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214 Ibidem, pag

2.1.1 LA TRANSIZIONE DEL FITNESS

Ciò che stava avvenendo era un vero e proprio mutamento socioculturale, una trasformazione del “campo” e della realtà sociale e delle relazioni; da una prospettiva teorica, i cambiamenti che avvengono nei sistemi sociali influiscono sistemicamente in tutti gli ambiti, soprattutto nelle relazioni interindividuali che costituiscono la dinamica della realtà sociale. Come sostiene Bourdieu222, la società è un campo di relazioni, vincoli, legami, scambi, azioni e simboli tra le persone, che realizzano la realtà attraverso processi fluidi e dinamici e che possono costituirsi in strutture sociali e in forme culturali, quasi come si trattasse di realtà oggettive223 quando invece sono forme sociali create e cristallizzatesi nel tempo tra persone, quindi più “processi”224 di strutturazione che strutture, comprensibili più attraverso “figurazioni”225 proteiformi che schemi rigidi. Il campo è “una rete o una configurazione di relazioni oggettive”226 tra persone e attori sociali che sviluppano culture, istituzioni, norme e relazioni sociali che costituiscono i vari microcosmi sociali e il più generale sistema sociale di cui questi fanno parte, il quale si può osservare in un preciso momento sincronico all’interno di continui cambiamenti dinamici; i mutamenti sono incessanti e sviluppati nel tempo secondo una logica processuale, intendendo come processo quell’insieme di trasformazioni che si estendono nel tempo, che si influenzano reciprocamente e causalmente, e che sono riferibili al medesimo sistema o campo227. Come precisa Piotr Sztompka, i processi e i cambiamenti del campo socioculturale interessano le dimensioni ideale (credenze, cultura, definizioni), normativa (regole, valori, ideali), interazionale (interazioni personali e sociali, organizzazioni e istituzioni) e quella delle opportunità, ossia delle gerarchie sociali legate al capitale e al potere in senso bourdieuano228.

221 Lyotard Jean-François, 1982, La condizione postmoderna: rapporto sul sapere, Milano, Feltrinelli 222 Bourdieu Pierre, Wacquant Loïc J. D., 1992a, Risposte: per un’antropologia riflessiva, Torino, Bollati

Boringhieri

223 Sztompka Piotr, 1996, in: Treccani, 1996-1998, Enciclopedia delle scienze sociali, Roma, Istituto della

Enciclopedia Italiana, voce: Mutamento socioculturale

224 Giddens Anthony, 1990, La costituzione della società: lineamenti di teoria della strutturazione, Milano,

Edizioni di comunità

225 Elias Norbert, 1988, Il processo di civilizzazione, Bologna, Il Mulino

226 Bourdieu Pierre, Wacquant Loïc J. D., 1992a, Risposte: per un’antropologia riflessiva, Torino, Bollati

Boringhieri, pag. 66

227 Sztompka Piotr, 1996, in: Treccani, 1996-1998, Enciclopedia delle scienze sociali, Roma, Istituto della

Enciclopedia Italiana, voce: Mutamento socioculturale

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In questo senso, i macro-cambiamenti culturali e sociali iniziati alla fine degli anni Cinquanta e proseguiti nei decenni successivi, le cui evoluzioni si stanno ancora svolgendo ai giorni nostri, possono ricadere sotto l’ombrello concettuale del «postmodernismo», “usato per connotare la condizione antropologica e culturale conseguente alla crisi e all’asserito tramonto della modernità nelle società del capitalismo maturo, entrate, a partire circa dagli anni Sessanta del Novecento, in una fase caratterizzata dalle dimensioni planetarie dell’economia e dei mercati finanziari, dall’aggressività dei messaggi pubblicitari, dall’invadenza della televisione, dal flusso ininterrotto delle informazioni sulle reti telematiche”229.

