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Il sito di Iol Caesarea, come ultima città presa in esame, presenta purtroppo delle problematiche differenti rispetto a Cartagine e Leptis magna. La città ha subito 848 Ibid., pp. 1635 – 1636. 849 M. Pasquinucci et al. 2002, pp. 1112 – 1113. 850 Ph Leveau 1982, pp. 156 – 157. 851 Ibid., p. 161. 852 G. Volpe 2002, p. 246.

diversi fenomeni che ne hanno a più riprese stravolto gli assetti; sono avvenuti fenomeni naturali traumatici quali terremoti dovuti alla natura fortemente sismica del sito sia fenomeni antropici che ne hanno modificato gli assetti urbanistici

Sono registrati forti terremoti nel 1738, nel 1863 e nel 1981. Sicuramente questi

eventi sono stati frequenti anche nell’antichità853.

Invece i fenomeni antropici sono essenzialmente di due tipi: edilizi e bellici. L’antico sito della città punica o romana è tutt’oggi a continuità di vita, quindi tutte le ipotesi per ricostruire il piano urbanistico saranno basate su dati frammentari e indagini parziali. Quanto agli eventi bellici più significativi che hanno investito la città modificandola, nel marzo 1840 le forze francesi occuparono la città cingendola di

mura e costruendo monumenti854.

4.4.1. Urbanistica e fortificazioni: tra ideologia e necessità

La ricomposizione del piano urbanistico antico di Caesarea per le cause sopra descritte presenta molti problemi.

Ci si è a lungo interrogati se la città fosse stata progettata secondo un piano urbanistico ortogonale, segno che distingueva le città civilizzate e degne della gloria di Roma.

Giuba II, in qualità di Re cliente, aveva l’ormai chiaro compito di creare uno manifesto di Roma, quindi doveva assumere le linee guida e i principi con cui Roma stessa andava a fondare le sue colonie.

Ovviamente non sempre era possibile applicare i principi di simmetria e ortogonalità voluti dalla teoria alla lettera, a volte era d’uopo sopperire alle particolari emergenze geografiche della zona modificando e plasmando lo schema urbanistico in base a esigenze pratiche a cui seguiva con infallibile pragmatismo lo sviluppo urbano.

Caesarea era una città portuale, e nascendo come scalo commerciale doveva essere soggetta non solo alla conformazione del terreno ma anche alla linea di costa quasi mai lineare.

853 L. I. Manfredi – F. Susanna 2013, p 40. 854 A. Mazzolani Andreose 2013, p. 32.

Gli sconosciuti architetti di Giuba, che possiamo presumere abbiano seguito il Re da

Roma855 si trovarono in una situazione tutt’altro che facile quando decisero di

tracciare il reticolo dei cardini e dei decumani in cui doveva essere divisa la città. La città comunque fu dotata di un impianto urbanistico ordinato, lo possiamo sicuramente vedere a colpo d’occhio da come tutti i monumenti si inseriscono entro di esso, ma più specificamente dai resti archeologici che delimitano la pianta della città; in prima analisi vediamo come nella zona occidentale in una grande proprietà privata siano stati rinvenuti tracce di un decumano lastricato per una lunghezza di 300 metri di cui non conosciamo l’incrocio con il decumano di riferimento ma del

quale per dimensioni è ipotizzabile si trattasse di un decumano importante856.

Purtroppo è difficile stabilire la regolarità, la spaziatura e il ritmo dei cardi e decumani a causa delle costruzioni moderne; più a nord abbiamo un secondo decumano più stretto e non lastricato. L’insorgere di resti di un tempio e di una domus pongono dei dubbi interpretativi in tal senso; in questa zona la spaziatura dei decumani forse era irregolare o comunque diversa dalle altre zone. Nella zona est della città una migliore e più estesa analisi di scavo ha messo in luce un maggiore numero di strade, dove si è potuto rilevare una spaziatura dei decumani più regolare, a 53 metri l’uno dall’altro857.

Gli assi principali per fortuna sono di più facile interpretazione perché probabilmente vengono ricalcati dalle preesistenze puniche; il Cardo Massimo, attuale strada dell’Est collegava il porto alla zona pedemontana, mentre il Decumano Massimo, odierna strada N 11, lo incrociava a poca distanza dal foro severiano, i cui limiti sono

ben scanditi da alcune necropoli858.

