OBIETTIVI DI MEDIO E LUNGO PERIODO
2.1.4 La globalizzazione e le catene globali del valore
Durante l’epidemia di COVID-19 le interruzioni nelle catene di approvvigionamento di alcuni beni essenziali hanno reso evidente l’interconnessione tra i paesi attraverso le catene globali del valore (CGV) e intensificato il dibattito sui costi e sui benefici della globalizzazione13.
Più specificamente, recenti prese di posizione hanno sottolineano i rischi e l’instabilità associati alla suddivisione e frammentazione della produzione a livello internazionale14. Si è posta quindi la questione del rafforzamento della stabilità e della resilienza agli shock nelle CGV, pur mantenendo il guadagno di efficienza derivanti dalla specializzazione e dal vantaggio comparativo che le caratterizza. In alcuni casi si è però sostenuto che una produzione più localizzata fornirebbe una maggiore sicurezza degli approvvigionamenti e una minore incertezza per i consumatori e le imprese, auspicando così processi di ri-localizzazione (reshoring) delle catene globali del valore o almeno un ripensamento della loro organizzazione. Esistono tuttavia fattori che fanno pensare che processi signi-ficativi di reshoring siano meno probabili, almeno nel breve periodo, e legati alla natura transitoria dello shock pandemico. Una delle ragioni è da ricondurre agli elevati costi fissi, molti dei quali affondati, che l’internazionalizzazione richiede. I risultati del sondag-gio congiunturale sulle imprese industriali e dei servizi, condotto dalla Banca d’Italia nei mesi della pandemia (tra settembre e ottobre del 2020), suggerivano che, in linea con quanto registrato in altri paesi avanzati, anche in Italia non erano in atto diffusi fenomeni di reshoring15.
Su questa materia l’OCSE ha recentemente effettuato un’analisi controfattuale che ha mostrato come le politiche di reshoring abbasserebbero l’efficienza economica in tutti i paesi, ostacolando anche la diversificazione e limitando la possibilità di assorbire gli shock futuri, rendendo quindi il PIL della maggior parte dei paesi ancora meno stabile.
Il reshoring di per sé, quindi, non sembrerebbe essere una soluzione, in quanto spo-sterebbe le fragilità dal livello internazionale alle instabilità interne. Si tratta invece di favorire la riconfigurazione delle catene globali del valore in modo tale da renderle più resilienti, mantenendo i vantaggi che queste offrono.
Le catene globali del valore generano infatti significativi vantaggi economici sia per le imprese che per i territori. La specializzazione e le economie di scala portano guadagni sia in termini di produttività che di competitività perché garantiscono prezzi di produzio-ne più bassi. Le cateproduzio-ne globali del valore hanno anche creato nuove opportunità per le imprese più piccole e per i partners dei mercati emergenti e dei paesi in via di sviluppo, poiché queste realtà non si devono confrontare con la necessità di sovraintendere a tutte le fasi di un processo produttivo complesso.
13 Una catena globale del valore è una forma di organizzazione del processo produttivo nella quale imprese localizzate in Paesi diversi si specializzano in alcune fasi del processo, come la ricerca, lo sviluppo del prodotto, la produzione di parti e componenti, l’assemblaggio del prodotto finale o la sua commercializzazione, sulla base dei loro vantaggi che possono essere il basso costo della manodopera, il capitale umano, le competenze in design o la disponibilità di risorse naturali.
14 Si veda: Global Value Chains: Efficiency and Risks in the Context Of Covid-19. OECD, 2021
15 Si veda: Le catene del valore e la pandemia: evidenze sulle imprese italiane, Note Covid-19, Banca d’Italia, 17 febbraio 2021
Il posizionamento del Trentino nelle catene del valore: alcuni elementi
Un elemento preliminare che aiuta ad inquadrare la questione delle catene del valore è la proiezione internazionale dei territori. L’intensità di interscambio di beni e servizi è uno degli indicatori principali usati per cogliere il grado di apertura internazionale di un’economia. La destinazione dei beni e servizi prodotti dal sistema produttivo trentino è destinata principalmente al mercato locale (79%) e solo il 14% e il 7% sono indirizzati, rispettivamente, verso il resto d’Italia e i mercati esteri.
