• Non ci sono risultati.

Lo splendore di Leptis Magna è evidenziato chiaramente dai suoi resti; che fosse una città ricca e prospera è un dato di fatto. Come si evince dalla studiata pianificazione urbanistica e dai monumenti, che crescono in bellezza, prestigio e dimensioni con l’andare del tempo. Tutto lo si deve ad una fiorente attività commerciale che aveva in Leptis un terminale ideale. Il grosso dei traffici nel mondo antico si svolgeva via mare, quindi le città che primeggiavano in questo settore dovevano per forza essere dotate di infrastrutture adatte a sopperire alle esigenze di una circolazione mercantile vivace come quella attestata nelle città della Tripolitania di cui Leptis Magna era la regina, che darà i natali ad un uomo come Settimio Severo.

Il porto di Leptis Magna, come molti porti antichi, presenta una storia complessa che si dipana con l’andare dei secoli, che hanno visto il fiorire e il calare delle fortune delle città; ma senza dubbio è su di esso che la città ha costruito la sua fortuna e il suo prestigio, che ha permesso l’arricchimento e il conseguente benessere che si ricava da una fiorente attività commerciale.

Anche per il bacino di Leptis Magna abbiamo una genesi molto lacunosa, come accade spesso per questo tipo di strutture, da cui poi nascono molte ipotesi interpretative, a volte senza aver eseguito studi approfonditi o formulate sulla base di

ricerche sommarie664.

Per arrivare alla ricostruzione di quello che diverrà il bacino severiano, la città passa da diverse fasi in cui si annoverano diverse soluzioni tecniche e topografiche, che sono state portate in luce in più di trent’anni di ricerca sul campo.

Queste ricerche sono state condotte non sempre in maniera ottimale ma ci hanno permesso di capire l’evoluzione del porto di Leptis e dei suoi annessi, svelando molti dei dubbi che ancora aleggiavano intorno ad esso.

664 Renato Bartoccini nel 1952 è il primo che ha iniziato gli scavi nel porto di Leptis Magna poi successivamente pubblicati a più riprese nel 1954 per la rivista dedicata alla Libia dal titolo Quaderni

di Archeologia della Libia e successivamente nel 1958 con una intera monografia ad esso dedicato

dopo la conclusione degli scavi dal titolo Il Porto Romano di Leptis Magna. Compiuta questa necessaria premessa bisogna dire che anche se il lavoro fu ben descritto soprattutto a livello grafico con precisi rilievi, fotografie aeree e ricostruzioni plastiche, non è scevro di errori di interpretazione. Come accade sovente un porto ha delle difficolta oggettive d’interpretazione, per le evoluzioni successive dei lavori intorno ad esso. Inoltre negli anni che hanno visto la missione italiana impegnata sul campo la metodologia di scavo era ancora basata essenzialmente sullo sterro che complicano la lettura dei livelli e delle strutture più antiche. Quindi alcune delle opere di banchinamento sono state erroneamente assegnate a periodi cronologici differenti rispetto alla loro costruzione effettiva.

Non farò una ricostruzione pedissequa delle strutture, che sono state pubblicate nel corso di molti anni, ma una descrizione organica dell’evoluzione che inquadri il porto in una visione urbanistica d’insieme più ampia.

3.4.1. Il primo approdo di Lepcis

Le ragioni per cui il primitivo insediamento sorge, come già detto, sono da ricercarsi nella sua posizione favorevole, alla foce del fiume Lebda su di un promontorio. In prosecuzione del promontorio dal mare vi erano quattro scogli, quello più a Est rispetto al promontorio presentava una forma allungata. Insieme queste rocce affioranti dal mare fungevano da frangiflutti naturali creando una rada protetta, che

fornisce un sicuro approdo al primo nucleo della città e ne favorisce lo sviluppo665.

Il primitivo centro urbano è rintracciabile nel triangolo formato a nord dalla costa e a sud-ovest dalla sponda sinistra del fiume e dalla rientranza del promontorio; il suo orientamento non è quello classico di una città romana, con decumanus maximus di

solito orientato Est – Ovest e cardo maximus in direzione Nord - Sud666, ma qui la via

principale sarà ruotata di 45° con la via di accesso al foro vetus disposta in direzione da S - E a N - O, parallela al letto del fiume. Si nota bene come l’andamento degli edifici del “foro vecchio” sono orientati ricalcando il primitivo approdo, che si deve

individuare al delta del fiume sulla continuazione del lato sinistro667. Possiamo

ipotizzare che questo primitivo approdo fosse servito da altre strutture accessorie come gli horrea che si è ipotizzato fossero paralleli all’asse della futura via Colonnata668.

