• Non ci sono risultati.

Il primo infruttuoso tentativo di rifondazione della città fu operato dal tribuno della plebe Gaio Sempronio Gracco nel 123 a.C. facendo approvare la Lex Rubia. Il suo scopo era rifondare Cartagine con il nome di Junonia. Il progetto prevedeva l’insediamento di 6000 coloni, la città doveva avere il rango di colonia romana; fondazione iniziata ma mai terminata data l’opposizione degli oligarchi che sfruttarono voci sull’avversità degli dei al progetto di rifondazione della storica nemica303.

301 Argomento che verrà affrontato in maniera più approfondita nel terzo capitolo dedicato a Leptis Magna.

302 M. H. Fantar 1993, pp. 309 – 316. 303 T. Mommsen 1979, p. 130.

Poi fu il turno di Cesare, che perora la causa della rifondazione di Cartagine; è in dubbio se anche lui scelse l’antico suolo che era stato maledetto dopo la distruzione.

Le fonti in nostro possesso sono contrastanti; Plinio il Vecchio304 afferma che il

dittatore scelse l’antica zona dove sorgeva la metropoli punica, mentre Appiano305

contrariamente dice che fu scelto un punto vicino la città per non sfidare l’ira divina, la zona in questione sarebbe a nord/ovest della Byrsa. L’unica attestazione archeologica in questa zona però sono delle sepolture di complicata datazione, dato che la ceramica rinvenuta presenta un’anomala commistione con iconografia tardo – punica e titulus in latino306.

Chi riuscirà nell’intento ti ridare lustro all’antica metropoli punica sarà Augusto nel suo programma di riordino delle province dopo i fatti delle guerre civili. La fondazione della Colonia Concordia Iulia Carthago doveva essere un esempio eccezionale di città volute dal princeps con un’urbanistica precisa ed accurata.

Qualche dubbio aleggia ancora intorno alla data precisa di fondazione

canonicamente fissata al 29 a.C.307, mentre altri studi spostano la datazione a poco

dopo il 15 a.C. per la datazione di alcuni bolli anforari utilizzati su un muro di

sostruzione ad absidi che sorreggeva il terrazzamento della collina della Byrsa308.

Questa datazione potrebbe essere funzionale al fatto che gli studi dimostrano che la groma per le misurazioni della nuova centuriazione di Cartagine fu posta sulla

sommità della Byrsa, suolo maledetto dopo la distruzione del 146 a.C.309.

2.4.1. Urbanistica e centuriazione

Prima di iniziare ad impostare le basi della nuova centuriazione e della successiva suddivisione in insulae, i romani operarono sul suolo una accurata ripulitura delle

304 Plin. Nat. Hist., V, 24: …colonia Cartago magnae in vestigiis Cartaginis … 305 Lib., 2.

306 S. Bullo 2002, p. 64.

307 P. Gros – M. Torelli 1988, p. 285.

308 S. Bullo 2002, p.66; Un muro simile è stato trovato a Selinunte sull’acropoli con la stessa tecnica adoperata a Cartagine di inserire cocci di ceramica nella muratura per il drenaggio dell’acqua, A. Di Vita 1975, p. 281.

309 S. Bullo 2002, p. 72; Una ipotesi che mi sento di avanzare per confermare questa datazione è che Augusto, per revocare tale divieto, che aveva minato i precedenti tentativi di rifondazione, doveva aver già assunto la carica di pontifex maximus ereditata da Lepido nel 12 a.C. alla morte dell’ex triumviro. Ovviamente non bastava quella che potremmo definire una soluzione religiosa al problema, ma serviva una riedificazione totale della collina della Byrsa, andando a obliterare il passato con nuove vestigia e grandi modifiche al territorio circostante, diventando il fulcro della città romana.

rovine, arrivando sino al livello pavimentale del 146 a.C. Le rovine furono poi smantellate attuando il recupero e riutilizzo dei materiali da costruzione che

scarseggiavano nella zona310.

