Un contributo dettagliato e sociologico ai concetti di “sport” e “attività fisica” è offerto da Martelli e Porro, che li definiscono come pratiche motorie connotate da significati e relazioni sociali e differenziate in quattro tipologie di attività, distinte in base alla complessità simbolica della loro organizzazione sociale (organizzazione, scopi, norme, valori, ecc.) e alla struttura dei legami sociali e della contingenza delle azioni (importanza delle interazioni affinché si sviluppi correttamente la pratica sportiva) dei partecipanti. Secondo i due studiosi, quindi, abbiamo:
- “Sport professionistico o di alta competizione”: sono pratiche motorie ad elevata complessità simbolica e di legami sociali, strutturate da norme e regole in cui è prevista la crescita professionistica dell’atleta in termini di abilità e competenze fisiche e mentali, il cui carattere è competitivo e dove la modalità organizzativa è molto complessa e articolata, coinvolgente anche altre istituzioni sociali (ad es., Olimpiadi, Campionato di calcio, ecc.);
- “Sport amatoriale o per tutti”: la complessità simbolica è elevata, mentre i legami sociali e le azioni sono di natura non organizzata, quindi sussiste l’esistenza di norme e regole, come anche il carattere competitivo, ma il livello degli atleti è amatoriale e lo scopo è di natura ludica o solo performativa, dove quindi le competizioni sono più amicali e popolari, e la struttura organizzativa è semplicistica (ad es., partita di calcio tra amici, dilettantismo sportivo);
- “Attività fisica organizzata o collettiva”: la complessità simbolica è bassa, mentre i legami sociali e la contingenza dei legami e delle azioni è elevata, quindi sussistono sempre norme e regole, ma calzate ad hoc sulle capacità della persona non professionista, come è anche per la richiesta di competenze e abilità, ed inoltre manca la competitività e la conclusione della pratica sportiva (ad es., attività di gruppo in palestra, piscina, fitness);
- “Attività fisica libera o individuale”, dove la complessità simbolica e la contingenza all’azione sono entrambe basse, pertanto anche il sistema di norme viene ridotto, la competitività è assente e la richiesta di competenze per l’accesso è minima, ed inoltre si riduce anche l’organizzazione per la pratica sportiva, in maniera da lasciare quindi maggiore espressività e libertà alla persona (ad es., pratiche all’aria aperta, senza attrezzatura, free-style)172.
Una ulteriore definizione di sport che considera anche le dimensioni privata e pubblica (Stato, Mercato e Comunità sociale) è stata elaborata da due studiosi danesi, Ibsen e
172 Martelli Stefano, Porro Nicola, 2013, Manuale di sociologia dello sport e dell’attività fisica, Milano,
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Ottesen173, attraverso la rielaborazione del modello di welfare proposto da Evers e Wintersberger174.
Attraverso la rappresentazione grafica qui a fianco del modello degli studiosi danesi, si vedono i vertici del triangolo e le rispettive bisettrici funzionali che generano (privato/pubblico, profit/non-profit, formale/informale). Rispettivamente, secondo gli studiosi danesi si ottengono tre tipologie di forme di sport a seconda di chi si pone al vertice, più una quarta forma che si basa su un’organizzazione volontaria:
- Sport pubblico: Stato al vertice, opera in regime non profit, è organizzato in maniera formale e
burocratica ed opera attraverso il settore pubblico (es. educazione sportiva scolastica, Coni, selezione atletica per le Olimpiadi);
- Sport privato o commerciale: Mercato al vertice, opera in regime profit, è organizzato in maniera formale e aziendale, opera nel settore privato.; l’organizzazione può essere orientata maggiormente allo scopo commerciale, cioè ad una attività di servizi aperta al pubblico e non competitiva, o all’indirizzo professionale e competitivo, cioè orientata all’eccellenza e alla selezione degli atleti professionisti (es. carriera professionista individuale, squadre di calcio, oppure imprese commerciali private nel settore sportivo tra cui le palestre); - Sport informale: Comunità e persone singole al vertice, opera secondo forme
non-profit, non è strutturato in maniera formale né rigida e opera nel settore privato (es. attività fisiche individuali fini a se stesse, fitness, calcetto tra amici); - Sport volontario o non-profit: non ha nessun soggetto economico né politico al
vertice ma possono esservi soggetti e organizzazioni non-profit al vertice, è organizzato in maniera formale e opera nel privato e nel terzo settore (es. organizzazioni di volontariato e welfare per l’attività fisica, circoli, Uisp).
