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Sulla costa settentrionale dell’Africa, non lontano da Tunisi, troviamo le rovine dell’antica Cartagine. Fondata dai Fenici, Cartagine è un sito archeologico importantissimo. E’ situato sulla collina che domina il golfo con una penisola che si protende verso oriente nel Mediterraneo. La penisola era limitata a sud dal lago di Tunisi e a nord dal Sebka er-Riana, che nell’antichità era un golfo marino.

Sui lati dell’insediamento si estendono tratti di spiaggia sabbiosa, dietro ai quali sorgono colline dal leggero pendio che toccano i sessanta metri di altezza. In vetta all’altura di St. Louis, che dista meno di un miglio dal mare, sorse la prima cittadella di Cartagine; la Byrsa266.

Questa era la regione dov’era situata la città che superò in ricchezza e potenza tutti i centri della Fenicia, conservò lingua e identità ancestrali, quando questi erano già da molto tempi scomparsi. Forse, dal principio fu la maggiore di tutte le colonie poiché il

suo nome fenicio, Kart-Hadasht, significava città nuova267.

2.2. Le origini

Per capire come la città di Cartagine si sia sviluppata, bisogna fare un piccolo passo indietro per capire da quali modelli culturali proviene.

Le origini della città sono da ricercare nelle missioni esplorative delle città fenici delle coste del Libano e della Siria.

La migrazione verso occidente fu facilitata dal fatto che tutti i popoli del Mediterraneo occidentale erano meno evoluti e militarmente più deboli del Mediterraneo orientale. I

266 B. H. Warmimgton 1960, p. 13. 267 S. Bullo 2002, p.59.

Fenici fondavano le loro colonie con lo scopo di proteggere i traffici commerciali, ma essi non disponevano del potenziale umano necessario a fronteggiare grosse tribù in paesi ostili e a fondare grossi imperi, e nemmeno era nella loro tradizione aspirare ad un dominio universale; in qualche modo Cartagine segnerà una svolta da questo

punto di vista268. Le spedizioni nel Mediterraneo avevano come scopo la ricerca e

l’acquisto di argento e stagno nella Spagna; nell’antichità sappiamo che i viaggi per mare potevano trasformarsi in pericolose avventure e quand’era possibile le navi preferivano una rotta di cabotaggio o sotto costa. I marinai fenici, entrarono ben presto in contatto con la costa dell’Africa settentrionale.

Privo di attrattive doveva appariva l’entroterra, difficile da penetrare perché per lunghi tratti la regione è percorsa da catene montuose. Le zone fertili in prossimità della

costa scarseggiavano per numero e per estensione269.

Quando i Fenici cominciarono a scegliere luoghi ove fondare colonie che sarebbero dovute servire da basi mercantili o da posti di rifornimento di acqua e viveri, essi cercarono innanzitutto località facilmente accessibili dal mare, ma non vicine a tribù dell’entroterra potenzialmente ostili. Quindi i luoghi preferiti erano isole al largo della costa o penisole rocciose oppure baie sabbiose dove si potevano tirare in secco le navi. La zona in cui sorge Cartagine rispondeva aveva queste peculiarità geomorfologiche, inoltre l’entroterra era fertile da consentire un’agricoltura di sussistenza270.

Ogni colonia fenicia si sviluppò ben presto in maniera autonoma, fino a diventare una città governata dal proprio re, ed indipendente dalle sue vicine. Per i primi mille e più anni della loro storia queste città furono strettamente legate all’Egitto; fin dai tempi più remoti gli egizi avevano dovuto ricorrere a paesi stranieri per procurarsi il legno per la costruzione delle navi più grandi e la loro miglior fornitrice era appunto la Fenicia. Al di fuori dell’Egitto essi stabilirono rapporti anche con Cipro, Creta e la Mesopotamia.

Le fonti antiche affermano che da Tiro salparono i coloni fenici diretti verso occidente. Difficile è determinare una data di fondazione di queste colonie, compresa Cartagine, data l’evidente discrepanza fra le notizie fornite dagli autori greci e romani

268 M.H. Fantar 1996. p. 42.

269 S. Lancel 1992a, pp. 32 – 33; Da sempre nell’immaginario antico un fenicio era identificato come un marinaio. Era descritto come un uomo che cercava avventura e rischio, disposto ad intraprendere lunghi viaggi e assentarsi da casa per lungo tempo, M. H. Fantar 1996, pp. 67 – 68.

