II. 1 1912: il mito dell’origine e la sua dissoluzione
III. 10 Lo spazio della poesia: Zone temporaneamente autonome
“Innanzi tutto, gli artisti sono uomini che vogliono divenire inumani. Cercano penosamente le tracce dell’inumanità, tracce che non s’incontrano in nessun luogo della natura. Sono la verità e fuori di esse non conosciamo realtà alcuna”202
Le rotture, la mescolanza di piani diversi, il collage degli elementi raccolti che si ritrovano sia all’interno della nuova pittura che della nuova letteratura dell’avanguardia, come abbiamo già detto, sono un modo di rispondere alla trasformazione dell’esperienza nella modernità. Produzione industriale di massa delle merci (anche culturali), incessante modernizzazione tecnologica, meccanizzazione, trasformazione del volto delle città e più in generale della Terra su cui viviamo203: le molteplici dimensioni di questa trasformazione profonda e rivoluzionaria non potevano non investire le diverse arti nel periodo dell’avanguardia e l’idea stessa del fare arte, poesia o scultura che fosse. E’ un problema che il dispositivo del collage/montage pone in modo aperto: come cambia la nozione di autore quando diventa uno chiffonier? Chi parla esattamente e da che punto di vista? C’è qui una sorta di paradosso: una «estetica del collage», come abbiamo visto con Apollinaire, al tempo stesso mina e potenzia l’io del poeta. In quanto produttore, l’autore si
201
Charles Baudelaire, Lo Spleen di Parigi, Feltrinelli, Milano 1992, p. 66.
202
Apollinaire, I pittori cubisti, cit., p. 14.
203
“lo spostamento di ottica, la ricerca di ottiche diverse anche nella poesia come nelle altre arti, affondavano le radici nel più profondo dei mutamenti della società del tempo. L’ottocento colonizzatore aveva scentrato l’universo. L’Africa, l’India, l’Asia ecc. erano le diverse ottiche che, agli artisti europei più sensibili, si presentavano” Renzo Paris, L’ordine e l’avventura, in Apollinaire, Poesie, Newton Compton, Roma 1989, p.36.
ritrae e lascia il posto ai detriti e ai frammenti della modernità: “discontinuità di notazioni, autonomia delle immagini, collage di frammenti di conversazioni, tecnica della simultaneità, semplificazione della sintassi, ricreazione dell’universo pittorico attraverso la poesia, cancellazione dell’io psicologico”204.
Dall’altra proprio in qualità di chiffonier, il poeta-pittore dispone su una tavola testuale, indefinitamente ampliata e virtualmente infinita, pezzo a pezzo, la sua collezione di esperienze come tessere di un domino che, volta a volta, assumono diverse posizioni in virtù della differenti concatenazioni e giustapposizioni. E in questo senso ritorna ad essere un dominus che per quanto debole ed evanescente abbraccia l’intera realtà nella sua molteplicità frammentaria. L’abbiamo visto con Lettre-Océan.
Venuta meno l’immagine della totalità del mondo e persino la speranza di ricostruirla (per quanto illusoria e ideologica fosse), ci ritroviamo a costruire tra le rovine, a partire dalla molteplicità delle nostre esperienze, assemblage evanescenti che non diventano mai veramente esperienza condivisa. Proviamo ad accostare alieno e familiare come nel collage: i frammenti appartengono a qualcosa che ci è molto familiare (quotidiani, fiammiferi, etichette), ma che al tempo stesso è posto in un contesto di totale estraniazione in cui la somma delle conoscenze parziali non serve più.
Come scrive Apollinaire, a proposito della simultaneità,
“psicologicamente non è importante che l’immagine visibile sia composta di frammenti del linguaggio parlato, perché il legame tra questi frammenti non è più quello della logica grammaticale, ma piuttosto quello di una logica ideografica che culmina in un ordine della disposizione spaziale totalmente opposto rispetto a quello della giustapposizione discorsiva. (…) E’ l’opposto della narrazione; questa di tutte le forme letterarie è quella che più richiede la logica discorsiva”205.
E, come vedremo, una delle poste in gioco dell’uso del dispositivo del collage/montage nell’avanguardia, è proprio il suo utilizzo in funzione di anti-narrazione206.
204
Decaudin, op. cit., p.123.
205
Un articolo su Les Soirées, cit. in Shattuck, The Banquet Years, cit., p. 310.
206
Si vedano i capp. IV e V. Val la pena di segnalare a margine una considerazione interessante: “Nella poesia (soprattutto moderna) c’è una condensazione che non è semantica, ma dovuta a una riduzione sintattica che ne fa un’immagine, che cortocircuita la
A differenza del futurismo delle parolibere, che usava la tipografia a sostegno di una declamazione teatrale per le serate, Apollinaire ha cercato di contenere la poesia dentro la pagina, di portare la realtà dentro la pagina e non come facevano i futuristi, la pagina fuori nel mondo.