Fu poi rimesso in funzione l’antico asse viario della città che contribuì a velocizzare i lavori di sgombero, arrivando a mettere in luce tutto l’impianto urbanistico punico del III sec., quindi è stato facile ricalcarne l’allineamento, come dimostrano gli scavi della

missione tedesca nel settore prossimo alla spiaggia311. Il primo a intuire e individuare

la reale conformazione della colonia romana fu nel 1924 Charles Saumange. Egli rilevò le dimensioni delle insulae ipotizzando una suddivisione del territorio in quattro

centuria312 ,separate da due strade più larghe di tutte le altre che si incrociavano ortogonalmente sulla sommità della collina della Byrsa, dove fu posta la groma, e

dove ora sorge la cattedrale di San Luigi313.

Le insule erano disposte per strigas ovvero con il lato corto allineato al decumano e

misuravano 480 x 120 pedes ciascuna, ovvero 142,10 x 35,5 m314 pari a un

heredium ovvero 4980 metri quadrati, circa 57600 piedi quadrati. Ogni centuria misurava 20 actus di larghezza e 24 di lunghezza. La città raggiungeva cosi quasi

300 ettari di estensione315. Come detto in precedenza questo assetto urbano andava

a ricalcare quello della città punica adattando solo le differenti dimensioni delle insule, che rispetto a quelle puniche erano di una volta e mezzo più grandi, mentre

quelle romani si basano sull’heredium come unità di misura316.

Bisogna però puntualizzare che l’estremo rigore geometrico ipotizzato da Saumange fu smentito dalle ricerche sul territorio. Le centurie prospicenti al mare erano irregolari data l’aderenza con la linea di costa, qui vi era il limes maritimus tracciato sul fronte a mare della Cartagine ellenistica, in sostanza era un cardo più ampio degli altri da cui si raggiungeva la spiaggia317. L’angolo della centuria nord – orientale

subisce un taglio a causa della centuriazione rurale318. Un ulteriore riutilizzo

l’abbiamo nella sovrapposizione del Decumano Massimo con un’antica direttrice punica che conduceva dalla cittadella della Byrsa al mare, allineata con una torre 310 Ibid., p. 68. 311 P. Gros – M. Torelli 1988, p. 285. 312 Ibid. 313 S. Bullo 2002, p. 68. 314 Ibid., p. 65. 315 P. Gros – M. Torelli 1988, p. 285. 316 S. Bullo 2002, p. 66. 317 Ibid. 318 P. Gros – M. Torelli 1988, p. 285.

dell’antica cinta muraria che i romani avevano preso come punto di riferimento con la

groma per tracciare l’asse del decumano principale della città319. Anche l’assetto

viario generale fu ripreso e rimodernato; il cardo massimo nel tratto prima di giungere sulla sommità della collina era lastricato ma senza marciapiedi, con una canaletta centrale per il deflusso delle acque; Ch. Saumange ne misura la larghezza che è di

11, 76 metri320. Il decumano massimo presentava una lastricatura, ma per quest’asse

erano previsti pure due marciapiedi preceduti da canalette di deflusso delle acque piovane321. Tutti i cardini e decumani minori erano larghi 24 piedi322; non mostrano

segni di pavimentazione anteriori al II sec. d.C.323. Solo alcune vie con declivio

naturale verso il mare presentano canalette di scolo per l’acqua a cielo aperto; in altri

casi sono stati rinvenuti dei pozzi di raccolta324 probabilmente riutilizzati dal

precedente impianto urbano di Cartagine.