Nello specifico, “le pratiche informali (attività fai da te) raccolgono però in tutti i paesi europei la grande maggioranza dei cittadini fisicamente attivi. In questo caso gli asset organizzativi considerati – numero e tipologia dei soggetti attivi, composizione per genere ed età, tassi di affiliazione a enti e istituzioni dello sport ufficiale – rimandano a quello che possiamo chiamare rendimento culturale. Esso include una grande varietà di domande, di bisogni e di orientamenti valoriali che non trovano soddisfazione entro il
173 Ibsen Bjarne, Ottesen Laila, 2004, Sport and welfare policy in Denmark: the development of sport between
State, Market and Community, in: Heinemann Karl, 2004 (a cura di), Sport and Welfare Policies. Six European case studies, Stuttgart, Hofmann Verlag
174 Evers Adalbert, Wintersberger Helmut, 1990, Shifts in the Welfare Mix. Their Impact on Work, Social
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perimetro dello sport istituzionale”175. La grande alternativa a questa scelta, che negli ultimi venti anni si è mostrata molto forte e capace di attrarre grandi numeri di persone, è l’attività praticata in forma privata accedendo ad offerte commerciali aperte al pubblico di società private o dei fitness center176. Tale motivo è da ricercarsi nella rinnovata capacità delle forme neoliberiste e postcapitaliste che hanno posto il «mercato» al centro della rappresentazione macrostrutturale della società postmoderna, sebbene non sia da sottovalutare la presenza tuttora rilevante dell’associazionismo di terzo settore no-profit nella costituzione di forme di organizzazione e pratica sportiva, favorita anche da un sistema sociale improntato sul Welfare Mix177 tali da consentire agevolazioni fiscali alle imprese sportive dilettantistiche non lucrative [tema, peraltro, prossimo ad un possibile stravolgimento a seguito dell’approvazione della Legge di Bilancio 2018 che consentirà l’esistenza di società sportive dilettantistiche anche a fine di lucro].
L’ambito di interesse del mio studio riguarderà le pratiche sportive informali o private che si svolgono nel tempo libero, a bassa complessità simbolica, cioè con un grado di strutturazione normativa e tecnico-culturale modesta, e alla portata della maggioranza delle persone, quindi escludente la categoria degli atleti professionisti. Questa scelta presume che vi siano limitate conoscenze tecniche da possedere per poter accedere e praticare e che, comunque, queste possano essere acquisite in itinere e velocemente attraverso l’attività personale e l’istruzione da parte di professionisti del settore; inoltre, le abilità fisiche o psichiche possedute dalle persone all’inizio delle attività sono non influenti o vincolanti (come nel caso dell’attività fisica di fitness in una palestra o di corsa in un parco), e che quindi sia solamente raccomandabile la valutazione di buona salute generale da parte di un medico. Ancora, i luoghi dove si svolgono sono palestre, strutture fitness e benessere, all’aperto o anche a casa, ma non in strutture professionali organizzate dove le persone vengono valutate e spronate a migliorare, trasformando la pratica motoria in un impegno; infine, non deve essere previsto al momento dell’inizio del singolo percorso di attività fisica un orientamento competitivo, bensì solo di svago, di benessere, di estetica o di generale interesse personale.
