friedrich, 2000, La volontà di potenza, Milano, Bompiani

195 Harari Yuval Noah, 2016, Da animali a dèi. Breve storia dell’umanità, Milano, Bompiani 196 Weber Max, 2009, L’etica protestante e lo spirito del capitalismo, Milano, Bur Rizzoli

197 Sassatelli Roberta, 2000, Anatomia della palestra. Cultura commerciale e disciplina del corpo, Bologna, Il

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Il body-building, letteralmente “costruzione del corpo”, si traduce in italiano con “culturismo”, termine che non ha correlazione diretta con la parola cultura sebbene abbiano la medesima etimologia (dal latino còlere, che significa coltivare, prendersi cura e anche venerare) e possa rimandare ad una certa forma di cultura del corpo; da qui, la parola italiana culturismo ha il duplice significato sia di cura e lavoro costante di crescita, sia di venerazione e ammirazione nei confronti del proprio corpo e della propria estetica. Tramite l’utilizzo di tecniche di allenamento, macchinari, attrezzi, pesi e di una alimentazione ad hoc, esso si prefigge l’obiettivo di modificare profondamente la composizione corporea e l’estetica della persona198 favorendo la crescita qualitativa delle masse muscolari, con annesse diminuzione dei depositi adiposi e armonia e proporzioni delle masse in linea con i canoni estetici personali o della disciplina generale, il tutto insistendo su una caratteristica fondamentale199: come nei precetti teleologici del positivismo, non vi è mai un punto di arrivo, il body-building è uno sport in fieri, ossia la persona può e deve sempre migliorare domani i risultati raggiunti oggi.

Il culturismo ha origine ad inizio Novecento, quando il dotto ed esteta atleta prussiano Eugen Sandow, grande ammiratore delle civiltà greca e romana nonché appassionato di arte neoclassica e sport, si rese celebre attraverso spettacoli itineranti di dimostrazioni di forza sovrumana, soprattutto con la collaborazione con Florenz Ziegfeld, in spettacoli teatrali dove oltre alla dimostrazione di forza e atletismo (tra cui eseguiva la celebre rottura della catena tramite rigonfiamento dei muscoli del torace) realizzava una serie di pose plastiche, denominate “raffigurazione della muscolatura”, assai gradita dal pubblico più dello spettacolo circense e di forza. Eugen Sandow apprese le tecniche rudimentali dell’allenamento fisico per l’accrescimento di forza, masse muscolari e per il modellamento estetico del corpo dal suo mentore Ludwig Durlacher, più conosciuto in Germania come Louis Attila, e proseguì il percorso di apprendimento e sperimentazione delle tecniche di allenamento e alimentazione, che lo portarono il 14 settembre 1901 a poter organizzare il primo concorso di culturismo, denominato “The Great Competition” – che ebbe un successo enorme e promosse la diffusione delle pratiche culturistiche e delle prime manifestazioni sportive competitive – e a scrivere diversi libri e manuali divulgativi, tra cui l’opera che ha dato il nome a questa pratica sportiva, “Body-building or Man in the making” del 1904200.

Negli anni successivi vi furono altri atleti che accrebbero il fascino nei confronti del culturismo e che lo incanalarono in una sorta di percorso ascetico capace di condurre allo sviluppo delle proporzioni e delle masse tipiche dell’ideale classico greco. La figura sociale alla portata di chiunque volesse praticare il culturismo con metodo e dedizione che viene quindi a crearsi è quella del body-builder amatore, che viene riconosciuta

198 Salisci Mario, 2016, Un corpo educato, Milano, FrancoAngeli, pag. 90

199 Treccani, 1998-2000, L’Universo del Corpo, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, voce: Culturismo 200 Campitelli Stefano, 2010, Storia e filosofia del body-building, Salerno, Booksprint

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socialmente proprio per metodo razionale in analogia con il più serio approccio lavorativo della società industriale avanzata, in cui il cui corrispettivo oggettuale non è il prodotto-oggetto reale bensì il prodotto-corpo in essere. In una nascente cultura consumista, inoltre, il modello ideale di corpo giovane, forte, muscoloso viene a creare una linearità narrativa capace di orientare scelte, consumi e comportamenti201 secondo una modalità compatibile con i modelli sociali vigenti di disciplinamento e di work/fun-morality.

La nascita ufficiale del body-building moderno è riferibile agli anni Quaranta e in particolare alla competizione «estetica» di “Mr. Universo”, avvenuta per la prima volta nel 1948 e inizialmente associata al campionato mondiale di sollevamento pesi; destinata nei primi anni alle gare di soli atleti amatoriali, sarebbe presto seguita una autonomizzazione della gara stessa e la divisione in due percorsi, uno per gli amatori e uno per i professionisti.