Tutta la zona intorno alla collina della Byrsa era fortemente irregolare, solo i settori vicino la costa e quello tra il porto e l’agorà erano pianeggianti; per rispettare l’assetto geometrico progettato dovettero per forza di cose impostare le insule su

terrazzamenti, interrompendo gli assi viari con rampe di scale325. La stessa

situazione, se non peggiore, l’abbiamo per gli assi principali della città romana, nel tratto in salita del Cardo Massimo dalle pendici orientali dove i dislivelli erano

particolarmente ripidi326. Anche per il Decumano Massimo abbiamo una situazione

analoga; dalla costa sin sulla sommità della collina della Byrsa abbiamo in totale una distanza di 600 metri dove si misura un dislivello di 60 metri sul livello del mare, dal punto di partenza a quello di arrivo, inoltre negli ultimi 300 metri abbiamo un forte

accentuarsi della pendenza327. Vediamo come questi assi se pur nominalmente

definiti quelli principali di una città romana, nel caso di Cartagine non sono altro che due vie di rappresentanza che permettevano una panoramica della città e della

costa328 e gli assi che generavano un maggior volume di traffico sono da ricercare in

altre parti della città. Buona parte del traffico era convogliata nella zona dei porti con 319 S. Bullo 2002, p. 68. 320 S. Lancel 1979, pp. 144 – 146. 321 Ibid., p. 292. 322 A. Carandini 1983, p. 53. 323 P. Gros – M. Torelli 1988, p. 288. 324 S. Bullo 2002, p. 70. 325 S. Lancel 1979, p. 292. 326 Ibid., p. 306. 327 S. Bullo 2002, p. 71. 328 Ibid.

uno dei cardini ad est di quello massimo che arrivava sino alle banchine del Porto Circolare. Per percorrere la città in senso est – ovest collegando la spiaggia con la zona occidentale, il primo decumano a nord di quello massimo sembra il più probabile per assolvere a questo compito; esso scorre tra la collina della Byrsa e

quella di Giunone arrivando nei pressi dell’anfiteatro329. La centuriazione rurale, di cui

rimangono abbondanti segni, aveva anch’essa come centro la sommità della collina della Byrsa, solo che l’orientamento era diverso da quello delle insule cittadine che

erano parallele alla costa330. Sin dalla fondazione augustea dovevano far parte del

tessuto urbano edifici tipici della cultura romana; edifici per spettacolo, che rispettando le tradizioni dell’urbanistica romana saranno collocati all’estremità del tessuto cittadino. Il teatro era posizionato verso nord, con la cavea che poggiava sul declivio della collina dell’Odéon, di cui purtroppo conosciamo solo i rifacimenti del II sec. d.C. ma è indiscusso che l’edificio facesse parte della prima fondazione augustea, sia per la menzione di Virgilio (Eneide, I, 427 – 429), sia per i corrispettivi archeologici che danno conferma non solo al passo del poeta latino, ma che aderiscono bene con le ideologie politiche di Augusto, in cui i teatri erano uno degli edifici più gettonati sin dagli albori del suo regno331. L’anfiteatro era posizionato a Ovest, perfettamente allineato con gli assi, il che dimostra come fosse previsto nel tessuto originario della città.

La mancanza di una vera zona commerciale di epoca augustea indebolisce l’ipotesi di nuova capitale commerciale, infatti dall’Africa dovevano arrivare parte di quei rifornimenti annonari fondamentali per Roma e per le legioni dislocate sui limes. Forse il foro commerciale era situato dove sorgeva l’antica Agorà di Cartagine

punica, a sud della Byrsa tra la collina e il Porto Circolare332, ma non abbiamo che

flebili tracce a conferma di questa ipotesi333. Il vero complesso forense fulcro della città romana verrà completato sola alla fine del I sec. d.C. sulla sommità della collina della Byrsa334.

