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II. 1 1912: il mito dell’origine e la sua dissoluzione

III. 7 Collage e inserti: Apollinaire chiffonier

La prima raccolta poetica di Apollinaire, Alcool, e la sua raccolta di scritti sull’arte cubista, Peintre cubistes. Méditations esthetiques, uscirono entrambe nel 1913 a pochi mesi di distanza, quando Apollinaire era all’acme della sua carriera creativa.

Lo spirito della nuova arte che aveva cominciato a soffiare, come lo spirito della nuova poesia, non poteva non essere sconcertante per molti e Apollinaire, divenuto ormai il critico più rappresentativo del movimento di giovani pittori che i detrattori chiamavano cubimani, cocubisti, kubisti, amava stupire e sorprendere.

Per lui non contavano tanto le scuole o le categorie estetiche, quanto il “désir de renouveler notre vision du monde et de connaître enfin l’univers”177. Circondato sempre più da un’aura di autorevolezza che dissipava in fretta, bulimico nelle sue frequentazioni ed esperienze, Apollinaire era un carrefour per le avanguardie artistiche del periodo, che contribuiva a far conoscere al di fuori della cerchia ristretta di artisti e letterati178. Questa tessitura di incontri, conversazioni, amicizie e amanti, scambi di opere, mostre, recensioni, vacanze insieme, ha creato il contesto in cui si è sviluppata anche una più fitta rete di

 176

Cfr. Leroy C. Breunig, Guillaume Apollinaire, Columbia University Press New York- London 1969, p. 26.

177

Cit. in Michel Decaudin, Apollinaire et le cubismo, in Apollinaire et le cubisme, numéro spécial du Bulletin des Amis des Musées de Lille, lille 1965, p. 12.

178

Non contento della pittura, Apollinaire si dedicò anche al cinema sulle “Soirée de Paris”. Cfr. in proposito l’articolo di Richard Abel, American Film and the French Literary Avant- Garde (1914-1924), in “Contemporary Literature”, 17, 1, Winter, 1976, pp. 84-109.

associazioni tra scrittura e arti visuali che, come abbiamo detto, è uno dei terreni privilegiati di sperimentazione per l’avanguardia di questi decenni. Senza che questi incontri però diano mai origine a una teoria sistematica, perché “une système est une espèce de damnation qui nous pousse à une abjuration perpétuelle(…) je me suis contenté de sentir; je suoi revenu chercher un asile dans l’impeccable naïvetè”179.

E una delle caratteristiche distintive di Apollinaire sembra proprio essere proprio quella sensazione di freschezza e leggerezza, anche in presenza delle sperimentazioni più estreme. La raccolta di Alcool è «raccolta» in un triplice senso: del tenere insieme, del prelievo e infine della vendemmia che prelude alla trasformazione in Alcool. George Duhamel ha scritto a proposito di questo libro del poeta che faceva pensare a una bottega di rigattiere in cui sono ammassati “une foule d’objects hétéroclites dont certain ont de la valeur, mais dont aucun n’est le produit de l’industrie du marchand meme”180. Un po’ come la sua casa stipata di mobili, collezioni di libri rari e bizzarri, «sculture negre», icone antiche e dipinti cubisti181.

Benjamin aveva colto già in Baudelaire l’importanza della figura dello chiffonier il quale sa, meglio di chiunque altro, che “l’elemento storico nelle cose non è che l’espressione della sofferenza del passato”182.

Apollinaire fa della raccolta un elemento fondamentale della costruzione delle sue poesie, ma anche dei suoi testi narrativi. Così come aveva dichiarato a proposito della pittura, anche in letteratura è possibile raccogliere materiale da collage ovunque183. Come i cubisti

 179

Apollinaire cit. in Richter, op.cit., p. 13.

180

Cit. in Solmi, op. cit. p.XI.

181

Shattuck, The Banquet Years, cit., pp. 273-274.

182

Theodor Wiesengrnd Adorno, Mimina moralia, tr.it. Einaudi, Torino 1974, p.39. Breton, nonostante la sua poco generosa presentazione di Apollinaire nell’Antologia dello humor nero, riesce però a cogliere in un lampo, quasi di sorpresa, un aspetto centrale del poeta. “Apollinaire, quando si passeggiava per la strada, si volgeva volentieri verso le vecchie vagabonde collezioniste che si possono talora incontrare la sera, a Parigi, sulla riva sinistra, mentre si dirigono verso i quais. Le guardava un po’ come si guarda la storia letteraria, e il suo occhio pareva annegarvisi per un attimo”, André Breton, Antologia dello humor nero, tr. it. Einaudi, Torino 1970, p. 255.

