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747 Ibidem, pag

4.3 IL SELF-TRACKING: DAL SELFIE AL QUANTIFIED SELF

“Sebbene normalmente siamo in grado di distinguere abbastanza correttamente tra l’identità numerica e la realtà specifica, talvolta accade che le confondiamo e, nel

nostro modo di ragionare, impieghiamo l’una per l’altra.”

[David Hume, Trattato sulla natura umana, 1738] Come appurato, il processo di digitalizzazione si è inserito anche negli ambiti di medicina, salute e sport; Deborah Lupton, Antonio Maturo e altri studiosi esperti di tecnologie digitali e auto-monitoraggio del corpo pongono in luce come negli ultimi quindici anni – e ancor di più dopo la diffusione di smartphone, App e device – si siano succeduti improvvisi e significativi cambiamenti nella concezione stessa del benessere della persona e delle pratiche di cura di sé, tra le quali fitness e wellness sono una

752 Jong Stephanie T., Drummond Murray, 2015, Online fitness communities and health literacies: Critical

digital awareness, in: 29th ACHPER International Conference, 13-15/04/2015, Adelaide, Australia, pag.

162

753 Gregg Melissa, 2015, Inside the data spectacle, in: “Television & New Media”, 2015, Volume 16, Issue 1,

pagg. 37-51

754 Brabazon Tara, 2015, Digital fitness: Self-monitored fitness and the commodification of movement, in:

“Communication, Politics and Culture”, 2015, Volume 48, Issue 2, pag. 16

755 Questa dinamica è molto rilevante per i membri del Quantified Self Movement, cioè quelle persone che

svolgono una attività estremamente intensa di self-tracking del proprio corpo, e non solo delle attività fisiche, attraverso device digitali personali, cui segue una importante analisi, condivisione e discussione con i propri «pari».

195

componente primaria. Più precisamente, la Lupton ravvisa tra il 2013 e il 2014 il punto di svolta in cui Internet e le App sono entrate nel campo della salute digitale, poiché i nuovi mobile device e le App del gruppo “Fitness e Salute”, in combinazione con sensori sempre più efficienti, si sono posti come strumenti polifunzionali capaci di essere allo stesso tempo infotainment system, fitness-tracker, smartwatch, e-coach trainer e infine health-tracker. “In questa era di «digital prosumption», l’ideale del «paziente digitalmente impegnato» (altrimenti definito come «e-patient») è diventata dominante. Questo ideale rappresenta le tecnologie digitali come strumenti capaci di offrire ai pazienti e non l’opportunità di «prendere il controllo» della loro salute contribuendo e sfruttando le informazioni online e impegnandosi nel self-monitoring e nelle pratiche di self-care utilizzando le tecnologie digitali”756.

Le funzionalità e gli scopi di questi strumenti sono quindi presto chiari: l’utente, attraverso questi, è in grado di impegnarsi autonomamente e maggiormente nelle attività personali di cura e prevenzione, considerando anche l’attività fisica in questa ultima, poiché più in generale le tecnologie si pongono come strumenti da padroneggiare per facilitare le attività quotidiane. Essendo poi questi semplici da usare e sempre connessi allo smartphone e ad Internet, diventa più facile svolgere un “dettagliato e continuo monitoraggio delle funzioni corporee e dei comportamenti”757 i cui dati sono sempre registrati, accessibili, osservabili negli andamenti temporali e, infine, condivisibili con medici, trainer ed amici attraverso App, instant messager e social network.

La digitalizzazione ha difatti semplificato e automatizzato il processo di raccoglimento, analisi e comprensione dei dati personali nello sviluppo temporale della vita personale, cioè quelle attività che prendono il nome di self-tracking e life-logging attraverso strumenti capaci monitorare costantemente la persona reale codificandola in dati quantitativi e oggettivi, misurabili e analizzabili.

“Il self-tracking coincide con una serie, molto estesa, di auto-misurazioni che si possono svolgere attraverso uno smartphone, un tablet o altri dispositivi dotati di sensori. Si tratta di dati di svariati tipi: prestazioni sportive, stati fisiologici, comportamenti, sentimenti, vizi… Tali dati vengono elaborati, comparati, valutati allo scopo di migliorare la propria vita. […] Il life-logging riguarda invece la registrazione di tutte le attività che compiamo nella nostra vita”758.