Nei medesimi anni nacquero altre associazioni nazionali e internazionali, tra cui le più importanti furono la International Federation of BodyBuilding (IFBB) nel 1946 ad opera di Ben Weider e Joe Weider e la National Amateur BodyBuilders Association (NABBA) nel 1950; l’evento singolare di questo fenomeno, che trasformò completamente il culturismo e gli diede visibilità globale, avvenne per volontà di Joe Weider nel 1965 con l’ideazione della manifestazione “Mister Olympia”, gara al termine della quale il vincitore otteneva un premio in denaro, una statua in bronzo (The Sandow) rappresentante una posa plastica di Eugen Sandow e divulgazione presso riviste sportive di settore.

La società occidentale degli anni Cinquanta vide una rinnovata crescita industriale ed economica post-bellica all’insegna della ricostruzione, della work-morality e degli strascichi dei modelli moderni di razionalizzazione e organizzazione. Al contempo vi fu la nascita della cultura del consumo e la necessità di cambiamenti sociali, avanzati soprattutto dai membri delle Silent e Baby Boomers generations, all’insegna del disimpegno individuale e del bisogno di nuove rappresentazioni culturali e forme di distinzione sociale.

Il body-building, in un’epoca che si apprestava ad incontrare anche nuove tensioni internazionali dovute alla duplice visione del mondo delle società occidentali e comuniste, si poteva inserire felicemente proprio perché richiamava non solo modelli di allenamento moderni, ma riprendeva anche i mitemi di forza e potenza, come anche di voluminosità (si pensi in Europa alle correnti artistiche del Futurismo e del Monumentalismo architettonico) e di ostentazione della grandezza in un continuo confronto sociale ed ideale.

201 Sassatelli Roberta, 2000, Anatomia della palestra. Cultura commerciale e disciplina del corpo, Bologna, Il

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Come ha fatto notare George Ritzer, nel periodo dell’espansione del consumismo e dei valori occidentali allora in atto, capaci di attribuire «incanto» al mondo del consumo e alle pratiche di significazione della vita quotidiana, l’importanza della “grandezza” e del controllo del processo costituivano un ponte per accompagnare tali evoluzioni sociali. Ritzer propone una rianalisi dei processi della modernità ripartendo da Weber ed evidenzia le dimensioni fondamentali di questa in efficienza, calcolabilità, prevedibilità e controllo202, sottolineando proprio come l’eccessiva razionalità generi disincanto e side-effects di irrazionalità, in cui la velocità del consumo si allinea con la controparte della produzione. Sebbene nella sua celebre opera si riferisca direttamente al mondo di McDonald, Ritzer in realtà parla di un processo ben più generale, quello della «mcdonaldizzazione della società», del capitalismo avanzato e della globalizzazione. Ancora, il sociologo americano parla della “retorica della quantità”203 non solo riferendosi all’importanza della dimensione oggettiva in sé ma riportando le radici anche nei principi dell’efficienza, della controllabilità, della dimostrazione attraverso la visibilità – il più basilare ed importante dei sensi umani, capace di afferire immediatamente ai processi emotivi – e della velocità. Ancora sul cibo, infatti, il «Big Mac» propone già in sé un’idea di sazietà veloce consona col modello del fast food, senza curarsi apparentemente della qualità o di altri aspetti etici: non solo la produzione, ma anche il consumo, ora enfatizzato da questo marketing culturale, si distaccano da altri principi al fine di promuovere la velocità e la quantità del consumo in una sorta di celebrazione autocompensativa delle discrasie sociali.

A concorrere alla diffusione del body-building furono quindi la contemporanea vicinanza di questo a processi culturali già in atto, nonché la popolarizzazione della pratica sportiva e la diffusione di essa attraverso la stampa divulgativa e i programmi televisivi, abbinati alla possibilità e alla «promessa» positivistica di realizzare i propri intenti in un tempo costantemente orientato al futuro attraverso una pratica alla portata di tutti. La vera diffusione del culturismo avvenne a cavallo degli anni Settanta, che lo videro passare da pratica sportiva a matrice subculturale e di nicchia a fenomeno sportivo di massa grazie soprattutto alla partecipazione – e alla visibilità mediatica che ottenne – a Mister Olympia di Arnold Schwarzenegger, eccellente atleta dalle forme estetiche che colpirono l’immaginario collettivo e che condussero alcuni produttori cinematografici a farlo partecipare, insieme ad altri culturisti dell’epoca, al film documentario del 1977 “Pumping Iron” e ad avviarlo verso una brillante carriera cinematografica, inizialmente limitata alla sola rappresentazione tematica del culturismo.204

Body-building e palestre conobbero così una grande esplosione consumistica in tutti i paesi occidentali che raggiunse il picco nei primi anni Ottanta: molte persone ora

202 Ritzer George, 1997, Il mondo alla McDonald, Bologna, Il Mulino, pag. 25 203 Ibidem, pag. 108

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avevano un modello sociale ed estetico di riferimento da inseguire, potevano impegnare il tempo libero in attività “utili” o quantomeno finalizzate ad uno scopo potendo accomunare work e fun morality.