Un approdo cosi pensato comportava il problema che diveniva impraticabile nei periodi di piena del fiume; probabilmente approdi secondari erano situati ai lati della

665 R. Bartoccini 1958, p. 9.

666 Leptis Magna non sarà mai una città Romana dal punto di vista strettamente urbanistico, nemmeno in età avanzata, ma perdureranno le influenze che arrivano dal mondo ellenistico. Anche se in entrambi i sistemi urbanistici abbiamo delle analogie, come ad esempio la divisione degli spazi secondo una griglia ortogonale, ci sono anche delle sostanziali differenze a livello simbolico. Per esempio all’intersezione degli assi principali il sistema ellenistico prevedeva la costruzione di un tetrapilo, mentre i romani attribuivano all’incrocio un significato religioso della presenza della cives romana costruendovi il capitolium. Quindi non deve sorprendere trovare una certa mescolanza di caratteri architettonici a Leptis Magna dove abbiamo appunto un tetrapilo costruito sull’incrocio degli assi principali in epoca imperiale avanzata e la classica disposizione per strigas, ma edifici tipologicamente romani come teatro e terme. P. Gros – M. Torelli 1988, p. 129; V. Franchetti Pardo et

al. 2006, p. 201.

667 R. Bartoccini 1954, p. 79. 668 Ibid. 1958, p. 10.

città lungo la costa. Sul lato ovest gli scali erano in diretta comunicazione con il foro e riparati per quanto possibile dai violenti venti di nord – ovest.

I primi lavori di banchinamento veri e propri nel delta del fiume possiamo assegnarli a questo primo periodo di vita dell’emporio fenicio – punico. Per creare una zona meno soggetta alla furia dei venti fu costruito un potente muraglione con andamento N – O / S – E che non solo proteggeva l’estremità del promontorio ma lo prolungava verso

sud creando un attracco riparato 669 . Questo molo primitivo, addossato al

promontorio, è lungo 49,50 m con una parte aggettante direttamente in mare come si nota dai segni di usura provocati dall’acqua; la gettata è costituita da piccole scaglie di arenaria e malta compatta per uno spessore complessivo di circa 6 metri. Nel lato verso il mare il muraglione era rinforzato da due muri di rinforzo più bassi, che si assottigliano verso la metà della gettata dove abbiamo una scaletta d’ormeggio in blocchi di travertino. Sui muri laterali della scala abbiamo due scanalature che

servivano per l’alloggiamento di una saracinesca670.

L’estremità meridionale di questo molo è stata risparmiata dai lavori neroniani e severiani, dove è presente un piccolo edificio absidato con rivestimento in marmo su

pareti e pavimento, probabilmente un sacello671. Possiamo notare nella banchina

severiana di questo lato del porto tracce di questo muraglione che ne alterano la linea regolare, venendo a creare una sporgenza aggettante, conservato forse perché ospitava un luogo sacro. Alle spalle di questo luogo di culto abbiamo un edificio quadrangolare di modestissime dimensioni che fungeva o da torretta d’avvistamento o da faro672.

Siamo di fronte al primo tentativo di banchinamento artificiale, precedente persino i lavori di epoca neroniana. L’intento era di creare, tramite questo muraglione, una zona protetta all’interno della foce del fiume, in fondo alla rada chiusa dagli scogli naturali673. 669 Ibid., p. 37; S. Bullo 2002, p. 196. 670 R. Bartoccini 1958, p. 37. 671 R. Bartoccini 1958, p. 33; S. Bullo 2002, p. 196. 672 Ibid. 673 R. Bartoccini 1954, p. 80.

3.4.2. Il porto ellenistico di Leptis nello Stadiasmus Maris Magni

Il porto di Leptis Magna viene citato in un famoso passo dello Stadiasmus Maris

Magni674; o meglio, la cosa che ha fatto molto discutere è che il porto non viene

citato, perché si riteneva che all’epoca in cui fu scritto il compendio il porto fosse già

da tempo interrato e di conseguenza la città fosse in declino675. Una scoperta fortuita

nel 1972 ha permesso di incastrare i dati che fornisce il testo dello Stadiasmus riguardante Leptis Magna con una testimonianza archeologica che ha rimesso in discussione anche la datazione dello Stadiasmus stesso.

