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V. Il collage come alchimia: La Femme 100 têtes

V. 2 Cadaveri squisiti e collages

Lo spirito della prima mostra parigina di Ernst era decisamente dada: ad accogliere gli ospiti (alcuni celebri come Isadora Duncan e André Gide) nella libreria-galleria semibuia “è una voce proveniente da un armadio che, snocciolando i loro nomi, li copre di epiteti strampalati e insulti mentre Breton sgranocchia cerini, Aragon miagola, Soupault e Tzara giocano a nascondino e dal sotterraneo dov’è allestita la mostra, salgono lugubri mormorii e brani di conversazioni paradossali ma esilaranti”312.

Verrà poi il tempo delle prese di distanza, degli scontri, dei processi, ma al di là delle contingenze, dirà Breton, “dada e il surrealismo - anche se quest’ultimo è ancora solo potenziale - non possono concepirsi che in relazione reciproca, alla maniera di due onde che volta a volta si accavallano”313.

In questa interpretazione di Breton, per quanto discutibile dal punto di vista critico, c’è l’idea che in fondo dadaismo e surrealismo esprimano due tendenze dello spirito umano: una distruttiva, negativa, l’altra costruttiva, sintetica; al nichilismo di dada, senza via d’uscita, Breton e i surrealisti sovrappongono una ricerca del meraviglioso e del poetico

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Cit. in Elza Adamowicz, op.cit., p. 68-9.

312

La ricostruzione è di Sanouillet, cit. in Paola Dècina Lombardi, Surrealismo 1919-1969. Ribellione e imaginazione, Mondadori Milano 2007, p. 76.

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quotidiano, attraverso i territori liberi della surrealtà, l’esplorazione delle formazioni geologiche inconsce, l’automatismo e la tecnica del cadavre exquis314.

Il carattere innovativo del collage, afferma Breton nel testo già citato che faceva da prefazione al catalogo della mostra, sta nell’accostamento straniante, nella scintilla che questo accostamento casuale e imprevedibile fa scoccare. A proposito di questa scintilla, Adamowicz ha osservato che “le parti del collage, come le immagini di un sogno, non sono in verità collegabili razionalmente e la metafora del ponte è di frequente connessa a quella della scintilla, con il balzo che sostituisce il passaggio in questa impossibile articolazione delle diverse parti del collage”315. Ponte e scintilla ci rimandano anche alla tensione tra operazioni disgiuntive (taglio, dissezione) e congiuntive (assemblaggio) che al tempo stesso uniscono e mantengono separati gli elementi, dialettica fondamentale del dispositivo del collage/montage.

Pur ammirando il lavoro innovativo di Ernst, né Breton né Aragon, nei loro tentativi di fare una sorta di storia del collage, dimenticano il passo decisivo fatto in questa direzione da Braque e Picasso ed entrambi tributano loro il giusto omaggio, senza però rinunciare fin da subito a prenderne le distanze in modo netto. Breton annovera Picasso e Braque, forse con una predilezione per quest’ultimo, tra i grandi progenitori del surrealismo per i papier collé

“con cui hanno aperto nuove fonti di «realtà irreale» per l’arte. E’ grazie a quest’ultimo che le monotone carte da parati che coprono i muri delle nostre stanze

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Gioco che viene così definito: “un gioco che si fa piegando un foglio di carta e che consiste nel far comporre una frase o un disegno a diverse persone, senza che ciascuna di esse possa tener conto degli interventi precedenti” , André Breton, Dictionnaire abrégé du surréalisme, in Œuvres complètes, vol II, cit. p.796. Cfr. anche la raccolta di Mel Gooding, A Book of Surrealist Games, Shambala Redstone Editions, Boston & London 1995. Adamowicz ha paragonato questi giochi al carnevale: “i giochi concretizzano la libertà dai vincoli sociali, liberando il principio del piacere, analogamente a quanto avviene nel carnevale, tempo di celebrazione e di rinnovamento sociale in cui i tabù si allentano e il caos primigenio è rimesso in scena attraverso un ritorno alle origini (…) La causalità esterna è spiazzata per mezzo di una causalità interna trasgresiva legata al desiderio. Promuovendo la trouvaille, l’incontro inaspettato, si attiva un modo nuovo di associazione poetica, una forma liberatoria di logica affine a quella del sogno”, in Adamowicz, op.cit., p. 57.

