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Capitolo 4. Il terrorismo oggi

4.3 Terrorismo islamista

4.3.2 Il Califfato

L’autoproclamato Califfo del nuovo Stato Islamico è Abu Bakr al- Baghdadi; il suo nome di nascita è Ibrahim Awad Ibrahim al-Badry. Vice-esecutore di Allah sulla Terra, il Califfo Ibrahim sceglie il nome di battaglia di Abu Bakr, come il primo successore di Maometto, e vi aggiunge al-Baghdadi per sottolineare le radici irachene.

Da febbraio a dicembre del 2004 è stato detenuto nelle carceri militari americane di Camp Bucca, nel sud dell’Iraq, come internato civile, e rilasciato nel dicembre perché considerato dagli americani “non troppo pericoloso”. Dall’ottobre 2011 è inserito nella lista nera dei terroristi da eliminare e su di lui gli Stati Uniti hanno posto una taglia di 10 milioni di dollari. Il 1° novembre 2012 ha parlato per la prima volta, in un audio messaggio, a proposito dell’ esigenza di una rinascita di uno Stato Islamico, incitando i suoi combattenti (tra cui figurano molti veterani di Camp Bucca e di altre prigioni militari Usa) a continuare la lotta in Siria e in Iraq ed è così che è nato formalmente l’ISIS. Tra gli attori del conflitto siriano la sua visibilità è cresciuta velocemente: nel gennaio 2014 si è verificata la rottura con l’organizzazione affiliata di Al-Qaeda attiva in Siria (Al-Nusra). Poi il 29 giugno 2014 ha pronunciato per la prima volta la parola “Califfo”, divenendo così leader dello Stato

Islamico e autoproclamandosi Califfo di tutti i musulmani e principe dei fedeli. Il mese successivo, luglio 2014, è comparso in pubblico in un video dalla moschea di Mosul, città conquistata dalle sue milizie, in cui ha pronunciato il suo discorso affermando di aver ricevuto l’autorità sui fedeli dall’esoterico e impenetrabile Consiglio della Shura (composto da sei membri di cui si ignora l’identità); in questo modo ha chiamato all’obbedienza tutti i musulmani del mondo, poiché egli è il “Khalifa”, che, d’altra parte, significa “successore di Maometto” e in quanto tale può chiedere fedeltà assoluta a tutti i musulmani. Da allora nessun’altra immagine del leader è stata più pubblicata.

Troviamo differenze significative tra le figure di al-Baghdadi (leader del nuovo Stato Islamico) e Osama Bin Laden (capo supremo dell’organizzazione terroristica Al-Qaeda): l’11 settembre 2001 Bin Laden ha attaccato l’America obbligando le democrazie occidentali a battersi contro il terrorismo islamico; il 29 giugno 2014 al-Baghdadi ha annunciato la nascita di uno Stato assolutista, così da una jihad da esportazione la cui priorità è combattere e uccidere i nemici esterni, si è passati a una jihad totalitaria intesa come forma di governo destinata a essere sovrana su un territorio sempre più vasto. L’obiettivo di Bin Laden era sconvolgere l’America per spingerla a ritirarsi dal Medio Oriente, mentre al-Baghdadi aspira a trasformare la guerra santa in uno Stato vero e proprio, con cui tutti dovranno fare i conti. Per Bin Laden la priorità era attaccare gli Stati Uniti e i suoi alleati, causando loro ferite profonde e dolorose, infatti ha colpito il cuore di New York; al- Baghdadi, invece, intende edificare dal nulla un sistema dispotico, retto dal potere assoluto della sharia nel nome del successore di Maometto. Ciò che accomuna Al-Qaeda allo Stato Islamico è la matrice jihadista, nella convinzione che la guerra totale contro i musulmani apostati, l’Occidente corrotto e gli infedeli sia la missione da portare a termine212.

La creazione dal nulla di uno Stato retto dalla sharia nella sua versione più originale ed estrema è l’ambizioso traguardo perseguito dall’ISIS e che lo distingue non solo da Bin Laden e Al-Qaeda, ma anche dalle altre falangi della guerra santa mondiale: al-Nusra punta a controllare aree più vaste in Siria, Boko Haram (che aderisce all’ISIS) a spazzare via i cristiani dalla Nigeria del Nord, i Talebani puntano a tornare a controllare Kabul, mentre gli shabaab somali combattono per il Mogadiscio. Ciò che accomuna tali intenti è la volontà di conquistare territori per creare entità statuali. Per questo lo Stato Islamico riassume la nuova stagione della jihad213.

Il consenso dal basso per al-Baghdadi si è sviluppato anche con il ricorso sistematico alla violenza più sanguinaria; tra gli strumenti più utilizzati dall’organizzazione spiccano le decapitazioni, che terrorizzano i nemici, attirano volontari jihadisti e aiutano il Califfo a consolidare il potere. Aron Zelin, esperto di gruppi jihadisti del Washington Institute, sostiene che «le decapitazioni giovano ai terroristi che le praticano», è così che l’ISIS è riuscita a conquistare facilmente la città di Mosul, perché gli iracheni che la proteggevano sono fuggiti temendo crocifissioni, esecuzioni di massa, amputazioni e ogni altro tipo di violenza brutale che ormai contraddistingue le milizie di al-Baghdadi. Il Web è oggi pieno di video agghiaccianti di esecuzioni capitali effettuate dai membri dell’organizzazione, che mostrano macabri resoconti della brutalità islamista dello Stato Islamico, in chiaro segno di minaccia all’Occidente e ai cristiani che vivono nelle terre africane dominate dai miliziani fedeli al Califfo.

I terroristi hanno iniziato col dirottamento di aerei, hanno continuato con gli attacchi kamikaze e ora hanno trovato le decapitazioni come firma dell’ISIS, riuscendo a massimizzare lo shock fra i nemici e il

sostegno nelle regioni nelle quali esercitano il loro dominio; la ragione di questa violenza inaudita sta nel fatto che la decapitazione ha un impatto dissacrante e feroce assai più agghiacciante di un’autobomba. A Raqqa l’ISIS sta volgendo la massima attenzione alle nuove generazioni: gli addestratori stanno formando i bambini e i giovani ragazzi (detti “leoncini”) alla dottrina islamica salafita e all’uso delle armi; in particolare, nella provincia di Raqqa, vi sono tre principali campi di addestramento ideologico e militare, nei quali i bambini vengono addestrati anche a decapitare le vittime.

Se questa è la cornice nella quale opera al-Baghdadi, la conseguenza per gli Stati a cui appartengono i suoi ostaggi è l’impossibilità di trattare; infatti, l’ISIS oggi non appare interessato a scendere ad alcun compromesso.