Alcuni dei segni caratteristici emersi nel processo di transizione sono la crescente «privatizzazione» – in merito a ciò celebre è la frase di Ulrich Beck “il modo in cui si vive diventa la soluzione biografica a contraddizioni sistemiche”230 – e la scomparsa di un principio unificatore collettivo, di un telos sistemico orientato nel futuro e capace di conferire senso all’agire comune. Da ciò prendono piede l’affermazione della fine delle «metanarrazioni» e delle ideologie231, nonché l’avanzato ed esasperato secolarismo delle società occidentali, ed infine il disincanto e l’abbandono delle illusioni finalistiche positive delle credenze nella scienza, in parte anche come conseguenza riflessiva della filosofia positivista stessa e dei mutamenti tecnologici, di cui una implicazione sociale è stata proprio l’aver aperto all’individuo singolo un insieme di possibilità e modalità esistenziali senza ch’egli debba più vincolarsi alla collettività.

Il nomadismo, la commistione di culture locali e non, la femminilizzazione dei gusti, le forme economiche del post-industrialismo, l’economia dei servizi e del capitalismo avanzato – che vede lo shift dall’orientamento alla produzione a quello del consumo di beni e servizi, cui le persone accedono per qualificarsi, dimostrare appartenenza232 e distinguersi socialmente, come anche per ottenere gratificazioni individuali – e il nascente sistema esperienziale sono alcune delle manifestazioni del nuovo modello culturale che paradossalmente attraverso l’eccesso della modernità giunge a ricreare quelle forme di re-incantamento già postulate da Heidegger a cavallo degli anni Cinquanta233. Più che in riferimento ad un modello culturale univoco ed onnicomprensivo, ora “l’età postmoderna si caratterizzerebbe piuttosto per la pluralità dei discorsi pragmatici che pretendono soltanto una validità strumentale e contingente”234.

229 Treccani, 2009, Dizionario di Filosofia, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, voce: Postmoderno 230 Beck Ulrich, 2000, La società del rischio: verso una seconda modernità, Roma, Carocci

231 Lyotard Jean-François, 1982, La condizione postmoderna: rapporto sul sapere, Milano, Feltrinelli 232 Bauman Zygmunt, 2010, Consumo, dunque sono, Roma-Bari, Laterza

Bauman Zygmunt, 2007, Homo consumens: lo sciame inquieto dei consumatori e la miseria degli esclusi, Gardolo, Erickson

233 Heidegger Martin, 2002, L’epoca dell’immagine del mondo, in: Heidegger Martin, Sentieri Interrotti,

Firenze, La Nuova Italia Editrice

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La progressiva femminilizzazione della società, inoltre, che si manifesterà sempre più marcatamente attraverso il sistema mediatico di massa e dei consumi, ha influenzato notevolmente anche la pratica e la diffusione dello sport, come la concezione di estetica e di cura del corpo fin dalla fine degli anni Sessanta, quando l’ideale del corpo è passato ad essere “magro e snello, sano, forte e attivo”235 e, soprattutto, quando “si riscopre il corpo, la propria fisicità non in termini strumentali ma per riconquistare una dimensione importante della propria identità, [quando] si scopre di avere un corpo da amare, da vezzeggiare”236, da perfezionare. Ora, l’estetica, la tonicità, l’energia e le forme sono caratterizzazioni imprescindibili della bellezza e della cura del corpo; particolarmente, se prima il corpo “dell’uomo poteva essere forte, [muscoloso,] non bello […] adesso l’attributo bello non è più di esclusivo appannaggio femminile, […] che comportava l’assunzione della regolarità del corpo della donna come paradigma del bello. […] Questa incisiva rivoluzione culturale nel vissuto del corpo comporta modifiche altrettanto incisive negli stili di vita degli individui e nella pratica di tutta una serie di attività che consentono di vivere in armonia con il proprio corpo.”237