Già da prima del 1972 la datazione del testo è sempre stata molto controversa, attribuito dai vari studiosi ad epoche diverse; tra il I a.C. e inizio I d.C. Altri si sono espressi per una data più tarda collocandolo tra la fine del II sec. d.C. e l’inizio o la seconda metà del III d.C., senza citare banali indizi presenti nel testo non sempre sicuri e di dubbia interpretazione; sulla scia delle scoperte effettuate a Leptis si è

proposta una convincente datazione676.

Partendo da una più precisa analisi del testo, notiamo una descrizione della costa vicino Leptis che la definisce particolarmente pericolosa per la presenza di isolotti affioranti; tale descrizione non sarebbe possibile se collochiamo l’opera alla fine del III sec. d.C. dato che il cothon severiano ingloba nei suoi moli gli isolotti nominati dallo Stadiasmus. Seppure, per assurdo, il porto fosse stato già interrato poco dopo la sua costruzione, comunque sarebbero stati ben visibili il faro e la torre dirimpetto che l’anonimo autore soleva segnalare con estrema accuratezza nelle sue descrizioni677.

L’affermazione chiara che la città è sprovvista di porto si può attribuire solo ad un periodo precedente al 60 d.C. in quanto dagli anni successivi il porto canale

674 Questo testo è un preciso elenco di porti del Mediterraneo; di enorme importanza in quanto unico nel suo genere, ci fornisce informazioni di pilotaggio marittimo (la manovra per entrare nelle imboccature dei porti) e d’acquata (l’azione del fare rifornimento di acqua dolce, ovvero indica i punti dove poter approvvigionare l’acqua prima di o durante un viaggio). Probabilmente concepito ad Alessandria dato che a differenza di un tradizionale periplo non parte dalle Colonne d’Ercole per andare verso oriente in senso orario, ma parte da Alessandria in direzione Ovest descrivendo prima le sponde del Nord Africa e poi verso Est, descrivendo le coste asiatiche ed europee. Purtroppo lo Stadiasmo è conservato in maniera frammentaria nel codice di Madrid, G. Uggeri 1996, p. 277. 675 A. Di. Vita 1974, p. 243.

676 G. Uggeri 1996, p. 278 – 279. 677 Ibid., p. 280.

neroniano di Leptis era già realtà, come confermano gli scavi del Bartoccini e sicure attestazioni epigrafiche678.

Tornando ai ritrovamenti del 1972 nel piccolo insediamento di Homs vicino l’area in cui sorgeva Leptis, durante la costruzione di un complesso scolastico, sono venuti in luce i resti di una villa di età imperiale, probabilmente restaurata sotto Antonino Pio e

abbandonata in seguito al terremoto del 365679; inoltre sono state rinvenuti grossi

blocchi di calcare che andavano in direzione N – E / S – O che scendevano fin sotto il pelo dell’acqua. Ma la testimonianza concreta dell’esistenza di un porticciolo è venuta in seguito a più approfonditi lavori di scavo, dall’allargamento del saggio sotto il peristilio della villa; sotto le basi del colonnato occidentale fu trovato il medesimo allineamento di blocchi in calcarenite che correvano N – E / S – O posti per testa e

taglio per la lunghezza conservata di 17 metri680. Ogni due metri circa vi era un

blocco di duro calcare di Ras el Hamman della tipologia più antica attestata, di colore grigio-bianca, per testa che sporgeva per 30 cm e formava con i blocchi contigui una piattaforma unica con quella successiva che aveva i blocchi per costa. La sporgenza era attraversata da un foro rettangolare delle dimensioni di 20 cm di altezza e 14 di

larghezza che servivano per l’inserzione di pali per gli ormeggi681. Nella zona più

meridionale si è potuta riconoscere l’enorme fondazione del molo, che supportava una briglia lunga circa 2 metri che univa la fronte del molo ad un muro che insisteva sulla stessa fondazione con andamento parallelo al molo, utilizzato poi come

appoggio per un muro della villa682.

Siamo in presenza di un molo che seppur di piccole dimensioni si estende per alcune

centinaia di metri seguendo l’andamento della costa683.