756 Lupton Deborah, 2014a, Apps as Artefacts: Towards a Critical Perspective on Mobile Health and Medical

Apps, in: “Societies”, 2014, Volume 4, pag. 608

757 Ibidem, pag. 611

758 Maturo Antonio F., 2014a, “Vite misurate”. Il Quantified Self e la salute digitale, in: “Sociologia della

196

Le attività di controllo personale, “come i diari personali, le registrazioni e le analisi di alcuni aspetti della propria personalità e del proprio corpo non sono nuove”759: la novità principale consiste invece nell’uso di tecnologie specifiche sviluppate per «digitalizzare» il «Sé», cioè la personalità dell’individuo, e il proprio corpo760. L’uso di intimate computing technologies761 consente una implementazione tecnologica e organizzativa tale da consentire la definizione di digital cyborg, cioè quel concetto che, riprendendo e oltrepassando Donna Haraway762, enfatizza le componenti umane e non-umane di un corpo ibrido ora a contatto con tecnologie digitali sempre più invisibili e capaci, attraverso l’azione del soggetto, di interagire con esso763.

La conseguenza è che alla trasformazione del corpo in un’entità digitale nuova e priva di contorni definiti e dello spazio in una bilocazione sia ubiquitaria (dove vengono svolte le attività personali) sia virtuale (nella condivisione sui SNS) sussegue un senso di estensione e potenziamento764 della propria personalità dovuta ad una oggettivizzazione del corpo in un alter-body digitalmente rappresentato765, cui si associa una «augmented co-presence» quando l’individuo si colloca all’interno di ambienti sociali online766. Alle relazioni funzionali con i dispositivi tecnologici corrispondono inoltre attribuzioni emozionali e termini estetici e affettuosi767 per definirli: una delle capacità di queste tecnologie wearable, essendo così intime e «onnipotenti», è quella di traslare le loro capacità al soggetto che le possiede e quindi, rientrando nelle logiche culturali del consumo, di conferire un nuovo «incanto»768 rispondendo con il loro «sistema di narrazioni»769 ai bisogni di costruzione dell’identità, emozioni collettive e distinzione sociale.

Alcuni rischi che conseguono da quest’uso così stretto e continuativo delle tecnologie digitali è che, postulando la relazione controllata tra uomo e tecnologia come un

759 Lupton Deborah, 2015b, Digital Sociology, London, Routledge, pag. 181 760 Ibidem, pag. 164

761 Van Est Rinie (with assistance of Rerimassie Virgil, van Keulen Ira, Dorren Gaston), 2014, Intimate

technology: The battle for our body and behaviour, Den Haag, Rathenau Instituut Press

Sono intimate computing technologies, ad esempio, lo smartphone e i wearable device precedentemente considerati.

762 Haraway Donna, 1985, Manifesto for cyborgs: science, technology and socialist feminism in the 1980s,

in: “Socialist Review”, 1985, Volume 80, pagg. 65-108

763 Lupton Deborah, 2015b, Digital Sociology, London, Routledge, pag. 165

764 Jurgenson Nathan, 2012, When atoms meet bits: social media, the mobile web and augmented revolution,

in: “Future Internet”, 2012, Volume 4, Issue 1, pagg. 83-91

765 Lupton Deborah, 2015b, Digital Sociology, London, Routledge, pag. 169 766 Ivi

767 Cannon Kristopher L., Barker Jennifer M., 2012, Hard Candy, in: Snickars Pelle, Vonderau Patrick

(eds.), 2012, Moving data: the iPhone and the Future of Medicine, New York, Columbia University Press, pagg. 73-88

768 Tiryakian Edward, 1992, Dialectics of Modernity: Reenchantment and Dedifferentiation as

Counterprocesses, in: Haferkamp Hans, Smelser Neil J. (eds.), 1992, Social change and Modernity, Berkeley,

University of California Press, pag. 83

769 Ritzer George, 2000, La religione dei consumi. Cattedrali, pellegrinaggi e riti dell’iperconsumismo, Bologna,

197

“technological habitus”770, l’individuo si trovi in realtà dipendente dalla presenza delle tecnologie sul corpo771 o dalle attività svolte online sui propri dati personali772, oppure che possa sentirsi invaso o sopraffatto da questi device «cyborgizzanti»773 o ancora dalla pressione sociale nelle community di cui fa parte774.