Se si caratterizzano in questo modo i tratti distintivi della pittura cubista, fusione degli oggetti con loro ambiente, combinazione di diverse vedute di un oggetto in una singola immagine, sistema di piani o forme trasparenti e interprenetrantesi, accantonamento del sistema della prospettiva della tradizione occidentale, tutti questi procedimenti si ritrovano nella poesia di Apollinaire. In questo nuovo spazio il lettore/osservatore è chiamato a giocare un ruolo attivo.
“Il nuovo oggetto estetico può nascere nell’occhio dell’osservatore soltanto grazie al suo riassemblaggio e riordinamento attivo che completa l’opera dell’artista. Perciò il nuovo lavoro che ci si aspetta dall’osservatore non può compiersi semplicemente nella percezione della caleidoscopica pluralità delle apparenze nella metropoli moderna. Richiede in più che il lettore abbandoni la tradizionale concentrazione contemplativa e divenga un produttore attivo, ricostruendo l’esperienza moderna della totalità attraverso la distruzione delle sue abituali aspettative”207.
Nelle poesie di Apollinaire, anche in quelle precedenti le sperimentazioni calligrammatiche, il lettore è per così dire portato per mano (più o meno gentilmente) nella flânerie del poeta, i suoi occhi vengono presi in prestito per un viaggio in terre lontane, la sua immaginazione si dilata, ma al contempo egli è costretto a ritessere continuamente la tela del senso.
Per Apollinaire la tecnica poetica diventa anch’essa un’avventura e lo spazio della poesia il teatro di un gioco terribilmente serio (per quanto esercitato con levità), la cui posta è
narrazione e fa sì che la poesia significhi altrimenti. Se resta rappresentativa, non è di un racconto che la precede, ma di una situazione che non esiste se non nella e grazie alla costituzione stessa del testo. In questo senso la poesia è anti-narrativa” in Réné Payant, Collage at large. Le texte déchainé, cit., p. 259-260.
207
Hans-Robert Jauss and Roger Blood, 1912: Threshold to an Epoch. Apollinaire's Zone and Lundi Rue Christine, in “French Yale Studies”, n. 74, 1988, p. 43.
nientemeno che la sopravvivenza della poesia minacciata (come il poeta) di morte per smembramento. Fino a lambire l’esperienza di dada.
Nel Poeta assassinato Croniamantal dice:
“Ho composto ieri la mia ultima poesia in versi regolari: Luth
Zut!
E la mia aultima in versi irregolari ….
D’ora in poi scriverò solo poesie libere da ogni impaccio, a cominciare da quello del linguaggio
Ascolta vecchio mio!
MAHèVIDANOMI RENANOCALIPNODITOC EXTARTINAP + V.S.
A.Z. Te.: 33-122 Pan: Pan OeaoiiiioKTin Iiiiiiiiiiiii”208.
D’altra parte, come potrebbe oggi il poeta (più in generale l’artista) dice Apollinaire, con tutti i nuovi mezzi che ha a disposizione, essere meno libero di una pagina di un qualsiasi quotidiano che ogni giorno accosta e monta insieme le cose più disparate e più distanti? L’accostamento dell’eterogeneo nello spazio del testo non si limita a produrre, un po’ fatuamente, surprise, ma in qualche modo mima il caotico concatenarsi delle esperienze nella vita che fluisce inarrestabile. Un’immagine poetica scatta una foto, accosta come una cartolina ciò che sembra irrimediabilmente lontano. Lo spazio del testo, virtualmente infinito, è attraversato da una pluralità di voci e costituito da una pluralità di materiali diversi di origine «extra-estetica». In questa esperienza di trasformazione dello spazio poetico, l’irruzione dell’oggetto extra-estetico può essere vista come una sorta di mise en
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abîme, come una risposta a un frenetico desiderio di «vita reale», come una finestra su altre dimensioni del testo e del senso209.
Per concludere questa ricognizione sulla poesia di Apollinaire, non si tratta, come si è già detto, di rintracciare un’origine del dispositivo del collage/montage in pittura, o delle catene causali tra arti e campi disciplinari diversi, quanto piuttosto di ritrovare una serie di somiglianze di famiglia, tra autori e campi artistici diversi che hanno operato nell’ambito delle prime avanguardie nei primi decenni del XX secolo. E in effetti i contatti e gli scambi tra gli artisti, il desiderio di sperimentazione e di trasgressione dei confini erano tali, che sarebbe stato strano non trovarne.
209
Lotman a proposito del «testo nel testo», “l’unione retorica di «cose» e «segni di cose» (collage) in un unico insieme testuale genera un duplice effetto, sottolineando allo stesso tempo sia la convenzionalità del convenzionale che la sua incondizionata autenticità”Lotman, La cultura e l’esplosione, cit., p.95.