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Capitolo 4. Il terrorismo oggi

4.3 Terrorismo islamista

4.3.1 Stato Islamico

L’Islam afferma di essere una religione universale, in grado di coprire ogni aspetto della vita quotidiana, dunque ha come obiettivo ultimo la costituzione di uno Stato Islamico. La religione islamica divide il mondo in due sfere: la «Casa dell’Islam» dove il territorio è controllato da musulmani e viene applicata la sharia (legge divina), e la «Casa della guerra» che include le zone sotto controllo altrui. Per i jihadisti queste entità sono destinate a restare in costante conflitto fino all’unificazione, sotto la legge di Allah, in uno Stato Islamico denominato «Califfato» che domina su tutti, musulmani e non. In questa ottica, il Califfo è il leader supremo, che ha il compito di far rispettare la sharia in una società dove non c’è posto per i legislatori, amministratori o governanti di altro genere. Di qui l’idea che sia una sorta di viceré di Allah sulla Terra, vero e proprio successore di Maometto206.

Il 29 giugno 2014 viene dichiarata la nascita di un nuovo Stato Islamico dell’Iraq e della Siria (c.d. ISIS, poi denominato solo IS), sotto la guida

del Califfo Abu Bakr al-Baghdadi, che attrae come una calamita i jihadisti di tutto il mondo nel nome della sharia con l’obiettivo primario di creare una società perfetta, generare musulmani nuovi capaci di “purificare la Terra”. Prima di al-Baghdadi, anche altre organizzazioni hanno tentato l’edificazione di uno Stato jihadista, come Hamas nella “striscia di Gaza”, i Talebani in Afghanistan, gli Shabaab somali nel Mogadiscio, ma si trattava di progetti delimitati sul territorio, ridotti a semplici intenti e che mai evocavano il califfato. Lo Stato Islamico è assai più ambizioso: vuole cancellare Stati esistenti, abolire i confini geopolitici da Tangeri a Giacarta e riproporre l’unità dei musulmani del tempo di Maometto, eliminando fisicamente la scissione sciita. A muovere al-Baghdadi è la convinzione che la jihad può risvegliare, unificare e potenziare l’intera comunità dei musulmani (detta “umma”) consentendole di imporsi a livello globale contro nemici interni e rivali esterni207.

Lo Stato Islamico conduce oggi una rivoluzione violenta nel mondo arabo, perseguitando in modo feroce le minoranze, uccidendo gli oppositori e adoperando ogni strumento, militare o civile, per ottenere obbedienza assoluta. Il Califfo non esita a ricorrere a decapitazioni, schiavismo e preghiere obbligatorie nella corsa al raggiungimento di precisi obiettivi: unificare l’Islam sotto il dominio sunnita, eliminare gli sciiti, conquistare Roma e imporre, ovunque, il più rigido rispetto della legge islamica.

I suoi piani rivoluzionari attirano migliaia di volontari arabi, turchi, africani, americani, europei, asiatici e australiani accomunati dalla fede per l’Islam sunnita e dalla scelta di partecipare a una guerra santa contro gli odiati nemici sciiti, i regimi corrotti del mondo arabo, gli ebrei, le minoranze cristiane, la Russia, l’Europa e gli Stati Uniti.

207 Cfr. ibidem p.12.

Le origini di questo gruppo risalgono ad Al-Qaeda in Iraq, rinominata poi Stato Islamico in Iraq (fino al 2013), fondata da Abu Mus’ab al- Zarqawi nel 2004 per combattere l’occupazione americana dell’Iraq e il governo iracheno sciita sostenuto dagli Stati Uniti dopo il rovesciamento di Saddam Hussein. Nel 2013 ha cambiato il suo nome in Stato Islamico dell’Iraq e della Siria (ISIS) e nel 2014 ha espanso il proprio dominio in territorio iracheno proclamando la nascita del Califfato e distaccandosi definitivamente dalla rete terroristica di Al- Qaeda, dapprima sua alleata.