Le pratiche digitali di self-tracking si rifanno ad un modello socioculturale di “auto-miglioramento e autocontrollo del sé”775 e del proprio corpo – intendendo il corpo come un oggetto da porre sotto l’egida di un controllo personale volontario in un contesto sociale definito – attraverso tecnologie strumentali capaci di monitorarlo e modalità di quantificazione e registrazione numerica776. Esse sono inoltre inserite in una dimensione di progettualità temporale personale che, quando vengono orientate dall’individuo al futuro di se stesso, stabiliscono la condotta del presente777. Queste sono a loro volta strettamente incapsulate in un discorso sociale di significati più ampi che coinvolgono tecnologia, personalità, corpo e relazioni sociali778 che consente di incorporare il self-tracking in una più generale visione di attività «ego-centriche»779 di self-awareness e self-improvement780, cioè di autoconsapevolezza, conoscenza e auto-miglioramento, attraverso monitoraggio e pianificazione con tecnologie digitali basati su dati oggettivi numerici.

Questa modalità culturale e pragmatica del controllo del corpo, portata ad una definizione delle attività più rigorosa e scientifica, è meglio conosciuta come Quantified Self781, letteralmente «Quantificazione del Sé». Il termine è stato coniato nel 2007 da Gary Wolf e Kevin Kelly, giornalisti della rivista Wired, per riferirsi ad un «movimento»782

770 Freund Peter E. S., 2004, Civilised bodies redux: seams in the cyborg, in: “Social Theory & Health”, 2004,

Volume 2, Issue 3, pag. 273

771 Bell Genevieve, Dourish Paul, 2011, Divining a Digital Future: Mess and Mythology in Ubiquitous

Computing, Cambridge, The MIT Press

772 Davis Jenny L., 2012, Social Media and Experiential Ambivalence, in: “Future Internet”, 2012, Volume

4, Issue 4, pagg. 955-970

773 Lupton Deborah, 2015b, Digital Sociology, London, Routledge, pag. 184

774 Boyd Danah, 2008, Facebook’s privacy trainwreck: exposure, invasion and social convergence, in:

“Convergence”, 2008, Volume 14, Issue 1, pagg. 13-20

775 Lupton Deborah, 2014c, Self-Tracking Cultures: Towards a Sociology of Personal Informatics, in:

“Proceedings of the 26th Australian Computer-Human Interaction Conference (OzCHI ‘14)”, New York, ACM Press, pag. 1

776 Lupton Deborah, 2016a, The Quantified Self, Cambridge, Polity Press, pag. 2

777 Kuvshinov Sergej V. Yaroslavtseva Elena V., 2009, Digital Technologies and Designing the Future, in:

International Conference “Transforming culture in global information society”, 2009, Moscow, pagg. 15-30

778 Lupton Deborah, 2014c, Self-Tracking Cultures: Towards a Sociology of Personal Informatics, in:

“Proceedings of the 26th Australian Computer-Human Interaction Conference (OzCHI ‘14)”, New York, ACM Press, pag. 2

779 De Groot Martijn, 2014, Quantified Self, Quantified Us, Quantified Other, Groningen, Hanze Universiteit,

Quantified Self Institute, visibile su: https://qsinstitute.com/quantified-self-quantified-us-quantified- other/

780 Lupton Deborah, 2014c, Self-Tracking Cultures: Towards a Sociology of Personal Informatics, in:

“Proceedings of the 26th Australian Computer-Human Interaction Conference (OzCHI ‘14)”, New York, ACM Press, pag. 3

781 Quantified Self – www.quantifiedself.com

782 “Azione convergente, più o meno organizzata, di più persone che hanno ideologie e programmi operativi

comuni”.

198

di persone, prevalentemente tech-enthusiast con elevati titoli di studio, il cui obiettivo principale è, come esposto nel sito ufficiale, la “autoconoscenza attraverso i numeri” e “supportare nuove scoperte inerenti alle persone” con l’aiuto delle tecnologie digitali. Tale approccio si fonda su “quattro presupposti essenziali:

- I sensori stanno diventando sempre più piccoli e sempre più potenti;

- La loro integrazione all’interno degli smartphone significa che sono ubiquitari; - I social media hanno fatto della condivisione di informazioni personali qualcosa

che è comunemente accettato ed accettabile;

- Il cloud computing rende possibile combinare i dati su server esterni ed analizzarli.”783

Ma qual è il motivo alla base di questa filosofia di vita? Secondo lo psicologo Giuseppe Riva784 è la volontà di controllo che la persona vuole esercitare sulla propria vita, che, in un periodo critico ed incerto come quello attuale, applica attraverso un meccanismo compensatorio ed eccedente sul proprio corpo.

Anche secondo altri studiosi l’opportunità di un maggiore autocontrollo785 è la prerogativa essenziale che, a detta di Deborah Lupton, pare coerente con la necessità di esprimere un percorso di progettualità strutturata sulla propria persona in un “mondo in cui le strutture sociali prefissate e i legami sociali si sono dissolti e una sempre più ampia moltitudine di scelte di condotta di vita sono possibili”786. Altri sociologi hanno identificato un processo di erosione delle strutture sociali tradizionali e le forme individuali di self-reflexivity e riorganizzazione personale sono compatibili sia con le pratiche di self-tracking sia con la costruzione di un percorso narrativo personale che possa costituire una trama di significato all’interno di un sistema sociale di relazioni individualizzate.

