Capitolo 3. Misure contro il finanziamento del terrorismo
3.2 Convenzione internazionale per la repressione del
La Convenzione internazionale per la repressione del finanziamento al terrorismo167 è stata adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni
Unite il 9 dicembre 1999, a New York, è entrata in vigore internazionale il 10 aprile 2002 ed è stata ratificata dall’Italia con legge 14 gennaio 2003, n°7168. Questa, insieme alla Convenzione per la repressione
degli attentati terroristici mediante l’uso di esplosivo169, rappresenta
uno dei più importanti strumenti finalizzati alla lotta contro il grave fenomeno del terrorismo internazionale. L’intento del legislatore comunitario è stato quello di rafforzare la cooperazione internazionale tra gli Stati, poiché questa è il mezzo necessario per svolgere un’efficace azione di prevenzione e repressione del terrorismo. Oltre al
166 Cfr. Quaderni di ricerca giuridica n°60, p. 26, consultabile sul sito Web
https://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/quaderni-giuridici/2008-0060/index.html .
167 Consultabile sul sito Internet http://www.altalex.com/index.php?idnot=5620 . 168 “Ratifica ed esecuzione della Convenzione internazionale per la repressione del finanziamento del terrorismo, fatta a New York il 9 dicembre 1999, e norme di adeguamento dell’ordinamento interno” consultabile sul sito Internet http://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:legge:2003-01-14;7!vig= .
169 Adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 15 dicembre 1997 ed è
entrata in vigore internazionale il 23 maggio 2001. L’Italia ne ha autorizzato la ratifica con la legge 14 febbraio 2003, n°34.
Preambolo, che ricostruisce cronologicamente e dettagliatamente le fasi che, a livello di Nazioni Unite, hanno portato all’adozione di questo nuovo strumento di lotta al terrorismo, la Convenzione si compone di 28 articoli e un allegato, in cui sono elencate nove convenzioni in materia di prevenzione e repressione del terrorismo, tutte ratificate dall’Italia.
Questo intervento, unitamente alla decisione-quadro 2002/475/GAI sulla lotta contro il terrorismo 170 , rappresenta un fondamentale
referente normativo per la ricostruzione della nozione di terrorismo valida sul piano giuridico internazionale e, fino all’introduzione dell’art. 270 sexies c.p., anche all’interno del nostro ordinamento. Risulta, infatti, di particolare interesse perché si tratta della prima convenzione mondiale di diritto internazionale penale che contiene una definizione di terrorismo nella sua globalità. Tuttavia, si tratta di una definizione indiretta, adottata allo scopo di definire il reato “accessorio” costituito, appunto, dal finanziamento del terrorismo. In forza della ratifica, avvenuta con legge n°7 del 14 gennaio 2003, la definizione ivi inserita assume rilievo anche sul piano del diritto interno; com’è noto, infatti, a seguito della modifica del Titolo V Parte II della Costituzione, in particolare dell’art. 117 Cost., le norme convenzionali introdotte nell’ordinamento italiano mediante l’ordine di esecuzione hanno valore preminente rispetto alla legge ordinaria, pur rimanendo comunque soggette al controllo di costituzionalità; assumono, dunque, la forza di norme interposte tra legge ordinaria e legge costituzionale.
La Convenzione del 1999 è di carattere spiccatamente preventivo, mira a contrastare il terrorismo ostacolandone, o meglio eliminandone, le fonti di finanziamento. A tale scopo impone agli Stati membri di punire la condotta di chi, in maniera illecita ed intenzionale, ma non necessariamente diretta, raccoglie fondi destinati ad essere utilizzati
per finanziare, in tutto o in parte, la commissione di determinati illeciti, considerati atti terroristici ai sensi delle altre convenzioni richiamate nell’allegato, oppure «qualsiasi altro atto volto ad uccidere o ferire gravemente un civile o qualsiasi altra persona che non partecipi direttamente alle ostilità in caso di conflitto armato, quando lo scopo di tale atto sia di intimidire la popolazione o costringere un governo o un’organizzazione internazionale a compiere o ad omettere un determinato atto»171.
