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I cambiamenti demografici, tra cui l’urbanizzazione, l’invecchiamento demografico e le migrazioni

OBIETTIVI DI MEDIO E LUNGO PERIODO

2.1.2 I cambiamenti demografici, tra cui l’urbanizzazione, l’invecchiamento demografico e le migrazioni

L’epidemia da COVID-19 ha reso la questione del cambiamento demografico e del suo impatto sempre più lampante: la densità abitativa dei territori, l’incidenza della popola-zione anziana e la mobilità delle persone sono stati elementi che hanno caratterizzato l’evento pandemico.

A livello globale, il contrasto tra aree rurali ed urbane più densamente abitate sta cre-scendo. La quota della popolazione urbana sta aumentando nella maggior parte dei Paesi dell’OCSE, ma la crescita è superiore nei Paesi a basso e medio reddito. Nel 2015 si contavano nel mondo 5.799 città con più di 100.000 abitanti, che ospitavano circa 3 miliardi di persone. Mentre alcune città e regioni stanno crescendo a ritmi sostenuti, altre si stanno spopolando. Recenti proiezioni mostrano che, tra le regioni dell’OCSE per le quali sono disponibili dati, il 57% dovrebbe registrare un calo demografico entro il 2050. Lo spopolamento riduce le basi di prelievo fiscale e rende più difficile fornire servizi pubblici. Tali difficoltà possono essere attenuate dall’utilizzo delle nuove tecno-logie per la fornitura dei servizi, usando in modo strategico le opportunità che offrono.

Tuttavia anche gli effetti dell’urbanizzazione possono essere ambivalenti e contradditori:

la crescita urbana spesso porta con sé anche effetti negativi tra i quali congestione del traffico, sovraffollamento, inquinamento ambientale.

L’aumento della componente anziana della popolazione è un fattore particolarmente significativo alla base dei cambiamenti demografici delle economie avanzate. L’invec-chiamento della popolazione è stato finora un fenomeno asimmetrico tra le regioni:

alcuni territori sono stati interessati maggiormente di altri. Le differenze all’interno dei Paesi sono particolarmente significative in nazioni come Australia, Canada, Francia e Regno Unito, dove il tasso di dipendenza degli anziani (la quota di individui di 65 anni o più sulla popolazione economicamente attiva di 15-64 anni) varia da più del 50% in alcune regioni a meno del 10% in altre. Nella maggior parte dei Paesi i tassi di dipen-denza rimangono significativamente più bassi nelle regioni metropolitane rispetto alle altre regioni. Sebbene l’aumento dell’aspettativa di vita sia una delle più grandi conqui-ste umane, la transizione verso una società che invecchia pone delle sfide sempre più grandi per garantire servizi pubblici di alta qualità. Il progressivo invecchiamento della popolazione richiederà una riflessione sui sistemi di sicurezza sociale, in quanto una forza lavoro in calo dovrà coprire le prestazioni per un numero crescente di pensionati, e su come garantire la sostenibilità del sistema di assistenza sanitaria e di erogazione di altri servizi pubblici per una popolazione che diventa sempre più anziana.

Un’ulteriore fonte del cambiamento demografico è data dalle migrazioni. Il processo immigratorio contribuisce a limitare l’invecchiamento demografico e i suoi effetti per-ché in molte regioni i migranti tendono ad essere più giovani rispetto alla media della popolazione residente, ma nel contempo porta con sé la complessità dell’integrazione nelle comunità di destinazione. Un fattore che spiega i processi migratori discende dalle differenze nelle opportunità economiche o nei servizi tra regioni e località che possono spingere le persone a spostarsi all’interno di un Paese. Tra il 2015 e il 2018, nei 30 paesi OCSE con dati disponibili mediamente ogni anno 33 milioni di persone hanno cambiato regione di residenza, (pari al 2,5% della loro popolazione totale). La risultante mobi-lità delle persone ha implicazioni rilevanti per una regione, in quanto influenza la sua struttura demografica, i mercati del lavoro e i costi locali per l’alloggio, nonché le sue prospettive di crescita economica.

Le tendenze in atto in Trentino

Anche l’Italia e il Trentino seguono questi trend, come appare evidente dai dati sulla

po-DOCUMENTO DI ECONOMIA E FINANZA PROVINCIALE 2022-2024 | 63 polazione, anche se in Trentino il fenomeno dell’urbanizzazione risulta meno rilevante rispetto ad altre aree del Paese.

