214 Ibidem, pag
Capitolo 3: LA SOCIETÀ DIGITALE: INNOVAZIONI TECNOLOGICHE E CAMBIAMENTI SOCIOCULTURAL
3.3 I SOCIAL MEDIA NETWORK
3.3.3 USER-GENERATED CONTENT, SHARING E SÉ DIGITALE
Tornando alle peculiarità dei SNS, secondo Kaplan ed Haenlein, ma anche Porter, Boyd, Wellman, Boccia Artieri e altri studiosi, due novità che si sono affermate e che hanno elevato i SNS a piattaforme sociali sono gli user-generated content e lo sharing, perché riferiscono a quella dimensione “che Simmel (1910) definisce della socievolezza, […] che rimanda al piacere tutto umano di stare insieme senza obiettivi determinati e funzionali”557, e che pone le basi della “società chiacchierona”.
Come già riportato, gli user-generated content sono tutti quei documenti e contenuti multimediali di natura grassroots («dal basso»), cioè prodotti dagli utenti/fruitori prevalentemente privi di conoscenze approfondite o competenze tecniche per produrre documenti rilevanti, attendibili o realmente interessanti e, pertanto, prettamente amatoriali e finalizzati al desiderio di affermare o condividere una propria informazione o sensazione; fruizione, apprezzamento e condivisione dei contenuti rispondono alle
556 Paquet Sébastien, 09/10/2002, Making group-forming ridiculously easy, visibile su:
http://radio-weblogs.com/0110772/2002/10/09.html
557 Colombo Fausto, 2013, Il potere socievole. Storia e critica dei social media, Milano-Torino, Bruno
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logiche del disimpegno sociale, ludico ed espressivo dei SNS, della veloce iper-comunicatività della Rete e, infine, ai requisiti del modello funzionalista di McQuail di informazione, espressione identitaria, integrazione/interazione sociale ed intrattenimento558.
Non si tratta ora di inserirsi e riproporre il mainstream e i contenuti rilevanti del mondo pubblico, tipicamente come avveniva con i precedenti mezzi di comunicazione di massa e con il modello del broadcasting, bensì di accedere al più generale stream collettivo, di partecipare al socialcasting – facendo quindi proprio il connubio «virtualità-possibilità» espresso da Deleuze – e di essere visibili alle altre persone.
“Benché numerosi individui pubblichino molto materiale, circa un terzo degli utenti internet è rappresentato da participators che pubblicano attivamente materiale orientato a influenzare o ad aiutare gli altri. Questa categoria di utenti impegnati include persone che scrivono un blog, caricano foto e video, creano avatar e pubblicano molto materiale sui social network sites”559 costituiscono quel gruppo di active participators560 riferibili all’idea di «Quinto Stato» di cui William Dutton561 dell’Oxford Internet Institute fa menzione sottolineando come costoro portino avanti i lasciti ideologici dei «comunitari virtuali» di Castells562, facendo riferimento alle nuove tecnologie e alle nuove forme di cultura partecipativa, per alimentare network di persone.
I due terzi rimanenti che partecipano alle attività di comunicazione e condivisione online, invece, hanno differenti orientamenti e motivazioni, talvolta molto più egocentriche e dirette “verso le esigenze del networked individualism: ovvero, coinvolgere i loro network sociali […] espandere i propri network e integrarsi più profondamente in quelli di cui già fanno parte”563.
Il più delle volte le attività pubbliche sui SNS sono forme che rispondono ad esigenze di self-presentation, auto-empowerment, intrattenimento e socialità in uno spazio dove tutti possono e vogliono partecipare, “una sorta di macro-circuito peer-to-peer nel quale gli utenti che si scambiano gratuitamente diverse tipologie di contenuti sono allo stesso tempo i produttori, più o meno amatoriali”564, o una sorta di gatekeeper565 dilettanti dei contenuti.
