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Nell’immaginario storico collettivo Cartagine riveste un ruolo unico, l’antagonista di Roma per eccellenza. Mai vi era stata una nemica tanto pericolosa per l’Urbe se non l’Urbe stessa, quando dissapori interni ne minavano l’integrità mettendone a rischio la sopravvivenza; ma guerre civili a parte nessun nemico si era mai presentato così simile a Roma sotto molteplici punti d’unione da passare alla storia come l’atavica nemica. Carthago delenda est, tuonava il Censore di fronte al senato di Roma, che mostrando un singolo fico riuscì ad istigare paura e odio nei cuori e nella memoria dei Romani, che preferirono distruggerla e maledirne il suolo per l’irrisorio timore che si potesse verificare una nuova invasione dell’Italia, dato che la città si trovava solo a

tre giorni di navigazione396; tanto temuta era stata Cartagine da riuscire a scatenare

la paura anche a distanza di più di cento anni dalla distruzione solo al pensiero di rifondarla come città romana.

Prima di Roma era Cartagine la potenza egemone nel Mediterraneo, la più prossima al dominio del mare, che possedeva una consolidata tradizione marinaresca, tramandata dai punici, da secoli grandi marinai, una organizzazione politica efficiente e delle infrastrutture adatte allo scopo.

Non desta sorpresa il grandissimo dibattito ancora in parte non concluso intorno ai porti di Cartagine. Gli interrogativi principali riguardano l’ubicazione, lo sfruttamento e l’evoluzione architettonica e urbanistica nel passaggio dal dominio punico a quello romano. Fatto ancora più importante è che Cartagine conservi le uniche evidenze

puniche per strutture di questo genere397, nelle altre città portuali spesso i resti pre-

romani venivano obliterati da costruzioni più moderne come nel caso di Leptis Magna398.

In un dibattito protrattosi per tanto tempo, come sovente accade, si sono generate una miriade di ipotesi per risolvere i quesiti principali, che prima di scavi archeologici veri e propri, rimanevano molto lacunose e basate solo sulle fonti letterarie, talvolta incomplete o che potevano essere male interpretate.

396 Plin., Nat. Hist. XV, 74. 397 P. Romanelli 1970, p. 92.

2.6.1. I Porti di Cartagine in Appiano

Come ogni porto antico che si rispetti anche quello di Cartagine ha delle fonti letterarie antiche eccellenti. Così era per quello di Ostia399, oppure per il porto di

Centumcellae descritto in una epistola del Giovane Plinio all’amico Corneliano400 durante le fasi di costruzione.

Purtroppo non sempre queste fonti antiche sono attendibili, per il porto di Ostia appena citato i testi di Plinio e Cassio Dione non erano in accordo sulla reale planimetria del porto e sulla disposizione dei moli e dell’isola faro.

Anche per il porto di Cartagine abbiamo delle illustri fonti letterarie; la più celebre ma anche la più discussa è quella dello storico greco Appiano che riprende un passo di Polibio, che aveva assistito all’assedio della capitale punica.

Appiano nel libro VIII della sua Storia di Roma nel capitolo 96 descrive i porti di Cartagine: «I porti erano disposti in modo che le navi potessero passare dall’uno all’altro: dal mare si penetrava attraverso un’entrata larga 70 piedi, che si chiudeva con catene di ferro. Il primo porto, riservato ai mercanti, era provvisto di numerose e diverse gomene. In mezzo al primo porto v’era un’isola. L’isola e il porto erano circondati da grandi banchine. Queste banchine erano fornite di logge costruite per contenere duecentoventi vascelli e, al di sopra delle logge, dei magazzini. Davanti a ogni loggia si levano due colonne ioniche, che davano alla circonferenza del porto e dell’isola l’aspetto di un portico. Sull’isola era costruito un padiglione per l’ammiraglio, da cui partivano i segnali del trombettiere e i richiami dell’araldo; da qui l’ammiraglio poteva esercitare la sorveglianza. L’isola era situata di fronte l’entrata ed era assai alta: così l’ammiraglio vedeva quello che succedeva in mare, mentre quelli che venivano dal largo non potevano distinguere l’interno del porto. Anche ai mercanti che entravano con le loro imbarcazioni gli arsenali restavano invisibili: essi erano circondati da un doppio muro e dai porti che permettevano ai mercanti di passare dal primo porto in città senza che dovessero attraversare gli arsenali».