È quindi la razionalità a legittimare questa pratica sportiva, che si sviluppa attraverso efficaci ed efficienti tecniche di allenamento e disciplinamento del corpo, come diceva Michel Foucault in Sorvegliare e punire, che “permettono un controllo minuzioso delle operazioni del corpo, che assicurano l’assoggettamento costante delle sue forze e impongono loro un rapporto di docilità-utilità”205; “la trasformazione del corpo ottenuta con l’allenamento non è una trasformazione qualsiasi”206, bensì è una trasformazione promessa a-priori e culturalmente condivisa e attesa da chi vi si applica, la quale nella sua stessa manifestazione estetica conferma e conferisce valore alla razionalità dell’allenamento, alla disciplina e al luogo, “la palestra [che] è la soluzione più «razionale» e «veloce», quella che sfrutta il tempo al massimo ottenendo rapidamente buoni risultati”207.

Il corpo, per il culturista, è nel significato latino del termine veramente un tempio da venerare e da coltivare giorno per giorno attraverso un approccio metodico, rigoroso e continuativo, il cui obiettivo è il raggiungimento di un obiettivo estetico che non sarà mai realmente raggiunto, ma che verrà costantemente spostato in avanti sia nel tempo sia nella qualità. Il culturista, come soggetto e non solo come atleta, è un ritualista esteta che non si può soddisfare e non si può fermare mai, si radica in un divenire costante professando una sorta di teleologia a-finalistica e sul volere trasformare il corpo secondo l’ideale sempre perfettibile di compiutezza estetica e corporea neoclassica, nonché sull’etica e sul piacere dello sforzo reiterato come virtù208, cioè sulla passione dell’abnegazione perché, come aveva sostenuto anche De Coubertin, “il valore che più caratterizza lo sport è la «gioia nello sforzo»”209. Ancor di più, però, questa gioia si mostra alla portata di tutti perché può essere provata sia dagli atleti sia dagli amatori senza che vi debba essere necessariamente una competizione, rendendo così accessibile anche ad una persona «normale» di sentirsi e vedersi fisicamente come un atleta, incarnando e mostrando su di sé anche un altro dei miti della cultura moderna, quello del self-made-man, la persona che riesce a raggiungere un proprio successo attraverso impegno e lavoro esclusivamente personali, ora anche nello svago.

205 Foucault Michel, 1976, Sorvegliare e punire: nascita della prigione, Torino, Einaudi, pag. 149

206 Sassatelli Roberta, 2000, Anatomia della palestra. Cultura commerciale e disciplina del corpo, Bologna, Il

Mulino, pag. 187

207 Ibidem, pag. 151

208 Sloterdijk Peter, 2010, Devi cambiare la tua vita: sull'antropotecnica, Milano, Raffaello Cortina

209 De Coubertin Pierre, 2000, Olympism: selected writings, Lausanne, International Olympic Committee,

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Come in tutti i processi sociali, inoltre, anche in questo vi sono forme di innovazione e di devianza; ad esempio, nel body-building due casi eclatanti sono il doping210 e la conduzione di diete ipertrofiche, il cui obiettivo comune è di protendere continuamente ad uno stato ideale di crescita dei volumi muscolari, definito nel suo insieme «bigoressia», «vigoressia» o «anoressia inversa»211, o ancora più comunemente, «sindrome di Adone». Ripescando nuovamente dai mitemi greci in cui Adone rappresenta l’ideale assoluto di bellezza, di tonicità e di proporzione maschile delle forme, le persone affette – circa il 10% dei praticanti secondo lo studio di Katz e Pope – da questa sindrome anelano ad una crescita del loro perfezionamento estetico soggettivo fino a quella che diventa una vera e propria dismorfia muscolare ossessiva, caratterizzata dal desiderio di una continua crescita della massa muscolare e dal miglioramento della propria composizione corporea.

Lo spirito razionalizzante e la ricerca di performance e risultati – prerogativa del processo di sportivizzazione moderno – sul corpo, ma anche il desiderio di ottenere risultati estetici sotto l’egida culturale del modello del self-made-man, possono aver condotto alcune persone a processi viziosi di travisamento delle mete culturali, in nome delle quali molti professionisti ma anche molti amatori hanno intrapreso un percorso machiavellico di violazione delle norme e dei principi salutistici ricorrendo all’uso di sostanze dopanti e di pratiche di iper-accelerazione dei processi metabolici e anabolici. È evidente che in questa scelta vi siano molteplici fattori intervenienti, dal gusto estetico a componenti psicologiche, tra cui anche la necessità di un veloce ed elevato riconoscimento sociale – finalizzato o non alla prestazione o alla gara professionale – e il desiderio di corrispondere ad una aspettativa sociale condivisa, soprattutto nelle comunità ben radicate di body-building.