Tuttavia il centro della città è quello in cui è stato più difficile operare; qui la costruzione che fu successiva a quella Punica a scopo abitativo differiva dalla precedente per aspetti molto importanti. In primo luogo, il suo allineamento era stato cambiato di circa dieci gradi, trasformando sia gli edifici pubblici seguenti sul sito sia il reticolo di strade della parte orientale di Caesarea. Sembra probabile che questo nuovo orientamento di strade e di edifici segni una fase decisiva nella pianificazione della città come un tutt’uno può probabilmente essere direttamente associato con

855 Ph. Leveau 1983, p. 535.

856 Murava in larghezza 11,80 metri ovvero 140 piedi, l’ideale misura secondo la legge auguste per un per un Decumano Massimo, Ibid. 1934, p. 71.

857 Ibid., p. 73.

l’ascesa al potere di Giuba II e le sue ambizioni di convertire Iol in una vera città classica. Secondariamente, vennero impiegate tecniche costruttive molto più sviluppate, con l’ampio uso di muratura rivestita, fissata in una malta gialla. Appaiono anche pavimenti in opus signinum, dando l’impressione complessiva di un livello costruttivo molto più alto. È probabilmente significativo che questo coincida con un periodo in cui sicuramente vi erano artigiani italici al lavoro in città, ed erano in costruzione un numero di monumenti classici, come il teatro e probabilmente l’anfiteatro859.

A testimoniare la presenza di una pianta ortogonale possiamo notare come i monumenti antichi si inseriscano nell’assetto viario moderno, indizio forte di come

l’assetto ortogonale odierno ricalchi in parte quello antico860.

Per capire in maniera più profonda l’urbanistica di Caesarea bisogna chiarire un ultimo punto, l’orientamento degli assi delle varie zone. In molte città dell’Africa abbiamo visto come molto spesso a fronte di una pianta ortogonale abbiamo difformità di orientamento tra i vari quartieri, Leptis Magna e Volubilis sono un fulgido esempio di questo fenomeno. Ma se per Leptis Magna la difformità di orientamento è dovuta a fasi successive di costruzione, a Caesarea abbiamo la necessità di adattarsi alla linea di costa. In tal senso gli scavi del 1967, nella zona occidentale, sono molto importanti perché dimostrano come già durante il periodo monarchico in questa zona gli edifici e le strade mostrano una variazione di 10° in rapporto a quelli del centro dello stesso periodo. Si può quindi affermare con sicurezza che il decumano che attraversa il quadrilatero urbano, di forma trapezoidale, non è mai stato rettilineo861.

Al regno di Giuba II si attesta la costruzione dei grandi monumenti urbani che si inseriscono tutti con estrema cura in un assetto urbanistico che potremmo datare allo stesso periodo.

Nella città romana una stretta connessione possiamo trovare il tra il tessuto urbano e le mura che lo cingono; a Caesarea questa connessione potrebbe apparire labile ad una frettolosa analisi. Sempre con Giuba II promotore, abbiamo la costruzione di una imponente cinta muraria, la più vasta dell’Africa Romana. Le mura erano un simbolo

859 N. Benseddik – T. W Potter 1993, p. 36. 860 Ph. Leveau 1984, p. 77.

della dignitas romana, un elemento ideologico importantissimo che qualificava una città; inoltre erano un elemento centrale nel programma propagandistico di Augusto. Abbiamo diversi esempi di mura urbiche donate dal principe, alcuni davvero emblematici che fanno capire come le mura non siano più solo uno strumento di difesa ma un simbolo. In Italia a Rimini, abbiamo la fondazione della cinta muraria donata dall’imperatore; ma queste mura non svolgono una funzione difensiva che non sarebbe servita perché in periodo di pace, ma solo celebrativa come denota la porta d’ingresso senza chiusura. Nelle province la situazione non cambia di molto, un importante e ben conosciuto esempio di cinta l’abbiamo in Gallia a Nimes. Qui la vasta cinta fu donata da Augusto, come ci dice l’iscrizione sulla porta d’ingresso. Se pur la Gallia era pacificata non si rinunciava alla funzione prettamente difensiva anche se più rilassata rispetto a come sarebbe in un periodo più turbolento; ne è esempio la porta principale chiamata Porta di Augusto che presenta ben 4 ingressi862.