Nel contesto Trentino il problema della crescita demografica risulta meno marcato ri-spetto al territorio nazionale. I dati Istat mostrano come sia in Italia che in Trentino la popolazione risulti in diminuzione al 1° gennaio 2021, con una perdita dell’1,2 per mille rispetto all’anno precedente in Trentino, decisamente meno pesante rispetto al 6 per mille nazionale. La diminuzione della popolazione della provincia di Trento è tuttavia un evento che si osservato per la prima volta dal dopoguerra e si spiega con gli effetti del COVID-19 che hanno comportato un aumento di circa il 30% dei morti nell’anno 2020, mentre in Italia la decrescita della popolazione è un fenomeno in atto dal 2015. Il Trenti-no rimane tra le poche realtà regionali che, ad eccezione del 2020, rileva un trend della popolazione in crescita8 e ciò trova conferma anche nelle proiezioni demografiche per i prossimi decenni seppur con un’intensità in rallentamento.

La crescita della popolazione e delle sue componenti

(scala di sinistra: popolazione; scala di destra: saldo naturale e saldo migratorio)

Fonte; Istat, ISPAT - elaborazioni ISPAT

Il contributo principale all’evoluzione della popolazione trentina è determinato dalle mi-grazioni che hanno attratto per tutto il periodo, con intensità diverse, popolazione da altri territori italiani ed esteri. Considerando la dinamica della popolazione trentina degli ultimi quarant’anni, il saldo naturale, cioè nati meno morti, è risultato deficitario fino agli inizi degli anni ’90 per poi fornire un apporto positivo negli anni seguenti, ma torna-re in ambito negativo dal 2015. La fase acctorna-rescitiva del saldo naturale è la risultante della fecondità delle tante madri nate negli anni del Baby boom (attorno agli anni ’60 con l’apice nel 1964) e delle immigrate che hanno iniziato ad essere statisticamente signi-ficative dalla metà degli anni ’90 e hanno una fecondità pressoché doppia delle donne italiane. Nell’ultimo decennio anche la fecondità delle immigrate ha perso la sua forza

8 Fanno eccezione gli anni di effettuazione dei Censimenti generali della popolazione e delle abitazioni (1991, 2001 e 2011) dove, per effetto del confronto tra i dati anagrafici e quelli derivanti dal Censimento, si sono operate correzioni amministrative che hanno prodotto un calo della popolazione.

perché le iscritte dall’estero provengono dai nuovi paesi dell’Unione europea e dagli Sta-ti europei extra-UE anziché dai Paesi dell’Africa settentrionale come nel secolo scorso.

Le nuove migranti non arrivano in Trentino per ricongiungimenti familiari ma per lavoro.

La componente della migrazione dall’estero si mantiene in leggera crescita anche nel 2020 (1,1%), rappresentando l’8,6% della popolazione totale, verso una media naziona-le pari all’8,4%. Il contributo degli stranieri al ringiovanimento della popolazione è so-stanziale, con un tasso di natalità di 15,1 nati per mille stranieri residenti, più che doppio rispetto a quello dei residenti di nazionalità italiana. I giovani stranieri sono una quota ri-levante: il 21,5% degli stranieri è minorenne, verso il 17,2% dei residenti italiani, mentre il 61,0% ha meno di quarant’anni, verso il 41,0% dei residenti di nazionalità italiana. La componente anziana è meno di un quarto rispetto a quella dei residenti italiani ed è pari al 5,6%. Considerando la componente straniera, la struttura di genere nella fascia an-ziana rafforza la presenza femminile (il 69% degli stranieri anziani è di sesso femminile).

Nel 2019 il Trentino ha attirato residenti dal resto d’Italia, con un saldo migratorio del 3,4 per mille, il più elevato dal 2010 (per il Nord-est il valore nel 2019 è pari a 2,7 per mille), mentre risulta meno attrattivo per gli stranieri. Infatti, fatto 100 il numero degli stranieri residenti nel 2001, il valore per il 2019 è di 293,2 in Trentino, mentre la crescita nel Nord-est e in Italia è più marcata (rispettivamente, 349,6 e 391,2). La prevalenza delle iscrizioni in Trentino fa riferimento alla popolazione attiva (classe 15-64 anni), con una maggiore incidenza tra gli stranieri. Tra gli anziani (classe 65 anni e oltre) risulta prevalente la popolazione di cittadinanza italiana (75%).