Il luogo tipico dove si pratica il culturismo è la palestra, un luogo attrezzato con spazi, macchinari e strumenti utili all’allenamento individuale dove i soggetti presenti – gestori, istruttori e utenti – concorrono a costruire l’ambiente sociale e culturale212 di quello che diventa un vero e proprio gruppo accomunato da relazioni, orientamenti e comportamenti condivisi, in cui si vivono esperienze sportive e sociali quotidiane e collettive il cui trait d’union sono lo svolgimento dell’esercizio fisico e l’obiettivo comune del miglioramento del corpo213. Per quanto riguarda le interazioni che si sviluppano,

210 Kanayama Gen, Hudson James I., Pope Harrison G., 2010, Illicit Anabolic-Androgenic Steroid Use, in:

“Hormones and Behavior”, 2010, Volume 58, Issue 1, pagg. 111-121

Wright Sam, Grogan Sarah, Hunter Geoff, 2000, Motivations for Anabolic Steroid use Among Bodybuilders, in: “Journal of Health Psychology”, 2000, Volume 5, Issue 4, pagg. 566-571

211 De Pascalis Pierluigi, 2013, Vigoressia: quando il fitness diventa ossessione, Roma, Il Pensiero Scientifico

Pope Harrison G., Katz David L., Hudson James I., 1993, Anorexia nervosa and “reverse anorexia” among

108 male bodybuilders, in: “Comprehensive Psychiatry”, 1993, Volume 34, Issue 6, pagg. 406-9

212 Heinemann Klaus, Puig Nùria, 1996, Lo Sport verso il 2000. Trasformazione dei modelli sportivi nelle

società sviluppate, in: “Sport & Loisir”, 1996, numero 1

213 Sassatelli Roberta, 2000, Anatomia della palestra. Cultura commerciale e disciplina del corpo, Bologna, Il

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esse sono contraddistinte dal disimpegno e dalla “leggerezza” delle conversazioni, poiché le persone si distanziano dai loro ruoli sociali di lavoro e sono tutte accomunate dal praticare esercizi e dal voler essere atleti214; vi è inoltre una notevole informalità relazionale che si sviluppa in una “cooperazione tra clienti fatta di continui microaggiustamenti scambievoli mediante uno sguardo, un cenno, un’espressione”215, che fa ricordare la «disattenzione civile» di cui parla Goffman e che “lascia ai partecipanti lo spazio di accostarsi con una certa ironia non solo alla propria prestazione, ma anche agli ideali del corpo cui tali sforzi sono tesi”216.

La palestra, che sia per il body-building o per il fitness, non richiede un orientamento alla competizione agonistica ai suoi frequentatori, bensì si struttura su una logica motivazionale auto-agonistica, ossia richiede che gli utenti elaborino soggettivamente e personalmente desideri e obiettivi tali per cui possano svolgere la loro attività fisica e migliorare il loro aspetto e le loro performance, andando anche oltre i loro limiti iniziali: “l’esercizio fisico mette in atto un dispositivo di sospensione degli ideali del corpo presenti nella nostro cultura e attribuiti [a culturismo e] alla fitness, con un obiettivo assolutamente strumentale: continuare a esercitarsi al meglio. Si ha quindi la creazione di un ambito procedurale, in cui ciò che conta è innanzi tutto lo svolgersi dell’azione secondo regole precise, piuttosto che il fine cui l’azione tende”217.

Tale processo contribuisce a rendere omogeneo il gruppo che si allena insieme ponendo ai margini le caratterizzazioni sociali, economiche e culturali delle singole persone, creando cornici situazionali218 organizzate, emotive e coinvolgenti, contraddistinte da messaggi metacomunicativi219 tipici mondo culturale in cui informalità e automotivazione contribuiscono a sviluppare in ogni singola persona il senso di appartenenza e di coinvolgimento ad una sessione di allenamento comune e, quindi, ad una definizione collettiva della situazione220, in cui la conferma del significato delle azioni arriva proprio dal fatto che tutti insieme svolgono le stesse azioni senza indugi e con la medesima semplicità emozionale ed interazionale.

Nel momento in cui, però, l’adozione di un modello diventa di massa, esso stesso subisce modifiche culturali – in sintonia col concetto di prosuming e con le fasi dei cicli di vita dei «prodotti» – da parte degli stessi praticanti, soprattutto quando i contesti sociali sono in fermento ed in fasi transeunti, come era l’epoca tra gli anni Settanta e gli anni Novanta, in cui i significativi cambiamenti tecnologici, economici e culturali stavano