214 Ibidem, pag
Capitolo 3: LA SOCIETÀ DIGITALE: INNOVAZIONI TECNOLOGICHE E CAMBIAMENTI SOCIOCULTURAL
3.2 LA SOCIETÀ DIGITALE
3.2.2 PRESENZE CONCRETE NEL MONDO VIRTUALE
La web society, però, è secondo Fabio Metitieri anche una arena di disgregazione sociale e culturale466: il saggista si interroga soprattutto sulla natura delle informazioni e dei pubblici che popolano tale spazio e che vivono lo stream culturale senza porsi criticamente e all’esterno per vedere le lacune e le distonie. Secondo lo studioso la maggior parte dei frequentatori della rete, soprattutto i giovani, effettuano ricerche informative attraverso “Google” e comunicano e condividono esperienze e documenti personali attraverso “Facebook”, imparando attraverso questi notizie sulle persone che conoscono e informazioni e contenuti di qualsiasi natura, pubblicati da altre persone o aziende, scientifici e non, ludici, informativi, comunque “virali” e newsworthy (termine tipico del giornalismo riferito ad un contenuto capace di destare interesse nelle persone
462 Morozov Evgenij, 2013a, To Save Everything, Click Here. The folly of technological solutionism, London,
Penguin Books
463 Tucker Ian, 09/03/2013, Evgeny Morozov: “We are abandoning all the checks and balances”, in: “The
Guardian”, 09/03/2013, visibile su: https://www.theguardian.com/technology/2013/mar/09/evgeny- morozov-technology-solutionism-interview
464 Boccia Artieri Giovanni, 2009, SuperNetwork: quando le vite sono connesse, in: Mazzoli Lella (a cura di),
2009, Network effect. Quando la rete diventa pop, Torino, Codice Edizioni, pag. 32
465 Granovetter Mark, 1998, La forza dei legami deboli e altri saggi, Napoli, Liguori 466 Metitieri Fabio, 2009, Il grande inganno del Web 2.0, Roma-Bari, Laterza
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che leggono un titolo o vedono una immagine). A parere di Metitieri, il Web 2.0, con le attività svolte in esclusiva autonomia soprattutto dai giovani utenti, nella sua offerta di informazioni, contenuti e relazioni è potenzialmente minato alla base da molteplici fattori, tra cui ad esempio le fonti che pubblicano informazioni (chi sono? sono affidabili? perché scrivono?) o gli utenti che pubblicano contenuti sui social network (chi è? è un contenuto interessante o veritiero? vi è un intento di vetrinizzazione o un intento divulgativo? ecc.): “in un'Internet che è diventata mainstream, di massa, trovare ciò di cui si ha bisogno è sempre più difficile, ma è ancora più difficile valutare ciò che si è trovato”467.
Secondo Clay Shirky le innovazioni che Internet ha portato hanno fatto sì che “i nostri strumenti sociali rimuovano i vecchi ostacoli nelle pubbliche espressioni, e che pertanto rimuovano i colli di bottiglia che caratterizzavano i mass media. Il risultato è l’amateurism degli sforzi precedentemente riservati ai professionisti”468 nella produzione dei contenuti che pervadono la rete da parte degli utenti produttori/fruitori degli stessi contenuti. Questa caratteristica è rapportabile anche con quanto sostenne quasi trent’anni prima Elizabeth Eisenstein a proposito delle conseguenze della rivoluzione dei caratteri di Gensfleisch zum Gutenberg e dell’accesso popolare alla stampa tipografica, che a parere della studiosa hanno creato un aumento della produzione letteraria e della visibilità di un numero notevolmente crescente di persone contemporaneamente ad una diminuzione della qualità scientifica e letteraria di tale produzione469.
Per quanto riguarda l’uso dei social network, in una conferenza del 2009 Shirky si espresse più positivamente sulla rivoluzione attuata da Internet e dai social network, poiché questi hanno dato alle persone più strumenti espressivi e accessibili di quante altre rivoluzioni nell’ambito delle comunicazioni abbiano prodotto nel passato e perché da ora è possibile una comunicazione many-to-many, sostenendo al contempo come vi siano anche interessi commerciali intrinseci alla diffusione dei media digitali e alle attività su Internet e social network, perché in questa maniera si alimentano un parallelo traffico di dati e informazioni sulle persone, attività di marketing e scambi di prodotti e servizi attraverso le nuove piattaforme.