Appiano descrive due specchi d’acqua, uno rotondo e uno rettangolare, che nel linguaggio storico archeologico verranno definiti il porto militare quello rotondo, e porto mercantile quello rettangolare. Appiano specifica come questi fossero

399 Suet., Claud., XX; Dion Cass., Hist. Rom., LX; Plin., Nat. Hist., XVI, 76. 400 Plin. Iun., Epis., VI, 31.

comunicanti tramite un canale, ma al tempo stesso divisi da un muro doppio e segnala la presenza nel porto mercantile di magazzini.

Nell’immaginario comune questo passo per molto tempo ha sancito una descrizione di quelli che erano i porti della capitale punica, ed il primo ad arrogarsi il merito di averli individuati, nelle due lagune lungo la costa meridionale non distante dalla baia di Le Kram è stato nel 1807 il viaggiatore e scrittore René Chateaubriand che nella prefazione del suo Itinerario da Parigi a Gerusalemme diceva: “Se non avessi fatto altro che dare una descrizione dettagliata di Sparta e indicare i porti di Cartagine, mi sarei meritato almeno la benevolenza dei viaggiatori”.

Chateaubriand conoscendo il passo di Appiano, tra il 7 e l’8 marzo del 1807 identifica nelle lagune quelli che ritiene essere gli antichi porti punici di Cartagine.

Questa ipotesi se pur non pienamente accolta è entrata nel linguaggio archeologico

comune ed in molti manuali che trattano l’argomento401.

Ovviamente il passo di Appiano e l’interpretazione di Chateaubriand dei porti ha attirato tutta una serie di voci contrarie; in mancanza di scavi risolutori l’unica alternativa era una rianalisi delle fonti e del testo di Appiano; l’ipotesi formulata per rivaleggiare con quella sopra descritta indica il Lago di Tunisi come luogo prefissato ad accogliere la descrizione dello storico.

Uno dei più accaniti oppositori della communis opinio fu Paolino Mingazzini, che sempre in assenza di scavi sistematici e pessimista su una loro effettiva utilità rilegge e rielabora paleograficamente e grammaticalmente, in maniera secondo lui “lecita”, le

parole di Appiano402. Non sono in grado di dire se la rilettura paleografica e

grammaticale siano buone o meno, ma sicuramente Mingazzini pone degli interrogativi importanti, dei dubbi che la descrizione di Appiano lascia irrisolti.

Secondo lo studioso era inverosimile che il porto militare fosse situato più lontano dal

mare di quello mercantile403, così come le modeste dimensioni del porto mercantile,

che non avrebbero garantito ad una potenza commerciale come Cartagine una base

efficiente per la gestione dei traffici404. Il Mingazzini poi continua esponendo i propri

dubbi sulla presenza di un ammiraglio sull’isola al centro del porto circolare, e di un

401 S. Gsell 1921, pp. 36 – 78; P. Romanelli 1959a, p. 379; B. H. Warmigton 1960, p. 160; G. Charles – Picard 1962, pp. 31 – 32; M. H. Fantar 1988, p. 174.

402 P. Mingazzini 1968, pp. 137 – 152. 403 Ibid., p. 138.

404 Osservazione basata su una delle prime misurazioni degli stagni lungo la costa di Cartagine S. Gsell 1921, pp. 53 – 54.

araldo armato di tromba per le segnalazioni; non è convinto dalla presenza di un così alto ufficiale, adibito da quanto si evince dal passo di Appiano al banale traffico portuale405.

Sempre nel tentativo di avvalorare la sua ipotesi il Mingazzini fa riferimento ad un

passo di Strabone406, in cui quest’ultimo effettivamente fa una distinzione precisa tra

un cothon e porto, ma il passo non è decisivo nè bastevole per una reinterpretazione così radicale come la vuole proporre lui; con tutta probabilità il geografo greco si riferiva ai molteplici porti e ancoraggi di cui era fornita Cartagine. Vediamo come

anche Cicerone ne fa cenno, descrivendo Cartagine come circondata dai porti407.

Un altro dato importante possiamo dedurlo dal fatto che la descrizione di Appiano viene da un testo di Polibio, quindi risale intorno al 146 a.C.; sappiamo bene che Cartagine era una realtà importante a livello commerciale, sin dal V secolo a. C. Diodoro Siculo, storico di origine siciliana, nel terzo libro della sua Biblioteca Storica,

se pur indirettamente, conferma l’esistenza di un porto a Cartagine408. Sempre lo

storico siceliota, nella narrazione della contesa cartaginese alla Sicilia nell’anno 406 a.C. quantifica le forze messe in campo da Cartagine per la conquista dell’isola; afferma che per la traversata del grosso dell’esercito, si misero in assetto le triremi

da guerra e più di mille navi da trasporto409. Questi numeri tramandati da Diodoro

Siculo sono sicuramente specchio di una flotta imponente, e tali numeri necessitano di un’organizzazione portuale adeguata, esistente ben prima delle guerre puniche e della descrizione di Appiano.