Un'altra particolarità della cinta muraria sopra descritta era la sua estensione, difatti essa ingloba un territorio molto più vasto di quanto fosse realmente edificato. Questa

peculiarità è propria anche della cinta di Caesarea, lunga 4,66 Km863 mentre altri

autori dicono addirittura 7 KM (forse per avere un perimetro pari a quelle di Roma)864;

esasa ingloba una porzione di territorio di 370 ettari, molto maggiore rispetto alla

grandezza effettiva dell’abitato865 attestato intorno gli 150 ettari866. Le mura di

Cherchel per lungo tempo hanno posto un grosso problema di datazione. Le mura

urbiche in Africa avranno più fortuna nel II sec. d.C.867, quindi una cinta tanto

poderosa si riteneva potesse essere attribuibile a quel periodo, ma i confronti con altre cinte molto simili di età augustea hanno fatto propendere gli studiosi per una datazione al regno di Giuba II. Uno di questi esempi è la già citata città di Nimes, ma sempre dalla Gallia potremmo citare Vienne e Autum che come a Cesarea coprono

una vasta porzione di terreno ben oltre quella realmente edificato868. La datazione a

862 F. Fabiani 2014, pp. 87 – 88.

863 Ph. Leveau 1934, p. 26; T. W. Potter 1995, p. 9. 864 M. Floriani Squarciapino ;S. Rinaldi Tufi 2012, p. 364. 865 Ph. Leveau 1984, p. 26; T. W. Potter 1995, p. 9. 866 Ph. Leveau 1994, p. 115.

867 P. Gros 1996, p. 56. 868 Ph. Leveau 1984, p. 30.

Giuba II sembra indotta dai confronti fatti in Gallia e dalla vicinanza ideologica ad

Augusto, che concedeva il benestare ai suoi re clienti di edificare le mura869.

Quella di Caesarea come detto è una delle cinte urbiche più vaste del mondo romano e la più grande d’Africa. Racchiude tutto il centro edificato, compresi teatro e anfiteatro, sino a scalare i rilievi retrostanti la città; ma perché costruire una cinta tanto sproporzionata? Le mura di Caesarea di Mauretania si inquadrano in una tipologia di fortificazione che avrà grande fortuna durante l’epoca ellenistica che prende il nome di Gelandemauern. Erano cinte territoriali che inglobavano anche

parte del territorio circostante870. Ovviamente Giuba poteva costruire anche mura più

ridotte ma le particolari esigenze difensive hanno fatto propendere per questa tipologia. La parte di muro che correva sulle creste, che arriva ad una quota di 244

metri s.l.m.871 visibili entrando in porto, era stata occupata per non lasciare un

vantaggio strategico di altezza ad un eventuale nemico che volesse assediare la città.

Le mura si dividono in diversi settori che vedono accorgimenti tecnici differenti; notiamo che nelle zone che hanno una protezione naturale il muro è più stretto e ci sono meno torri, mentre la zona delle creste che era quella frontale nell’evenienza di un attacco, è lunga 1650 metri e comporta un muro più massiccio che raggiunge i 3 metri di spessore e un’altezza di quasi 7; questo versante era rinforzato con 3 bastioni difensivi circolari di 40 metri di diametro872. Le torri in totale erano 35 e si concentravano sul versante sud ed erano più rade nei versanti est e ovest vicino alla costa. Le torri più imponenti a pianta ottagonale sono quelle che fiancheggiano la porta meridionale d’ingresso alla città, la monumentale porta Zucchabar. Era un arco a tre fornici arretrato di 30 metri rispetto alla linea delle fortificazioni, e collegato con due muri obliqui, che formano un cortile controllato dalle torri. E’ una variante della tipologia di porta difensiva denominato “a tenaglia”, schema che ritroviamo anche in una seconda porta, posta sul lato Est delle fortificazioni di Caesarea, la porta Tipasa873. Qui i muri di raccordo tra fortificazione e porta non sono diritti ma sono curvilinei; si definisce questa tipologia porta a semiluna formando un emiciclo di 20

869 Ibid., p. 31 e 33.

870 Ne abbiamo moltissimi esempi sparsi: in Etruria con Volterra oppure a Efeso, fino alla Tessaglia; F. Fabiani 2014, p. 77.

871 D. W. Roller 2003, p. 127. 872 Ph. Leveau 1984, p.26. 873 P. Gros 1996, p. 56.

metri di raggio, ed anche qui abbiamo due torri a guardia della porta. La porta principale sul lato ovest purtroppo non è stata identificata, abbiamo solo tracce di una

porta secondaria874.

A Caesarea vediamo bene come pianta urbanistica e tracciato urbano rispondono a delle esigenze precise, che sono di carattere tecnico e ideologico; per estensione e impatto sono un simbolo importante per coloro che arrivano, per coloro che attaccano sono un monito a non sfidare uno stato sotto la tutela di Roma.

