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La romanizzazione è quel fenomeno con cui gli studiosi di antichità indicano imacro e micro cambiamenti che un territorio e la sua popolazione subiscono dopo i contatti con la civiltà romana oppure con l’annessione all’Impero tramite conquista.

Questo fenomeno è mutevole a seconda del territorio che entra nell’orbita romana. Vi contribuiscono molti fattori come: l’urbanizzazione, la struttura di governo e la legislazione, ma anche fattori fisici indipendenti dall’uomo come la morfologia del terreno, gli assetti fluviali e costieri, che andranno a condizionare

130 Ibid., pp. 140 – 141.

l’uso e lo sfruttamento finanche la giurisdizione che Roma applicherà al territorio conquistato.

Molto spesso, dopo la conquista, Roma non rimaneva a governare o gestire direttamente il nuovo territorio, ma si limitava a creare dei regni clienti o vassalli, come nel caso sopra citato del regno di Mauretania, che Augusto dopo otto anni di amministrazione diretta affida a Bocco II, suo compagno di studi, formando un regno vassallo. Roma poteva anche intromettersi nelle dispute di successione come garante, ma essenzialmente si assicurava che salisse al trono un regnante filoromano o facile da manovrare in caso di bisogno. Possiamo fare l’esempio del Regno di Illiria; dopo la guerra contro la regina Teuta e poi contro Demetrio di Pharos innalza un regnante di una dinastia minore per un duraturo controllo sulla regione132.

In territori dove era già presente una civiltà molto sviluppata, Roma si limitava a inserirsi nelle dinamiche sociali ed economiche, intervenendo solo in caso di estrema necessità in politica interna, non toccando mai i sistemi indigeni di governo se essi non erano nocivi agli interessi che Roma aveva sul territorio a fini commerciali o espansionistici133.

A livello urbanistico, se la civiltà aveva già conosciuto uno sviluppo e un decoro di alto livello, la potenza egemone si limitava a vari gradi e vari tipi di modifiche e cambiamenti. E’ il caso della Sicilia o della Grecia, ma anche delle province Orientali, che da secoli avevano sviluppato una cultura significativa e quindi un’urbanistica solida e consolidata, da cui persino Roma prenderà esempio, andando a inserire nel tessuto urbano quegli edifici simbolo di propaganda, tradizione e potere di Roma.

In territori con presenze urbane meno significative, ed una occupazione del suolo rurale meno capillare, Roma si inseriva nel territorio in maniera più significativa, avviando programmi su vasta scala, fondando nuove città con lo scopo di sfruttare le risorse agricole ridistribuendo il territorio conquistato ai veterani, o minerarie avviando miniere o cave per l’esportazione dei materiali pregiati presenti nella provincia.

Tutto era possibile grazie a strategie politiche che miravano a consolidare le posizioni ottenute sul territorio tramite alleanze con elitès locali, ma soprattutto

132 S. Rinaldi Tufi 2012, p. 205. 133 Ibid., p. 21.

attuando strategie militari di difesa, il cosiddetto limes che si adattava alle caratteristiche naturali del terreno, sfruttando fiumi o colline come sbarramenti difensivi, rinforzando o andando a integrare con opere artificiali come mura e fossati ciò che la natura non offriva. Per il controllo del territorio si creavano torri di avvistamento, ma anche veri e propri fortini in cui erano stanziate le truppe. Le aristocrazie locali accettavano di buon grado il dominio romano perché esso portava benessere e prosperità; la concessione della cittadinanza romana era limitata, il che portava a lotte per il privilegio di ottenerla; avere tale diritto comportava potersi difendere dagli abusi dei governatori provinciali, 134 appellandosi direttamente all’imperatore contro le sentenze dei Governatori,135 e di intraprendere prestigiose carriere politiche136.

Un'altra mossa, tipica del dominio romano, era la costruzione di una efficiente rete viaria. Su queste strade che percorrevano l’impero per oltre 120.000 km137 viaggiavano eserciti, merci e idee; per mezzo di questa importante rete di comunicazione di fatto si è attuata quella fusione di culture ed etnie diverse che ha permesso a Roma di imporsi come potenza egemone.

