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Come è stato appurato, elemento primario fondamentale per comprendere la dinamica della pratica del fenomeno sportivo nella società moderna, al di fuori del contesto educativo scolastico, è dunque l’inquadramento temporale che ad essa viene dato nella vita quotidiana, cioè il tempo libero.

Secondo una prima sintetica definizione di Maria Carmen Belloni, “possiamo definire il tempo libero come quella quota di tempo che gli individui tendono a riempire con attività scelte liberamente, non soggette a vincoli imposti dall'esterno, non finalizzate a lucro, e ritenute fonte di piacere e/o di riposo. In questa definizione si evidenziano le caratteristiche di autodeterminazione, libertà ed edonismo che fanno del tempo libero, nelle società moderne, un tempo socialmente costruito e un insieme di attività che si contrappongono al tempo lavorativo. In termini di durata il tempo libero si riferisce perlopiù a una quota di tempo quotidiano, ma si può parlare di tempo libero anche in

62 Vedasi Veblen, Tarde, Bourdieu, Baudrillard per concetti quali «effetto sgocciolamento», «emulazione

sociale», «habitus» e pratiche di significazione e distinzione sociale attraverso i consumi culturali.

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relazione ai giorni festivi (da quelli non lavorativi della settimana a - più impropriamente - quelli di vacanza).”64

La definizione di Carmen Belloni richiede un’integrazione sociologica per comprendere come il tempo libero abbia a che fare con l’organizzazione sociale e con la dimensione sportiva delle società, e come questo concetto sia profondamente mutato nel tempo fino a rivestire un elemento distintivo della dimensione personale e sociale di ogni individuo. Secondo Èmile Durkheim65, il tempo non è solo una categoria esistenziale (in polemica con Henri Bergson) e psicologica della persona, ma è anche un tempo sociale appartenente al gruppo, al pari di ogni istituzione socialmente creata: esso rappresenta un punto di contatto tra l’individuo e la società, costituendo attraverso la sua strutturazione una delle caratteristiche fondamentali per l’esistenza di una società66. Lo studio sociologico dell’organizzazione sociale del tempo viene arricchito da molti studiosi, tra cui George Simmel, che parla della vita moderna ipertrofica e accelerata nelle città metropolitane67, i fenomenologi Alfred Schütz, che parla di mondi vitali e fenomeni sociali inseriti in contesti temporali dotati di significato68, e Berger e Luckmann, che teorizzano la costruzione sociale della realtà e – per esteso, quindi – anche del tempo, socialmente costruito, diviso e condiviso, in cui le persone interagiscono69, e anche Georges Gurvitch, che si rifà ai fenomeni sociali totali e secondo il quale le attività di più persone interagenti diventano realtà a sé stanti in tempi ad esse appartenenti e ben connotati70. Un altro contributo molto importante proviene da Zerubavel, per il quale i sistemi sociali si compongono e si strutturano di successioni temporali e ricorrenti organizzate socialmente, ponendo l’accento sull’importanza della calendarizzazione e della programmazione quotidiana delle attività, sia della collettività sia personali71.

L’organizzazione del tempo delle società industriali e postindustriali si fonda primariamente sulla creazione di calendari/orari, che dividono e governano il tempo in maniera da consentire la gestione e la sincronizzazione collettiva di tempi e attività. Il calendario non è più quello nato in epoca gregoriana, le cui ragioni posavano sul rispetto delle sacralità religiose, bensì ha acquisito il significato di strumento di organizzazione sociale per consentire alle persone di pianificare le attività nei giorni della settimana e di dividere le ore della giornata, permettendo la programmazione secondo le ore di lavoro e non delle persone o degli eventi. Il tempo di lavoro è pertanto fondamentale nella

64 Treccani, 1998, Enciclopedia delle scienze sociali, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, voce: Tempo

libero

65 Durkheim Èmile, 1963, Le forme elementari della vita religiosa, Milano, Edizioni di Comunità 66 Ibidem, pag. 484

67 Simmel Georg, 1995, Le metropoli e la vita dello spirito, Roma, Armando Editore 68 Schütz Alfred, 1974, La fenomenologia del mondo sociale, Bologna, Il Mulino

69 Berger Peter L., Luckmann Thomas, 2007, La realtà come costruzione sociale, Bologna, Il Mulino 70 Gurvitch Georges, 1958, La multiplicité des temps sociaux, Paris, Isea

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progettazione delle attività, sebbene, nell’opinione comune odierna, non siano più principalmente il lavoro e il ruolo lavorativo a distinguere socialmente l’individuo, a differenza di pochi decenni fa, bensì ciò avvenga anche e soprattutto attraverso pratiche di distinzione sociale, di consumo e di quell’insieme di scelte personali, effettuate secondo il proprio capitale (in senso bourdieuano) nei tempi e negli spazi sociali ove l’individuo può esprimere la propria personalità e le proprie decisioni.