Attraverso questa nuova cultura del corpo per tutti anche il divertimento, lo sport, la salute e il tempo libero diventano socialmente «presentabili» e spesso uniti238 nelle stesse attività; una grande spinta viene proprio dall’aumentato interesse per la salute, personale e pubblica, e per la maggiore sensibilità a tutti i fattori ad essa collegati, come ambiente, inquinamento, alimentazione, consumi, attenzione a stress e prevenzione, che ora fondano in termini assiologici e razionali parte delle scelte e dei comportamenti di ogni individuo: in questi termini, si può “qualificare come una ridefinizione di status il cambiamento che ha interessato il concetto di salute, passato da una lettura sociale in termini di bene ad una in chiave di valore”239, sia personale sia sociale, che risente degli influssi della secolarizzazione della società e che, quindi, vuole la sua rivendicazione nella quotidianità delle persone.

La nuova cultura del corpo e della salute si è bene integrata nella struttura economica, sociale e politica del tempo; ad esempio, negli Usa si attivarono programmi politici come il “Keep America Fit” di John F. Kennedy e le facilitazioni pubbliche di welfare, secondo quello che era diventato il modello attuale di welfare society240, così come in Europa e in Italia si attuarono le politiche dello “sport per tutti”, ancora oggi esistente sotto l’insegna UISP [Unione Italiana Sport per Tutti, fondato nel 1989 – “Lo sport per tutti ha esteso potenzialmente a tutti i cittadini l'offerta di pratica fisica come concreta ricerca e sperimentazione di una migliore qualità di vita. Lo sport per tutti interessa prima di

235 Fabris Giampaolo, 2003, Il nuovo consumatore: verso il postmoderno, Milano, FrancoAngeli, pag. 178 236 Ibidem, pag. 179

237 Ibidem, pag. 180

238 Bausinger Hermann, 2008, La cultura dello sport, Roma, Armando Editore, pag. 57

239 Fabris Giampaolo, 2003, Il nuovo consumatore: verso il postmoderno, Milano, FrancoAngeli, pag. 183 240 Myrdal Gunnar, 1960, Beyond the Welfare State, London, Duckworth and Co.

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tutto la salute ed il benessere fisico.”241], per cui lo sport “assume un ruolo progressivamente più significativo all’interno delle strategie degli stati sociali di molti paesi europei”242.

Questo modello seguì anche gli orientamenti di recreation as welfare capaci di garantire e riunire simultaneamente le richieste di diritti sociali e assistenziali, di attenzione alla salute e di forme di svago consone alla fun morality dell’epoca nelle pratiche motorie e nella cura del corpo. In particolare, quest’ultima ha prodotto una sorta di etica dell’edonismo socialmente condiviso, capace di “compensare la prevedibilità e la routine della vita quotidiana”243 sempre rispettando la dicotomia sociale «serietà-lavoro» e «divertimento-non lavoro» attraverso attività sociali e ordinate dove “il divertimento non deriva dal tempo libero privo di regole bensì è socialmente organizzato. In particolare, è generato dall’impegno in attività sociali ben organizzate e da introiezione e condivisione delle regole. La struttura emotiva dei workout per mantenersi in forma non solo evidenzia le procedure e i metodi, la vivacità presente dei movimenti degli esercizi, ma classifica anche l’assunzione dell’impegno dei partecipanti come «divertente»”244. La richiesta e l’offerta di «divertimento» è un elemento estremamente importante e serio nello sport e nel fitness: essendo questi inseriti in cornici situazionali, Goffman precisa quanto sia necessario il coinvolgimento emotivo nelle attività per attribuire a queste sia un senso di naturalezza, sia uno scopo e una realtà sociale245. Il divertimento pertanto va oltre il divertimento in sé e giustifica attività disciplinate che coinvolgono la persona e la partecipazione, perché “quando sono codificate come «divertimento», le esperienze coinvolgenti sono anche cruciali per i loro effetti sulla soggettività246; […] così, molti frequentatori delle palestre descrivono il loro esercizio fisico in palestra «non come un lavoro, ma come uno spazio che deve rimanere divertente», qualcosa che ha bisogno di «impegno» ma che «devi sentire che non sei obbligato a farlo»”247.