1.4.1. Urbanistica

Per le province africane la situazione urbanistica è molto variegata; abbiamo le città più importanti che mostrano un assetto urbanistico ben definito con impianto ortogonale e pianta regolare precedente l’arrivo di Roma, usando come base il modello di Ippodameo. Quasi tutte le città con impianto urbanistico regolare gravitavano nella zona d’influenza diretta di Cartagine, ma scemavano di numero andando verso sud, in prossimità del predeserto oppure andando verso la Tripolitania a oriente e verso la Mauretania a occidente138. Alcuni esempi archeologicamente attestati d’impianti urbanistici possono essere: Iol Caesarea nella Muretania Caesariensis 139, il piccolo centro di Tamuda sempre in Mauretania, che occupava un’area di poco superiore a 35.000 mq divisa da

134 S. Gozzoli 2015, p. 83. 135 G. Burton 1987, p. 119. 136 S. Gozzoli 2015, p. 83.

137 L. Quilici – S. Quilici Gigli 2004, p. 129. 138 P. Romanelli 1970, p. 60.

strade che incrociavano ortogonalmente140, Cartagine, che era dotata di un

impianto regolare che denotava una pianificazione attenta, secondo insule allungate adattandosi alle esigenze del terreno141(queste insule si impostavano su un’unità di misura molto nota in agrimensura, l’heredium142) e Bulla Regia, situata nella media vallata della Majerda in Numidia e che nei suoi livelli preromani denotava l’esistenza di un progetto urbanistico definito. Lo scavo di una grande insula di fine II inizi I sec. a.C. andava a impostarsi sui resti di una precedente costruzione del III sec. a.C. che denota una divisione dello spazio a maglie regolari. Questo progetto era concepito per avvicinare la cittadina dell’entroterra alla grandezza delle città costiere.143 Alla propaggine occidentale della Proconsolare abbiamo Cirta, di cui l’urbanistica è del tutto sconosciuta alle evidenze archeologiche, ma fonti storiche ed epigrafiche confermano che la città era adorna di monumenti e chiusa da possenti mura; capitale del regno di Massinissa subisce una forte influenza ellenistica proveniente dal mediterraneo passando da Cartagine144.

Spostandoci sul lato orientale della Proconsolare abbiamo le importanti città costiere della Tripolitania, prima tra tutte Leptis Magna. Il primo assetto urbanistico lo ebbe prima dell’arrivo di Roma sul modello ellenistico di Alessandria, metropoli con cui le città della Tripolitania ebbero sempre stretti rapporti145; tra la fine del II e gli inizi del I sec. a.C. vennero realizzati due quartieri affiancati prospicenti al mare, secondo il tipico modulo delle insula allungate con il lato corto rivolto verso la principale via di passaggio146.

Purtroppo abbiamo un esiguo numero di stratigrafie preromane a disposizione data la mancanza di studi approfonditi in molti siti, oppure per il proliferare degli abitati moderni; i dati però sono sufficienti per capire che già prima di Roma l’Africa aveva subito un primo processo di proto urbanizzazione, copiando o

140 P Romanelli 1970, p. 63. 141 S. Bullo 2002, p. 62. 142 Ibid., p. 215. 143 S. Bullo 2002, pp. 135 – 136. 144 Ibid., pp. 149 – 150. 145 A. di Vita 1994, p. 159. 146 S. Bullo 2002, p. 167.

ispirandosi ai modelli ellenistici147 per poi approdare ad un urbanistica vera e

propria solo dopo la conquista148.

Diverso fenomeno da quello precedentemente descritto si verifica quando abbiamo insediamenti preromani impossibili da abbandonare o rinnovare partendo da zero149, che sorgono senza un preciso piano urbanistico, a cui si aggiungono, dopo l’arrivo di Roma nuovi settori con impianto ortogonale e monumenti tipici come edifici per spettacolo, o amministrativi, simbolo del raggiungimento del nuovo status giuridico concesso alla città150. Nel mondo romano queste aggiunte s’inserivano senza il rigore mostrato dai greci, accettando diverse soluzioni tecniche, accentuate maggiormente nelle provincie africane per la particolarità dei luoghi, e tenendo sempre conto della conformazione del terreno e degli assetti urbanistici precedenti151. In alcuni casi si nota un vero e proprio affiancamento di due realtà differenti, che vengono raccordate da monumenti simbolo della potenza di Roma, come gli archi trionfali oppure piazze forensi; chiara è la volontà di trasmettere una continuità tra vecchio e nuovo.