558 McQuail Denis, 1986, Le comunicazioni di massa, Bologna, Il Mulino
559 Rainie Lee, Wellman Barry, 2012, Networked: il nuovo sistema operativo sociale, Milano, Guerini
Scientifica, pag. 126
560 Rosenstiel Tom, Mitchell Amy, Rainie Lee, Purcell Kristen, 2011, The local news ecology, in: “Pew Internet
& American Life Project”, September 2011, visibile su: http://pewinternet.org
561 Dutton William, 15/10/2007, Through the network (of networks) – The Fifth Estate, lezione presso la
University of Oxford, visibile su:
http://people.oii.ox.ac.uk/dutton/wp-content/uploads/2007/10/5th-estate-lecture-text.pdf
562 Castells Manuel, 2002a, Galassia Internet, Milano, Feltrinelli, pag. 64
563 Rainie Lee, Wellman Barry, 2012, Networked: il nuovo sistema operativo sociale, Milano, Guerini
Scientifica, pagg. 127-128
564 Ferri Paolo, Mizzella Stefano, Scenini Francesca, 2009, I nuovi media e il web 2.0. Comunicazione,
formazione ed economia nella società digitale, Milano, Guerini Scientifica, pag. 250
565 Boccia Artieri Giovanni, 2012, Stati di connessione. Pubblici, cittadini e consumatori nella (Social) Network
160
L’atto di postare sui SNS, che il post sia un documento personale, una notizia pubblica, un mashup «artistico» [materiale digitale altrui modificato o mixato], una foto/selfie566 o un aggiornamento del proprio status, consente un processo di spettacolarizzazione567 e vetrinizzazione568 della propria persona, producendo anche un “vero e proprio effetto star system dipendente dalle forme di approvazione”569 che va al di là del semplice bisogno di comunicare570 e afferisce maggiormente ad un bisogno identitario di riconoscimento sociale571.
In merito a ciò, Mallan e Giardina572 criticano l’ambiente digitale dei social network perché questi consentono di sviluppare percorsi identitari e di presentazione sociale basati sulla combinazione di contenuti multimediali e frammentari. In questo contesto la critica di Jaron Lanier573 si fa ancora più estesa: non solo egli riprende le analisi sulla «qualità» culturale degli UgC, ma accusa anche il mondo digitale di essere una forma di dittatura totalitaria del mezzo («Maoismo Digitale»), in cui tutte le espressioni rappresentative umane sono traducibili in un contenuto digitale, multimediale e condivisibile, che impoveriscono i vissuti e le relazioni significative tra le persone, ora sovraccaricate di continui contenuti.
La partecipazione comunicativa al discorso collettivo vive ai confini con una modalità espressivo-visiva fine a se stessa, definibile “estimità”574 e traducibile come la manifestazione di aspetti di sé finalizzati a mostrarsi e ad ottenere riconoscimento sociale e autostima, perché ciò che conta è “essere gratificati dall’interesse che [gli altri] ci dimostrano [… e] lo scopo è prima di tutto provare a se stessi che si è capaci di suscitare interesse”575. Bauman riprende più volte questo concetto approfondendone la rilevanza sociale all’interno dei gruppi: per il sociologo polacco non solo l’estimità è una caratteristica peculiare delle attività sui social network, ma essa non finisce nel volersi mostrare e ottenere riconoscimento; alla base di questi comportamenti vi sono veri e
566 “Il Selfie, termine derivato dalla lingua inglese, è un autoritratto realizzato attraverso una fotocamera
digitale compatta, uno smartphone, un tablet o una webcam puntati verso sé stessi o verso uno specchio, e condiviso sui social network. Proprio questa dimensione social e l'assenza di peculiarità o intenzioni
artistiche, distinguono il selfie dall'autoritratto fotografico.”