Fulcro del potere del Califfo è Raqqa: città siriana da due anni amministrata dall’ISIS, in cui l’autoproclamato Califfo, leader dello Stato Islamico, Abu Bakr al-Baghdadi, ha fondato la prima entità statuale dell’organizzazione. La prima misura imposta agli abitanti rimasti a Raqqa è stata, non a caso, la pratica rigorosa della religione; per fare ciò, l’ISIS ha preso il controllo di tutte le moschee, imposto ai “fedeli” di pregare cinque volte al giorno, ai commercianti di chiudere i negozi durante gli orari di preghiera e ha “invitato” i cittadini a partecipare ai numerosi incontri religiosi e di propaganda organizzati negli edifici della città trasformati in centri di preghiera e di propaganda208. La città è

interamente amministrata dall’organizzazione terroristica, compresa scuola, elettricità, sanità, economia, forze di polizia e telecomunicazioni. Viene applicata una rigida interpretazione salafita della legge islamica, in base alla quale le donne hanno l’obbligo di indossare il niqab, cioè il velo integrale che lascia scoperti soltanto gli occhi, mentre gli uomini non possono indossare magliette con sopra stampati dei disegni, pena l’accusa di idolatria; è inoltre bandito il fumo di sigarette, narghilè o altro genere. L’ISIS ha imposto un ulteriore divieto per le donne con età inferiore a 45 anni di lasciare la città; lo scopo di tale divieto è costringere le ragazze di Raqqa a sposare i combattenti

208 Articolo, Raqqa, la capitale dello Stato Islamico tra sharia e affari, pubblicato su La

dell’organizzazione, perché le donne di Daesh (ISIS) sono di loro proprietà quindi devono cominciare a pensare di sposarsi con i loro membri e combattenti – è così che l’ISIS ha spiegato il perché del nuovo divieto. Non molte famiglie di Raqqa hanno accettato di dare in spose le figlie ai combattenti, ma quelle che lo hanno fatto hanno ottenuto molti privilegi; le famiglie che invece non hanno accettato sono state punite per il minimo errore209.

Secondo le testimonianze, le donne di Al-Khansa, cioè la brigata femminile di ISIS creata dai jihadisti, stanno diventando sempre più spietate, terrorizzando e torturando le siriane di Raqqa. Come se non bastassero le lapidazioni, gli stupri e le violenze commesse dai «daash», cioè gli uomini di ISIS come vengono chiamati dai loro nemici, queste donne girano per le strade della città armate e completamente velate per andare a caccia di concittadine che non portano il velo o che non indossano i guanti; alcune di esse sono anche straniere, mogli dei cosiddetti foreign fighters210.

È difficile misurare con esattezza il sostegno sociale di cui l’IS gode a Raqqa perché i cittadini rimasti in città (la stragrande maggioranza sono musulmani sunniti) non hanno avuto altra scelta che giurare fedeltà ad al-Baghdadi.

Per rafforzare il controllo sulla città, l’IS ha iniziato lo scorso anno a intensificare le intimidazioni nei confronti degli attivisti locali per indurli al silenzio; questi ultimi, per sfuggire alle restrizioni della libertà d’espressione, hanno lasciato Raqqa alla volta della Turchia: sono, infatti, questi “giornalisti improvvisati” a rappresentare la principale fonte d’informazione per i media occidentali su quanto sta accadendo

209 Articolo, Umiliate e stuprate: così l’ISIS tratta le donne a Raqqa, pubblicato sulla

rivista Panorama (21 gennaio 2015).

210 Articolo diM.SER., Torture e abusi: la brigata femminile di Isis semina terrore a Raqqa, pubblicato sulla rivista Il Corriere (4 gennaio 2015).

nella città211.

Creando un territorio governato da una rigidissima applicazione della sharia, lo Stato Islamico realizza un paradiso salafita come Al-Qaeda in Afghanistan aveva solo sognato di fare. Alle radici della capacità di al- Baghdadi di farsi seguire c’è la convinzione mistica che creando un Califfato nella giusta maniera i musulmani confluiranno naturalmente sotto il suo dominio.