Contemporaneamente, questa cultura ora veste anche i valori della democratizzazione e della parità: se la società progressivamente è andata incontro ad una femminilizzazione dei costumi, contemporaneamente il «maschio» sport diventa un ibrido e, attraverso il fitness, abbraccia segmenti di popolazione tradizionalmente più ai

241 Uisp, Unione italiana sport per tutti – www.uisp.it

242 Mussino Antonio e Porro Nicola (a cura di), 2013, Atleti e cittadini. Lo sport come spazio sociale, in:

“Rivista trimestrale di Scienza dell’Amministrazione”, 2013, Volume 1, Anno LVII, Milano, FrancoAngeli, pag. 39

243 Treccani, 1998-2000, L’Universo del Corpo, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, voce: Sport 244 Sassatelli Roberta, 2010, Fitness culture. Gyms and the commercialisation of discipline and fun,

Basingstoke, Palgrave MacMillan, pag. 136

245 Goffman Erving, 1961, Encounters: Two studies in the Sociology of interactions, London, Penguin 246 Foucault Michel, 1983, The subject and power, in: Dreyfus Hubert L., Rabinow Paul (a cura di), 1983,

Michel Foucault: beyond structuralism and hermeneutics, Chicago, University of Chicago Press

247 Sassatelli Roberta, 2010, Fitness culture. Gyms and the commercialisation of discipline and fun,

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margini delle pratiche sportive248, in questo caso soprattutto le donne e i gay della classe media, ma anche i professionisti tradizionalmente devoti al solo lavoro, che possono ora svolgere le loro attività connotate di momenti di divertimento e cura di sé in spazi e tempi arbitrari e strettamente personalizzati.

Lo svolgimento degli esercizi personalizzati, infine, gratifica e dà soddisfazione immediata alle persone, oltre ai ben noti benefici psicofisici, che così hanno un pronto e “positivo effetto di ritorno sulla capacità di continuare ad esercitarsi”249, la quale, insieme al divertimento e alla socialità, dà fondamento al coinvolgimento nel presente dell’esercizio e alla progettualità di benessere e dei risultati promessi e sperati nel futuro, conferendo verità e stabilità al mondo sociale artificiale che si contribuisce a creare attraverso la ripetitività del presente significativo dei partecipanti250.

Le attività di fitness, capaci di fornire esperienze e divertimento, sostiene Nicola Porro, a persone sempre maggiormente alla ricerca di espressività e significati culturali nelle loro attività, fanno collimare il desiderio di svagarsi, di star bene e di fare sport tipico del fitness col “bisogno di realizzare un’immagine seducente della personalità attraverso l’efficienza fisica”251, proiettato nel futuro e svolto sia in compagnia di persone conosciute sia in forma del tutto individuale e autonoma. Difatti, insieme all’aumento della cura per il corpo vi è una grande crescita di importanza della persona e della sua individualità sociale – a seguito del processo di individualizzazione della società iniziato negli anni Sessanta e che ha condotto uno dei principali spostamenti culturali negli asset valoriali dell’epoca postmoderna – che ha attribuito al corpo un carattere di sacralità252 e la capacità di presentare socialmente la persona, diventando così “un fondamentale strumento di comunicazione attraverso il quale gli individui possono definire la loro identità”253.

Individualità e socialità convergono, quindi, nelle attività sportive amatoriali del tempo libero, attribuendo ulteriormente alla “fitness culture una rilevanza importante nell’immaginario collettivo proprio in ragione della costitutiva «sociabilità» in cui si declina in termini di pratica sportiva condivisa in uno spazio quale la palestra […] in ragione del fatto che ha tendenzialmente un fine autorealizzativo [prestazioni fisiche, estetica, salute, ecc.] ma anche «sociale»”254.