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sono diventate oggi per noi un ciuffo d’erba sull’orlo dell’abisso. Senza quelle carte da parati i muri sarebbero scomparsi da tempo e noi amiamo questi muri, combattiamo per amarli… Non ci serve a nulla fare i conti con la nostra fine terrestre, non possiamo andare oltre quel che Braque fece quando divenne complice di questa definitiva bugia floreale”316.

Picasso, anche negli anni successivi, rimarrà per il gruppo surrealista, come pure per Ernst, un outsider e uno sperimentatore radicale a cui continuare a guardare con curiosità e rispetto, per quanto al di fuori dal movimento.

Se i papier collé avevano aperto la strada sfondando, per così dire il muro della rappresentazione, andando «al di là della pittura», il collage e le sue variazioni avevano una ben diversa rilevanza per la costruzione dell’estetica surrealista, soprattutto nel passaggio che va dal primo al secondo manifesto surrealista, da un’elaborazione teorica che mette al centro il testo poetico e letterario, all’estensione dei principi surrealisti oltre il campo del verbale: il poetico, il meraviglioso appartengono alla parola, quanto all’immagine e ai testi iconico-verbali.

Ora, la questione teorica centrale e dirimente nel confronto e per il superamento dell’onda dada, se vogliamo usare l’immagine di Breton, è proprio la questione della produzione del senso. Se dada sembra all’apparenza rinunciare al significato per concentrarsi sul puro gioco nichilistico, la ricerca surrealista mira a produrre un nuovo senso, attraverso il continuo dépaysement che mette in atto, sia dello spettatore che dell’artista317. Il caso nell’incontro dei disparati ha la funzione di invertire i ruoli: porre lo stesso autore nella condizione di spettatore, ma anche quest’ultimo, di fronte ad associazioni impreviste e stranianti, a rimettersi in azione in prima persona, in un gioco in cui le regole e i risultati non sono garantiti.

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Cit. in Herta cit., p.185.

317

Max Ernst parla in proposito di attività/passività dell’autore nell’opera, in Oltre la pittura, in Scritture, cit., p.244. Ernst ha molto insistito su questo aspetto sulle visioni che gli si presentavano a partire da un materiale e dall’uso di una tecnica come ad es. quella del frottage.

Adamowicz ha definito il collage una “modalità di migrazione dei segni”318: i frammenti rimossi dal loro contesto originario e rimessi in movimento, perdono il loro senso consueto, divengono disponibili per nuove e inconsuete associazioni che da una parte producono nuovo senso e dall’altra diventano luoghi di cristallizzazione di desideri e di paure inconsce (gusci vuoti da riempire). E’ l’apertura a quella che Breton chiamava la potenza del «caso oggettivo».

Lo stesso processo avviene nella metafora intesa come strumento di conoscenza in grado di aprire allo sguardo una nuova realtà, a proposito della quale Hedges ha parlato di una «concezione costruttivista»: la metafora non è equivalenza (sostituzione) tra termini, ma interazione tra sistemi concettuali il che significa che il significato si dà all’interno di un sistema e non atomisticamente319. La metafora viva crea uno scontro tra sistemi, percepito come contraddizione e incongruità; tanto più forte è questo scontro, quanto maggiore è il senso di meraviglia nel cogliere una corrispondenza del tutto impensata.

Nei quasi 10 anni tra la prima parigina di Ernst e la mostra Goemans320 c’erano state diverse trasformazioni: il surrealismo si era affermato ed era stato pubblicato il suo secondo manifesto.

Ormai il collage era diventato un dispositivo ormai consolidato e diffuso di cui Aragon può cominciare a fare la storia nello scritto che fa da introduzione alla mostra, La peinture au defi, dai papier collé cubisti fino ai pittori considerati surrealisti, Magritte, Miro, Dalì, un’apologia del collage, come la definirà lui stesso molti anni più tardi321.

Non solo Aragon parla di una sorta di un «principio del collage» che è come lo spirito di un’epoca e della rivoluzione in corso, ma vi si respira l’aria del miracolo del meraviglioso quotidiano, lo stesso miracolo con cui si apre il primo romanzo-collage di Ernst pubblicato nello stesso anno: La Femme 100 tetes: “una volta ammesso il principio del collage, i

 318

Elza Adamowicz, op.cit.. p. 30s.

319

Inez Hedges, Languages of Revolt, cit. in particolare il capitolo 4 Surrealist metaphor and thought, p.79s.

320

Cfr. in proposito Brandon Taylor, Collage, cit., p. 69-73.

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pittori erano passati sanza saperne nulla, dalla magia bianca alla magia nera. Era troppo tardi per fare marcia indietro”322.