Un primo esempio possiamo vederlo nella città di Volubilis. Dopo la trasformazione del Regno di Mauretania con Caligola, in provincia di Mauretania Tingitania l’insediamento cambia radicalmente volto. Non sembra che ci fosse un piano urbanistico preciso, quindi dopo l’annessione all’impero la pianta della città rimane irregolare a causa del terreno scosceso, ma notiamo un ricercato ordine nell’allineamento dei settori di nuova costruzione152 ; il raccordo delle zone è sottolineato da un grande arco monumentale dedicato a Caracalla e a Iulia Domna153. Un altro più evidente esempio l’abbiamo nella città portuale di Sebratha in Tripolitania. Nasce come un insediamento di origine fenicio – punica; nel primo tessuto urbanistico del tutto irregolare si inseriscono edifici di nuova fondazione come il foro in ordine sparso, in maniera quasi innaturale per una

147 Ibid., p. 213 – 214. 148 S. Rinaldi Tufi 2012, p. 361. 149 P. Romanelli 1970, p. 70. 150 Ibid., p. 70. 151 P. Romanelli 1970, pp. 64 – 65. 152 S. Rinaldi Tufi 2012, p. 361. 153 Ibid., p. 361.

città in via di romanizzazione; il quartiere orientale, dove sorge il teatro, invece, avrà un impianto ad assi ortogonali ben definito154.

Ci sono insediamenti soprattutto sulle alture, che si impostano su più antichi abitati, ma di essi non rimane alcuna evidenza, di solito in seguito ad eventi bellici. In questi casi Roma doveva rifondare la città rompendo se necessario i propri schemi urbanistici classici, edificando in maniera disordinata gli edifici lì dove vi era lo spazio utile. Abbiamo importanti esempi in Mauretania, con gli insediamenti di Thamusida e Lixus, dove a causa dei dislivelli le due città sviluppano un impianto irregolare ma non privo di edifici di pregio e centri di produzione155. Insediamenti simili possiamo trovarli anche nell’entroterra della Tripolitania, dove abbiamo dei centri libici d’altura come Thugga, che dalla sommità della collina dove sorgeva il primitivo nucleo inizia a svilupparsi verso il basso156 , prima come pagus, un tipico insediamento di carattere agricolo, poi, realizzati in età imperiale, con numerosi edifici a stampo cultuale, posizionati su terrazzamenti che si impostavano sulle pendici della collina, allontanandosi dal vertice che ospitava l’insediamento preromano157. Purtroppo per Thugga non

abbiamo molte evidenze archeologiche, ma la maggior parte delle fonti è costituita da dati epigrafici158. Altro centro libico quello di Thubursicu Numidarum, innalzato al rango di municipio con Traiano159. Posto su una collina tra due torrenti, l’abitato si impostava verso il basso con un efficace sistema di terrazze, poco sotto la sommità la terrazza con il foro e fino alle pendici, dove erano ricavate altre terrazze per gli altri edifici che seguivano tutti un orientamento casuale, cosi come non ortogonali erano le strade160. Lo scopo di questi insediamenti d’altura era, sia prima sia dopo Roma, la difesa del territorio.

Per completare i vari modelli urbanistici di città che si potevano annoverare nelle province d’Africa durante il periodo romano, abbiamo quelle con impianto regolare ad assi ortogonali incrociati ad angolo retto, canonici dell’urbanistica romana. Si verificava che Roma al momento della rifondazione di una colonia sul terreno di un insediamento indigeno di cui non rimaneva poco o nulla, oppure di

154 P. Romanelli 1970, p. 70. 155 S. Rinaldi Tufi 2012, pp. 362 – 363. 156 Ibid., p. 382. 157 P. Romanelli 1970, p. 73. 158 S. Bullo 2002, p. 122. 159 S. Rinaldi Tufi 2012, p. 382. 160 P. Romanelli 1970, p. 74.

una ex novo, applicasse i suoi modelli classici. I maggiori risultati li abbiamo nella Proconsolare, provincia più prospera e quindi molto più ricca a livello urbanistico delle Mauretanie, ma nonostante questa differenza di ricchezza queste arrivarono ad ospitare centri molto importanti161.

Sulla costa abbiamo Utica, che dopo essere diventata capitale della prima provincia d’Africa con il rango di municipio si dota di una nuova veste urbanistica a maglie ortogonali162

In età traianea abbiamo Thamugadi in Numidia, il cui nome è di origine libica163 , il che impone una riflessione sulla possibilità della creazione della città su una zona precedentemente occupata. Presenta una pianta quadrata con angoli arrotondati e architettura di stampo militare, forse fondata dai veterani di Traiano164. La pianta ricorda un castrum, insediamento militare romano, che però non è stato individuato dagli scavi. Le strade di Thamugadi in Numidia si incrociano con perfetti angoli a 90 gradi andando a formare le insule165.

L’ipotesi del castrum è dovuta alle piccole dimensioni della città166, ma nell’Africa

Romana salvo rare eccezioni non avremo mai grandi città; bisogna tener presente che non è mai facile calcolare la reale popolazione di una città antica. Alcuni studiosi propongono per Cartagine 300.000 abitanti, per Leptis Magna 80.000, le due città più densamente popolate, mentre le più piccole erano popolate dalle 10.000 fino alle sole 2.000 unità167.