Il fenomeno sportivo nella sua interezza interessa in Italia, relativamente all’anno 2016, direttamente il 60,8% della popolazione, ossia circa 36,5 milioni di persone che dichiarano di praticare attività, a fronte del restante 39,2% di sedentari (circa 23,5 milioni); tra gli attivi, il 25,1% degli italiani pratica sport più strutturati con maggiore continuità e il 35,4% “in modo saltuario” o “solo qualche attività fisica”, tra cui possiamo
175 Porro Nicola, 2013, Lo sport europeo fra welfare e performance, in: Mussino Antonio e Porro Nicola (a
cura di), 2013, Atleti e cittadini. Lo sport come spazio sociale, in: “Rivista trimestrale di Scienza dell’Amministrazione”, 2013, Volume 1, Anno LVII, Milano, FrancoAngeli
176 Porro Nicola, 2005, Cittadini in movimento. Sociologia dello sport nonprofit, Molfetta, Edizioni La
Meridiana, pag. 25
177 Evers Adalbert, Wintersberger Helmut, 1990, Shifts in the Welfare Mix. Their Impact on Work, Social
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considerare attività individuali o di gruppo come allenamento in palestra, nuoto, corsa e ciclismo amatoriale, che non prevedono la presa in carico di un impegno continuativo.
Istat, 2017, La pratica sportiva in Italia178
Le differenze tra i sessi sono rilevanti: nella popolazione maschile il 63,2% è fisicamente attivo e il 34,8% dichiara di non praticare alcuna attività, mentre tra le donne il 56,6% è attiva e il 43,4% non svolge pratiche motorie di alcun genere.179
Da serie storiche offerte da Istat si ravvisa negli ultimi 20 anni una tendenza di crescita delle attività sportive della popolazione e, quindi, una quota decrescente degli inattivi; inoltre, come evidenzierò in seguito, cresce anche la quota di persone praticanti attività sportive non continuative e individuali.
Informazioni molto rilevanti si possono vedere nelle seguenti tabelle, che rappresentano le relazioni tra pratiche sportive ed età, titolo di studio e condizione lavorativa, espresse in valori percentuali.
178 Alleva Giorgio, 2017, La pratica sportiva in Italia, visibile su:
http://www.istat.it/it/files/2015/10/Slide-CONI_Alleva_2017.pdf, slide n. 3
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Anno di riferimento 2016
Persone di 3 anni e più che svolgono pratiche sportiva
Praticanti attività sportive Non praticano
sport, né attività fisica in modo continuativo in modo saltuario solo qualche attività fisica Classe di età 3-5 anni 21,4 3,7 23,7 48,4 6-10 anni 59,7 5,7 10,8 23,2 11-14 anni 58,3 8,2 14,8 18,4 15-17 anni 52,8 10 17,1 19,7 18-19 anni 42,9 13,3 19,5 24,2 20-24 anni 38 16 19,5 26,2 25-34 anni 31,6 13,2 23,7 31,2 35-44 anni 24,2 12,9 28,5 34,2 45-54 anni 20,9 11,8 29,1 38,2 55-59 anni 17,4 9,2 31,7 41,5 60-64 anni 17,5 7,9 32,2 42,2 65-74 anni 13,2 6,7 33,1 46,8 75 anni e più 4,9 3 21 70,6 Totale 25,1 9,7 25,7 39,2
Dati estratti il 01 apr 2017, 13h UTC (GMT), da I.Stat180
I giovani in età scolastica (6-19 anni) sono coloro che praticano maggiormente attività fisica (più del 78%); all’aumento dell’età consegue una decrescita continuativa degli sport praticati e un progressivo aumento delle attività sporadiche o individuali: un rapido cambiamento nelle abitudini si vede nelle classi di età crescenti fino ad assistere ad un incremento notevolissimo dei sedentari dai 75 anni in su (70%).