Tratto da: Wikipedia, L’Enciclopedia libera – www.wikipedia.it, voce: Selfie
567 Lovink Geert, 2012, Ossessioni collettive. Critica dei social media, Milano, Egea
568 Codeluppi Vanni, 2007, La vetrinizzazione sociale. Il processo di spettacolarizzazione degli individui e
della società, Milano, Bollati Boringhieri
569 Boccia Artieri Giovanni, 2012, Stati di connessione. Pubblici, cittadini e consumatori nella (Social) Network
Society, Milano, FrancoAngeli, pag. 71
570 Marchioro Francesco, 2015, Selfie. Il narcisismo digitale, in: “Psicologia Contemporanea”, 2015, Numero
247
571 Riva Giuseppe, 2016b, Selfie. Narcisismo e identità, Bologna, Il Mulino
572 Mallan Kerry, Giardina Natasha, 2009, Wikidentities: Young people collaborating on virtual identities in
social network sites, in: “First Monday”, 2009, Volume 14, Number 6
573 Lanier Jaron, 2010, Tu non sei un gadget: perchè dobbiamo impedire che la cultura digitale si
impadronisca delle nostre vite, Milano, Mondadori
574 Tisseron Serge, 2008b, Guardatemi. Dal desiderio di intimità a quello di estimità, in: “Psicologia
Contemporanea”, 2008, Numero 209, pag. 8
Tisseron Serge, 2001, L'Intimité surexposée, Paris, Ramsay
575 Tisseron Serge, 2008a, Guardatemi. La costruzione di sé tra pubblico e privato, in: “Psicologia
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propri intenti voyeuristici – Bauman li paragona alla «scopofilia» – intimamente ragionati576 che conducono ad una esibizione controllata e reiterata del sé attraverso azioni tese a unire il motto della Turkle “condivido dunque sono”577 con il “vengo visto dunque sono”578.
Estimità e spettacolarizzazione del sé sono i corrispettivi sociali degli atteggiamenti di narcisismo ed esibizionismo che trovano concretezza soprattutto nella diffusione di UgC quali selfie e video personali, che costituiscono come ho appurato, quasi un terzo dei contenuti condivisi su Facebook e quasi i due terzi su Instagram. Il selfie, infatti, non è un’attività fotografica figlia di dilettantismo ed intrattenimento personale, bensì è “una pratica appunto autoreferenziale, nasconde in sé una forma di narcisismo digitale, un bisogno di esibire se stessi e un bisogno altrettanto forte di affermare se stessi che si soddisfano pubblicando l’immagine sui social e condividendo il post sempre sui social come fossero una cassa di risonanza”579.
In un’epoca in cui la diffusione delle tecnologie e i social network consentono a tutti le medesime democratiche possibilità di spettacolarizzazione, pertanto, per le persone diventano necessarie alcune pratiche di autoaffermazione ed esibizione connotativa, come nel caso delle foto/selfie contestualizzati (luoghi/attività/persone/consumi) per manifestare la loro persona e le loro personali attività a se stessi e agli altri.
Sebbene il caustico filosofo Diego Fusaro, che ha acquisito molta fama proprio attraverso Facebook e il suo blog personale, abbia detto che “gravida di narcisismo autistico, la «selfie generation» genera egomostri”580, bisogna allontanarsi da questa accusa che non comprende che “con questo accostamento tra narcisismo e attività in rete, tra esibizionismo e autoritratto istantaneo e ripetitivo, che è poi pubblicato sui social, non vogliamo connotare negativamente, come fosse una manifestazione di narcisismo patologico, ogni forma di comunicazione mediata a distanza che usa delle immagini personali come contenuto prevalente”581.
A questo punto sorge un quesito rilevante: perché sono così importanti l’esibizione e l’autoaffermazione di sé nella società digitale, con manifestazioni di narcisismo sociale e di iper-attenzione alla dimensione del presente582?
576 Bauman Zygmunt, Lyon David, 2015, Sesto potere. La sorveglianza nella modernità liquida, Roma-Bari,
Laterza, pagg. 112-113
577 Turkle Sherry, 2012, Connected, but alone?, visibile su:
https://www.ted.com/talks/sherry_turkle_alone_together
Turkle Sherry, 2011, Alone together. Why we expect more from technology and less from each other, New York, Basic Books
578 Bauman Zygmunt, Lyon David, 2015, Sesto potere. La sorveglianza nella modernità liquida, Roma-Bari,
Laterza, pag. 121
579 Di Gregorio Luciano, 2017, La società dei selfie. Narcisismo e sentimento di sé nell’epoca dello
smartphone, Milano, FrancoAngeli, pagg. 67-68
580 Facebook – www.facebook.com, profilo di: Diego Fusaro, post del 3 gennaio 2018 581 Ibidem, pag. 69
582 Lasch Christopher, 2001, La cultura del narcisismo. L’individuo in fuga dal sociale in un’età di disillusioni
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Bauman ha sostenuto che i SNS hanno comportato la «morte dell’anonimato»583 e che, quasi ribaltando i vecchi e moderni timori di una società strutturata come un Panopticon, le persone provano ora gioia ad essere viste ed osservate584 nei SNS; paradossalmente, quindi, adesso non è più importante difendere la propria intimità dallo sguardo altrui, bensì diventa importante far vedere la propria persona per dimostrare l’appartenenza e la similarità alla collettività e contemporaneamente la propria specificità, la ipséité dell’essere unico e diverso dagli altri come definita da Paul Ricœur.