248 Sassatelli Roberta, 2000, Anatomia della palestra. Cultura commerciale e disciplina del corpo, Bologna, Il

Mulino, pag. 18

249 Ibidem, pag. 129

250 Sassatelli Roberta, 2010, Fitness culture. Gyms and the commercialisation of discipline and fun,

Basingstoke, Palgrave MacMillan, pag. 122

251 Treccani, 1998-2000, L’Universo del Corpo, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, voce: Sport 252 Sassatelli Roberta, 2010, Fitness culture. Gyms and the commercialisation of discipline and fun,

Basingstoke, Palgrave MacMillan, pag. 1

253 Codeluppi Vanni, 2007, La vetrinizzazione sociale. Il processo di spettacolarizzazione degli individui e

della società, Milano, Bollati Boringhieri, pag. 29

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Supportati dall’avvio di pubblicità e programmi televisivi per il fitness, tra cui il celebre “Jane Fonda Workout”, sia gli stati sia le organizzazioni private di mercato e le associazioni sportive di terzo settore promossero la cultura della persona, del fitness e dell’attività fisica per tutti attraverso forme meno rigide e vincolanti rispetto al culturismo, ma ancora disciplinate, orientate alla salute, al divertimento e all’esaltazione della cura della corpo e dell’estetica, perché ora “la «democratizzazione» della bellezza permette a tutti di diventare belli, ma impone allo stesso tempo a ciascuno una continua cura estetica del corpo, […] influenzato dalla moda a seguire il suo stesso ideale di perfezione estetica basato sull’assenza di difetti”255.

Un numero sempre crescente di persone, così, iniziò a frequentare le palestre o i parchi per praticare fitness, questo termine ormai di cultura popolare che l’OMS già nel 1968 aveva definito come «la capacità di svolgere con successo un lavoro muscolare» e che è entrato nell’immaginario collettivo come l’insieme di attività motorie e salutari da praticare per giungere ad un soddisfacente grado di estetica (tono muscolare e magrezza in primis), abilità fisiche e salute, cioè a “quel corpo pieno di vita, tonico, snello e muscolo che la fitness culturalmente incarna”256.

Per quanto riguarda la burocratizzazione e la formalizzazione normativa della pratica sportiva e delle eventuali gare, i principali enti organizzativi di riferimento internazionale per amatori e professionisti sono la World Fitness Federation, fondata nel 1968, e ancora la IFBB già citata, che nel 2004 ha cambiato il suo nome in International Federation of BodyBuilding and Fitness, pur mantenendo la medesima e storica sigla.

Il fitness giunto ai giorni nostri è un macro-concetto che comprende una serie di attività che vanno dal potenziamento muscolare alle attività più soft per il mantenimento della tonicità, dal corso di gruppo di aerobica o spinning in palestra alla corsa solitaria (jogging) o al giro in bici al parco, dall’allenamento aerobico-anaerobico alle routine di allenamento più o meno tecnicamente elaborate da svolgere più frequentemente in palestra con macchine isotoniche ma anche in parchi o addirittura nella propria abitazione senza attrezzatura. Lo scopo di tutte queste pratiche è proprio quello di svolgere attività fisiche secondo un principio di individualità e autoreferenza, poiché “l’allenamento non si configura come l’avvicinamento a un ideale di prestazione da realizzare o riprodurre al meglio in una speciale occasione agonistica [bensì…] il rendimento ultimo dell’allenamento va oltre l’esecuzione degli esercizi e coincide con la possibilità di trasformare il corpo, di migliorarlo”257 nel corso del tempo attraverso la pratica continuativa di quello che si ripromette di diventare un vero e proprio life-style.