Anno di riferimento 2016
Titolo di studio
Persone di 6 anni e più che dichiarano di svolgere pratica sportiva
praticano sport non praticano
sport, né attività fisica in modo continuativo in modo saltuario solo qualche attività fisica
licenza di scuola elementare,
nessun titolo di studio 23,4 4,4 18,9 52,9
licenza di scuola media 20,4 8,3 27,8 43,2
diploma 27,3 12,9 28,5 31,2
laurea e post-laurea 34,5 15,8 26,6 22,8
Totale 25,2 9,8 25,7 38,9
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Anno di riferimento 2016
Condizione e posizione nella professione
Persone di 15 anni e più che dichiarano di svolgere pratica sportiva
praticano sport non praticano
sport, né attività fisica in modo continuativo in modo saltuario solo qualche attività fisica occupato 26,8 13,4 27,7 32
dirigenti, imprenditori, liberi
professionisti 33,7 17,7 24,6 23,9
direttivo, quadro, impiegato 32,4 14,9 27,6 25,1
operaio, apprendista 19,9 11,1 29,6 39,4
lavoratore in proprio,
coadiuvante familiare, co.co.co. 23,2 11,9 26,2 38,6
casalinga-o 7,5 4,7 26,5 60,9
studente 49,3 13,4 18,1 18,9
ritirato-a dal lavoro 12,5 6,3 30,1 50,9
in altra condizione 12,4 5 19 63,2
disoccupato alla ricerca di nuova
occupazione 19,7 10,4 29,7 39,2
in cerca di prima occupazione 25,5 11,2 21,6 41,6
Totale 21,9 10,1 27 40,7
Dati estratti il 01 apr 2017, 13h UTC (GMT), da I.Stat181
Di grande interesse sono anche le relazioni tra attività fisica con titolo di studio e con, per chi ha 15 anni e più, condizione professionale: migliore è il percorso di studio e di formazione delle persone e più queste praticano attività sportive, come anche questa quota aumenta con condizioni professionali più elevate, sia in termini di qualità del lavoro sia di retribuzione.
La correlazione con il titolo di studio fa presuppore che le persone migliorino le conoscenze inerenti salute, stile di vita, attività fisica e benessere personale, mentre la correlazione con la condizione professionale fa anche presupporre che chi ha professioni più qualificate e più remunerate (ad es. dirigenti, liberi professionisti o impiegati) possa avere anche più tempo libero e disponibilità economiche da investire nelle pratiche sportive (considerando che, in taluni casi, l’ambito ricreativo sportivo è anche un luogo di incontro e conoscenza professionale); chi ha minori disponibilità economiche o lavora maggiormente come numero di ore o come intensità fisica (ad es., operai e artigiani) avrà più difficoltà a dedicarsi alle attività fisiche, mentre la quota maggiore in assoluto di inattivi nello sport si incontra con figure quali casalinghe e pensionati.
Da una interpretazione più articolata, riferita anche alla tabella seguente relativa a dati del 2013, i gruppi di persone che praticano più attività sportiva sono i giovani e gli
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studenti, con maggiore tempo libero, e le persone con un grado di cultura più elevato e quelle che occupano posizioni lavorative più prestigiose e remunerative; di contro, chi ha minori risorse culturali, economiche o di tempo impiega meno risorse personali nelle pratiche sportive, con un tasso di aumento dell’inattività costante al pari dell’aumento dell’età. Inoltre, emerge che, sul dato macroscopico generale, sono i maschi a destinare quote maggiori di tempo, rispetto alle femmine, alle attività di svago e piacere, tra cui troviamo sport e pratiche motorie, uso di tecnologie informatiche, riposo, letture o guardare programmi televisivi, hobby personali e attività culturali e sociali.
Dati estratti il 01 apr 2017, 13h UTC (GMT), da I.Stat 182
È interessante notare che, secondo Istat e l’uso linguistico corrente, le pratiche sportive sono parte del “tempo libero” delle persone – concetto che porta alla mente l’«ozio» dell’epoca greco-romana e la dicotomia marxiana ottocentesca di «tempo libero - tempo di lavoro».
Interpretando le pratiche sportive all’interno delle attività di tempo libero – quindi nel senso più completo di tempo di cura di sé, di svago, di socialità e di riproduzione sociale – e, come dice Georges Magnane, di loisir delle persone, ossia in “risposta ai bisogni umani oggi identificabili nel quadro del tempo disponibile, oltre, cioè, la soglia delle coazioni lavorative e degli obblighi sociali quotidiani”183, l’attività sportiva è di
182 Istat, I.Stat, 01/04/17, da Indagine Multiscopo sulle famiglie, 2014, dati visibili su: http://dati.istat.it 183 Magnane Georges, 1972, Sociologia dello sport: il “loisir” sportivo nella cultura contemporanea, Brescia,
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conseguenza una attività personale, socialmente costruita, di benessere, che coinvolge aspetti fisico-motori, sociali, tecnologici e di capitale, nel senso dato da Bourdieu, della persona (culturale, sociale, simbolico ed economico).