Al di fuori delle ore di lavoro e delle ore dedicate al sonno e alle attività di fisiologiche di sostentamento, in ogni caso, rimane il tempo libero.

Il concetto affonda le prime radici nell’otium dell’epoca antica, il cui significato è ben diverso dall’ozio odierno, poiché riferisce a pratiche spesso di elevata caratura culturale ed artistica, proprie di persone aventi possibilità e capacità di svolgere attività differenti da quelle del lavoro (per l’appunto, la sua antitesi è il negotium) e della cura della casa/famiglia; il tempo libero è, in queste società, un tempo a disponibilità quasi solamente delle classi superiori (Thorstein Veblen riprenderà questo concetto, sviluppando una attenta analisi nella sua celebre opera “La teoria della classe agiata”). Sono stati, successivamente, epicureismo e cristianesimo a modificare il significato del concetto, aggiungendo il primo la ricerca di fonti di piacere e distinzione attraverso le personali disponibilità di tempo e risorse, e, il secondo, la viziosa ricerca di piaceri spesso carnali e immorali in cui potevano cadere gli uomini non dediti alle attività contemplative durante i loro tempi non lavorativi. Indubbiamente, la religione ha connotato profondamente il significato del tempo libero, poiché secondo i cristiani vi sono attività mondane e ultramondane specifiche per ogni uomo retto da svolgere ad ogni ora della giornata, mentre, come ha sostenuto e ampiamente dimostrato Max Weber72, la corrente protestante ha modificato i significati e le relazioni di tempo, lavoro e preghiera per ogni uomo, fondando un’etica del lavoro in cui ogni uomo poteva trovare se stesso e dare senso morale al suo vivere terreno. In buona parte, e con le naturali evoluzioni, questo senso del tempo del lavoro è durato per tutto il XIX secolo e anche per buona parte del XX secolo, soprattutto a seguito delle guerre mondiali, che hanno richiesto grandi impegni e sacrifici lavorativi e sociali, in particolare, ad esempio, in un’Italia che incontrava i processi di scolarizzazione, industrializzazione, urbanizzazione, welfare e ricostruzione post-bellica in un unico periodo durato dalla metà degli anni Quaranta agli inizi degli anni Settanta.

La cultura del lavoro fonda però anche il significato del tempo libero, spiegato almeno inizialmente attraverso l’opposizione reciprocamente ineludibile di tempo libero dal lavoro: “il tempo libero che così si definisce si fonda su regole temporali consone alle nuove caratteristiche della società urbanizzata: […] ormai nel pieno senso moderno del termine, non potrà più essere considerato se non in relazione con il tempo di lavoro e

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antiteticamente a esso”73. Questa nozione si sviluppa durante la rivoluzione industriale e la nascita del capitalismo industriale, cioè quando si forma la nuova struttura sociale ottocentesca susseguente la nascita delle fabbriche e i cambiamenti urbanistici e lavorativi delle persone, a seguito dei quali grandi numeri di persone si trovarono a separare i luoghi (di abitazione, lavoro e altre attività) e i tempi attraverso l’orario lavorativo.

Corroborato dagli scritti marxiani e dalle tensioni sociali, dalla seconda metà dell’Ottocento il tempo libero acquisisce lentamente anche uno status di diritto imprescindibile di ogni lavoratore, attraverso cui costui, dedito molte ore della giornata al lavoro, può in parte recuperare ed esprimere la sua soggettività e la sua autenticità di persona sociale74.

“Il tempo libero è parso assolvere così a un'essenziale funzione di recupero fisiologico, psicologico e, indirettamente, sociale: riposarsi dalle tensioni del lavoro, vivere periodicamente una vita più autentica (in armonia con le proprie pulsioni) tende infatti a ricomporre la potenziale frattura tra bisogni individuali e doveri sociali, tutte le volte che il soggetto sperimenti nel lavoro la dissociazione tra attività imposta e propensione personale.”75

Ciò, però, avrebbe comportato notevoli sconvolgimenti sociali e forti tensioni politiche in un periodo in cui si stava sviluppando una società borghese urbana e industrializzata desiderosa di ordinare e controllare la contrapposta e numerosa nascente classe proletaria e operaia, la quale iniziava a disporre di maggiori possibilità economiche nonché ad organizzarsi per rivendicare diritti sociali sempre crescenti.