255 Codeluppi Vanni, 2007, La vetrinizzazione sociale. Il processo di spettacolarizzazione degli individui e

della società, Milano, Bollati Boringhieri, pag. 33

256 Sassatelli Roberta, 2000, Anatomia della palestra. Cultura commerciale e disciplina del corpo, Bologna, Il

Mulino, pag. 93

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Entrando a far parte del comportamento e della «normalità» di molte persone, esso diventa più di uno sport, di un’attività di svago e di salute, e riferisce a particolarità della dimensione culturale e di consumo attraverso le quali le persone possono scegliere di rappresentarsi e connotarsi, divenendo una delle modalità espressive della quotidianità come nota Bauman, perché “nella società dei consumatori la fitness sta al consumatore come la salute stava al produttore nella società dei produttori. Essa certifica il fatto di «essere in», l’appartenenza, l’inclusione, il diritto di residenza. […] Nella ricerca della fitness, diversamente da quella della salute, non esiste un punto in cui si possa dire: ora che sono arrivato fin qui, posso fermarmi, per tenermi stretto e godermi ciò che ho”258, bensì ogni praticante ripete la sua attività, la incrementa, la accresce e la qualifica nel tempo con continui aggiustamenti.

È per questa serie ragioni che nella società contemporanea il fitness, “che si connota come pratica finalizzata al benessere e alla ricreazione, […] è diventata l’attività fisico-sportiva più diffusa nel pianeta, praticata dal 27% della popolazione di tredici stati fra i più sviluppati, è considerata ormai essa stessa uno sport”259.

Nella società odierna, postmoderna, ipercomunicativa, consumista e orientata al perseguimento del benessere dell’individuo, fare fitness non vuol dire solamente svolgere le attività fisiche precipue di questa pratica sportiva, seguire la corretta alimentazione, le cure del corpo e l’attenzione alla salute: per molti il fitness è adesso esso stesso qualcosa di più e contemporaneamente parte di un trend culturale e di consumi ancora più grande, ancora più inserito nella postmodernità, che prende il nome di wellness.

2.2 IL WELLNESS

Il termine wellness è la crasi di terminologica e semantica operata da Halbert Dunn tra il 1959 e il 1961 delle due parole well-being, cioè il benessere della persona nelle componenti psico-sociali, e fitness, che riferiva allo star bene del corpo attraverso l’esercizio fisico. Dunn ancora non usava il termine riferendolo alla ricchezza concettuale che esso possiede oggigiorno, sebbene avesse già connotato il principale obiettivo: difatti, secondo il medico il wellness è “un metodo integrato di miglioramento orientato alla massimizzazione del potenziale che l’individuo è capace di esprimere

258 Bauman Zygmunt, 2008, Vita liquida, Roma, Laterza, pag. 101

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all’interno dell’ambiente in cui opera [che…] non implica che vi sia un livello ottimale di wellness, piuttosto che il wellness sia la direzione della progettualità verso una sempre più elevata capacità di agire”260.

A metà degli anni Settanta un approfondimento culturale del concetto di wellness è stato promosso da un altro medico, Bill Hettler261, fondatore del National Wellness Institute in America, secondo il quale il Wellness è composto da sei dimensioni sulle quali l’individuo deve agire per migliorare il suo benessere complessivo, in pieno accordo con quanto disposto dall’OMS262 [stato emotivo, mentale, fisico, sociale e spirituale]; queste dimensioni sono:

- fisica (corpo, alimentazione, abitudini salutari); - emotiva (sentimenti, emozioni, cognizioni);

- occupazionale (impiego, competenze, finanze, soddisfazione, progettualità); - spirituale (sensibilità, valori, consapevolezza, autostima);

- sociale (famiglia, amicizia, colleghi, comunità);

- intellettuale (creatività, sfide cognitive, conoscenze, pensiero critico, indipendenza).263

Generalmente, la dimensione fisica e della salute ha avuto preponderanza tra le sei componenti, comprendendo l’attenzione all’attività fisica e al fitness, ad alimentazione e prevenzione, a cura del corpo e igiene, ad attività individuali e sociali benefiche per lo stato psicofisico, e a tutti quei consumi e scelte che possono infine orientare lo stile di vita a porre “l’accento sulla valenza etica nei modi di essere e di agire che connotano lo