Secondo Gary Wolf, in un articolo del 2010, molto eloquente già dal titolo The Data-Driven Life, la causa è più articolata ed è dovuta al fatto che

“gli esseri umani commettono errori. Commettiamo errori di fatto ed errori di giudizio. Abbiamo punti ciechi nel nostro campo visivo e vuoti nel nostro

783 Wolf Gary, 28/04/2010, The Data-Driven Life, in: “The New York Times Magazine”, visibile su:

https://www.nytimes.com/2010/05/02/magazine/02self-measurement-t.html

784 Scaccabarozzi Paola, 13/12/2013, Quantified self: mi misuro quindi sono, in: “D Repubblica”,

13/12/2013, visibile su:

http://d.repubblica.it/attualita/2013/12/31/news/quantified_self_misurare_le_azioni_quotidiane- 1942586/

785 Nafus Dawn, Sherman Jamie, 2014, This One Does Not Go Up To 11: The Quantified Self Movement as

an Alternative Big Data Practice, in: “International Journal of Communication”, 2014, Volume 8, pagg.

1784-1794

Ruckenstein Minna, 2014, Visualized and interacted life: Personal analytics and engagements with data

doubles, in: “Societies”, 2014, Volume 4, Issue 1, pagg. 68-84

786 786 Lupton Deborah, 2014c, Self-Tracking Cultures: Towards a Sociology of Personal Informatics, in:

“Proceedings of the 26th Australian Computer-Human Interaction Conference (OzCHI ‘14)”, New York, ACM Press, pag. 4

199

flusso d’attenzione. Talvolta non sappiamo nemmeno rispondere alle domande più semplici: dov’ero la scorsa settimana a quest’ora? da quanto tempo ho questo dolore al ginocchio? quanti soldi spendo in media in un giorno? Queste debolezze ci mettono in una posizione di svantaggio. Prendiamo decisioni con informazioni parziali. Siamo costretti a governarci attraverso supposizioni. […] Dietro al fascino del Quantified Self c’è l’ipotesi che molti dei nostri problemi derivano semplicemente dalla mancanza degli strumenti per capire chi siamo. I nostri ricordi sono scarsi; siamo soggetti ad una serie di pregiudizi; possiamo concentrare la nostra attenzione solamente su una o due cose alla volta. […] Ci manca sia l’apparato fisico che mentale per fare il punto su di noi. Abbiamo bisogno dell’aiuto delle macchine.”787

Tutto questo ragionamento è supportato dalla combinazione di quattro fattori fondamentali: le tecnologie digitali personali (“la digitalizzazione e la connettività sono al centro delle pratiche e dell’ideologia del Quantified Self”788), l’approccio postmoderno ed individualistico alla cura e al controllo di sé della tradizione greca (gnōthi seautón, conosci te stesso, e epimelēsthai sautou, prendi cura di te stesso), la concezione moderna di osservazione numerica e pianificazione efficiente, ed infine l’apoteosi delle pratiche riflessive personali.

Proprio con l’auto-riflessività si trova un trait d’union tra il self-tracking personale e la ricaduta sociale del fenomeno: come anticipato, questa attività è epifenomeno di una realtà in cui le persone vogliono esprimere controllo e strutture stabili attraverso pratiche auto-osservative e riflessive. Ulrich Beck789 nei suoi lavori parla di self-reflexivity come di una attività individuale di ricerca attiva di informazioni e compimento di scelte personali e, in accordo con Elliott790, essendo la reinvenzione individuale di pratiche culturali sul sé e sul corpo uno degli aspetti tipici della società tardo moderna, self-tracking e quantifying-self si pongono come apoteosi privata di un processo di self-reflexivity791.