La frammentazione internazionale dei processi produttivi e la formazione di catene globali del valore rendono tuttavia necessario integrare i tradizionali dati di import ed export con letture che cercano di misurare l’effettiva capacità delle economie di creare valore nelle reti di produzione che coinvolgono i territori.
Una ricerca svolta da Banca d’Italia e Irpet ha messo in luce l’impatto che la domanda
“esterna” aggregata nelle regioni italiane – suddivisa in scambi interregionali ed espor-tazioni verso l’estero – genera sulla produzione di valore aggiunto locale al netto della componente importata16. Nelle regioni del Nord-est la quota di valore aggiunto stimola-to dalla domanda internazionale è molstimola-to più alta della media nazionale ed è compresa tra il 13% del Trentino-Alto Adige e il 19% del Veneto. A partire da questa prospettiva, un recente studio dell’ISPAT ha misurato il peso della domanda interregionale e di quella estera sulla formazione del valore aggiunto per la provincia di Trento. La quota media di valore aggiunto provinciale stimolata dalla domanda interregionale di beni e servizi è pari al 22,7% del valore aggiunto totale, mentre la quota di valore aggiunto attivata dalle esportazioni internazionali si posiziona intorno al 10%, valore inferiore alla media regionale (13,1%), ma anche significativamente più contenuta rispetto ad altre regioni del Nord-est.
Quota di valore aggiunto regionale stimolato dalla domanda interregionale (figura a sinistra) e dalla domanda internazionale (figura a destra)
Fonte: elaborazioni di ISPAT su dati Banca d’Itali e Irpet, 2018
16 Si veda: Bentivogli C., Ferraresi T., Monti P., Paniccià R., Rosignoli S., Italian regions in global value chains: an input-output approach. Occasional Paper 452, Banca d’Italia, 2018.
DOCUMENTO DI ECONOMIA E FINANZA PROVINCIALE 2022-2024 | 75 L’ultimo rapporto della Fondazione Nord Est dà ulteriori indicazioni riguardo alla rilevan-za delle catene globali del valore per alcuni territori del Nord-est17. Un primo fattore che viene evidenziato è legato al peso della singola regione sul commercio (import + export) di beni intermedi in Italia. Il dato è ritenuto rilevante in quanto l’integrazione economica a livello globale è sempre più caratterizzata dal commercio di beni e servizi intermedi tra imprese che partecipano alle CGV. Tre sono le regioni che alimentano quasi il 60%
degli scambi di beni intermedi nazionali: la Lombardia che genera il 35,6% degli scambi, il Veneto (12,4%) e l’Emilia-Romagna (11%). In questa classifica il Trentino-Alto Adige è al decimo posto con un peso del 2%, in ragione della dimensione relativamente ridotta della regione rispetto ai territori considerati.
Interessante è poi il giudizio sulla partecipazione delle regioni nelle CGV. Il posiziona-mento relativo di una regione è individuabile su un grafico cartesiano in cui due assi (tratteggiati in figura) sono identificati dai valori medi nazionali del peso dei beni in-termedi sulle importazioni (32,4%, asse delle ascisse) e sulle esportazioni (29,4%, asse delle ordinate) e definiscono quattro quadranti. La regione Trentino-Alto Adige, nel suo complesso, si colloca nel quadrante in basso a destra, dove sono localizzati i territori che si caratterizzano per una maggiore specializzazione (rispetto alla media nazionale) nell’import di beni intermedi, ma nel contempo, presentano una minore specializzazio-ne di beni intermedi esportati. Una caratteristica che viespecializzazio-ne associata ad economie che si caratterizzano per una presenza significativa di imprese dedicate alle fasi di assemblag-gio di beni finali.
La partecipazione delle regioni del Nord-est alle catene globali del valore
Fonte: Fondazione Nord Est, 2021
17 Si veda: Nord Est 2020 – La ripartenza. Fondazione Nord Est, 2021.
18 Nei rapporti sulle economie regionali della Banca d’Italia è stato rilevato nel tempo come in Trentino sia storicamente più forte la dipendenza dalla domanda nazionale, mentre in Alto Adige ci sia una maggiore proiezione internazionale delle imprese, soprattutto attraverso relazioni di fornitura e subfornitura con altri paesi dell’Unione Europea (Si veda: Le economie delle Province autonome di Trento e Bolzano. Rapporto sulle economie regionali, Banca d’Italia, 2014).