E’ sorprendente quanto la colonia romana fosse estesa già sotto il principato di Augusto. Possiamo ben capire le dimensioni dalla dislocazione delle necropoli che 329 Ibid. 330 A. Carandini 1983, p. 53. 331 P. Gros 1996, p.322. 332 P. Gros – M. Torelli 1988, p. 286. 333 S. Bullo 2002, pp. 85 - 86. 334 P. Gros 1992, pp. 99 – 103.

come sappiamo venivano poste fuori dal centro abitato. A Est come sappiamo il limite naturale era dettato dalla costa; qui forse la griglia all’inizio dell’età augustea era ancora discontinua, con resti di un quartiere residenziale alle spalle della collina dell’Odéon335. Il settore occidentale della città era delimitato da due necropoli che

sorgono nella zona di Bir el Zeitoun e di Bir el Jebbana, che vede una continuità di utilizzo dall’età proto augustea fino a poco dopo il 25 d.C. con una ripresa in età claudio-neroniana. Infine la zona a Sud del perimetro della città arrivava sino ai due

porti336. Dai numerosi dati in nostro possesso possiamo dedurre come la prima

Cartagine rifondata come Colonia Iulia Cartago da Augusto fosse una città sì molto estesa, con una sapiente progettazione urbanistica, ma ancora scevra di monumenti significativi almeno fino al II secolo d.C. quando tutta l’Africa Proconsolare vive un periodo di prosperità economica in quanto ormai diventata un centro annonario di prima importanza per il benessere dell’impero. Ne abbiamo una chiara traccia nell’edificio di età claudia situato vicinissimo al porto circolare, la cui pianta restituisce una forma quadrangolare con una serie di piccoli vani a chiaro scopo

commerciale337; l’incendio del 150 d.C. offrì un pretesto per abbellire la città in tutti i

suoi centri principali338, che si concentravano sulla collina della Byrsa, e gli edifici per

spettacolo; inoltre furono potenziate le infrastrutture. Al II secolo dobbiamo attribuire anche le cisterne de La Malga situate sul limite nord ovest della griglia urbana339, considerato il più grande complesso per la riserva dell’acqua coperta del mondo antico, poi rimpiazzate dal maestoso acquedotto di Zaghouan lungo 130 km di età adrianea, che permise alla capitale di dotarsi di terme urbane sul mare degne di una città importante come Cartagine. Le terme furono costruite sotto il principato di

Antonino Pio sul limite Nord Est della città340.

2.4.2. La Byrsa in età Romana: centro politico e religioso della nuova Cartagine

Centro di tutto l’impianto urbanistico era la collina della Byrsa che dall’antica cittadella della Cartagine punica subirà profondi e radicali cambiamenti; il primo 335 Ibid., pp. 89 – 90. 336 Ibid., p. 91. 337 Ibid., pp. 83 – 84. 338 P. Gros – M. Torelli 1988, p. 288. 339 A. Carandini 1983, p. 56. 340 P. Gros – M. Torelli 1988, p. 288.

dovuto alla volontà di cancellare qualsiasi ricordo dell’eterna rivale di Roma; per questo la collina fu livellata fino ad una quota di 55 metri s.l.m.. Qui gli architetti romani crearono una enorme terrazza rettangolare per accogliere il nuovo nucleo della città romana. Questa imponente terrazza era sorretta da un terrazzamento in

opus reticulatum scoperto nel 1893 e chiamato “muro di anfore”, che datano l’inizio

dell’attività edilizia alla prima età imperiale341. Una più significativa datazione di questa opere di sostruzione possiamo averla dai bolli ritrovati su numerosi frammenti

ceramici, impiegati nella muratura per il drenaggio delle acque342, questi bolli hanno

un range cronologico tra il 43 e il 15 a.C. che permette di definire l’inizio dei lavori per

il muro di sostruzione dopo tale periodo e la conclusione alla metà del I sec. a.C.343.

Questa terrazza aveva dimensioni imponenti, 336 x 223 metri. Era tripartita e destinata ad ospitare il fulcro politico e religioso della città344, rappresentava un eccezionale esempio di programmazione urbanistica e con le sue eccezionali dimensioni era, dopo Roma, l’area pubblica più grande dell’Impero.

