• Non ci sono risultati.

Il porto di Iol o di Cesarea, odierna Cherchel è ancora lì esattamente dove si trovava secoli fa, ma è un porto ancora attivo, dove i resti antichi sono stati obliterati da quelli moderni; se la zona centrale con il foro è stata oggetto di difficili scavi e conseguenti difficoltose interpretazioni, il porto subisce un destino ancora peggiore in quanto è stato soggetto a progressivi lavori di sistemazione e dragaggio sino al rifacimento di moli e strutture di banchinamento. Per questo è molto difficoltoso capire la

906 N. Benseddik – T. W Potter 1993, pp. 39 – 40; T. W. Potter 1995, p. 34. 907 N. Benseddik – T. W Potter 1993, p. 41.

conformazione e l’aspetto del porto antico e il suo collegamento con il tessuto urbanistico della città.

4.5.1. Il porto punico e l’ilot Joinville

Come da tradizione anche il sito dove poi sorse la città di Iol fu scelto per la sua particolare conformazione della costa; come per Leptis Magna, anche qui abbiamo dei frangiflutti naturali a schermare da possibili attracchi; questo isolotto essendo molto grande era abitato sin dalla fase più arcaica del sito; strutture moderne ovviamente coprono i resti antichi ma i sondaggi hanno individuato materiali databili al V sec, monete neo puniche e numidiche, ceramica a vernice nera, e ceramica con decorazione geometrica di provenienza Iberica. Quanto a strutture facenti riferimento al periodo punico nella stessa zona di provenienza del materiale ceramico e numismatico abbiamo dei muri di pietra di dimensioni e orditura irregolari, forse un piccolo quartiere artigianale di III sec. a.C.908.

Fonti ottocentesche ci aiutano a capire meglio la forma del porto nell’antichità e quanto sia diverso ora; l’ilot Joinville era collegato da un istmo, che fu spazzato via da lavori di dragaggio nel 1847, durante l’occupazione francese. Quest’istmo era molto importante perché delineava due bacini naturali posti ai lati dello stesso. Allo stato attuale della ricerca è impossibile ricostruire le vestigia del porto punico, ma possiamo ipotizzare con buona probabilità di ragione che esistessero due approdi, non collegati tra di loro: uno a ovest dell’istmo piccolo e più protetto, mentre l’altro situato sul versante est, più agevole e pratico per fini commerciali, secondo un uso

tipico, che ha altri riflessi nel mediterraneo punico909.

4.5.2. Il porto militare e la sua flotta

Purtroppo la situazione non migliora per il periodo di Giuba II e per quelli successivi; anche se abbiamo più informazioni e possiamo contare su fonti ottocentesche, come diari di viaggiatori e i rilievi ad opera di Ravoisié e ufficiali del genio francese come R. Cagnat, le informazioni su questo porto sono lacunose.

908 L. I. Manfredi – F. Susanna 2013, p. 42. 909 Ibid., p. 43.

Nemmeno le fonti letterarie antiche ci aiutano in tal senso; l’unica menzione del porto

è data da Strabone910, che sostanzialmente non ci aiuta più di tanto a dare una

descrizione del porto antico. Allo stato attuale delle ricerche anche il porto come il foro è avvolto da molti dubbi interpretativi.

Sicuramente il Re ha dotato la sua capitale di una struttura in grado di assolvere al ruolo che la città doveva avere nelle nuove dinamiche politiche e commerciali di regno cliente, che la porterà ad essere il secondo porto d’Africa dopo Cartagine collegato come abbiamo visto a Roma ed ai maggiori porti del bacino del

Mediterraneo911.

Il problema più grosso però è che non siamo nemmeno certi dell’effettiva esistenza di due porti distinti: le memorie di R. Cagnant ci dicono della presenza di un porto militare, più piccolo e più riparato tra la costa e l’isolotto, mentre l’altro era destinato ad uso commerciale posto a oriente, più grande e agevole. La descrizione che seguirà non è scevra da dubbi, soprattutto per la mancanza di scavi sistematici nel porto e perchè quello moderno si troverebbe esattamente sopra quello antico.

La domanda che si sono posti gli studiosi è focalizzata sulla reale necessità di avere un porto militare. Non siamo sicuri dell’esistenza di una flotta stanziata a Caesarea sotto Giuba II o dopo la trasformazione del regno in provincia, anche se non possiamo escludere del tutto l’ipotesi; la prima attestazione certa è l’epigrafe di un trierarca databile alla fine della dinastia Giulio – Claudia, o all’inizio della dinastia Flavia; da sola non basta, ma da Caesarea provengono almeno altre otto iscrizioni funerarie che confermano l’utilizzo della città come base navale, appartenute a soldati o ufficiali della flotta912.

Sarà solo nel 43 d.C. che, sappiamo con certezza, la città diventa sede di squadriglie

di navi appartenenti alla classis Siriaca e Alessandrina913.