Occorre precisare che gli atti illeciti così descritti non risultano esplicitamente qualificati come terroristici, ma l’elenco delle convenzioni richiamate nell’allegato e la ratio della Convenzione del 1999, volta alla repressione del finanziamento del terrorismo globalmente inteso, inducono a considerarli tali172. Possiamo, quindi,
ricavare tre elementi essenziali della nozione di terrorismo: il primo è la natura violenta dell’atto, in quanto destinato a cagionare la morte o lesioni personali gravi; il secondo è la qualità della vittima, che deve essere un civile o qualsiasi altra persona che non partecipi alle ostilità; infine il terzo elemento è il duplice dolo specifico alternativo, consistente nell’intimidire la popolazione o costringere un governo o un’organizzazione internazionale a compiere o astenersi dal compiere un certo atto.
Va inoltre specificato che, affinché si ravvisi la fattispecie di reato, non è necessario che tali fondi vengano effettivamente utilizzati a fini terroristici, ma commette reato chiunque tenti di commettere un atto di terrorismo, oppure vi partecipi, organizzi e contribuisca alla commissione del reato in quanto complice.
Le Parti si impegnano ad adottare le eventuali misure necessarie ad
171 Clausola di chiusura contenuta nell’art. 2 Convenzione del 1999.
172 Cfr. MASARONE VALENTINA, Politica criminale e diritto penale nel contrasto al terrorismo internazionale. Tra normativa interna, europea ed internazionale, Edizioni
adeguare il proprio ordinamento penale ai fini dell’attuazione della Convenzione, nonché a prevedere forme di responsabilità penale, civile o amministrativa in capo a persone giuridiche che compiano, mediante i propri amministratori, azioni in violazione della Convenzione. Inoltre, le Parti adottano, se necessario, misure di carattere legislativo affinché i reati contemplati dalla Convenzione non trovino alcuna giustificazione di natura politica, filosofica, ideologica, razziale, etnica, religiosa o in considerazione di qualsiasi altro analogo motivo.
Nel dare esecuzione alla Convenzione di New York del 1999, la legge italiana n°7 del 14 gennaio 2003 ha provveduto ad ampliare la disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni, anche prive di personalità giuridica, già contenuta nel decreto legislativo n°231, dell’ 8 giugno 2001. Sulla base di tale decreto, le persone giuridiche possono essere chiamate a rispondere, all’esito di un procedimento penale, per una serie di reati commessi nell’interesse dell’ente o da una persona fisica collegata alla persona giuridica da un rapporto di dipendenza. È doveroso qui segnalare le perplessità ampiamente manifestate in dottrina sulla reale natura della responsabilità degli enti così introdotta dal d.lgs. 231/2001, in quanto diversi elementi – quali i fatti per cui l’ente viene chiamato a rispondere, il severo contenuto afflittivo, l’organo giurisdizionale competente ad irrogare le sanzioni – ci fanno in realtà pensare che si tratti di una scappatoia volta, piuttosto, a mascherarne l’effettiva natura penale, in contrasto col principio costituzionale societas delinquere non potest di cui all’art. 27, co.1 e 3, Cost. Ai delitti per i quali il d.lgs. 231/2001 già prevedeva la suddetta controversa responsabilità, l’art. 3 della l. 7/2003 ha aggiunto la categoria dei «delitti con finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine democratico», la quale è stata inserita nell’art. 25 quater del d.lgs. 231/2001. Non possiamo tacere come le disposizioni appena citate risultino censurabili per violazione
del principio di legalità di cui all’art. 25, co.2, Cost.; esse, infatti, si caratterizzano per un’accentuata indeterminatezza delle condotte sanzionate, in quanto non operano un chiaro rinvio a precise norme incriminatrici di parte speciale, ma fanno genericamente riferimento ai delitti aventi finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine democratico, previsti dal codice penale e dalle leggi speciali, nonché agli atti terroristici definiti nella Convenzione internazionale del 1999.
Infine, è possibile notare che difficilmente un delitto terroristico od eversivo potrà ritenersi commesso dalla persona fisica, nell’interesse o a vantaggio dell’ente, come richiesto dall’art. 5 d.lgs. 231/2001, perché sorga la responsabilità dell’ente di appartenenza. Pertanto, le possibilità di applicazione dell’art. 25 quater appaiono limitate all’ipotesi in cui il fatto si identifichi nella condotta di finanziamento di un’associazione terroristica ex art. 270 bis c.p., posta in essere al fine di procurare guadagni all’ente attraverso gli utili dell’operazione, oppure nell’ipotesi in cui l’ente venga stabilmente utilizzato allo scopo unico o prevalente di consentire o agevolare la commissione dei reati; in tali casi, è prevista la sanzione dell’interdizione definitiva dall’esercizio dell’attività173.