4.4.2. Gli altri monumenti del programma edilizio di Giuba II

Giuba II, nel perseguire il suo intento di ricreare una Roma, o almeno uno specchio di essa in Africa non si limitò solo alla sistemazione del terreno e alla costruzione delle mura, ma costruì tutti quelli edifici che erano i simboli della Roma augustea. Edifici per spettacolo, un acquedotto ed ovviamente un foro.

Cherchel come ogni degna capitale presenta il trittico di edifici per spettacolo romani, un teatro, un anfiteatro e un circo.

Oltre tutto erano tra gli edifici più cari all’imperatore Augusto, l’edificio civico per antonomasia, come soleva dire P. Gros. Quindi la sua costruzione in una capitale di un regno cliente si sposa perfettamente con l’ideale e con il programma del Re mauro875.

Questi edifici ancora oggi visibili, hanno condiviso molto del destino futuro della città e hanno subito molti oltraggi e danneggiamenti al momento dell’occupazione francese nel 1840; il teatro subì anche una modifica importante in età imperiale

quando venne modificato per ospitare i giochi dei gladiatori876. Queste importanti

modifiche hanno reso ostica la datazione; Gsell per primo propose appunto l’età monarchica, ma le sistematiche espoliazioni alla ricerca di materiale edilizio rendevano la lettura del monumento difficoltosa. Tuttavia dai confronti dei resti su base stilistica, si possono ricollegare ai modelli italici che Giuba e i suoi architetti dovevano ben conoscere, inquadrando una diretta ispirazione con il teatro di

Pompeo877 e si può datare la costruzione del teatro tra il 25 a.C. anno dell’ascesa al

874 Ph. Leveau 1984, p.27. 875 D. W. Roller 2003, p. 123. 876 G. Picard 1975, p. 386. 877 A. Pichot 2008, p. 263.

trono e il 15 a.C.878. Questa datazione fa del teatro di Cherchel il secondo più antico dell’Africa romana, posteriore solo a quello di Utica, conosciuto solo dalle fonti letterarie ma di cui non abbiamo una collocazione certa; questo teatro è contemporaneo del teatro di Marcello a Roma, mentre nelle province solo il teatro di Lione è più antico879.

Il teatro era costruito al centro del tessuto urbanistico e dominava la città; a differenza dei teatri romani che non sfruttavano i pendii per la costruzione della

cavea, il teatro di Caesarea si addossava in parte sul pendio naturale e in parte era è

sorretto da imponenti sostruzioni; oltre a questo dettaglio però lo schema geometrico e l’orientamento verso Nord rientrano perfettamente nelle prescrizioni di Vitruvio per i

teatri880. Il teatro misurava 90 metri nella sua estensione maggiore ed è stato stimato

che potesse accogliere circa 6300 persone881. La cavea sembra contare 27 gradini

divisi in due meniani, per un diametro di 45 metri. La parte alta era circondata da un portico e al centro perfettamente sull’asse mediano del teatro vi era un sicuramente

un sacellum a pianta rettangolare882. L’orchestra e la parte inferiore della cavea sono

state distrutte per fare spazio ad un’arena di forma ellittica; è imprecisa la data di questa trasformazione però sicuramente dopo il regno di Giuba e del figlio Tolomeo quindi nel II o III d.C.; è possibile comunque risalire al diametro dell’orchestra che doveva aggirarsi intorno ai 22 metri. Anche il pulpitum venne demolito per fare posto all’arena, ma rimane un proscaenium di 42 metri di lunghezza e largo 12 che diventa l’ingresso dell’arena. La scena era a tre ordini corinzi sovrapposti

Secondo edificio per spettacolo voluto da Re è l’anfiteatro; è situato nella parte orientale della città a 800 metri dal foro all’altezza del promontorio di Tizerine, inserendosi in maniera perfettamente efficiente nel tessuto urbano. La peculiarità di questo edificio è però un’altra, ed è tale da renderlo un unicum nel panorama romano: presenta una pianta allungata, e non con la consueta forma di ellisse, con l’arena composta da uno spazio rettangolare al centro prolungato da due semicerchi sui lati corti; l’asse mediano raggiunge una lunghezza di 101 metri arrivando a toccare una superfice di 4028 metri quadrati. Queste dimensioni sono superiori

878 Ibid., p. 394; una datazione proposta da P. Pensabene abbassa ulteriormente questa da ta al 10 a.C. sull’analisi dei capitelli, Ph. Leveau 1984, p. 35.