R. Cagnat rimane l’unica fonte che abbiamo che ci lascia una descrizione dei porti, basata su disegni e rilievi ottocenteschi e resoconti orali; ed è su questa descrizione che presa troppo frettolosamente per buona, che si sono basati i primi studiosi

910 Strab. XVII, 3, 12.

911 M. Coltelloni Trannoy 1997, p. 147.

912 CIL VIII, 21025: Ti(berio) Claudio, Aug(gusti) lib(erto), Eroti,/trierarcho liburnae Ni/li, eacto classis

Aug(ustae)/Alexandrinae,L(ucius) Iuli/us C(aii) f(ilius), Fab(ia) (tribu), Saturnis et M(arcus)/Antonius Heraclea trier(archi),/heredes eius fecerunt e CIL VIII, 9379, 9385, 21017, 21032, 21042, 9392; EA

1976, 744; M. Reddé 1986, pp. 244 - 245 e nota 365 e 366. 913 R. A. York – D. P. Davidson 1968, p. 10.

partendo dallo Gsell914 ed in mancanza di scavi archeologici bisogna prenderla con il beneficio del dubbio; egli descrive il porto militare come interno e ben riparato dall’isolotto Joinville, che Ravoisié disegna collegato alla costa da una striscia di terra, scomparsa poi per le modifiche e gli insabbiamenti dei porti. Il porto militare era collegato al porto mercantile da un canale che secondo la pianta Ravoisié era largo

10,20 metri, mentre in quella di Giret915 era di 15 metri. A ovest segnala la presenza

di un massiccio muraglione, a giudicare dalle fondazioni ancora visibili nel 1843, che proteggeva il canale dai flutti. Cagnat ci fornisce anche altre interessanti indicazioni: la forma del bacino chiuso doveva essere di un esagono molto irregolare con una serie di edifici, di cui Shaw ha visto i resti sott’acqua crollati probabilmente a causa di un terremoto. Devono essere i resti dell’arsenale e dei magazzini di stoccaggio della flotta. Sia i resti del muraglione che i detriti degli edifici adiacenti al porto sono andati perduti per i lavori del porto moderno. Per finire ci fornisce diverse ipotesi sulla profondità complessiva del bacino portuale: secondo alcuni era profondo 3,20 metri secondo altri 2,50 metri, propendendo per la seconda ipotesi. La descrizione conclude descrivendo l’isolotto Joinville asserendo che erano presenti opere difensive, ma non spiega nel dettaglio che tipo di opere, che completavano

l’armamento del porto militare916.

Alcuni dettagli della descrizione di R. Cagnat sono sospetti; essa descrive grossomodo la forma del porto moderno; Ph. Diolé propone un diverso orientamento per i moli, con l’isola che era protetta da un frangi flutti sul lato del mare aperto. Inoltre gli ingressi del porto moderno e di quello antico, che Cagnat ipotizza combaciare, sarebbero differenti. L’entrata al piccolo porto moderno è spesso difficoltosa, specialmente con il vento da nord-est. Si avverte che un ingresso ad ovest sarebbe stato più vantaggioso in queste condizioni e avrebbe aiutato anche alle correnti circolatorie per tenere il porto libero dai sedimenti limosi. Si potrebbe ipotizzare che i larghi blocchi di cemento trovati ad ovest del porto militare, potrebbero essere i resti di una banchina curva che riparava l’ingresso occidentale al porto militare917.

914 S. Gsell 1952, p. 118.

915 Ingegnere che nel 1843 lavora al servizio ideografico dell’esercito francese. 916M. Reddé 1986, pp. 245 – 246.

Anche quando Cagnat cerca di quantificare che tipo di navi potessero ormeggiare in questo porto sorgono dei dubbi; egli pensa che la flotta di Mauretania sia composta solo da liburne, basata sulla ricostruzione ipotetica di questo tipo di imbarcazioni, asserendo che non potevano essere più di 12. E’ un calcolo quanto mai impossibile

da dimostrare, senza prove più solide che la mera ipotesi918.

4.5.3. Il porto mercantile di Caesarea e il faro di Caesarea

Per il porto mercantile si ripetono le stesse problematiche elencate per il porto militare; secondo il resoconto di Cagnat questo porto si trovava a Est di quello militare ed era chiuso da un grande molo diritto che parte da Pointe des Maraboutes e arriva sino all’Ecueil du Grand Hamman chiuso sulla fronte da un secondo molo collegato dall’isolotto Joinville che correva in direzione nord – est oggi sotto le gettate moderne919 per un totale di una superfice riparata di 9 ettari. Una piccola spiaggia doveva trovarsi a sud sul fondo del porto da dove sboccava un piccolo fiume che provocava problemi di insabbiamento testimoniati dalle carcasse di due navi nei

pressi dell’entrata del porto moderno920.

Anche qui ci sono diversi problemi difficili da risolvere; nell’area del grande molo ,nelle poche indagini subacquee esplorative condotte, ci sono resti di tre diverse fasi costruttive di cui solo una pare essere antica, che pongono grossi problemi di datazione del bacino commerciale che potrebbe non essere contemporaneo di quello militare921.