Questo molo era formato sulla fronte da una grossa cortina di blocchi imponenti, e

sul retro da un muro, con una larghezza di almeno 3,30684. Il piano di calpestio, che

presenta tracce di usura si attesta a 1,40 / 1,50 metri s.l.m.

A questa opera così descritta si deve aggiungere un’avanbanchina costituita da una gettata di opera cementizia spessa almeno 0.70 metri con il chiaro scopo di 678 A. Di. Vita 1974, p. 244. 679 A. Di Vita 1990, pp. 425 – 494. 680 A. Di Vita 1974, p. 247. 681 Ibid., pp. 247 – 248. 682 Ibid., pp. 249 – 250. 683 Ibid., p. 253.

684 Dobbiamo calcolare almeno 0,90 metri della fronte, i due metri abbondati della briglia est – ovest e 0,30 metri del muro di fondo, Ibid., nota 21.

difendere la fronte del molo, premurandosi di risparmiare i blocchi sporgenti per gli attracchi685.

Una datazione precisa di questo molo è molto complicata da fare; gli invasivi lavori di sbancamento per mezzo di ruspa hanno danneggiato le stratigrafie in maniera irreparabile. Possiamo solo trarre delle conclusioni sulla base di pochi indizi; la maestosa villa fu costruita nel II secolo, quando il porticciolo sembra fuori uso da tempo. L’uso di calcare di Ras el – Hamman come elemento di pregio limitato solamente agli ormeggi potrebbe attestare l’opera all’età ellenistica in quanto la diffusione di questo calcare come materiale da costruzione predominante si avrà in età augustea686.

Per tornare allo Stadiasmus Maris Magni possiamo associare la struttura a quella citata nel passo che parla di Leptis Magna, nel quale non nomina il primo porto per la città che probabilmente era nascosto dietro gli scogli, ma un attracco a 15 stadi di distanza dalla città chiamato capo Hermanion, definendolo un ormeggio sicuro per piccole imbarcazioni. Il porticciolo sopradescritto dista esattamente 15 stadi dalla rada dove sorgerà il porto principale della città. Questo scalo secondario, di basso pescaggio, probabilmente serviva nei periodi di piena del Lebda che rendevano difficoltoso l’attracco nella rada alla foce del fiume. Sulla base di queste deduzioni possiamo fissare il passo dello Stadiasmo che parla di Leptis come terminus ante

quem, spostando la datazione del testo ad una data precedente la costruzione del

porto canale neroniano, che inquadriamo nel I secolo d.C. tra il 50 e il 60687.

Si può supporre che questo scalo secondario di età ellenistica sia stato costruito in seguito ad un fabbisogno maggiore della città dovuto all’aumento dei traffici; come ci dicono le fonti storiche la zona già in età ellenistica era famosa per la prospera produzione agricola. Possiamo immaginare che il surplus della produzione venisse esportato, da qui la necessità di infrastrutture portuali per soddisfare queste esigenze.

Una domanda però sorge spontanea: perché creare un molo secondario e non potenziare l’approdo alla foce del wadi Lebda come è avvenuto effettivamente alla metà del I secolo?

685 Ibid., p. 254.

686 Ibid., p. 255.

E’ evidente che in età ellenistica esistevano le conoscenze tecniche per la costruzione di un porto stabile nella rada del Lebda, però si scelse ugualmente di costruire un molo 15 stadi più a Ovest della città. Una possibile spiegazione di carattere religioso potrebbe derivare dall’interpretazione della Tripolitana 41; questa iscrizione parla del restauro di un tempio posto su un’isola. Rimangono conservate nell’iscrizione le iniziali del nome dell’isola, Lid..; questa iscrizione viene datata alla

prima metà del I sec. d.C.688; in questo periodo le uniche isole presenti erano quelle

che formavano la cinta di protezione della foce del Lebda. Che su una di essa ancora nella prima età imperiale sorgesse un santuario è una ipotesi da non scartare, ed è il motivo principale per cui non sono stati evitati lavori di banchinamento che

coinvolgessero il tempio punico almeno fino al tempo di Settimio Severo689.

3.4.3. Il porto canale claudio – neroniano

Per il primo porto attrezzato della città, dobbiamo aspettare oltre la metà del I secolo, nel tardo principato di Claudio o sotto il regno dell’imperatore Nerone.