Gli obiettivi manifesti sono la conoscenza di se stessi e della società in generale attraverso il self-tracking e lo sviluppo di azioni correttive e migliorative nel tempo sulla propria persona, prevalentemente attraverso analisi, interpretazione e condivisione di

787 Wolf Gary, 28/04/2010, The Data-Driven Life, in: “The New York Times Magazine”, visibile su:

https://www.nytimes.com/2010/05/02/magazine/02self-measurement-t.html

788 Abend Pablo, Fuchs Mathias, 2016, The Quantified Self and Statistical Bodies, in: Abend Pablo, Fuchs

Mathias, Reichert Ramòn, Richterich Annika, Wenz Karin (eds.), 2016, Quantified Selves and Statistical

Bodies, in: “Digital Culture & Society”, 2016, Volume 2, Issue 1, pag. 7

789 Beck Ulrich, 2011, Conditio humana: il rischio nell’età globale, Roma-Bari, Laterza

Beck Ulrich, 2000, La società del rischio: verso una seconda modernità, Roma, Carocci

790 Elliott Anthony, 2013, Reinvention, London, Routledge

791 Lupton Deborah, 2014c, Self-Tracking Cultures: Towards a Sociology of Personal Informatics, in:

“Proceedings of the 26th Australian Computer-Human Interaction Conference (OzCHI ‘14)”, New York, ACM Press, pag. 4

200

numeri e dati personali con altri praticanti, perché, come dice Gary Wolf, “i dati personali sono ideali per una vita sociale di condivisione. Potresti non avere sempre qualcosa da dire, ma hai sempre un numero da segnalare”792, situazione ancora più calzante per un ipotetico praticante sportivo esperto ed orientato a performance e miglioramento del proprio benessere.

Questa opportunità è dovuta al fatto che “l’enumerazione consente test, comparazioni, esperimenti. I numeri rendono i problemi emotivamente meno gravi e più trattabili intellettualmente. Non solo uno può dire che i numeri non mentono, ma il pensiero sottostante l’organizzazione scientifica torna nuovamente chiaro. […] I membri del Quantified Self Movement utilizzano i dati per analizzare le loro stesse vite, scoprire nuove connessioni e prendere migliori decisioni. Questo può significare, ad esempio, determinale la dieta ideale di se stessi, decidere la dose ideale di caffè per essere più svegli o quale libro ha determinato le emozioni più positive nel corso dell’anno passato”793, come anche monitorare le attività e sviluppare il miglior programma alimentare e fisico per incrementare le performance.

Self-tracking, quantificazione del sé ed organizzazione scientifica della condotta personale incoraggiano una «somatizzazione del Sé»794 pienamente in linea con le «tecniche di controllo del corpo» postulate da Marcel Mauss, termine con il quale si intendono quelle attività che adeguano il corpo ai suoi scopi socialmente definiti795; tali tecniche di controllo differiscono dall’impostazione foucaultiana, poiché queste si pongono come un sottoinsieme di tecniche culturali che enfatizzano i gesti, le posture e le attività quotidiane sia in termini di efficacia sia di tradizione culturale e sociale796. Di contro, vi sono rilevanti rischi sociali annessi a tali pratiche, ossia che il soggetto possa cadere in un ritualismo reiterato ed ossessivo della cura assistita o che possa ambire e standardizzarsi ad un modello univoco socialmente riconosciuto o che ancora possa cadere in una esasperazione dell’analisi e della necessità di osservare i propri dati, conosciuta come dataism797, come anche che vi possa essere il rischio di un controllo esterno e non voluto dei dati personali (la dataveillance) o di una manipolazione ideologizzata di tali attività. Questa in particolare può essere ricompresa

792 Wolf Gary, 28/04/2010, The Data-Driven Life, in: “The New York Times Magazine”, visibile su:

https://www.nytimes.com/2010/05/02/magazine/02self-measurement-t.html

793 Kool Linda, Timmer Jelte, Van Est Rinie (eds.), 2015, Sincere Support. The rise of the e-coach, Den Haag,

Rathenau Instituut Press, pag. 14

794 Abend Pablo, Fuchs Mathias, 2016, The Quantified Self and Statistical Bodies, in: Abend Pablo, Fuchs

Mathias, Reichert Ramòn, Richterich Annika, Wenz Karin (eds.), 2016, Quantified Selves and Statistical

Bodies, in: “Digital Culture & Society”, 2016, Volume 2, Issue 1, pag. 12

795 Schüttpelz Erhard, 2010, Body Techniques and the Nature of the Body. Re-Reading Marcel Mauss, in:

Deiters Franz-Josef, Fliethmann Axel, Lang Birgit, Lewis Alison, Weller Christiane (eds.), 2010, Nach der

Nature – After Nature, Australian Yearbook of German Literary and Cultural Studies, Freiburg, Rombach,

pagg. 177-194

796 Mauss Marcel, 1973, Techniques of the Body, in: “Economy and Society”, 1973, Volume 2, Issue 1, pag.

75

797 Van Dijck Jose, 2014, Datafication, Dataism and Dataveillance: Big Data between Scientific Paradigm