Ultimo trend da sottolineare è quello relativo alle cancellazioni dei giovani in uscita dalla provincia di Trento. Nel 2019 i giovani che sono emigrati dal Trentino sono stati circa 500 (il 38,7% delle cancellazioni totali). La propensione all’emigrazione nella fascia d’età 25-34 anni è più elevata rispetto alla popolazione nel suo complesso. Il trend registrato ne-gli ultimi vent’anni è di una crescita dei giovani che escono dal Trentino con un aumento del 400% di quelli che si trasferiscono all’estero contro il 16% di quelli che si spostano sul territorio nazionale. I giovani che migravano all’estero nel 2000 rappresentavano il 12,6% delle cancellazioni, nel 2019 il 38,7%.

Sebbene l’andamento congiunto del saldo naturale e del saldo migratorio o sociale ab-bia determinato una continua crescita della popolazione, l’evoluzione del saldo naturale (con una riduzione significativa dei nati che si sono dimezzati dagli anni ’60), il benessere economico e il miglioramento socio-sanitario hanno modificato la composizione per età della popolazione. Da tanti giovani (0-14 anni) e pochi anziani (65 anni e oltre) a pochi giovani e tanti anziani.

L’invecchiamento della popolazione trentina pare tuttavia meno veloce rispetto al trend nazionale, con un età media di 45,1 anni crescente nel tempo (l’età media della popo-lazione italiana è pari a 46 anni all’inizio del 2021), che riflette sia la maggiore soprav-vivenza dovuta al miglioramento delle condizioni di vita delle persone anziane, sia la relativamente contenuta natalità, seppure migliore rispetto al dato nazionale (7,4 nati per mille in Trentino rispetto a 6,8 per mille della media nazionale).

Istat fa notare che l’epidemia da COVID-19 ha accentuato in Italia una situazione già critica sulle componenti del ricambio demografico. Gli effetti si notano soprattutto sul piano della mortalità, ma anche sui comportamenti nuziali. Ne consegue un rapporto nascite-morti negativo. Anche in Trentino il saldo naturale si presenta al 1° gennaio 2021 con segno nettamente negativo.

L’andamento del saldo naturale, caratterizzato da una riduzione dei nati, del saldo mi-gratorio e la situazione economico/sociale hanno modificato progressivamente la di-stribuzione per età della popolazione trentina, determinando una piramide per età a forma di “punta di lancia”: la base, rappresentata dai giovani, è molto stretta mentre i cinquantenni sono decisamente numerosi. La popolazione in età attiva (15-64 anni)

co-DOCUMENTO DI ECONOMIA E FINANZA PROVINCIALE 2022-2024 | 65 stituisce circa i due terzi del totale (63,5%). L’indice di vecchiaia, che descrive il rapporto tra la popolazione anziana e quella con età inferiore ai 15 anni, si attesta sul valore di 163, che significa che ogni 100 giovani si contano circa 163 anziani (in Italia il valore è di 184,1, mentre nel Nord-est è di 186,9)9. Vent’anni fa questo indicatore era pari al 120,6 e risulta in accelerazione negli anni recenti.

Di rilievo è anche l’indicatore che misura la “dipendenza” della componente anziana del-la popodel-lazione rispetto aldel-la quota di popodel-lazione attiva, anche in questo caso in crescita:

ha raggiunto nel 2020 il valore di 35,3, un dato inferiore rispetto alle regioni del Nord-est e dell’Italia. Sempre negli ultimi vent’anni la quota di persone in età non lavorativa (perché troppo giovani o anziane) rispetto a quelle in età lavorativa è aumentata di circa 9 punti percentuali, raggiungendo il valore di 57,4, ed il trend appare in crescita.