In questo clima culturale, il tempo libero iniziò ad essere un tempo sempre più strutturato socialmente, connotato comunque del significato sia di condanna delle forme di ozio vizioso sia di necessario impegno nello svago delle persone: è così che riposo, divertimenti e attività personali diventano legittimati, regolamentati e istituzionalizzati in maniera organizzata, razionale e pseudo-produttiva, seguendo cioè parallelamente la disposizione ideologica borghese dell’uso sociale efficiente e funzionale del tempo, soprattutto quando dal primo Novecento la giornata lavorativa iniziò ad assumere le caratteristiche dell’organizzazione scientifica del lavoro taylorista76. Così, si vennero a creare

73 Treccani, 1998, Enciclopedia delle scienze sociali, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, voce: Tempo

libero

74 Simonicca Alessandro, Introduzione, in: Bausinger Hermann, 2008, La cultura dello sport, Roma,

Armando Editore, pag. 11

75 Treccani, Enciclopedie on line, visibile su: http://www.treccani.it, voce: Tempo Libero 76 Ibidem, pag. 13

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“modelli di comportamento generalizzati (come, ad esempio, pratiche quali l’andare al cinema, o il ballo, o le attività sportive), in nuove attribuzioni di valore a campi di azione individuale e collettiva (il valore positivo riconosciuto al piacere, al divertimento, al consumo di tempo non finalizzato a scopi etici), nonché in consumi di tipo edonistico e spesso caratterizzati dallo spreco (dalle spese per spettacoli o per spostamenti di piacere a quelle per un abbigliamento adatto alle nuove attività praticate).77

La definizione di differenti modelli di comportamento va di pari passo con il riconoscimento sociale crescente della singolarità e della connotazione del tempo libero, “attraverso una progressiva emancipazione dalla residualità rispetto al tempo di lavoro ed una non coincidenza con il tempo di mero riposo o con il tempo funzionale alla riproduzione sociale e culturale”78.

In tale discorso il contributo di Simmel si inserisce proprio nel riconoscimento delle idiosincrasie sociali e dei nuovi spazi di individualità e riappropriazione della propria specificità personale attraverso le attività di loisir che, coerentemente con quanto espresso dallo stesso studioso nel saggio sulla moda, consentono sia forme di distinzione/appartenenza culturale nonché di riferimento al contesto e di ridiscussione delle pratiche culturali.

La contemporaneità dei diversi fattori di mutamento culturale e di crescita economica, di riconoscimento sociale del tempo libero e delle attività di loisir, di organizzazione e strumentalizzazione di nuovi modelli di comportamento, ha creato quindi nuovi spazi sociali e fenomeni crescenti e duraturi che hanno portato

il tempo libero ad essere riconosciuto “come un fattore produttivo capace di generare attività e processi di produzione e consumo autonomi rispetto al sistema economico incentrato sulle attività industriali; il tempo di loisir quindi diviene esso stesso il fattore che sta alla base della progressiva costituzione di un vero e proprio sistema produttivo di loisir fatto di imprese, professionisti, tecnologie appropriate, attività di promozione, di marketing e di vendita di prodotti caratterizzati in senso essenzialmente simbolico.”79

77 Treccani, 1998, Enciclopedia delle scienze sociali, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, voce: Tempo

libero

78 Bortoletto Nico, 2013, La sfera del loisir. Alcuni elementi di analisi, in: Bortoletto Nico, Minardi Everardo

(a cura di), 2013, Tempo libero, loisir e sport. Alcuni elementi per una contestualizzazione sociologica, Roma, Aracne, pag. 33

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Nel tempo così «liberato e occupato», risultato di una evoluzione socio-economica e culturale80, si avvia un nuovo processo sociale di espansione delle attività di loisir che “ingenera un modo di lettura degli ambiti della frequentazione e della esplicitazione delle sue attività che deve tenere conto di nuove forme di relazioni sociali”81.

Ma come si è giunti a trasformare le pratiche motorie, soprattutto a livello amatoriale, non obbligatorie e spesso individuali – per di più faticose, impegnative e talvolta costose –, in attività ricreative, divertenti e socialmente organizzate per occupare parte del tempo libero e per riappropriarsi della propria dimensione personale, nonché per intessere relazioni sociali?