Anche qui come per il molo di Homs i ritrovamenti sono da attribuire a terzi fattori che hanno messo in luce il canale che era parte integrante del porto. Nel 1987 e

successivamente nel 1988690 una forte alluvione ha sconvolto il sito di Leptis

portando alla luce il porto canale nel tratto terminale dello uadi Lebda691.

Si tratta di un canale artificiale ricavato dal letto del fiume della larghezza complessiva di 13,30 metri, tramite dei possenti argini larghi che incanalano il corso d’acqua. Parte di questa gettata dell’argine ovest è stata rinvenuta al di sotto della via Colonnata durante gli scavi del Bartoccini nei pressi del foro severiano; viste le

688 Lo studio e la pubblicazione della Tripolitana 41 si deve allo studioso di lingua neo punica Giorgio Levi Della Vida. L’iscrizione è stata trovata inserita nell’angolo di un edificio costruito con materiale di reimpiego; le dimensioni del blocco che ospita l’iscrizione sono di metri 0,50 x 0,97. L’iscrizione si divide su due righe, la parte pervenutaci non è che una minima porzione rispetto alle reali dimensioni. Il testo delle due righe non è sicura ma grossomodo doveva essere questa:

1. …] dal costruttore, il quale ha aggiunto la base a questo tempio nell’isola Lib[…

2. …] Hamilkat D.rîdês rampollo di Hanno il quale è nel ( = appartiene al popolo) di L[epcis] Purtroppo la prosecuzione del primo rigo, con il nome dell’isola, doveva trovarsi sul blocco adiacente che non è stato rinvenuto. Sulla base di queste poche righe lo studioso ipotizza che sullo scoglio Lib…, sia sorto il primissimo avamposto di genti puniche che poi si sarebbero spostate nella vicina costa. Ipotesi avvincente ma che non ha nessun riscontro archeologico sicuro, se non nel fatto che il tempio nominato nell’iscrizione è stato oggetto di restauro sino alla metà del I sec., ma poi inglobato nei lavori del porto severiano, G. Levi Della Vida 1963, pp. 464 – 468.

689 A. Di Vita 1969, pp. 224 – 225. 690 A. Di Vita 1993, p. 161. 691 S. Bullo 2002, p. 185.

proporzioni della gettata, anche se ne aveva scoperta solo una parte, si accorge che non potevano essere le fondazioni della via colonnata, perché sarebbero state

sproporzionate, quindi ipotizza che si trattasse di un argine692. Grazie agli argini si è

potuto salvare e rendere edificabile tutta la zona fino al foro vecchio693, zona che senza i lavori di banchinamento, era inondata periodicamente dalle piene del

fiume694. Alle spalle della banchina che ospitava dei portici abbiamo un arco in

calcare di Ras el Hamman databile alla metà del I sec. d.C.695; questo arco si pensa

che monumentalizzasse l’accesso alle banchine su uno dei decumani che le collegavano alla zona del foro vecchio. Oltre all’arco abbiamo i resti di un colonnato

rasato che doveva ornare le banchine del porto696.

Andando verso la foce, per mezzo di una trincea perpendicolare alla fronte delle banchine si è messo in luce un edificio che si sviluppa verso N – E per una lunghezza pari a 55 m, salvo poi piegare verso est. L’edificio comprendeva sei ingressi, affiancati da muri ortogonali verso l’interno dello stesso. La tecnica edilizia è

l’opus quadratum con blocchi di piccole dimensioni in calcare bianco. Una prima

indicazione sulla datazione dell’edificio è data proprio dal materiale, che era lo stesso che abbiamo per quasi tutte le costruzioni più antiche del foro vecchio; la fronte dell’edificio era colonnata dato il ritrovamento di alcuni rocchi di colonne e di capitelli ionici di un tipo, molto in voga nel periodo preseveriano. Quindi è un edificio contemporaneo al foro; quasi certamente magazzini di stoccaggio merci, che furono in parte conservati e riutilizzati nella successiva disposizione del porto, programmata

da Settimio Severo697. Un’altra attestazione di questa tecnica è stata riscontrata nel

Colonnato Neroniano; esso occupava tutto il lato finale della banchina del porto canale, ma manca il raccordo con il molo costruito ex novo da Settimio Severo. Gli scavi del porticato furono importanti per stabilire con esattezza la cronologia del

porto698; numerosi frammenti architettonici, che includevano un architrave iscritto che