Questo processo non è esente da problematicità residuali di natura psicosociale: da un recente studio pubblicato sul Psychologycal Bullettin585, la pressione sociale e l’introiettata cura perfezionista del proprio profilo online possono condurre anche a forme di ansia, sociopatia e difficoltà relazionali e comportamentali. Il perfezionismo è comunemente definito come una combinazione multidimensionale di imposizione di standard personali troppo elevati e di forme autovalutazione eccessivamente critiche586 in ambienti dove il confronto sociale è prassi regolare e culturalmente incentivato. Gli studiosi mettono in relazione la coorte generazionale dei nati negli anni Novanta con la cultura individualista neoliberale che supporta competitività e ideali di perfettibilità del Sé587 e con l’uso dei social network, prevalentemente Facebook e Instagram, che consentono confronti e «competizioni» sociali impliciti, restituendo una conferma puntuale e rilevante dell’aumento delle forme di perfezionismo negli ultimi trent’anni e di una spiccata influenza di tale fenomeno nell’uso dei SNS.
Per comprendere ciò è necessario far riferimento ad un importante studio di Freud, il quale sostenne che sviluppare un’analisi psicologica individuale corrispondeva ad effettuare anche un’analisi psicologica del gruppo sociale più esteso in quanto l’individuo vive con le altre persone in una cultura sociale588; parafrasando ironicamente Nietzsche, siamo in un luogo con “nessun pastore e un solo gregge [dove] ognuno vuole la stessa cosa, ognuno è uguale: chi sente in modo diverso, entra spontaneamente in manicomio”589 o non entra nelle logiche culturali tanto dei gruppi sociali quanto dei SNS.
583 Bauman Zygmunt, Lyon David, 2015, Sesto potere. La sorveglianza nella modernità liquida, Roma-Bari,
Laterza, pag. 6
584 Ibidem, pag. 8
585 Curran Thomas, Hill Philip A., 28/12/2017, Perfectionism is increasing over time: A meta-analysis of
birth cohort differences from 1989 to 2016, in: “Psychological Bulletin”, January 2018, Advance online
publication, visibile su: http://dx.doi.org/10.1037/bul0000138
586 Frost Randy O., Marten Patricia, Lahart Cathleen, Rosenblate Robin, 1990, The dimensions of
perfectionism, in: “Cognitive Therapy and Research”, 1990, Volume 14, Issue 5, pagg. 449-468
587 Verhaeghe Paul, 2014, What about me? The Struggle for identity in a Market-based society, London,
Scribe Publications
588 Freud Sigmund, 1921, Psicologia delle masse e analisi dell’Io, in: Musatti Cesare L. E. (curatela delle
opera originali), “Opere di Sigmund Freud”, Volume 9: L’Io e l’Es e altri scritti, 1986, Torino, Bollati Boringhieri, pag. 316
163
L’individuo odierno online partecipa alla medesima interazione tra persona e società in Rete, e pertanto le sue azioni sono volte a “soddisfare un bisogno di apparire e di essere protagonista, una forma di esibizionismo in cui ci si esibisce assieme ad altri [… cui contemporaneamente] si accompagna una forma di voyeurismo in cui si guarda l’esibizione degli altri sempre sulle pagine Web”590, e questo processo interattivo continuo non si interrompe sia per l’infinita possibilità delle interazioni sui SNS sia perché le persone avvalorano queste modalità espressive attraverso la ripetitività del processo interazionale e simbolico.
