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II. 1 1912: il mito dell’origine e la sua dissoluzione

III. 2 Coller sans peine?

In che senso e a che condizioni si può parlare di un uso del dispositivo collage/montage in poesia e più in generale della letteratura? E’ legittimo e giustificabile quello che sembra a prima vista un semplice trasferimento (traduzione) di peso di un’operazione in un altro contesto mediale e semiotico?

Alcuni studiosi non hanno dubbi sull’estensibilità (o traducibilità o ancora adattamento) del dispositivo collage/montage che considerano come una delle nervature centrali della rivoluzione artistica del Novecento nei diversi ambiti:

“per la miglior parte del XX secolo - nell’Ulisse di Joyce come nei Cantos di Pound, nelle scatole di Cornell come nella ragazza di Malevic, nella musica d’arredamento di Satie, nelle Europeras di Cage, - il collage è stato il modo più importante per rappresentare una «realtà» in cui non si credeva proprio più e perciò ancor più stimolante e provocatorio”133.

Si pensi invece alla prudenza di Gerard Genette che dedica un imponente studio a quelle che che chiama «pratiche iperestetiche»:

“Segnalando o ricordando il carattere universale delle pratiche iperestetiche non raccomando affatto un’estrapolazione a tutte le arti dei risultati - se ce ne sono - di uno studio sull’ipertestualità. Invito piuttosto a svolgere una serie di ricerche specifiche riguardanti ciascun tipo di arte in cui eventuali parallelismi o convergenze non dovrebbero in nessun modo essere postulati a priori ma solo osservati in un secondo momento“134.

Una risposta che viene dall’indagine semiotica è che se si guarda al testo letterario non come a un sistema chiuso, ma cogliendone l’articolazione interna, la plurivocità e l’apertura135, la sua intertestualità, esso

 133

Marjorie Perloff, Collage and Poetry, Michael Kelly (ed.), Encyclopedia of Aesthetics, vol 1. Oxford University Press, New York 1998, p.384-87.

134

Gerard Genette, Palinsesti: la letteratura al secondo grado, tr. it., Einaudi, Torino 1997, p. 461.

135

Lotman diceva che un testo chiuso è come un’«iscrizione tombale in una lingua sconosciuta»”, Jurij M. Lotman, La struttura del testo poetico, tr. it. Mursia, Milano 1976,

“è sempre un «collage», perché è sempre il prodotto di operazioni di découpage e ri- assemblaggio. E il gesto apparentemente eccentrico del «collage intertestuale» non fa che mettere in evidenza la necessità dello spezzettamento della rappresentazione e la potenza di creazione di legami propri della scrittura poetica”136.

Attraverso un’analisi della struttura del testo si può mostrare il gioco a vari livelli «sintattici» di connessione e rottura, taglio e montaggio. Tutto ciò porta a leggere il dispositivo del collage/montage, non come una tecnica tra le altre, quanto piuttosto come una sorta di lente di ingrandimento o di moltiplicatore (o ancora di fissione e fusione) dei processi di formazione del senso in letteratura: “pedagogico, suo malgrado, il collage rischiara con un fascio luminoso un lato nascosto del processo di significazione”137. Insomma il collage modernista metterebbe a nudo i processi di formazione del senso e questo sembra davvero un aspetto comune all’uso del dispositivo del collage/montage nei diversi campi.

Gli strumenti che sono stati prodotti dall’approccio semiotico sono interessanti e si potrà utilizzarli fruttuosamente nel corso dell’analisi dei testi. Tuttavia questa generalizzazione ci lascia insoddisfatti, non solo in quanto, in una notte in cui tutti i testi sono collage138, siamo privi della possibilità di distinguerli per qualità e gradi, di identificare propriamente dei testi che sono più degli altri «collage» a vari livelli, ma anche perché sembra eludere proprio la questione dell’eterogeneità che è centrale per il collage.



p. 335. Per una prospettiva più generale cfr. Jurij M. Lotman, La cultura e l’esplosione. Prevedibilità e imprevedibilità, tr.it. Feltrinelli, Milano 1993, laddove si dice ad esempio: “Uno dei fondamenti della semiosfera è la sua eterogeneità”, p. 145.

136

Laurent Jenny, Semiotique du collage intertextual ou La littérature à coup de ciseaux, cit., p. 172.

137

Ibidem, p. 181. Kristeva si spinge molto oltre proponendo una concezione della poesia come linguaggio infinito, per cui nel linguaggio poetico “si realizza praticamente la totalità del codice di cui il soggetto dispone. In questa prospettiva, la pratica letteraria si rivela come esplorazione e scoperta delle possibilità del linguaggio; come attività che affranca il soggetto da determinate reti linguistiche (psichiche, sociali); come dinamismo che infrange l’inerzia delle abitudini linguistiche ed offre al linguista l’unica possibilità di studiare il divenire delle significazioni dei segni”, Kristeva, op. cit., p. 147.