e le scoperte archeologiche. Quasi tutti concordano nel ritenere che Cartagine fosse stata fondata trentotto anni prima della prima olimpiade cioè nell’814 a.C. data divulgata per la prima volta nel mondo greco dallo storico Timeo che scrisse nel III

secolo a.C. 271. Cartagine appare un insediamento ben strutturato, una vera

fondazione ufficiale da parte della città di Tiro, ed essa svolse nei primi secoli della sua vita il ruolo per cui era sorta, ovvero guardiana dei traffici marittimi sul

Mediterraneo, e punto di partenza per una ulteriore espansione272

2.2.1. Il mito della fondazione

Come tutte le metropoli del mondo antico che si rispettino anche Cartagine ha un mito o diversi miti per la sua fondazione alla base della sua tradizione. Svariate sono le leggende fiorite intorno alla nascita di Cartagine: la più popolare narra di una contesa dinastica avvenuta a Tiro. Elissa, sorella del re Pigmalione, aveva sposato suo zio Archebas, sacerdote di Melqart, uomo molto ricco, il quale era stato ucciso per ordine di Pigmalione che voleva impadronirsi del suo patrimonio; Elissa però, dopo esser fuggita, accompagnata da un gruppo di cittadini contrari a Pigmalione, approdò sulle coste africane. In Africa i coloni stabilirono buoni rapporti con le popolazioni locali, e versarono un affitto per il terreno da loro occupato. La principessa conobbe re Làrba, capo dei Libici, con il quale contrattò la possibilità di fondare una colonia acquistando, con uno stratagemma, un territorio abbastanza grande. Avevano pattuito una grandezza pari alla pelle di un bue maschio, allora fece tagliare delle sottili strisce di pelle unendole poi in lunghezza, così da ottenere una singola striscia molto lunga che fu stesa sulla collina a segnare i confini legittimi della nuova colonia. Qui secondo il mito sorsero le prime fondamenta di Cartagine di cui Elissa divenne regina; la collina conserva il nome di Byrsa.

Làrba voleva sposarla per avere il controllo della colonia, diventata importante. Elissa finse di voler compiere un sacrificio alla memoria del marito prima di sposarsi, poi rifiutò il matrimonio e preferì suicidarsi lanciandosi nelle fiamme piuttosto che consegnare la città in mano al re; lo stesso comportamento lo ebbero gli ultimi difensori della cittadella quando le truppe romane di Scipione Emiliano stavano per espugnarla. Questo mito dimostra che Cartagine nasce come una città importante,

271 S. Lancel 1992a, pp. 34 – 35. 272 M.H Fantar 1996, pp. 94 – 96.

fondata dalla principessa di Tiro con l’apporto del tesoro del tempio di Melqart. Per diversi secoli Cartagine mantenne un legame forte con Tiro e inviò regolarmente la decima come tributo poiché c’era la volontà di mostrarsi figlia di Tiro. L’elemento indigeno non venne mai completamente integrato, vi fu sempre la distinzione fra l’origine orientale della città e i libici273.

2.3. Carthago

La città sorgeva su un promontorio secondo la migliore tradizione attribuita ai Fenici, la collina della Byrsa, un'acropoli protetta da mura torreggiava sul resto della città e due porti molto ben attrezzati la servivano per il traffico commerciale marittimo e per la flotta da guerra.

Per quanto riguarda l'impianto arcaico, alcuni saggi hanno permesso di ritrovare sotto l'abitato vicino alla costa orientale, resti della cinta muraria dell’VIII - VI sec. a. C. allineati alla linea di costa secondo un orientamento chiaramente ripreso anche successivamente; la prima colonia doveva avere una estensione di venticinque ettari

che dovevano ospitare dai 5000 agli 8000 abitanti274.

L’orientamento urbanistico primitivo era ortogonale nelle parti pianeggianti ma, con orientamento diverso da un settore all’altro; arrampicandosi invece sulla collina della

Bysra l’orientamento diventa radiale, per conformarsi alle esigenze del territorio275.

Cartagine era difesa da mura robuste che resistettero a tutti gli attacchi, fino all’ultimo assedio romano. La lunghezza complessiva di tali mura era di ventidue - ventitré miglia e quindi sarebbe stato praticamente impossibile difenderle con le truppe di cui disponeva Cartagine se la parte maggiore non fosse stata quella lungo la costa e che poteva essere attaccata soltanto da un nemico che avesse avuto assoluto dominio del mare. Alcuni tratti delle mura ritrovati durante le molteplici campagne di scavo effettuate sul territorio, hanno mostrato un muro a doppia cortina con riempimento di emplekton; inoltre alle spalle del muro è stata rilevata la presenza di casematte, particolare tipologia difensiva che prevedeva la formazione di locali addossati al muro, dove uno dei muri che componevano il locale è quello di cinta. I locali potevano avere molteplici scopi, probabilmente erano usati come stalle o per officine

273S. Lancel 1992a, 35 – 37.