Questa piazza era sopraelevata di una decina di metri rispetto alle vie che la delimitavano, ed era possibile accedervi soltanto a piedi tramite scale. La collina era interamente percorsa solo dal Cardo Massimo e dal Cardo IV Est, che cingevano il complesso in senso Ovest - Est, mentre gli altri cardini minori non risalivano la

collina345. I limiti Nord – Sud della piazza erano delimitati dai primi decumani posti a

Nord e Sud del Decumano Massimo346. L’area così delimitata era poi era suddivisa in

aree più piccole; quella più a nord ospitava un foro aperto che sorgeva sulla direttrice del Decumano Massimo. Abbiamo pochissimi resti della piazza: lacerti del calcare impiegato nella pavimentazione e le fondazioni di un arco al centro della piazza che

si impostava proprio sul prolungamento ideale del Decumano Massimo347. I lati

lunghi erano bordati da portici, mentre sul lato orientale della piazza sorgeva una monumentale basilica giudiziaria a tre navate di età antoniana. Possiamo calcolare

una estensione approssimativa per l’area forense di 13.000 mq348.

341 Ibid. 342 S. Lancel 1979, p. 101. 343 S. Bullo 2002, p. 72. 344 G. Di Stefano 2005, p. 20. 345 S. Bullo 2002, p. 73. 346 P. Gros – M. Torelli 1988, p. 287. 347 S. Bullo 2002, p. 74. 348 G. Di Stefano 2005, p. 20.

Molto probabilmente sul lato Ovest del Cardo Massimo, di fronte alla piazza sopra

descritta, sorgeva il Capitolium349, in asse con l’ingresso della basilica e con l’arco al

centro della piazza. Accanto ad esso doveva sorgere la Curia. Ritroviamo il classico schema di foro tripartito che si diffonde nelle provincie dal I sec. a.C.; purtroppo del tempio dedicato alla triade capitolina e dell’edificio della curia non abbiamo resti

perché nel 1887 tutto fu obliterato dalla costruzione della Cattedrale di San Luigi350.

Possiamo porre gli ingressi principali alle zone del foro sul Cardo Massimo, organizzati secondo un percorso duplice: da un lato la sfera religiosa, dall’altro la

parte politica del complesso351.

Affiancata alla piazza forense, verso sud, abbiamo una seconda piazza più piccola

ma sullo stesso livello. Anch’essa presentava sui lati lunghi portici a due navate352

che riprendono la pianta dai portici del Foro di Cesare353 , ma le proporzioni

architettoniche sono da ricercare in quelle del Foro di Augusto354. Sul lato

prospicente il Cardo Massimo abbiamo un grosso edificio quadrangolare con una

larghezza maggiore a quella dei portici della piazza355. Questo edificio colpisce per la

spiccata monumentalità, che si deve attribuire ad una fase edilizia più tarda, la presenza di nicchie ed edicole fanno supporre che potrebbe trattarsi della biblioteca356 oppure del tabularium357.

Al centro della piazza sono state trovate le imponenti fondazioni del tempio su podio, forse periptero sine postico. La seconda terrazza si inquadra in una destinazione culturale; le ipotesi su chi fosse il titolare del culto sono molte, la più accreditata formulata da Torelli e da Gros, vuole che l’intera area fosse destinata al culto

imperiale per la quale quindi saremmo in presenza dell’Augusteum di Cartagine358;

altri studiosi però propongono altre ipotesi, come quella che nel tempio fosse venerato Esculapio che sarebbe la trasposizione romana di Eshmoun. Un'altra possibilità è data dal culto di Concordia, dea venerata da Augusto che incluse il

349 S. Lancel 1979, p. 47. 350 S. Bullo 2002, p. 75. 351 Ibid. 352 Ibid. p. 76. 353 R. Meneghini 2009, p. 44. 354 S. Lancel 1979, p. 147 nota 31. 355 S. Bullo 2002, pp. 75 – 76. 356 G. Di Stefano 2005, p. 20. 357 S. Bullo 2002, p. 76. 358 Ibid.

nome in quello della città359. L’ipotesi del culto imperiale rimane la più vivida, perché si voleva rimarcare la lealtà a Roma e alla famiglia imperiale dopo i trascorsi. Inoltre la presenza di ritratti dei membri della famiglia imperiale di cui rimangono una testa femminile raffigurante Livia giovane o Giulia e una testa maschile che ritraeva Gaio o Lucio, rafforza l’ipotesi di Torelli e Gros360.