Altri segnali di romanizzazione sul territorio possiamo vederli nelle zone di confine; qui però l’urbanistica va sempre di pari passo con le esigenze difensive. La già ricordata Thamugadi, fondata da Traiano nel 100 d.C. è solo l’apice di un processo che ha visto la fondazione di molti insediamenti nati come presidi militari per la difesa del territorio non ancora pacificato. Il primo fu Cesare a dare forma a una linea di difesa, fondando molte colonie militari dopo aver preso possesso della provincia, assegnandole ai suoi veterani, e vediamo come i siti di

161 S. Rinaldi Tufi 2012, p. 359. 162 S. Bullo 2002, p. 223. 163 P. Romanelli 1970, p. 63. 164 Ibid., p. 65 165 S. Rinaldi Tufi 2012, p. 380. 166 Ibid. 167 Ibid., p. 377.

Milev, Rusticade e Chull prendano il nome di Sarnesis, Minerviana e Veneria date le origini campane di molti soldati168.

La continua presenza della III legio Augusta nella provincia dimostra come i nuovi territori non erano mai del tutto esenti da tensioni, come la legione si spostasse da un insediamento all’altro via via che si allargavano i confini a sud; sotto i Flavi essa si sposterà da Ammaedara a Theveste. Sorsero i fortini militari di Mascula e Vazaivi e il piccolo castellum di Cillium169. Sotto Traiano abbiamo un altro sensibile avanzamento dei territori provinciali, di cui il più consistente si verificò con l’annessione di tutta la regione dell’Aurès; la III Legio Augusta fu di nuovo spostata da Theveste; questa volta i legionari furono acquartierati a Lambaesis. Intorno al massiccio nacquero fortini e presidi militari, solo per citarne alcuni Ad Speculum, Ad Medias, Ad Nadias, Thabudeos, Vescera e Calceus Herculis170. Adriano, invece, si limitò a il numero dei forti con la costruzione di Rapidum, Thanaramusa e Sufative e potenziare le strade militari che collegavano Numida e Tripolitania, mentre lungo i confini della Caesarensis e della Tripolitania furono innalzati lunghi tratti di mura di mattoni o di fango preceduti da uno o più fossati171. Settimio Severo, imperatore proveniente proprio dall’Africa,

nella sua terra natale applica un ulteriore piano espansionistico. Contemporaneamente all’allargamento dei confini fissati da Traiano, crea una serie di piccoli accampamenti militari (Numerus Syrorum, Pomaria, Altava, Kaputtasaccura, Ala Miliaria, Bohar) posti ad una distanza breve l’uno dall’altro in modo poter pattugliare aree immense senza difficoltà172.

Dopo la conquista, contestualmente alle opere sul confine, Roma adottava altri metodi per imporre o far accettare la sua presenza generando il minor attrito possibile, favorendo quei processi d’integrazione essenziali per uno sfruttamento ottimale delle potenzialità del territorio. Le prime concessioni furono fatte soprattutto alle città portuali, ex insediamenti punici ora più che mai indispensabili per favorire i commerci e soprattutto l’arrivo a Roma dell’annona. Utica, Hadrumentum, Thapsus, Leptis Minus e Acholla furono le città che maggiormente prosperarono in seguito alla caduta di Cartagine, ottenendo lo

168 A. Ibba 2011, p. 33. 169 Ibdi., p. 56. 170 Ibid., p. 62. 171 Ibid., pp. 64 – 65. 172 Ibid., pp. 76 – 77.

statuto di città liberae frequentate da Negotiatores italici, 173 e costituirono presto

importanti conventus civium romanorum174 per poi arrivare alla promozione al rango di colonie; anche qui le prime a ricevere questo privilegio furono alcuni porti come Thabraca, Hippo Diarrhytus, Maxula, Neapolis e Carpis175 che agevolavano lo svolgimento dei traffici annonari verso Roma.

Le città che particolarmente primeggiavano per decoro e fedeltà, e che raggiungevano un buon livello di romanizzazione venivano promosse, come accadde per molti centri costieri oppure per quelli che esaurivano il loro scopo militare quando il limes veniva ulteriormente avanzato176.

Sotto Traiano tocca ai porti della Byzacena e Tripolitania venire investiti del rango coloniale, come Leptis Minus, Leptis Magna, Oea, e Sebratha che erano da tempo ormai in forte espansione, mentre all’interno della regione le civitates emergenti ricevono lo statuto di municipio, come Culci, Calama e il castellum di Cillium.