274 B. Maraoui Telmini et al. 2014, p. 118. 275 M. H. Fantar 1993, p. 122.

metallurgiche276.

Le mura erano alte più di dodici metri più i merli, erano spesse quasi nove metri; le torri sorgevano a intervalli di sessanta settanta metri ed erano alte quattro piani. Non ci sono testimonianze circa la data di costruzione di queste fortificazioni, ma è assai probabile che siano state edificate almeno dal VII secolo a.C. con rifacimenti e

lavori successivi al V sec., quando Cartagine era in piena espansione277. Nella parte

delle mura che correva lungo la costa, addossate ad esse sorgeva il quartiere residenziale chiamato generalmente quartiere di Magone, suddiviso in insulae rettangolari. Questo quartiere subirà in seguito alla ripresa dell’espansione edilizia, nella seconda metà del II sec. una radicale trasformazione. Le abitazioni diventano

più ricche, e si denota la frequente presenza di giardini e cortili colonnati278

Una seconda cinta muraria più tarda correva intorno alla collina di Byrsa, che costituiva quindi una cittadella interna; la cinta aveva una circonferenza di due miglia e ciò significa che essa includeva una superficie più grande della collina. I blocchi di pietra per la costruzione di queste cinte vengono cavati dalla penisola di Capo Bon e

da altre zone del Golfo di Tunisi279.

Con il nome di Byrsa, veniva designata la parte più vecchia della città o comunque

una delle più antiche280. Non si può averne la certezza perché la collina fu abbassata

dai romani quando rifondarono Cartagine distruggendo i livelli punici più antichi. Sulle pendici meridionali dal III sec. fino al 146 a.C. sorgeva un quartiere residenziale

chiamato comunemente quartiere di Annibale281; era composto da isolati rettangolari

in cui le abitazioni si articolano intorno ad un lungo vestibolo che conduce ad un cortile interno, che nella maggior parte dei casi erano forniti di pozzi o cisterne che assicuravano all’abitazione una riserva d’acqua. Sullo sfondo vi erano le camere private. Queste erano abitazioni di notevole importanza, probabilmente destinate al

ceto medio alto di Cartagine282 A poca distanza dal porto rotondo, verso occidente,

sorgeva il santuario di Tanit, fondato probabilmente dai primi coloni e un piccolo

tempio dedicato ad un’altra divinità283. Fra il porto e la cittadella della Byrsa si apriva

276 B. Maraoui Telmini et al. 2014, pp.120 – 121. 277 Ibid., p. 120.

278 M. H. Fantar 1993, p. 138.

279 B. Maraoui Telmini et al. 2014, p. 126. 280 M. H. Fantar 1993, pp. 137 – 138. 281 S. Lancel 1992a, p. 172.

282 Ibid., pp.182 – 192. 283 Ibid., pp. 219 – 220.

la piazza principale, corrispondente all’agorà dei greci e al foro dei romani. E’ però improbabile che essa presentasse l’aspetto regolare che caratterizzava tali piazze nel mondo greco-romano. Nelle vicinanze della piazza principale, sorgeva l’edificio in cui soleva riunirsi il consiglio, fuori del quale i suffetti amministravano la giustizia all’aperto, secondo una consuetudine comune alla maggior parte del mondo

mediterraneo284.

Molte aree produttive furono rinvenute nei pressi della collina della Byrsa; la più significativa sul pendio sud era destinata alla metallurgia, un’altra area produttiva era posta a est. Con l’espansione urbanistica, però, queste aree saranno destinate a cedere il passo a zone residenziali, spostandosi di volta in volta sempre ai margini

della città specialmente lungo la costa285.

Alla fine del IV secolo fu costruito un quartiere nuovo; includeva la zona di Sidi Bou Said; il termine “megara” è usato per indicare una zona che si estendeva fino alle mura e presentava un aspetto quasi rurale, con le case inframezzate da campi e orti. Cisterne e bacini per l’irrigazione coerenti con la parcellizzazione del territorio. Questa zona era vastissima, ma non si sa se includesse tutta la parte settentrionale

e occidentale dello spazio cinto dalle mura286.

