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Gli Emporia della Tripolitania; dall’ eparchia cartaginese alla romanizzazione volontaria romanizzazione volontaria

Con la denominazione Emporia si intendono generalmente le tre maggiori città della Tripolitania ovvero Sabratha, Oea e Leptis Magna. Tito Livio e Polibio, però, parlano degli Emporia sotto il controllo cartaginese comprendendoli in una zona molto più

ampia497, che si estende della Piccola Sirte attuale Golfo di Gabes fino alla Grande

Sirte, un territorio molto più vasto rispetto a quello controllato dalle tre città 498.

494 Hdt. IV, 198.

495 A. di Vita 1982, p. 520. 496 Ibid., p. 516.

497 Liv. XXII, 31, 2; Polyb. III, 96, 12. 498 Liv. XXXIV, 62, 3.

Questa zona rientrava in un ambizioso progetto espansionistico, promosso da una

potenza che doveva essere già fortemente radicata nel territorio, Cartagine499.

Tramite gli Emporia, Cartagine poteva ampliare le rotte commerciali arrivando a stringere contatti con la regione dei Garamanti, tribù famosa in tutto il mondo antico,

che abitavano il Fezzan500, ma soprattutto con l’Egitto501.

Un’ipotesi basata solo su fonti letterarie e scarsamente confermata da quelle archeologiche, attesta che la zona degli Emporia avesse subito una qualche forma di colonizzazione durante la prima espansione fenicia verso Occidente nelle

esplorazioni alla ricerca di metalli502. Non è da escludere che la costa tra le due Sirti

abbia offerto riparo durante l’esplorazione, ma nessuna traccia archeologica ci consente di confermare tale ipotesi, anche se è obiettivamente possibile dato che dove sorsero i tre Empori cartaginesi vi erano le condizioni naturali preferite dai Fenici, con insenature naturali e isolotti a riparare le imbarcazioni dai temibili venti

che spiravano in direzione Nord - Ovest503.

Nell’attesa di dati archeologici certi per ora possiamo dire che le tre città principali della regione degli Emporia sorsero come colonie sotto il controllo di Cartagine inizialmente come scali stagionali: il primo nucleo di Leptis si data verso la seconda metà del VII secolo a.C., Sabratha alla fine del VI secolo a.C. e Oea nel V sec. a.C. Gli insediamenti diventano stabili solo più tardi, probabilmente per bloccare l’avanzata dei Greci che intendevano fondare colonie sulle sponde del Cinypus. Lo sviluppo di Sabratha come insediamento stabile si attesta dalla fine del V inizi IV sec. a.C., mentre per Oea non abbiamo precisa collocazione cronologica data la

scarsità dei dati in nostro possesso504.

Senza dubbio sono state le caratteristiche naturali ad attirare l’attenzione di Cartagine e quindi a promuovere lo sviluppo di queste città. Sin da subito, la conformazione favorevole della costa e l’entroterra fertile hanno permesso a Leptis di primeggiare sotto la dominazione cartaginese; le fonti dicono che nel III sec a.C. la città era costretta al tributo di un talento al giorno, probabilmente tale fardello era

499 A. di Vita 1982, p. 517. 500 Hdt. IV, 183. 501 A. Di Vita 1982, p. 516. 502 A. Di Vita 1970 – 1971, p. 238. 503 A. Di Vita 1970 – 1971, pp. 237 – 238. 504 D. J. Mattingly 1995, p. 50.

esteso anche alle altre due città505, in modo da bloccare lo sviluppo economico

autonomo della regione506. Le colonie cartaginesi ovviamente non si presentavano

come le città romane a livello di decoro urbanistico, ma erano solamente

insediamenti utili ad essere sfruttati come scali portuali507.

Sarà solo con la disfatta di Cartagine nella seconda guerra punica che gradualmente gli Empori guadagneranno una certa autonomia economica, entrando a far parte di fatto del regno di Massinissa.

La Tripolitania però non riceverà mai una forte spinta coloniale da parte di Roma a differenza invece della vicina provincia dell’Africa nova (poi Proconsolare), che già dal tempo di Massinissa era costellata da numerose città che andarono ad

aumentare sempre di più con l’annessione all’impero508.

Questo è il principale motivo per cui Leptis, Oea e Sabratha conservarono per lungo tempo tradizioni culturali puniche, anche dopo aver stretto rapporti stabili con Roma.

Qualunque fosse il loro status giuridico509, è in questo clima di totale autonomia che

le famiglie nobiliari di spicco, che di fatto gestivano tutti i traffici commerciali principali e comandavano gli Emporia, sono libere di recepire e assorbire tutti gli influssi provenienti dalle zone con cui entravano in contatto. Per questo non ci si deve sorprendere nel trovare fortissime attestazioni della cultura ellenistica a Sabratha, Oea e Leptis dal II sec. a.C. al I sec. d.C., al quale si aggiunse dalla fine dell’età

505 Liv. XXXIV, 62, 3; dal passo di Livio si intende che l’unica città fosse Leptis Magna, ma questo è inverosimile perché al tempo degli screzi tra il Re di Numidia, che ingloberà nei suoi territori la regione degli Emporia, e Cartagine dopo la seconda Guerra Punica, i porti di Sebartha e Oea erano divenute insediamenti stabili.

506 D. J. Mattingly 1995, p. 50. 507 B. H. Warmington 1960, p. 74. 508 A. Di Vita 1982, p. 356.

509 La questione dal punto di vista giuridico istituzionale dei rapporti tra gli Emporia e Roma è parecchio complessa e si delinea nelle fonti non senza lasciare parecchi dubbi interpretativi.