138

Cfr. in proposito la critica di questa deriva del tout est collage, Gérard Dessous, Dérive du collage, cit.

Se nei papier collé e nei primi collage cubisti era evidente l’irruzione sul piano pittorico di un frammento del tutto eterogeneo (chiodo, spartito, canné che fosse), un’eterogeneità prima di tutto materiale, anche se interpretabile in modi diversi, in poesia come si manifestano questi diversi gradi di eterogeneità? Se regge ancora la comparazione tra verbale e visuale quando si dice, ad esempio, che in entrambi si manifestano ambiguità a proposito della gerarchia tra le parti incastonate, tra «quadro scenico» e «soggetto rappresentativo», cosicché si ha “la stessa esitazione, lo stesso appiattimento della prospettiva, in cui i motivi perdono il loro valore gerarchico e in cui l’enunciazione si decentra”139, non si è però ancora con ciò interrogata a fondo la questione della eterogeneità.

E’ stata tentata anche una semiotica dell’eterotopia, ad es. da Genot che attraverso l’uso di formalizzazioni e teoria degli insiemi fuzzy, arriva a dire che il fenomeno dell’eterotopia testuale può essere definito a partire dalla doppia appartenenza in relazione a sistemi di norme e produce una classificazione sofisticata140 che però appare artificiosa. Se si lascia da parte questo aspetto e l’eccesso di formalizzazione, Genot tocca però due punti importanti. In primo luogo sottolinea con forza l’aspetto pragmatico della questione: una pratica eterotopica si definisce in base all’uso considerato più o meno normale all’interno di un dato insieme di parlanti. In secondo luogo l’eterotopia, a diversi gradi, nel testo vi

 139

Laurent Jenny, op. cit., p. 176.

140

“Si può schizzare sommariamente una tipologia empirica e intuitiva dei fenomeni di eterotopia:

-Manifestazione: un sottinsieme fa parte di una sostanza non normale. Casi tipici: un oggetto qualunque incollato su un dipinto; uno schizzo in una suite grafematica, una proiezione in un discorso orale; un parco in una villa, un’espressione straniera in un discorso in lingua naturale.

- Struttura superficiale: un sottinsieme di una struttura data è compreso in un discorso in cui questa struttura è non normale. Casi tipici: un edificio composito (romanico-gotico- barocco); una cappella in un palazzo, un disegno al tratto in un film; un dialogo in un discorso d’azione.

- Rappresentazione semantica: è la conseguenza a livello della percezione/concezione dei mondi, dell’accezione dell’eterogeneità. Casi tipici: un nano tra le principesse in un dipinto di corte (o nella «realtà» della Corte); lo schiavo dietro il trionfatore; una bistecca con patatine fritte a Pechino. Un procione qui” Gérard Genot, L’Adieu d’Ophelie.Pour une semiotique de l’heterotopie, in “Revue d’esthetique”, ”, n. ¾, 1978, p. 275.

produce un conflitto tra pratiche considerate normalmente incompatibili che mette in crisi la coerenza nella strutturazione del testo141.

Ci saranno dunque una serie di procedimenti che fanno i conti con l’eterogeneo sia creando vuoti che il lettore/osservatore deve riempire, sia decostruendo le norme di coerenza grammaticale, sintattica e semantica.

C’è poi un aspetto che riguarda non l’eterogeneo, ma la giuntura che è l’altra faccia della rottura: nell’opera, lavorata dal dispositivo del collage/montage, si manifestano rotture e suture di tipo diverso, gradi diversi di eterogeneità nel tessuto testuale e visuale. In altri termini: posto che non basta che ci sia un prestito nascosto o una citazione esplicita perché si dia collage nel testo verbale, è necessario che l’eterogeneità sia marcata, esibita e che diventi un elemento centrale e decisivo di produzione del senso. Cosicché si avrà un testo (in senso lato) come un campo di tensioni tra forze centripete e centrifughe, tra Gestalt e fratture, tra buchi del Reale e agglutinazioni del senso, e i testi di Apollinaire, come si cercherà di mostrare, mettono in scena questa pluralità di procedimenti.

Il problema è che “l’ordine verbale è fondamentalmente omogeneo, al punto che il «non letterario» non smette di transitare verso il «letterario»”142, cosicché bisognerà interpretare in modo restrittivo quel carattere di eterotopia che è essenziale per definire il collage, senza per questo perdere la radicalità degli esiti dell’uso di questo dispositivo di collage/montage.

 141

Laurent Jenny, op. cit., p. 277.

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