Poco sappiamo dei porti anteriori al II sec. a.C., probabilmente Appiano si riferisce proprio a quelli identificati nei due stagni lungo la costa; la descrizione alla luce degli

scavi archeologici condotti in maniera estensiva dalla missione inglese410 all’interno

del progetto promosso dall’Unesco, sembra collimare con quella data dallo scrittore, con buona pace di Mingazzini che, se pur ponendo degli interrogativi ben ponderati, colloca il porto descritto da Appiano all’interno del lago di Tunisi in maniera troppo forzata e ignorando qualche fonte autorevole come Cicerone. Probabilmente vi era

405 P. Mingazzini 1968, p. 140. 406 Strab. XVII, 3, 14.

407 …succineta portibus…, Cic., De Lege Agraria, II, 32, 87. 408 Diod., III, 44.

409 Diod., XIII, 80.

realmente un porto dentro il Lago di Tunisi agli albori della colonia fenicia, ma non è certamente quello descritto dallo storico Greco.

2.6.2. I porti punici di Cartagine

Come detto, poco anzi pochissimo sappiamo dei porti della metropoli punica prima del II sec. a.C. dalle varie fonti letterarie. Per un certo verso la situazione migliora sul piano archeologico, le tracce dei molti impianti portuali che cita Cicerone non sono che molto labili e di dubbia interpretazione, ma in compenso abbiamo una rara testimonianza di un complesso portuale di età punica, di cui il pari difficilmente si trova se non in pochissimi siti del mediterraneo. I due bacini portuali, quello rotondo (militare) e quello rettangolare (mercantile), ormai oggetto di scavi e studi approfonditi da molti anni, se pur straordinari, si possono asserire in arco cronologico molto tardo, rispetto a quello che era il panorama marinaresco di Cartagine.

Possiamo solo ricorrere all’analisi del paesaggio e alla topografia per tentare di ipotizzare quali fossero i punti migliori per eventuali ormeggi o attracchi; anche questa è una speranza che si basa su nulla o poco più. La colpa dell’impossibilità di un’analisi del panorama antico sta nei forti fenomeni di erosione che hanno modificato in maniera massiccia la linea di costa, rendendola del tutto diversa dall’epoca antica411.

Probabilmente il primo porto, se tale si può definire, che forse sarebbe più appropriato definirlo scalo o ancoraggio, doveva trovarsi nel Lago di Tunisi, sulla base di attestazioni ceramiche risalenti all’epoca micenea, inquadrabili al Miceneo III

B ritrovati sulla costa nord del Lago412. Altri punti d’ancoraggio sicuri e riparati erano

dislocati nelle baie naturali a N e S di dove poi sorse l’abitato, ma oggi difficilmente possiamo individuare i resti.

E’ probabile quindi che il primo scalo portuale vero e proprio che si data all’incirca tre secoli dopo queste primissime attestazioni, sia da individuare nella zona del Golfo di Le Kram e del Lago di Tunisi. Tutta l’area era riparata da un promontorio che delimita il Quadrilatero di Falbe, creando una zona di ancoraggio sicura quando spiravano i

venti e non era sicuro ormeggiare sulla costa. Dopo le prospezioni subacquee413 nel

411 E. Panero 2008, p. 69 412 F. Chelbi 2002, pp. 37 – 40. 413 Ibid., pp. 81 – 82.

lago possiamo con certezza definire che non siamo di fronte ad un porto attrezzato, ma ad un approdo naturale a fondale basso adatto alle imbarcazioni commerciali. Cartagine però non era solo una potenza commerciale ma anche militare; nel periodo di massima espansione la flotta da guerra era la più potente e la meglio attrezzata, consentedole di spadroneggiare nel Mediterraneo portando a segno molteplici conquiste, dalla Sicilia sino a lambire le coste della Sardegna e della Spagna414.

Per le navi da guerra il primo porto doveva trovarsi all’interno, protetto dal promontorio nelle vicinanze del quartiere di Magone. Lo scavo inglese ha confermato la presenza di un canale e delle banchine rudimentali d’attracco. Il canale artificiale era largo dai 15 a 20 metri e profondo massimo 2 m; agevolmente navigabile, tagliava l’area in direzione NNE – SSW, parallelo alla costa fino a quello che sarà il porto circolare. Scavato probabilmente nel V sec. viene poi colmato, secondo ciò che

la datazione ceramica suggerisce, nella seconda metà o fine del IV sec a.C.415.