Il modello comunicativo dei SNS, basato sui precetti del Web 2.0, poggia dunque sul legame tra le sfere della personalità e della socialità: status, messaggi pubblici e sharing di contenuti multimediali e documenti sono una pratica ridefinitoria dell’identità con diversi «Io» ideali, gli “hoped-for possible selves”591 , cioè avviene una modellazione del «Sé digitale» che la persona pratica all’interno del proprio network sociale adeguandosi ad uno schema interazionale comune.
«Postare» significa «esserci» nel significato heideggeriano (in cui, tralasciando il discorso ontologico metafisico, il da-sein si fonde con l’immanenza e il mit-sein sociale) e contemporaneamente confermare la propria persona hic et nunc, nel fluire del presente continuo592. In una società il cui tempo diventa senza tempo (Castells, 1996) o converge nella contemporaneità (Giddens, 1990) e nell’istantaneità (Nowotny, 1994) di un presente appiattito (Bauman, 2006), “la relazione fra il soggetto e i contenuti pubblicati può essere interpretata come una dialettica fra controllo (dei tempi e degli spazi di consultazione, di gestione) e ricerca costante della novità e della presenza sulle piattaforme, con modalità e pratiche profondamente diverse in funzione dell’età, del genere, del contesto sociale e dei bisogni individuali. In questo senso l’utente dei social network, di Facebook in particolare, diventa un «content curator» di se stesso”593, reintroducendo così nel proprio profilo il concetto di progressione temporale e memoria di sé, quindi di costruzione identitaria diacronica che risponde pienamente ai concetti di identità fluida e vita liquida594 di Bauman.
“In una società di individui ciascuno deve essere un individuo: almeno in questo senso, chi fa parte di una simile società è tutto fuorché un individuo diverso dagli altri, o addirittura unico. Al contrario, ciascuno è
590 Di Gregorio Luciano, 2017, La società dei selfie. Narcisismo e sentimento di sé nell’epoca dello
smartphone, Milano, FrancoAngeli, pag. 15
591 Yurchisin Jennifer, Watchravesringkan Kittichai, McCabe Deborah B., 2005, An Exploration of Identity
Re-Creation in the Context of Internet Dating, in: “Social Behavior and Personality”, 2005, Volume 33, Issue
8, pagg. 735-750
592 Heidegger Martin, 2005, Essere e Tempo, Milano, Longanesi
593 Boccia Artieri Giovanni, Borrelli Davide (a cura di), 2014, Il senso dei tempi: per una sociologia del
presente, Milano, Egea, pagg. 164-165
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incredibilmente uguale agli altri, in quanto deve seguire la stessa strategia di vita e deve utilizzare segni condivisi – ossia comunemente riconoscibili e intelligibili – per convincere gli altri che lo stanno facendo. […] Poiché «essere un individuo» viene normalmente tradotto come «essere diverso dagli altri», e poiché è a me, al mio io, che si rivolgono l'invito e l'aspettativa a emergere e a distinguersi dagli altri, il compito appare intrinsecamente autoreferenziale.”595
Con acume e critica Bauman riporta l’aporia intrinseca a questo processo culturale post-moderno, cioè che l’esigenza di individualità è in realtà l’introiezione di un modello culturale imposto dalla società e diventa un compito individuale da svolgersi insieme alle altre persone, anche nelle arene dei SNS attraverso le continue attività di posting, selfieing e sharing.
“La soggettività digitale, quella più aderente ai codici governamentali [e linguistici] digitali, è indotta ad autorappresentarsi ed esprimersi di continuo, producendo immagini frammentarie di sé, i propri simulacri narcisistici, attraverso rappresentazioni profilate.”596
La questione della rappresentazione del Sé e dell’identità personale nella dimensione online è più articolata e complessa perché legata alla caratterizzazione deleuziana di virtualità e possibilità e, paradossalmente, in un codice simbolico comunicativo che per sua natura deve limitare le infinite possibilità. Riprendendo concetti tipici dell’interazionismo simbolico goffmaniano e rifacendoci al pensiero di Foucault, possiamo notare come nel nuovo frame le persone esercitino un governo di sé597 attraverso tecnologie e scelte di sharing in una generale «esplosione discorsiva» collettiva598 dove tutti sono spronati a dire qualcosa di sé e dove tutti esercitano una forma di surveillance orizzontale sui contenuti altrui (tramite commenti, like, re-sharing o, infine, il «crudele» disinteresse ed oblio).