879 Ibid., p. 395.

880 Vitr, De Arch., V, 3, 2. 881 A. Pichot 2008, p. 262.

persino a quelle dell’arena del Colosseo che è la più grande arena ellittica conosciuta

nel mondo romano883. Cio che dimostra che siamo di fronte ad un anfiteatro è la

presenza di un basamento, e abbiamo all’intersezione dei due assi centrali dell’arena la presenza di una fossa centrale simile a quella riscontrata in altri anfiteatri. Questa fossa centrale era servita da una serie di gallerie sotterranee non completamente

indagate.884. Le entrate si trovavano come consuetudine all’estremità dell’asse

maggiore sui lati curvi885. La cavea fu edificata in due fasi, da una prima larghezza di

11, 45 metri si passò a 16,45. Le parti rettilinee della cavea, seguendo la geometria del monumento, erano sorrette da un riempimento molto fitto secondo una tecnica riscontrata per esempio nell’anfiteatro di Merida. Invece le sezioni curve della cavea

sono sorrette da volte coniche886. Tutte le strutture sono costruite con la tecnica del

petit appareie tipica nella città nel primo secolo che data l’edificio al regno di Giuba II o di Tolomeo887.

Una riflessione bisogna fare dietro la costruzione di questo edificio: siamo di fronte un prototipo, un edificio sperimentale che Giuba II vuole per importare alcuni degli spettacoli più popolari nel mondo romano: le venationes o i combattimenti tra gruppi armati. I giochi gladiatori ancora nel periodo augusteo si svolgevano nel foro888, e considerando che non esistevano ancora gli anfiteatri monumentali Giuba era alla ricerca di un nuovo tipo di edificio monumentale; ne è prova che questa struttura non si prestava bene ad ospitare giochi gladiatori, con la conseguenza che verrà modificato il teatro per ospitare tale eventi. E’ impensabile che gli architetti che hanno lavorato a Caesarea siano stati tanto mediocri da sbagliare la pianta di un edificio, semplicemente Giuba II nel tentativo di emulare il fervore edilizio di Roma ha

cercato di dare i natali ad un nuovo prototipo di edificio889.

Forse Giuba II aveva dotato la capitale anche di un circo; purtroppo non possiamo averne la certezza, perchè l’interpretazione e lo studio delle strutture ha dato risultati contrastanti. Il circo era posizionato in posizione analoga a quella dell’anfiteatro ma nella zona occidentale della città. I resti sono davvero poveri ma è ancora visibile sul terreno la forma dell’antico monumento; inoltre possediamo una pianta disegnata da

883 L’area rettangolare presenta dimensioni di 57 x 44, J. C. Golvin – Ph. Leveau 1979, pp. 818 – 819. 884 Ibid., pp. 824 – 825.

885 Ph. Leveau 1984, p. 38.

886 J. C. Golvin – Ph. Leveau 1979, p.826. 887 Ibid., p. 827.

888 Vitr, De Arch., V, I, 2: Ideo quod majoribus consuetudotradita est, gladiatoria munera in foro dari. 889 Ph. Leveau 1984, p. 38.

Ravoisé all’indomani dell’occupazione francese. Secondo questa pianta le dimensioni di massima del circo sono di 410,50 m di lunghezza e 88 m di larghezza, ma non è impossibile secondo una osservazione di J. Lassurs che sul versante ovest si estendesse ben oltre superando i 410,50 metri rilevati dal Ravoisé. Inoltre la pianta Ravoisé denota altri dettagli bizzarri; misura la spina larga 0,80 metri quando di norma nei circhi era larga dai 6 ai 9 metri. J. Kolendo suppone che anche qui la spina

era composta da due muri collegati da una volta come a Cartagine890. La cavea nel

settore nord era sostenuta da contrafforti e misura 5,42 metri per un totale di 7 gradini.

Le murature richiamano la tecnica edilizia più diffusa a Caesarea nel I sec. d.C., il petit appareille, per questo la prima datazione fu proprio al periodo monarchico. Ma

la certezza manca ed è stato osservato che sulla porta d’ingresso891 i capitelli

potrebbero essere di età severiana.

Spostandoci verso il centro della città bisogna affrontare la questione del foro. Da città romana che si rispetti non poteva mancare il fulcro della vita civica e politica, ma purtroppo la continuità di vita della città ci rende arduo ricostruire anche solo l’ubicazione della piazza forense. Ad oggi quello che si pensava fosse il foro di Giuba II si è rivelato invece essere datato a Settimio Severo. Durante il periodo della monarchia cliente qui abbiamo un polo manifatturiero con attestazioni di vari attività;