Per questo motivo anche le istituzioni hanno recepito la necessità di adeguarsi culturalmente e, nello specifico, Istat ha prodotto nel 2015 il “Rapporto sul Benessere Equo e Sostenibile in Italia”184, un argomentato fascicolo corredato di statistiche e relazioni con altre indagini da cui si possono trarre ulteriori considerazioni rilevanti sul fenomeno sportivo e sugli elementi sociodemografici degli italiani.
Oltre a rimarcare le differenze di attività fisica legate ad età, titolo di studio e condizione professionale, sono rilevanti la residenza geografica e la tipologia dell’alimentazione, fattori di determinazione della salute e del benessere generale, come anche sostiene Alleva (Presidente Istat) a proposito del nesso tra stili di vita, salute e livelli di pratica sportiva, che riconosce anche come sintesi che “la diffusione della pratica sportiva garantisce sicuramente un risparmio di spesa individuale e collettivo”185, a conferma del miglioramento del benessere delle persone legato all’impegno in queste attività durante il tempo libero. In particolare, per ciò che interessa ora, nel Nord si praticano più ore settimanali di sport che nel Sud Italia, con una decrescita progressiva, come vi è una quota rilevante di persone sovrappese od obese a livello nazionale (il 44,6% della popolazione), con un aggravamento nelle regioni meridionali, dove la qualità dell’alimentazione a base di frutta e verdura è peggiore rispetto alle regioni del Nord.
Istat, 2016, La pratica sportiva in Italia186
184 Istat, 2015, Rapporto BES 2015 – Il Benessere Equo e Sostenibile in Italia, visibile su:
http://www.istat.it/it/files/2015/12/Rapporto_BES_2015.pdf
185 Alleva Giorgio, 2016, La pratica sportiva in Italia, visibile su:
https://www.istat.it/it/files/2015/10/CONI-Lo-sport-in-Italia-2016.pdf, slide n. 18
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L’indagine Eurobarometer 2014 su Sport e Attività fisica187 condotta dalla Commissione Europea ha evidenziato, in un confronto con i paesi dell’area Eu28, che gli italiani praticano meno ore di sport alla settimana e sono meno sportivi rispetto alla media europea; nel particolare riferimento al livello di impegno nelle attività fisiche nell’arco di una settimana188, come mostra la tabella sottostante, gli italiani si mostrano meno impegnati e decisamente più sedentari.
European Commission, 2014, Sport and physical activity. Results for Italy
Per inquadrare in ultima analisi con un report statistico la mia cernita del fenomeno sportivo considerato, una ricerca del 2006 ha evidenziato come le pratiche sportive individuali di fitness, aerobica e cultura fisica nelle palestre e nei fitness center sono divenute le attività fisiche più praticate e preferite dalla popolazione italiana (25,2%), superando anche il tanto amato calcio/calcetto (24,2%), gli sport acquatici (22,8%) e il jogging (11,3%)189. A distanza di più di dieci anni, la sensazione comune è che interesse e attività di Fitness e della sua evoluzione in Wellness siano ulteriormente aumentati tanto nella pratica fisica quanto nelle dimensioni culturale e sociale, a ribadire quanto la privatizzazione e l’individualità della pratica sportiva siano fortemente legate ad un modello culturale-economico che relega tale pratica nell’ambito del consumo di tempo libero individuale finalizzato sì al benessere della persona ma anche al più generale benessere collettivo (cittadinanza più attiva, riduzione di malattie e costi sanitari, maggiore produttività e consumi, ecc.), avvicinabile ad una trasformazione di welfare e salute dal modello centralizzato-statale ad uno demandato al cittadino privato.
187 European Commission, 2014, Sport and physical activity, visibile su:
http://ec.europa.eu/public_opinion/archives/ebs/ebs_412_en.pdf
188 European Commission, 2014, Sport and physical activity. Results for Italy, visibile su:
http://ec.europa.eu/public_opinion/archives/ebs/ebs_412_fact_it_en.pdf, pag. 2
189 Istat, 2007, La pratica sportiva in Italia, visibile su:
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