Queste “promozioni” servivano per assicurarsi alleati importanti all’interno di quelle regioni che erano ancora turbate dalle tribù ostili a Roma, romanizzando le élites locali e migliorando lo sfruttamento agricolo del territorio177.

Non vi era un metodo preciso con cui venivano assegnati i nuovi statuti, potevano essere avvantaggiate città che si erano dimostrate fedeli durante eventi bellici, che venivano ricompensate dai vincitori a svantaggio di altre, oppure per scopi puramente economici favorendo gli scali portuali.

1.4.2. I Fori

Alcune città invece venivano premiate quando raggiungevano un certo grado di monumentalità e decoro urbano. Tutto passava per quelli edifici simbolo della romanità; grande fervore si ebbe dall’età imperiale in poi, con la costruzione di fori sempre più grandi e imponenti, su imitazione di Roma.

173 Ibid., p. 23. 174 S. Bullo 2002, p. 22. 175 Ibid., p. 25. 176 A. Ibba 2011, p. 62. 177 Ibid., p. 63.

Il Foro non era un unico monumento, ma un connubio di singoli edifici che andavano a costituirlo; richiedeva quindi una programmazione urbanistica ben definita prima della costruzione. Avremo molte forme con cui questo monumento andrà ad inserirsi nelle varie città sparse per l’impero, ma esso sarà sempre il fulcro della dignitas civica, che tramite la memoria conservata negli edifici amministrativi, religiosi e celebrativi ricordava a tutti la storia della città. Nella forma più comune, largamente attestata in Italia e nelle province (soprattutto le occidentali) era composto da una piazza rettangolare cinta da portici, un tempio posto su uno dei lati corti in posizione dominante e la basilica giudiziaria sull’altro lato corto. Vitruvio prescriveva che questo complesso monumentale, essendo il centro della città, fosse posto all’incrocio del cardo e decumano massimo. Ma anche il trattatista accetta dei compromessi dovuti alle insidie degli impianti urbanistici irregolari; un’altra indicazione che fornisce è sul rapporto lunghezza larghezza che doveva essere di 3 a 2.

Gli altri edifici che componevano il Foro (curia, tribunalia, tabularium, aerarium, carcer) erano distribuiti negli spazi circostanti in varia maniera. Questo schema, era chiamato “Foro Tripartito”; con l’andare dei secoli vediamo che questo schema subirà molte variazioni; si poteva avere la basilica su uno dei lati lunghi oppure la curia poteva essere accorpata alla basilica. Potrà cambiare lo schema architettonico, ma quello che non cambierà mai sarà il significato ideologico, di luogo che riunisce in se gli organi della vita politica e religiosa della città. Con l’età imperiale i fori crescono per monumentalità e solennità cercando effetti scenografici sempre più ricercati, veicolo di un preciso messaggio ideologico o politico178.

In Africa sarà con l’età giulio – claudia che avremo interventi significativi sui fori di Bulla Regia, Thugga, Sabratha e Leptis Magna. In molte città marinare come Leptis ma anche la stessa Cartagine o Cesarea, il centro della vita civica è da ricercare nelle vicinanze dei rispettivi porti, seguendo anche quelle che sono le prescrizioni del Vitruvio;179 quando la conformazione del terreno non era adatta può capitare che il foro sia posizionato poco distante dal porto come vediamo nei resti di Tipasa 180 , oppure si ricreava lo spazio necessario ad ospitarlo

178 In generale sull’architettura dei fori romani P. Gros 1996, pp. 228 – 256; Vitr, libro I. 179 P. Romanelli 1970, p. 99.

artificialmente; un caso esemplare l’abbiamo a Thubursicu Numidarum dove si ebbe lo sbanco di una collina per ricavare lo spazio sufficiente all’impianto del foro181. Nei centri libici sopra citati che si impostavano su alture, lo spazio era ricreato tramite terrazzamenti. In alcuni casi il foro aveva la funzione di collegare la parte antica della città con quella di fondazione Romana. In questi casi il foro assume una chiara funzione di passaggio tra vecchio e nuovo; un primo esempio l’abbiamo a Volubilis182 ed un altro a Thugga183, dove l’accesso alla piazza avveniva tramite rampe di scale184.

Per le città di fondazione romana il foro si inserisce in maniera canonica all’incrocio di Cardo e Decumano Massimo.

Il grande fervore economico ed edilizio che investe l’Africa dall’età giulio – claudia ha come effetti l’ampliamento del tessuto urbano. Come accadeva in molte altre città dell’Impero sull’emulazione di Roma nasceva un secondo Foro185. L’esigenza di creare una seconda piazza poteva scaturire per molteplici

motivi; il mutamento dello status giuridico della città; come sappiamo essere