Delle attestazioni più sicure e questa volta provate archeologicamente ci vengono dall’Ilot Joinville: qui gli scavi di salvataggio nel 1960 guidati da J. Lassus hanno identificato i resti di due strutture di cui una molto importante. La prima erano le fondazioni di un’abside appartenente ad un tempio probabilmente costruito sotto Giuba II, ma di straordinaria importanza è il secondo ritrovamento. Verso la cima dell’isolotto alle spalle dell’abside vi sono i resti di un faro. Questo edificio presenta una pianta ottagonale di 18 metri di larghezza, e dati gli accorgimenti tecnici che si vedono dalle fondazioni doveva essere molto alto. J. Lassus ipotizza almeno 36

918 M. Reddé 1986, pp. 247 – 248.

919 R. A. York – D. P. Davidson 1968, p. 10. 920 Ph. Leveau 1984, p. 48.

metri, ispirato al più celebre faro di Alessandria ma con cubature più modeste922. Considero la presenza del faro sull’isolotto Joinville molto importante, una certezza lì dove il declino delle strutture antiche per cedere il passo a quelle moderne ci ha oscurato le chiavi di lettura dei resti antichi e ci impedisce di comprendere con sicurezza la conformazione e l’estensione che il porto o i porti di Caesarea dovevano avere nel periodo antico. Sicuramente l’ipotesi di due porti uno interno militare, l’altro esterno commerciale è buona e trova riscontro nella tradizione punica, ma alla luce degli studi è impossibile risolvere il problema o porsi domande domande più complesse come l’incidenza urbanistica che il porto può aver avuto sulla città.

4.5.4. Gli “altri” porti di Caesarea

Nel corso degli studi alla ricerca del porto principale, per cercare di capire se erano due o meno come descrive Cagnat, si sono ipotizzati la presenza di altri bacini o ripari sicuri all’ombra di piccoli moli o altre strutture così interpretate affioranti dall’acqua.

Le evidenze archeologiche più concrete ma comunque impossibili da leggere si trovano nell’area sud ovest dell’odierno porto o del porto militare antico; sono una

serie di blocchi923 in fila che sembrano di un canale, ma è impossibile riconoscerne

una destinazione d’uso per l’afferenza dell’impianto fognario cittadino in quel punto. Cagnat contestava la presenza di questo molo; l’informazione deriva da una lettera conservata nei papiri di Léon Renier, ma lo studioso francese pensava che un tale molo non potesse proteggere bene le imbarcazioni. Tuttavia il fatto che non le riparasse al meglio non vuol dire che questo non sia esistito, e i dati archeologici di

prospezione subacquea sembrano confermarlo924; come detto in precedenza questo

molo però poteva avere la funzione di proteggere l’ingresso orientale del porto militare.

Un ennesimo bacino fu identificato questa volta a est del grande molto che collegava Pointe des Maraboutes all’Ecueil du Grand Hamman; indagini sottomarine condotte da C. Quemard e L. Lacoste nel 1933 e poi da Ph. Diolé nel 1952, individuano subito a ovest di Capo Tizirene una fila di blocchi che ipotizzano essere un molo, ma che in realtà altro non sono che una serie di scogli naturali. La baia posta a protezione di

922 M. Reddé 1986, p. 247; Ph. Leveau 1984, p. 48. 923 6 x 8 x 5 metri, R. A. York – D. P. Davidson 1968, p. 11. 924 Ibid., p. 11; M. Reddé 1986, p. 247; Ph. Leveau 1984, p. 48.

questa scogliera è poco profonda, meno di 2 metri, non proprio l’ideale per un porto925.

Un’installazione chiamata da Ph. Leveau “Porto della Pesca” fu scoperta nel 1967 da R. A. York – D. P. Davidson a est di Capo Tizirine; protetto da esso un complesso di

salagione del pesce926.

Furono trovati i resti sommerse di tre vasche con muri in calcestruzzo che dovevano arrivare fino a poco sotto il livello del mare. Queste vasche erano riempite di macerie e pietre.

Due di queste vasche erano provviste di un cancello di chiusa. La chiusa della prima vasca era formata da cinque pietre rettangolari affiancate, che coprivano il varco di 1 metro di larghezza con sommità smussate, che arrivano fino a 15 cm sotto il livello del mare. La chiusa della seconda vasca consiste in una singola lastra di pietra. La profondità indagata con una barra d’acciaio ha mostrato che il fondo della chiusa potrebbe essere circa 75 cm sotto il livello del mare, ma questa è una congettura. Nella scogliera prospiciente le vasche ci sono quattro cisterne allineate, 1 m sopra il livello del mare. Il metodo di costruzione indica che esse appartengono elle strutture in acqua e fanno parte di uno stesso complesso. Dai segni del mare nelle chiuse delle vasche sembra che ci sia stato un cambiamento relativo al rialzo del livello del

mare di almeno mezzo metro dai tempi romani927.

925 R. A. York – D. P. Davidson 1968, p. 11. 926 Ph. Leveau 1984, p. 49.