Indagare tutti i motivi sarebbe troppo impegnativo e sconfinerebbe in altre discipline di studio, ma è necessario che mi soffermi su diversi passaggi epocali e caratteristiche permaste nei giorni nostri e peculiari delle pratiche motorie e culturali del Fitness e del Wellness, dal momento che il tempo libero è un tempo sociale che si è definito e autonomizzato in epoca moderna, acquisendo il carattere di un “fenomeno collettivo talvolta ripetitivo, che comprende più settori dell’esistenza individuale, dalle intere vacanze alla semplice pausa del weekend, dalla pratica dello sport all’ascolto della musica, costituendo dunque un preciso oggetto di studio”82.

L’opera capostipite delle ricerche sulle attività nel tempo libero è “La teoria della classe agiata”, opera del 1899 di Thorstein Veblen, sebbene nella sua analisi egli incentri l’attenzione sui consumi vistosi, di prestigio e sulla disponibilità del tempo libero della classe agiata. Il suo studio parte dai concetti di distinzione ed emulazione, nonché di crescita economica e di capacità di spesa, ponendo come elemento distintivo tra le attività delle classi sociali la differenza di significato tra le gesta onorevoli e nobili, senza apparente scopo materiale, dagli impieghi senza gloria delle attività lavorative quotidiane. Oltre alla ricchezza, Veblen evidenzia come la disponibilità di tempo e la possibilità di prodigarsi in attività non produttive, di ozio impegnato e di consumo vistoso e sempre nuovo, siano una forma di distinzione sociale e di manifestazione di vita elegante, forme che passano socialmente attraverso il famoso trickle down effect alle classi inferiori che, per natura emulatoria, prendono come modello di riferimento le classi superiori83.

Tra le diverse tipologie di gesta onorevoli esposte dal sociologo americano ci sono anche quelle gesta civili odierne, trasformate e riprese dalle gesta di guerra e di onore, dove la supremazia attraverso la forza e il coraggio conferivano, nelle società precedenti, gloria

80 Dumazedier Joffre, 1993, Sociologia del tempo libero, Milano, FrancoAngeli, pag. 99

81 Bortoletto Nico, 2013, La sfera del loisir. Alcuni elementi di analisi, in: Bortoletto Nico, Minardi Everardo

(a cura di), 2013, Tempo libero, loisir e sport. Alcuni elementi per una contestualizzazione sociologica, Roma, Aracne, pagg. 33-34

82 Ibidem, pagg. 36-37

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e distinzione sociale84. Questa tipologia di gesta distintive ricade oggi spesso nelle pratiche sportive, intese come cerimonie sociali dove sopravvive l’istinto predatorio delle classi aristocratiche e dove l’ostentazione delle abilità sportive e il duello socialmente regolamentato conferiscono allo sport il carattere di una attività degna di essere praticata, esibita ed emulata85. Come scrive Veblen, “gli sport sono, quindi, il mezzo di ricreazione più idoneo nelle attuali circostanze, nel senso che altre forme di ricreazione e di esercizio sono moralmente impossibili a persone di buona educazione e di gusti delicati”86. Gli sport consentono quindi di trascorrere tempo e svolgere attività all’aria aperta o seguendo pratiche motorie che, di per sé, sarebbero non considerate di rango superiore, ma, trovando il fine nell’attività stessa, nell’estetica del corpo, nell’esercitare destrezza, forza e astuzia, diventano una espressione sociale attraverso la quale riproporre sia i comportamenti simili ai duelli per la supremazia predatoria arcaica sia le differenze sociali di prestigio, eleganza e reddito. I processi di “trickle-down-effect” (effetto sgocciolamento) e di imitazione sociale hanno contribuito in seguito a diffondere nella società le pratiche sportive e i modelli culturali delle classi agiate.

Egli inoltre comprese l’importante legame tra le vecchie e le nuove attività distintive nonché l’analogia del principio di prestazione tra gli sport attuali e i duelli aristocratici: “l’etica del risultato e la filosofia del successo, l’achievement, rappresentano per Veblen precisamente il modo in cui la borghesia anglosassone di fine Ottocento avrebbe reinterpretato l’etica aristocratica della competizione.

L’analisi di Veblen è però limitata ad una interpretazione residuale e critica del fenomeno: abbinando lo sport al loisir, non prende in considerazione il processo sociale di sportivizzazione, le dinamiche culturali già in atto nella nascente società di massa dovute alla diffusione dello sport, la professionalità dei ruoli sportivi e il legame evidente tra tempo libero e democratizzazione delle attività di intrattenimento.