183

Nel racconto Il re Luna il narratore riferisce di iscrizioni su una grotta che mescolano insieme passato e presente, anonimi e personaggi famosi, Madame de Pompadour e Enrico II. “Sulle pareti vidi, incisi o scritti a matita o carboncino, sorprendenti graffiti di soggetto

avevano inserito sulla tela etichette, ritagli di quotidiani, carta da parati, tolti come scarti dalla produzione di massa commerciale, Apollinaire utilizza brani di testo tratti dalla cultura di massa, quotidiani, pubblicità, etichette. Ma bisogna ricordare che questi procedimenti precedono la nascita del cubismo. Altri poeti lo fanno nel XIX secolo prima di Apollinaire, ad esempio Laforgue, e il primo esempio apollinairiano di poesia che utilizza frammenti di pubblicità è Les femmes, scritta tra il 1901 e il 1902, in cui a casa del vignaiolo, due donne intrecciano discorsi in cui compaiono proverbi, frammenti di pettegolezzi, nomi propri di merci (caffè Lenchen, sucre candi Leni)184. Questo è anche un primo esempio di poesia-conversazione che Apollinaire riprenderà più avanti nei Calligrammes, in poesie celebri come Les fenêtres o Lundi rue Christine.

Il poeta chiamava poèmes-conversations queste poesie nate al caffè o a casa di amici, che includevano brani di interlocutori presenti o colti dal flâneur che cammina per le strade. A questi brandelli tratti dal reale, associava liberamente sensazioni, fantasie e ricordi dislocati nello spazio-tempo, senza un’organizzazione gerarchica. Prelievo e giustapposizione di materiali extra-estetici, inserimento di frammenti di giornali, slogan pubblicitari, conversazioni banali, cliché, il tutto a formare un insieme dove l’eterogeneità insieme alla surprise sembra la regola. Che cosa accade all’opera in questa situazione? Si consideri questa osservazione di Lotman:

“Quando questo o quell’autore, oppure questa o quella corrente, nella lotta contro la «falsa letteratura» ricorrono a saggi, reportages, a documenti autentici chiaramente non artistici, inseriti nel testo, a pezzi di cronaca, distruggono un sistema abituale,



osceno. Menziono quelli che ricordo, velando peraltro la crudezza di alcuni termini che vi erano usati. Un mostruoso duplice fallo che adornava la M iniziale della seguente iscrizione: MICHELANGELO HA PROCURATO UN VIVO PIACERE A HANS VON JAGOW (…)”.E continua con il gusto del pastiche volgare: “eccone una scritta col gesso e accompagnata da tre ctéis alati di varia ampiezza (…)”, Guillaume Apollinaire, Il poeta assassinato, tr.it. SE, Milano 1990, p. 93-95.

184

Les femmes, in O.P., p. 124. Anche in questo caso, la vivacità e la rapidità degli scambi, la sorpresa data da inserti imprevisti, contrastano con l’atmosfera di morte e immobilità che si rivela verso la fine: La nuit tombait Les vignobles aux ceps tordus /Devenaient dans l’obscurité des ossuaires.

ma non il principio di sistematicità, infatti ogni riga di giornale riportata letteralmente nel testo artistico diventa un elemento strutturale”185.

Possiamo tranquillamente qui sostituire sistema, con totalità aperta. Infatti subito dopo Lotman aggiunge: “La concezione di una simile arte, dal punto di vista della teoria dei giochi, non si presenta come un gioco «senza regole», ma come un gioco le cui regole si stabiliscono durante lo svolgimento”186.

Un gioco le cui regole vengono, per così dire, «negoziate» volta a volta con il lettore che assume un ruolo di primo piano in questa ricomposizione. C’è dopo e oltre il primo assemblaggio, un assemblaggio di secondo livello che avviene attraverso il lavoro di lettura. Come c’è una flânerie del poeta che preleva e ricuce insieme i frammenti della metropoli e della memoria, così c’è una flânerie del lettore che ridispone nello spazio virtuale tra lui e l’autore i frammenti del mondo di cui bisogna far vendemmia.

Zone che apre la raccolta è una passeggiata circolare che lo riporta a casa ad Auteuil, durante la quale raccoglie frammenti, fotografa quadretti sociali un po’ oleografici, insegne, chiacchiere, nel mezzo di una città caotica, dominata dalla Bergère tour Eiffel, di cui il poeta ama la «grazia industriale».

E la poesia che chiude Alcool, Vendémiaire, sembra riprendere le fila del discorso cominciato con Zone.

Que Paris était beau à la fin de septembre Chaque nuit devenait une vigne où le pampres Répandaient leur clarté sur la ville…

J’ai soif villes de France et d’Europe et du monde Venez toutes couler dans ma gorge profonde Je vis alors que dejà ivre dans la vigne de Paris187 (…)

Ecoutez-moi je suis le gosier de Paris Et je boirai ancore s’il me plait l’univers

 185

Lotman, La cultura, cit. p. 342.

186

Ivi.

187

Ecoutez mes chants d’universelle ivrognerie188.

E’ questo poeta ebbro che ci conduce fin sulla tour Eiffel a guardare dall’alto il panorama della modernità. Perché come dice Roland Barthes,

“Regard, objet, symbole, la Tour est tout ce que l’homme met en elle, et ce tout est infini. (…) à travers la Tour les hommes exercent cette grande fonction de l’imaginaire, qui est leur liberté, puisque aucune histoire, si sombre soit-elle, n’à jamais pu la leur enlever”189.