Ancora sul tema dell’eccessiva democratizzazione del web e dell’impoverimento culturale si sono esposti Andrew Keen e Nicholas Carr. Secondo il primo, in questo nuovo ambiente sociale, privo di controlli e accessibile a tutti anche nella pubblicazione di contenuti, le persone, in preda al proprio narcisismo e desiderio di emergere socialmente, pubblicano contenuti spesso banali o personali, privi di interesse sociale e
467 Ibidem, quarta di copertina
468 Shirky Clay, 2008, Here comes everybody, London, Penguin Books, pag. 55, traduzione personale 469 Eisenstein Elizabeth, 1986, La rivoluzione inavvertita. La stampa come fattore di mutamento, Bologna, Il
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mancanti di approfondimento culturale se non anche di verità oggettiva470. Nicholas Carr, invece, secondo cui la società di Internet sta incontrando troppa autonomia, troppa abbondanza di informazioni ed una impostazione cognitiva basata sull’immediatezza e sulla visività, ravvisa un indebolimento sia culturale sia sociale della stessa società digitale471.
Un’altra posizione interessante, sebbene retorica e ammonitrice sull’argomento della massiccia presenza della tecnologia e delle forme dei contenuti sempre più fondati sulla visività, è quella di Giovanni Sartori, che, accentrando la critica più sulla televisione e i mass-media ma anche indirettamente su Internet, proclama un veloce decadimento delle capacità cognitive e culturali delle persone e un passaggio dall’Homo sapiens all’Homo videns472, perché la società sta vivendo un “processo a molti tentacoli (Internet, computer personali, ciberspazio) che è però caratterizzato da un comune denominatore: il tele-vedere, e per esso un nostro video-vivere [per cui] mi occupo e preoccupo del primato dell'immagine, e cioè di un prevalere del visibile sull'intelligibile che porta a un vedere senza capire”473.
Anche la virtualizzazione del mondo sociale nel web è per alcuni autori un elemento problematico e di difficile conciliazione. Per comprendere meglio tale dimensione è necessario considerare la prospettiva di Pierre Lévy, che spiega come le tecnologie informatiche, Internet e le persone si integrino nelle transeunti dimensioni di reale/virtuale, attuale/potenziale, offline/online. A monte, per Lévy il «virtuale», come anche per Lyotard, non è il contrario del «reale», bensì è un modo di vedere il mondo capace di fornire strumenti e quesiti che possano diventare da «situazioni potenziali» ad «attuazioni reali»; il virtuale si pone così non solo come un ambiente ipotetico e non tangibile, traducibile in cyberspazio, ma soprattutto come una emergenza tecnologica, culturale e sociale che scopre o crea nuove modalità in cui la realtà può attualizzarsi474. A fronte di ciò, Internet come tecnologia, i contenuti in esso presenti e le persone che in esso si attualizzano e vivono, non sono configurazioni esterne al mondo reale, ma sono attualità reali nell’ambiente virtuale del cyberspazio, che si esplicano attraverso la continua «deterritorializzazione» spaziotemporale consentita dal web e il costante «effetto Moebius» sia tra ambiente offline/online sia tra le persone e le proprie conoscenze, poiché questo effetto riferisce all’incessante inserirsi ed uscire dal cyberspazio virtuale del soggetto e al comportamento tipico delle persone in relazione ad altri soggetti aggregatori, che possono essere gli amici o le persone di riferimento sui propri social
470 Keen Andrew, 2007, The Cult of the Amateur. How today’s Internet is killing our culture, New York,
Doubleday
471 Carr Nicholas, 2008, The big switch. Rewiring the World, from Edison to Google, New York, Norton 472 Sartori Giovanni, 1997, Homo Videns. Televisione e post-pensiero, Roma-Bari, Laterza
473 Ibidem, pag. 13
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network, in grado a loro volta di influire direttamente o indirettamente sulla quantità di presenza e partecipazione online.
In questa condizione, “a differenza dell’esser-ci heideggeriano, il virtuale potenzia l’ex-sistentia, divincolandola da se stessa perché trovi il suo centro ovunque e da nessuna parte, reinventando una cultura nomade, fluida e fluttuante”475, pienamente corrispondente alle attribuzioni post e iper moderne della società digitale. La virtualizzazione infatti non riguarda solamente le tecnologie e gli ambienti da essa creati, ma si inserisce propriamente nel rapporto che l’uomo ha con la corporeità, con le informazioni e con la socialità con le altre persone, in quanto “le tecniche di intercomunicazione digitale e di telepresenza rimodellano la corporeità e ne ristrutturano la percezione sensoria, collettivizzandone le emozioni ed esteriorizzandone le prospettive di recezione. […] La corporeità viene quindi moltiplicata, reinventata eterogeneticamente a livello problematico come entità delocalizzata, desincronizzata e vettorializzata in un immenso organismo partecipativo e tecnobiologico di cui è estemporanea attualizzazione”476.