La democratizzazione del loisir sportivo non potrebbe però avere una comprensione corretta senza contestualizzare il processo durante i primi decenni del Novecento, cioè quando, in piena epoca moderna, lo sport conobbe sia un accesso egualitario alle pratiche sia un consumo di loisir degli eventi sportivi professionali attraverso l’organizzazione di questi in spettacoli per mezzo di una sostanziale istituzionalizzazione delle attività del tempo libero87.

Come aveva notato Guy Debord88, tra gli anni Venti e gli anni Sessanta l’orientamento in tema è stato quello di una spettacolarizzazione della società in senso più generale – fortemente corroborata anche dalla diffusione di stampa, radio, cinema e poi televisione

84 Ibidem, pagg. 192 e segg. 85 Ibidem, pagg. 196-198 86 Ibidem, pag. 200

87 Ragone Gerardo, 1995, La sociologia del tempo libero in Italia: problem e prospettive, in: Borghi Vando, La

Rosa Michele, 1995, Tempo di lavoro tempo di vita, Milano, FrancoAngeli

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– in cui lo spettacolo viene a configurarsi sempre di più come uno strumento esperienziale capace di elevare e coniugare il consumo nel tempo libero con l’immagine dell’accesso sia alla cultura sia all’intrattenimento.

La spettacolarizzazione sportiva si fonda sul professionismo, cioè su una elevata specializzazione dei praticanti, e, attraverso la differenza dai dilettanti comuni, giustificano la presenza di persone disposte a consumare e pagare per assistere come spettatori all’evento pubblico sportivo. Elias e Dunning hanno spiegato la crescita della spettacolarizzazione dello sport con la «ricerca di eccitamento controllato» da parte degli spettatori89 – in sintonia con la teoria della «civilizzazione» – per soddisfare bisogni ludici, estetici ed emozionali. Ancora, i motivi principali della presenza e della successiva organizzazione più formale di spettatori e «tifosi» possono essere di tre tipologie90:

- Identitaria: essa corrisponde all’immedesimazione in una delle parti della competizione;

- Conflittuale: soprattutto in riferimento ai tifosi e agli «ultrà», la competizione diviene metafora di un rituale di guerra in cui i partecipanti desiderano, anche con forme di violenza simulata o reale, affermare la propria definizione della situazione;

- Strumentale: spesso la partecipazione al «tifo» rappresenta anche una trasposizione della politica o delle relazioni economiche della realtà sociale in ambiti apparentemente diversi (ad esempio, le frange di tifosi di «destra/sinistra»).

Importanti studi sui comportamenti e i costumi sociali nel tempo libero furono condotti da sociologi americani dalla metà degli anni Quaranta, in particolare da Lloyd Warner, che con metodi etnografici definì i consumi di tempo libero come un consumo distintivo delle persone91, da David Riesman, che creò nel 1955 a Chicago un laboratorio di ricerche sul tempo libero e sui consumi, e da Mead e Wolfenstein (autrice del primo saggio sulla fun morality92), che parlarono della ricerca di piacere e benessere nella vita quotidiana attraverso hobby, attività e relazioni sociali.

In Europa, importanti studi sul tema sono stati condotti inizialmente in Francia, dove forte era l’analisi sociolavorista di matrice postmarxista; interessante è il parere del francese Georges Friedmann, che già nel 1946 esamina alcuni paradossi e problemi insiti nel capitalismo industriale e alcune conseguenze che esso comporta all’uomo e al suo lavoro, giunse a sostenere che il tempo di lavoro necessita di un tempo libero, in cui

89 Elias Norbert, Dunning Eric, 2000, Sport e aggressività, Bologna, Il Mulino 90 Russo Pippo, 2004, Sport e Società, Roma, Carocci, pag. 46

91 Warner Lloyd W., Marchia Meeker, Kenneth Eells, 1949, Social class in America. A manual of procedure

for the measurement of social status, Chicago Science Research, Stratford Press New York

92 Wolfenstein Martha, 1951, The emergence of fun morality, in: “Journal of Social Sciences”, 1951, Volume

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la persona abbia possibilità di riposarsi, distrarsi e ricompensarsi a fronte del lavoro praticato93.

Grande rilevanza ebbero negli anni Cinquanta e Sessanta gli scritti di David Riesman, che in America, ma diffondendo immediatamente la portata del suo pensiero, inizia a