Ovviamente nel corso dei secoli il complesso ha subito profondi cambiamenti, venendo ampliato e abbellito, ma purtroppo i resti sono molto scarsi e consistono nelle fondazioni degli edifici civili e religiosi che circondavano il foro. Tramite le fondazioni è stato possibile ricostruire la pianta della monumentale basilica che è una dimostrazione del benessere di Cartagine nel II sec. d.C.; era lunga 83,28 metri e larga 43,36, scandita da due file parallele di 18 colonne che la dividevano in tre navate, per una superfice complessiva di 3611 mq che la classificano come una delle

basiliche più imponenti dell’Impero361. Alla metà del II sec. d.C. dobbiamo attribuire

anche il rifacimento del tempio dedicato alla Gens Augustea, costruito sul lato orientale della collina della Byrsa. Il tempio fu costruito da un privato, ne abbiamo notizia grazie al fortunato ritrovamento di una iscrizione, che commemora Publio

Parelio Edulo, sacerdos perpetuus362 che per primo ha dedicato il tempio donando il

terreno di sua proprietà. La datazione alla fase augustea della colonia possiamo dedurla dal nome di Edulo su alcuni bolli, impressi su delle tegole rinvenute in alcune abitazioni; probabilmente si trattava di un liberto attirato dalle nuove possibilità economiche della colonia. La pianta del tempio non è nota, ma sempre dalle fondazioni possiamo ipotizzare una cella di modeste dimensioni con una corte porticata363.

2.4.3. Cartagine nel II sec. d.C., una nuova spinta edilizia

Cartagine subisce una forte spinta economica nel II sec. d.C. grazie al suo porto e alla sua posizione vantaggiosa sul Mediterraneo, il che porta al rifacimento degli edifici più importanti simbolo dell’annessione all’impero; il complesso del foro con tutti

359 Ibid. nota 117. 360 Ibid.

361 A. Ennabli 1994, pp. 4 – 5.

362 ILAfr 353: Genti Augustae / P(ublius) Perelius Hedulus sac(erdos) perp(etuus) / templum solo

privato / primus pecunia sua fecit. S. Bullo 2002, p. 77.

gli edifici annessi viene ingrandito e abbellito, stessa sorte tocca agli edifici per spettacolo costruiti durante la prima fase di rifondazione, ma poi opportunamente ristrutturati in risposta alle nuove possibilità della città. Nel secondo secolo non abbiamo solo opere di ricostruzione, ma la città viene potenziata notevolmente. Sotto Adriano viene costruito l’acquedotto di Borg el-Gedid, che permette poi al suo successore di costruire il suo grandioso complesso termale prospicente al mare. L’acquedotto era lungo circa 130 km e captava la sorgete di acqua sulle alture di

Zaghouan, localizzate a sud della città364.

Settimio Severo, imperatore originario di Leptis Magna, munifico con le città della sua

terra natia la dota di un secondo teatro: l’odeon365.

Il teatro e l’anfiteatro facevano parte del fulcro originario della città, entrambi previsti dal progetto di rifondazione e collocati nelle maglie del tessuto urbanistico. Come di consueto gli edifici per lo spettacolo in una città romana erano collocati ai margini della città per motivi di sicurezza. La cosa inconsueta che riscontriamo a Cartagine è gli edifici se pur contemporanei essi vengono posti distanti l’uno dall’altro366. Dalla collina della Byrsa guardando verso nord abbiamo il teatro che poggia sulla collina dell’Odéon. Era inserito tra i decumani IV e V Nord in asse al V cardo Est. Che il