L’ampliamento dei traffici ma soprattutto l’avanzamento delle conquiste416 doveva

andare di pari passo con quello delle strutture; è questo il motivo principale dietro la costruzione di celebri porti descritti da Appiano.

La costruzione dei porti si colloca con tutta probabilità quando Cartagine inizia ad avere come avversaria Roma; gli scavi americani effettuati tra il tofet e il porto rettangolare hanno accertato che il doppio porto era una struttura nuova nel panorama cartaginese, attestabile a non oltre la II Guerra Punica quindi alla fine III sec. a.C.417.

Purtroppo non abbiamo testimonianze precise per la fase embrionale dei due bacini ma è probabile che la necessità di rispondere a esigenze difensive nuove dettate dal

414 D. H. Warminghton 1960, pp. 64 – 159.

415 Questo canale sembra artificiale per i bordi ben definiti e il fondale piatto, e i sedimenti che si sono deposti sembrano evidenziare la presenza di acqua inquinata come quella di un centro urbano. Nei sedimenti sono state trovate tracce di molluschi marini, che hanno fatto ipotizzare che il canale veicolasse l’acqua marina, ma il suo sviluppo in qualche modo è compromesso dall’abbondante afflusso di acqua dolce proveniente dalla falda freatica nel sottosuolo. Nel riempimento del canale le grandi quantità di ceramica datano la caduta in disuso non prima del 350 a.C., H. R. Hurst 1993 p. 49; Ibid. 1994, pp. 40 – 43; L. E. Stager 1992, p. 75.

416 Selinunte viene conquistata nel 409 a.C., S. Tusa 2010, p. 26; Agrigento cade invece nel 406 a.C., M. Corsaro – L. Gallo 2010, p. 160; per la Sardegna vale tutto un altro discorso; l’isola era da secoli nell’orbita fenicia, quindi non era scossa da importanti eventi bellici come la Sicilia, ma all’inizio del IV sec. a.C. i dati archeologici attestano una rifioritura di alcuni centri fenici della costa, tra cui spicca Nora quando è Cartagine ad imporre il suo dominio in quella zona di Mediterraneo, S. F. Bondì 2003, p. 27.

progresso delle macchine da guerra a lunga gittata avessero costretto a nuove

tipologie di difesa, sia in mare aperto sia nelle strutture portuali418.

Appiano quindi descrive la fase finale della vita dei bacini; il porto rettangolare doveva essere collegato al mare da uno stretto canale che si trova a S – SE; è difficile però avere certezza di questo dato per colpa dei forti fenomeni di erosione che hanno profondamente modificato il profilo della costa, facendola di molto

arretrare e rovinando anche la conformazione del bacino rettangolare419.

Il bacino scavato artificialmente aveva richiesto la rimozione di quasi 120.000 m3 di

terra. Era circondato da un muro di ancoraggio che cingeva uno spazio di circa 7

ettari con una profondità compresa tra 2 e 2,5 metri420; Il muro si gettava

direttamente in acqua ed era fatto da grandi blocchi di arenaria uniti senza malta

idraulica421. Facente parte del complesso, un magazzino, di cui si sono trovati i resti

a ovest della banchina. I resti sono di un muro meridionale del magazzino lungo 20 metri, costruito con una tecnica tipica dell’areale punico reinterpretata poi dai romani

che prenderà il nome di opus africanum422.

Ma è nel porto circolare che troviamo maggiori corrispondenze con il passo di

Appiano che ormai possiamo definire sostanzialmente corretto423.

Per descrivere questo porto possiamo immaginare una serie di cerchi concentrici che ne scandiscono o delimitano le varie parti; il cerchio più interno corrisponde al celebre isolotto dell’Ammiraglio, poi abbiamo la fronte colonnata descritta da Appiano da cui si accedeva alle logge, e per concludere il cerchio più ampio equivale al perimetro del muro doganale che doveva dividere il porto militare da quello mercantile. Ovviamente l’isolotto e fronte colonnata erano collegate da un ponte, sorretto da arcate che si impostano su pilastri in opus quadratum riutilizzati poi dai romani424.

Nel complesso questo porto copre una superfice complessiva di 6.2 ha ed era

profondo circa 2 metri425, con un raggio totale di 215,3 metri426.