La cornice metodologica interazionista è riproponibile infatti anche nei SNS sebbene si possa parlare di una realtà simulata599 compenetrantesi con la realtà ordinaria, perché attraverso gli studi di Baudrillard potremmo percepire tutte le «realtà digitali» come puramente simboliche, ma di contro vi è una “indubbia impersonificazione e
595 Ibidem, pagg. 4-5
596 Forte Fulvio, 2016, Il cyberspazio tra governamentalità e digitalità, in: “La Deleuziana” – Rivista online
di Filosofia, 2016, Numero 3, visibile su:
http://www.ladeleuziana.org/wp-content/uploads/2016/12/Forte.pdf, pag. 97-98
597 Foucault Michel, 1976, Sorvegliare e punire: nascita della prigione, Torino, Einaudi 598 Foucault Michel, 1996, Discorso e verità nella Grecia antica, Roma, Donzelli 599 Baudrillard Jean, 1981, Simulacres et Simulation, Paris, Èditions Galilée
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trasferimento verso l’esterno delle nostre identità sociali”600 all’interno di identità digitali. Attraverso gli studi di Mead (1934) e Blumer (1969) si ravvisa la medesima costruzione del Sé come «oggetto socialmente modellato» per mezzo delle interazioni collettive; integrando gli studi di Berger e Luckmann (1966) anche sui SNS “la realtà sociale è creata (e ricreata) attraverso l’esperienza umana, dalla quale i significati sono derivati. Di conseguenza, la capacità di interpretare i significati delle attività umane dipende dalla comprensione della guida razionale dietro alla partecipazione individuale”601 poiché abbiamo compreso Internet essere un vero e proprio mondo sociale, ma privo di dimensioni spaziali e corporee e di interazioni dirette. I concetti di tripartizione di Sé come Me ed Io602, di gestione della rappresentazione603 e dell’ideale di Sé604 e tutti i modelli di interazione e di rituali sociali si ritrovano, tradotti in specifici comportamenti, anche nella cura del proprio profilo e nelle relazioni e attività svolte nel mondo virtuale parallelo – che induce aumenti di socialità e complessità nella realtà quotidiana – per identificarsi costantemente attraverso «in e da» il gruppo sociale, “poiché l’identificazione è sempre in corso di definizione [ed] è continuamente animata per potersi fissare solo nell’istante: essa definisce e opera attraverso le differenze”605. Ricordando come il concetto di habitus606 rappresenti una giunzione interpretativa tra l’ordine soggettivo delle scelte in relazione alla dimensione sociale strutturale e come attraverso esso il modo in cui l’individuo interiorizza le simbologie culturali collettive si venga a manifestare visivamente, al pari “condividere gusti ed opinioni sui SNS è un’estensione logica della cultura del mondo online intesa come la modalità dominante dell’espressione personale in una «società del consumo»”607. Ancora di più, le persone condividono sui SNS attraverso esternalizzazioni del proprio «status» a mo’ di notizie in cui è lo stesso soggetto ad essere l’oggetto centrale del messaggio, quindi con un continuativo focus sull’Io tale da poter avvicinare i social media a diari personali in cui la pratica dell’autorivelazione e della narrazione di sé diventa l’attività che dà senso alla diacronicità della permanenza sulla piattaforma. Difatti, “il «profilo» va inteso come forma espressiva di auto-rappresentazione pubblica, cioè un modo di ri-appropriarsi delle forme di rappresentazione di se stessi in pubblico [attraverso uno strumento di mediazione comunicazionale con] il gruppo di pari [che] funziona da attivatore di meccanismi di auto-osservazione che permettono di sviluppare […] un’attitudine
600 Athique Adrian, 2013, Digital media and society. An introduction, Cambridge, Polity Press, pag. 93,