Di fronte a questa attribuzione di significato al «virtuale» come spazio di possibilità e di cyberspazio come estensione dell’ambiente dove le persone possono sviluppare ed attuare le loro capacità esistenziali e sociali, Neil Postman vede una possibile evoluzione verso la tirannia tecnocratica e una cecità cognitivo-culturale dal momento che vi è una cessione sempre maggiore di importanza al cyberspazio a discapito della centralità del mondo tradizionale, senza una valutazione delle differenze culturali tra i soggetti o delle diverse configurazioni possibili del mondo rispetto a quello che è venuto sviluppandosi con il digitale ed Internet477.
Ancora, Jean Baudrillard con acrimonia aggiunge che siamo “non solo nell’era della liquidazione del Reale e del Referenziale, ma in quella dello sterminio dell’Altro [… cioè nella] risoluzione anticipata del mondo tramite la clonazione della realtà e lo sterminio del reale col suo doppio”478. In questa realtà totalizzante – e quasi alienante – dovuta alle possibilità di modellamento acquisite dalle tecnologie digitali, in una prospettiva antropologica “non si può più parlare di individuo, ma solamente del Medesimo e dell’ipostasi del Medesimo”479, ossia la riduzione dell’alterità comporta anche l’assunzione di un unico ambiente come territorio della socialità in cui l’insieme delle attività contribuiscono alla formazione di un mainstream di riferimento di
475 Mazza Giuseppe, 2005, La liminalità come dinamica di passaggio, Roma, Editrice Pontificia Università
Gregoriana, pag. 575
476 Ibidem, pag. 576
Il riferimento è al cyberspazio virtuale secondo Lévy, per cui Internet e le tecnologie digitali creano una realtà non corporea in cui le persone si rendono attuali e reali, abitando così contemporaneamente due spazialità.
477 Postman Neil, 1993, Technopoly: la resa della cultura alla tecnologia, Torino, Bollati Boringhieri 478 Baudrillard Jean, 1996, Il delitto perfetto, Milano, Cortina Raffaello, pag. 31
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comportamenti, attività, gusti, opinioni e identità che rendono gli individui sempre più simili tra loro. Anche Baudrillard si allaccia alla critica sull’imperante presenza della dimensione visiva, individualistica e contingente, che si distacca dalle pratiche riflessive della lettura tradizionale o dalla ricerca consapevole di percorsi formativi che valorizzino l’individuo, come anche dalle relazioni interpersonali dirette e non mediate; per il sociologo francese, la conversione della realtà in immagini veloci ed estemporanee480 sta portando la persona a vivere una finzione virtuale481 dove la costruzione della quotidianità, sempiterna messa in scena validata dall’insieme delle persone ivi partecipanti, non viene equilibrata da strumenti critici capaci di valorizzare al tempo stesso gli individui, con un mondo virtuale-online che, prendendo piede e presenza nel mondo reale, finisce con appiattire la stessa realtà e le individualità delle persone482. Non è possibile, però, solamente demonizzare le tecnologie digitali ed Internet ed arretrare su posizioni luddiste, perché le persone non sono oggetti gestiti da device in Rete, come anche non bisogna eccedere nella fiducia in questi considerandoli i principali strumenti di espressione, democrazia e socialità; a proposito di ciò, secondo De Kerckhove, “riprendendo la famosa frase di Marshall McLuhan «il mezzo è il messaggio», oggi potremmo dire che the network is the message of the medium Internet (il network, ovvero la rete, è il messaggio del medium Internet). […] Network diventa «rete di relazioni sociali», è il messaggio trasmesso dal medium Internet, che è, a sua volta, la rete che tecnicamente permette la trasmissione. […] Allora in Internet, medium basato sulla creazione di reti di connessioni, il messaggio diventano le reti sociali”483 stesse. La «Rete», così ancora rivista, diviene un ambiente sociale in reciproca interazione con il soggetto umano concreto che in esso esprime le sue forme simboliche e relazionali, non duplicando la natura in una forma virtuale ma diventando senza sostituirsi essa stessa reale come la realtà, quindi ad essa aggiungendosi e arricchendola; in ciò, “i media ci ancorano alla contingenza del mondo, snocciolando i possibili altrimenti”484 e quindi aprono lo sviluppo della realtà nella virtualità delle contingenze che prendono forma e si cristallizzano nelle strutture che oggi conosciamo come social network, social media, siti internet, chat, App, tecnologie digitali et similia.