418 E. Panero 2008, p. 72. 419 H. R. Hurst 1994, pp. 46 – 47.

420 Ibid., p. 42; le dimensioni erano di 150 m di larghezza e di 400 di lunghezza, H. R. Hurst – L. E. Stager 1978, p. 341.

421 L. E. Stager 1992, p. 76; E. Panero 2008, p. 73. 422 L. E. Stagar 1992, p. 76.

423 H. R. Hurst 1983, p. 604; Ibid. 1992, p. 83; Ibidm 424 Ibid. 1977, p. 238.

425 S. Lancel 1992b, p. 305. 426 H. R. Hurst 1994, p. 39.

Sono stati gli scavi britannici a fare chiarezza sulle varie fasi di vita del porto e sul suo utilizzo.

Sono state ritrovate le tracce dei moli in pietra, tracce dei pilastri che dovevano sorreggere una copertura e dividere gli ambienti; ci si è resi conto essere di fronte ad una serie di magazzini per il rimessaggio di attrezzature, a darsene o bacini per il carenaggio delle navi. Questi alloggiamenti non erano in piano, ma erano delle rampe o scivoli che degradavano verso il mare partendo dal centro dell’isolotto, disponendosi a ventaglio sull’isolotto e sulla circonferenza esterna del porto rotondo427.

L’isolotto dell’ammiraglio presenta un raggio complessivo di 60,3 metri428 ; la

lunghezza delle rampe non è fissa429 perché al centro dell’isola vi era un edificio con

la pianta di esagono allungato con una corte interna a cielo aperto; Si tratta

certamente del navarca dell’ammiraglio citato da Appiano430.

In alcuni punti dell’isolotto sono state trovate le tracce del colonnato che doveva

reggere la copertura dei dock431, che secondo la ricostruzione degli inglesi doveva

avere una copertura a terrazzo, con una gentile inclinazione per favorire il deflusso

dell’acqua meteorica432.

Tornando alle rampe indagate sull’isolotto, queste presentano un’inclinazione del 10%; tracce di carboni hanno fatto pensare a delle traverse di legno disposte lungo

tutta la rampa433 per migliorare l’alaggio delle navi. Per creare la pendenza

dell’isolotto necessaria alle rampe si è depositato su di esso la terra di risulta dallo

scavo del porto, per circa 10.000 m3; stesso procedimento è ipotizzabile anche per le

rampe nella parte esterna del porto434.

In tutto sull’isolotto erano presenti 30 alloggiamenti, ma se ne sono conservati solo tre in condizioni sufficientemente buone da essere indagate. Notiamo subito che

427 Ibid., pp. 35 – 39; E. Panero 2008, p. 73 – 74. 428 H. R. Hurst 1994, p. 38.

429 La lunghezza delle rampe varia dai 30 ai 50 metri di lunghezza, Ibid., pp. 34 – 35.

430 Questo edifico a corte aperta, forse di proposito dall’alto richiama la forma di una nave. Si impostava certamente ad un livello superiore all’altezza massima delle rampe. Gli scavi hanno mostrato una cisterna d’acqua a sud dove si trovavano anche i resti della piattaforma d’osservazione da cui si poteva dominare il porto ricordata nel passo di Appiano, S. Lancel 1992b, p. 297; H. R. Hurst 1993, p. 47.

431 H. R. Hurst, 1975, p. 20; H. R. Hurst 1993, p. 44. 432 Ibid., p. 31.

433 La disposizione dai dati archeologici non era uguale in ogni rampa; in una la distanza da una traversa e l’altra era di 0,60 metri, su un’altra ancora di 1,20 sino ad una distanza massima di 2,50, S. Lancel 1992b, pp. 297 – 298; H. R. Hurst 1994, pp. 44 – 45.

hanno una lunghezza variabile: i due più corti misurano 30 m circa, si passa poi a 38 m per due attracchi che si trovano sull'Isola, il resto supera i 40 m. La larghezza media si attesta intorno a 5,30 metri che sono bastevoli per l’alloggiamento di una triremi; due di questi dock erano invece di 2 metri più larghi rispetto agli altri arrivando sino a 4 metri il che ci porta a pensare che fossero destinate a navi di dimensioni variabili, ma nessuno di capacità inferiore ad alloggiare una triremi greca435.

Questa discrepanza fa ipotizzare che il porto fosse usato non solo per le triremi da

guerra ma anche per altro genere di imbarcazioni436; sull’anello esterno del porto

circolare invece erano presenti 140 dock437 di cui si sono salvate le tracce di cinque

hangar, su cui si sono basati i calcoli spaziometrici per arrivare al numero ipotizzato