Quanto ai templi, che secondo le fonti erano numerosi e caratterizzavano il panorama delle città, sappiamo che i Cartaginesi si mantennero generalmente fedeli alle tradizioni, con il recinto sacro in cui venivano deposte le offerte o le stele che in un certo senso rappresentavano le divinità. Altro esempio della tradizione punica l’abbiamo nel santuario di Tanit che era consacrato anche al dio Baal Hammon. A Cartagine costituivano la diade principale; Baal Hammon era in sostanza il signore e protettore della città mentre la dea Tanit era la fonte di ogni vita287. Mentre in Fenicia la divinità maschile conservò una posizione di supremazia su tutte le altre, a Cartagine vi fu durante il quinto secolo un’evoluzione in seguito alla quale Tanit divenne pari a Baal e anzi, nella credenza popolare, più potente ancora; il fatto che in origine essa gli fosse subordinata è provato dall’epiteto con cui veniva designata “faccia di Baal”. Tutto considerato, sembra probabile che questa evoluzione sia stata causata dalla conquista delle ricche terre africane, e dalla conseguente necessità di

284 M. H. Fantar 1993, pp. 130 – 131.

285 B Maraoui Telmini et al. 2014, p.122 - 123.

286 M. H. Fantar 1993, pp. 132 – 133; E. Panero 2008, p. 50. 287 Ibid., p. 144.

propiziarsi una dea apportatrice di vita e fertilità, e in particolare anche dall’importanza assunta in tutto il Mediterraneo occidentale da una “Dea Madre” dello

stesso tipo, seppure sotto varie forme288.

Il templio più bello e più ricco che sorgeva a Cartagine era quello di Eshmun. Era una divinità guerriera, il suo tempio nella metropoli punica era situato sulla collina della

Byrsa, accessibile solo tramite una serie di rampe di scale289.

Melqart, signore di Tiro, era venerato in molte città di fondazione fenicia, compresa ovviamente Cartagine; il suo tempio però non è stato ancora rintracciato: si ritiene che in tutte le colonie fondate da Tiro il suo culto fosse fra le tradizioni più antiche. Egli era identificato dai greci come Ercole ed è questo forse il motivo per cui tante delle sue eroiche imprese venivano ambientate nell’Estremo Occidente ed abbigliato

nell’iconografia con la leonté290.

Altro tempio conosciuto dalle fonti è quello di Apollo che sorgeva tra il porto circolare

e la collina della Byrsa, subito di fianco l’agorà291.

Una delle scoperte più sensazionali dell’archeologia punica è stata quella del tofet; si tratta di un recinto consacrato o “luogo santo”, situato a pochi metri a occidente del cothon; ne abbiamo molti esempi nelle aree d’influenze punica: uno ad

Hadrumentum, spostandoci in Sicilia ne abbiamo uno a Mozia292, un altro a

Tharros 293in Sardegna; le maggiori aree di influenza fenicio punica a nord

dell’Africa294. Il tofet è un’area sacra, un recinto all’aperto destinato ad accogliere infanti o a volte feti che venivano offerti in sacrificio a seconda del periodo particolare

288 S. Lancel 1992a, p. 220. 289 Ibid., p. 146.

290 Ibid., pp. 225 – 226. 291 S. Bullo 2002, p. 63.

292 Il tofet di Mozia ha alcuni punti in comune con quello di Cartagine; abbiamo la stessa presenza di un recinto atto ad ospitare i cinerari corredati come da tradizione di cippi votivi e stele di pietra usati come segnacoli. Il tofet è uno dei monumenti più antichi di Mozia, il livello più antico attestato dall’analisi della ceramica risale agli inizi del VII sec. a.C., ma non è impossibile che possa risalire sino alla fine dell’VIII sec. a.C. Perdurerà in varie fasi, che ne modificano ogni volta l’aspetto, sino al sopraggiungere dei Greci nel 397 a.C; A. Ciasca 1989, pp. 44 – 47; S. Moscati 1992, pp. 19 – 21. 293 Anche il tofet di Tharros presenta le linee guide della tradizione fenico – punica riscontrata in Nord Africa e in Sicilia. Localizzato a nord della cinta muraria, in una zona marginale rispetto al centro abitato su un pianoro denominato Su Murru Mannu. Unica differenza, rispetto agli altri tofet, quello di Tharros si impianta su un suolo precedentemente occupato da un villaggio nuragico. La vita come luogo di culto inizia nel VII sec. a.C., subendo poi vari cambiamenti in rapporto all’assetto topografico e urbanistico della città: nel VI secolo viene compreso nel sistema difensivo; scorrendo nei secoli viene oggetto di lavori di sistemazione con la costruzione di un muro di terrazzamento. I resti archeologici mostrano come il tofet sopravvive fino a circa tutto il III sec. a.C. e inizi II sec. a.C.; E. Acquaro – A. Mazzolani 1996, p. 50; E. Acquaro 1990, pp. 13 – 22; E. Acquaro 1995, pp. 525 – 541; E. Acquaro 1997, pp. 31 – 47; S. Moscati 1992, pp. 27 – 31.