Per concludere, è necessario che mi soffermi sulla questione della riflessività sociale della web society espressa da Boccia Artieri, che include le caratteristiche delle analisi mediologiche e comunicative con la tradizione sociologica e gli studi sulla modernità del
480 Baudrillard Jean, 2008, Agonia del potere, Milano-Udine, Mimesis 481 Baudrillard Jean, 2010, Cyberfilosofia, Milano-Udine, Mimesis
482 Baudrillard Jean, 1996, Il delitto perfetto, Milano, Cortina Raffaello, pag. 43
483 De Kerckhove Derrick, 2006, Prefazione, in: Bazzichelli Tatiana, 2006, Networking. La rete come arte,
Milano, Apogeo, pag. 11
484 Boccia Artieri Giovanni, 2012, Stati di connessione. Pubblici, cittadini e consumatori nella (Social) Network
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XX secolo espressa da Beck, Giddens e Lash485, Luhmann e Donati486 come una operazione riflessiva della società in cui i soggetti acquisiscono autonomia e individualità487 (perché aumenta la contingenza delle possibilità espressive), e rispondono ad un’etica strumentale e orientata ai risultati influenzata, come sostiene Lash, dal cambiamento delle strutture sociali portanti di economia, informazione, comunicazione di massa e del nuovo nascente individualismo.
Nella società post/dopo/iper-moderna che dir si voglia, anche la questione della riflessività, come quella del rapporto tra individuo e sistemi sociali offline ed online, è cambiata: “mentre i mass media nella loro evoluzione erano il luogo di sperimentazione ed orientamento dell’individuo ad una modalità riflessiva adatta al sociale moderno, la realtà connessa del web sociale orienta all’applicazione di criteri riflessivi «connessi», cioè relativi alle forme intersoggettive. Per meglio dire il tipo di differenziazione che il web sociale (e la Rete in genere) supporta è orientata alle relazioni sociali, cioè alla qualità e alla tipologia di relazioni che è possibile attualizzare e gestire.”488
Le piattaforme mediali del mondo online, dai blog ai social network, consentono all’individuo di esprimersi attraverso mediazioni simboliche che presuppongono fondamentale la relazione con gli altri: in questo ambiente la comunicazione ha il suo quid di significato proprio nella connessione al network, ai social network e, come in una proprietà transitiva, alle persone che vivono e comunicano in essi.
In merito alle attività sociali in questi ultimi Clive Thompson sostenne già nel 2008 che “c'è un altro - abbastanza significativo - risultato di tutto questo incessante aggiornamento degli status personali online: […] la maggior parte degli utenti più attivi di Twitter, Flickr e Facebook da me intervistati hanno descritto un inaspettato effetto collaterale della loro attività costante di esposizione personale. L'atto di fermarsi diverse volte al giorno per riflettere sulle proprie sensazioni e sui propri pensieri può diventare, dopo molte settimane, una sorta di «azione filosofica». È come il famoso detto greco «conosci te stesso» o il concetto terapeutico di «consapevolezza». […] Avere un pubblico può far sì che la riflessività soggettiva sia sempre più acuta perché, come gli intervistati hanno notato, loro cercano di descrivere le loro attività in una maniera che non sia solamente accurata ma anche interessante per gli altri: l'aggiornamento dello status assurge a forma letteraria.”489
È per questo motivo, come sostiene Boccia Artieri, che la web society e i duplici, integrati spazi off/on-line sono con pertinenza territorio sociale e socializzante: “l’esperienza
485 Beck Ulrich, Giddens Anthony, Lash Scott, 1999, Modernizzazione riflessiva: politica, tradizione ed
estetica nell'ordine sociale della modernità, Trieste, Asterios
486 Donati Pierpaolo, 2011, Sociologia della riflessività. Come si entra nel dopo-moderno, Bologna, Il Mulino 487 Archer Margaret S., 2006, La conversazione interiore: come nasce l'agire sociale, Gardolo, Erickson 488 Boccia Artieri Giovanni, 2012, Stati di connessione. Pubblici, cittadini e consumatori nella (Social) Network
Society, Milano, FrancoAngeli, pag. 55
489 Thompson Clive, 05/08/2008, Brave new world of Digital intimacy, in: “The New York Times Magazine”,
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individuale trova senso nella connessione sociale, in una comunicazione che è alla ricerca di un riflesso in quella della relazione con gli altri (like, commento, condivisione). […] Oggi ci troviamo di fronte a testi che dipendono da comunità riflessive che orientano le loro pratiche attorno alla rivoluzione inavvertita del web sociale. […] Sembra in pratica che nel contesto mediale contemporaneo che caratterizza una Social Network Society ci si renda sensibili alla reciprocità del senso dell’agire in modi in cui il valore di un’esperienza diventa sempre di più fare sharing di quella (dove mi trovo, cosa penso, ecc.) con gli Altri connessi”490, perché, come ricordano Rainie e Wellman, tutti i network sociali (off e on line) forniscono capitale sociale491.