Indice di dipendenza degli anziani

Individui di 65 anni o più sulla popolazione economicamente attiva di 15-64 anni *100

Anno Trentino Alto Adige Veneto Nord-est Lombardia Nord Italia

2005 28,4 25,0 28,7 31,5 29,0 31,7 29,8

2010 29,5 27,3 30,2 32,3 30,5 32,8 30,9

2015 32,9 29,5 34,3 35,9 34,2 36,5 34,3

2018 34,7 30,3 35,8 37,0 35,4 37,6 35,7

2019 35,2 30,7 36,4 37,4 35,7 38,0 36,2

2020(*) 35,3 30,7 36,5 37,6 35,9 38,2 36,4

(*) dato provvisorio

Fonte: ISPAT – Sistema informativo degli Indicatori Statistici

Attraverso il modello di proiezione demografica dell’ISPAT è possibile stimare che nei prossimi 20 anni10 la popolazione trentina sarà in crescita, seppure con un progressivo rallentamento. La fascia d’età più anziana (65 e oltre) si amplierà arrivando a contare per il 27,2% della popolazione totale (rispetto al 22,6% attuale), mentre la fascia d’età da 0 a 14 anni si ridurrà in termini relativi, con una perdita della quota percentuale di 1,7 punti.

L’indice di vecchiaia (rapporto tra popolazione 65 anni e oltre e la popolazione 0-14 anni per 100) si prevede avrà nel 2041 un valore di 222, cioè più di 2 anziani ogni giovane.

9 Si fa riferimento al dato provvisorio del 2020..

10 Il modello di previsione ISPAT non tiene in considerazione shock esterni come la pandemia COVID-19. Ciò nonostante, il modello stima una popolazione per il 2024 di 544.327, vicina al dato 2021 pari a 544.745 abitanti.

Proiezione della popolazione per genere

Fonte: ISPAT, Modello di proiezione demografica STRU.DE.L. 2025-2070

L’evoluzione della popolazione dal 2024 al 2041 per classi di età

(numero indice 2024 = 100)

Fonte: ISPAT, Modello di proiezione demografica STRU.DE.L. 2025-2070

Le dinamiche demografiche descritte hanno conseguenze di carattere sociale ed econo-mico nell’immediato e nel medio-lungo periodo. Tra i risvolti più immediati, l’invecchia-mento della popolazione stresserà la sostenibilità dei sistemi pensionistici, oltre a quelli sanitari e assistenziali, che, se non adeguatamente attivati, potrebbero comportare pro-blemi di inclusione e aggravare situazioni di povertà. Considerato l’aumento della quota di popolazione in età non lavorativa rispetto a quella in età lavorativa e il disequilibrio crescente nei rapporti fra generazioni, si avrà la necessità di produrre con meno forza lavoro risorse adeguate a garantire un welfare equilibrato.

La capacità di spesa è più sbilanciata verso la popolazione anziana. I giovani hanno,

DOCUMENTO DI ECONOMIA E FINANZA PROVINCIALE 2022-2024 | 67 peraltro, interessi e priorità molto differenti rispetto alle generazioni precedenti, che si riflettono nelle loro abitudini alimentari (più salutari), nei loro passatempi (streaming, videogiochi), nelle loro abitudini di risparmio (condivisioni, viaggi a basso costo) e inve-stimenti sostenibili.

L’evoluzione demografica e i cambiamenti sociali comportano una riflessione sui pos-sibili scenari legati alla struttura sociale. Al rapido invecchiamento della popolazione e al calo delle nascite, soprattutto della popolazione residente di nazionalità italiana, si affianca il fenomeno dell’entrata dei Millennial nella forza lavoro, che potrebbe com-portare squilibri di competenze e priorità radicalmente diverse tra generazioni. Questa nuova forza lavoro sarà quella che svilupperà tecnologie sempre più all’avanguardia e innovazioni nel modo di vivere, comunicare, produrre, fare affari e consumare. L’auto-mazione e il maggiore impiego di tecnologie richiederanno alla manodopera del futuro di sviluppare nuove e più avanzate competenze. Il contributo degli stranieri nel contra-stare l’invecchiamento della popolazione è importante, ma non sufficiente a invertire il trend demografico. Tutte queste dinamiche sono destinate a modificare lentamente ma profondamente le abitudini di spesa e di risparmio delle famiglie, la composizione del mercato del lavoro, l’offerta di servizi necessari per rispondere alle esigenze della popo-lazione, i tassi di inflazione soprattutto per beni di investimento, la crescita economica e le politiche governative (come, ad esempio, la priorità di spesa per il sistema sanitario e le politiche di inclusione sociale).

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