Già dalla guerra Giugurtina del 111 a.C. Leptis stringe un foedus con Roma. Inoltre sin dal I sec a.C. le tre città iniziano a battere moneta propria; però fondamentalmente gli Emporia della Tripolitania rimangono autonomi ancora nella media età augustea, in quanto non vengono ricordati da Plinio nel novero degli oppida liberi al momento della creazione della nuova provincia dell’africa Nova, non perché come si pensava su di loro gravasse un ammenda stabilita da Cesare con la revoca del foedus e il passaggio a uno status di città stipendiariae, ma perché esse si trovavano fisicamente fuori dai confini provinciali stabiliti, che inglobavano solamente i territori del regno di Numidia (ex regnoque

provincia facta: Bell Afr. 97, 2). Innegabile la presenza di monete con le effigi di Augusto databili tra il

12 e l’8 a.C., ma che si possono meglio giustificare nella politica di interesse verso quei ricchi centri e porti, tra i quali spiccavano quelli dell’Africa Proconsolare. Per le città della Tripolitania la protezione di Roma contro le potenti tribù interne e la rimozione dell’ammenda stabilita da Cesare, potrebbero aver contribuito a dedicare una serie di monete ad Augusto, con il volto del benevolo imperatore e le sue insegne. Dopo Augusto le sorti della regione saranno le stesse di tutta l’Africa Proconsolare, in cui l’integrazione delle tre città nell’orbita di Roma sarà più vistosa e meglio definita dalle fonti, A. Di Vita 1982, pp. 322 – 329.

augustea una maggiore presenza romana portata da alcune famiglie, che si trasferiscono sin da subito negli Empori di cui abbiamo qualche attestazione; uno è

noto, M. Herennius, che usa Leptis come base per le sue operazioni510.

Nonostante il miscuglio culturale e la stratificazione sociale molto variegata, rimase

sempre forte e pregnante l’elemento originale punico511 che conserverà molti degli

arcaici costumi.

Un esempio tangibile possiamo vederlo nel perdurare delle cariche magistratuali; a

Leptis Magna, per esempio, abbiamo i sufeti fino a Vespasiano, con cui diventa512

municipium513; verosimilmente tali cariche perdurano anche nelle altre due città per un periodo simile salvo poi essere sostituite dai duoviri, man mano che le città venivano incorporate ufficialmente nell’impero assurgendo al rango di municipio o colonia. Inoltre quella del duoviro è una carica simile per funzioni a quella del sufeto,

quindi non andava a alterare più di tanto l’ordine sociale della città514.

Altra dimostrazione del notevole sincretismo culturale presente negli Emporia sono le numerosissime attestazioni epigrafiche bilingui ritrovate, che testimoniano l’attivissima attività edilizia durante la fase giulio – claudia. A Leptis molte iscrizioni dedicatorie in punico e latino attestano come la classe dominante si prodigasse a

proprie spese per il benessere della comunità515, costruendo edifici che si rifanno

però all’architettura romana come il famoso macellum, ma soprattutto all’ideologia romana come espressione del potere con la costruzione per esempio del teatro. Come detto in precedenza, la costruzione del teatro in una città non ancora romana di fatto, è un chiaro atto di adesione volontaria a modelli di propaganda augustei, con la chiara speranza di essere inglobati in quella che stava ormai diventando la cultura

dominante516.

Come ultimo esempio del sincretismo che avvolge questa regione dell’Africa accenniamo ai culti religiosi. Anche in questo caso i culti più antichi furono resistenti, ma si operò una sorta di commistione di divinità e culti.

Sempre protagoniste erano le famiglie più importanti delle aristocrazie cittadine. A Leptis abbiamo una iscrizione dell’8 a.C. che nomina due personaggi di spicco a 510 D. J. Mattingly 1995, p. 51. 511 A. Di Vita 1983, p. 364. 512 L. Musso 1995, p. 335. 513 A. Di Vita 1982, p. 546. 514 Ibid., pp. 541 – 542. 515 M. G. Amadasi Guzzo 1983, p. 378. 516 S. Bullo 2002, p. 174.

rivestire la carica di flamini di Augusto e Cesare, erano Iddibal figlio di Arise

Abdemelquart figlio di Hannobal517. Possiamo dedurre che il culto imperiale è stato

introdotto in quelle famiglie che amministravano la vita economica delle città della Tripolitania già in alta età imperiale, non solo quello dell’imperatore vivente ma anche quello di Roma. Tale culto, nato nelle poleis ellenistiche, in seguito sarebbe arrivato a Leptis. Una prova a supporto di tale ipotesi è che dal foro vecchio provengono due

acroliti di Augusto e Roma518 , a conferma dell’esistenza di un tempio a loro dedicato

eretto a spese di privati, gli stessi che poi ricoprirono la carica sacerdotale519.

Probabilmente questo nuovo culto andava a sostituire o meglio ad affiancare quelli

che erano gli dèi poliadi di Leptis: Sharpada e Milk’ahtart520.

Potremmo dire che in Tripolitania assistiamo ad un fenomeno di romanizzazione “volontaria” delle elitè puniche che, se pur orgogliose delle loro ancestrali radici, non esitano per profitto ad aderire ai nuovi schemi di potere economico che investirono la regione. Ciò non nega la situazione alquanto singolare, verificatasi nei tre porti della regione, che godono per quasi due secoli di assoluta indipendenza economica e amministrativa.