che stava vivendo la città. A differenza di una normale necropoli in cui il rito più attestato era quello dell’inumazione, il rito riscontrato nel tofet è la cremazione; di solito le ossa dell’infante erano deposte insieme a quelle di animali, comunemente ovini e caprini anch’essi appena nati, presenza che non riscontriamo nelle necropoli. Come segnacoli possiamo trovare monumenti in pietre e stele con immagini relative a pratiche sacrali e dediche sempre votive agli dei; questa presenza è predominante

nei tofet e scarseggia nelle necropoli295.

Si sono avvicendate molte ipotesi riguardo il tofet di Cartagine, rinvenuto nel 1921296,

che hanno portato a indagini archeologiche; subito dopo il ritrovamento dell’area nel 1922 abbiamo gli scavi di F. Icardi e P. Gielly che effettuarono i primi sondaggi a profondità ridotta297. Poi a condurre ricerche nel tofet è stato F. Kelsey nel 1924; seguì poi la missione di Cintas nel 1944 con la sua celebre ipotesi che il tofet rappresentasse il centro della città. Ipotesi in seguito confutata da lui stesso: di fatti era collocato a sud in un punto morto in cui la costa cambia direzione; inoltre anche

negli altri tofet sparsi per il Mediterraneo troviamo la stessa corrispondenza298.

295 S. Moscati 1996, p. 73.

296 Il tofet di Cartagine rappresenta un tassello importante nello studio di questa affascinante tipologia di monumento funerario. Sull’argomento si sono scritti miriadi di articoli ed interi libri, si sono spesi tra i migliori nomi del panorama archeologico sin dagli anni 20 ad oggi, ma non si è mai arrivati ad una interpretazione univoca dell’argomento. Citato in molti testi dell’antico testamento il termine di derivazione ebraica, designa un luogo atto al sacrificio votivo di infanti ad un dio. Con l’aumento delle ricerche archeologiche, una migliore analisi ritrovamenti delle fonti letterarie ed epigrafiche, si sono venute a formate diverse correnti di pensiero sulla questione dei tofet. Sempre partendo dal tofet di Cartagine che possiamo considerarlo il più importante, indagato dagli anni 80 dall’eccellente studiosa Hélène Benichou – Safar, sulla scia di questi studi Sabatino Moscati ha formulato l’ipotesi che i tofet siano una necropoli infantile dove venivano sepolti i bambini che ancora non erano entrati nella società adulta, ma morti per cause naturali e non per sacrificio ad un dio. La tesi del compianto studioso è basata sulle ricerche della Benichou – Safar che fanno notare l’assenza di sepolture infantili nella necropoli di Cartagine e parzialmente rifiutando le fonti bibliche perché veicolate in quanto tese a condannare aspramente i riti pagani per non far aderire fedeli ad altre religioni. Con la scoperta di nuovi tofet, e l’aumento del campione archeologico, si sono formulate nuove ipotesi; la studiosa Hélène Benichou – Safar alla luce di nuove scoperte ha ammesso che il tofet era ben più che un recinto sepolcrale ma luogo sacro adibito ad ospitare dei riti complessi. Paolo Xella nel corso della sua lunga carriera si è grandemente interessato ai tofet; partendo da una rilettura delle scritture bibliche, senza lasciarsi fuorviare da presupposti etici, le fonti ci presentano una visione chiara di una realtà sacrificale cruenta. Inoltre nelle stele a corredo dei cinerari, si nota una immancabile formula votiva al dio decretano la presenza di un rituale consolidato. E’ questa ad oggi la tesi più accreditata, ovvero un luogo dove si svolgevano sacrifici, se erano sempre umani di infanti nello specifico è difficile dirlo, anche perché a volte si sono trovate ossa di animali. Per una bibliografia esaustiva