19 Le analisi proposte nello studio di Fondazione Nord Est si basano su un questionario sottoposto ad un campione di 306 imprese di manifatturiere di media dimensione con unità locali in Friuli-Venezia Giulia, Veneto e Provincia di Trento (Si veda: È possibile essere fornitori felici in una catena del valore? Strategie di upgrading delle media imprese manifatturiere del Nord-est. Fondazione Nord Est e Unicredit, 2020)
Le due province di Trento e di Bolzano presentano, tuttavia, una diversa struttura delle relazioni con le economie esterne18. Uno studio dell’ISPAT, basato sull’utilizzo della tavo-la intersettoriale dell’economia trentina, ha misurato le intensità e le caratteristiche dei collegamenti a monte e a valle dei settori economici.
In Trentino il settore delle public utilities risulta essere un settore nodale per l’economia, pienamente integrato. La manifattura trentina può essere definita un comparto inter-medio-finale caratterizzato da un significativo approvvigionamento da settori interme-di provenienti dall’estero. I servizi sono soprattutto interme-di origine interna e si rivolgono in parte alla domanda intermedia e in parte a quella finale. Tra i settori primari-intermedi ricadono i principali settori dei servizi avanzati (settori ad alta intensità di conoscenza e ad elevata domanda industriale). Il settore dell’agricoltura e quello dei trasporti hanno una significativa componente di domanda esterna, sono centrali all’interno della filiera agro-alimentare e strettamente connessi anche al sistema commerciale ed industriale interno. Discorso a parte meritano i servizi direttamente legati al turismo (alloggio e ristorazione) che in genere sono collocabili tra i settori primari-finali interni. Nel parti-colare contesto trentino questo non è vero, in quanto questi settori sono invece forte-mente connessi a valle con una domanda che proviene dall’esterno, prevalenteforte-mente dall’Italia, ma con una significativa componente estera.
I dati disponibili nella letteratura che guarda al comportamento delle singole imprese nelle catene del valore si caratterizzano per un ampio grado di frammentarietà e speci-ficità. Da un recente studio sempre di Fondazione Nord Est ed Unicredit è possibile trar-re tuttavia alcune indicazioni, seppur non ditrar-rettamente estendibili ai sistemi produttivi territoriali nella loro interezza, sul modo in cui le imprese manifatturiere del Nord-est operano nelle catene del valore19.
Il primo dato che emerge dallo studio è che due terzi (64,7%) delle imprese intervistate sono coinvolte, benché con intensità diverse, in catene del valore ed il 20,3% del totale partecipa prevalentemente a catene globali del valore. In termini di estensione geo-grafica delle catene, le imprese trentine sono quelle che presentano una più elevata presenza in catene del valore miste, locali e globali.
Interessante è la fotografia che emerge riguardo alla struttura e funzionamento delle catene del valore. Per quanto riguarda la governance della catena, il 23,6% (valore più alto tra i territori presi in considerazione) delle imprese trentine intervistate partecipa in catene del valore in cui l’impresa leader determina le scelte; al contrario le imprese trentine sono quelle che in misura minore partecipano a catene del valore in cui le de-cisioni sono prese esclusivamente secondo criteri di prezzo (16%). La sostituibilità del principale committente è cruciale per le tutte le imprese intervistate: circa il 73% delle imprese intervistate ritiene difficile sostituire il committente principale. Rispetto a que-sto fattore non spiccano differenze sostanziali tra le tre aree del Nord-est considerate.
Significativo è, infine, il dato sul tipo di relazione che intercorre all’interno della catena del valore: quasi il 78% (53,7 % in Friuli-Venezia Giulia e 46,6% in Veneto) delle imprese trentine dichiara che nelle relazioni contano maggiormente le competenze rispetto a relazioni basate sul prezzo.
DOCUMENTO DI ECONOMIA E FINANZA PROVINCIALE 2022-2024 | 77 Chi prende le decisioni nei rapporti di sub-fornitura
valori %
Cosa conta maggiormente nelle relazioni con i clienti
valori %
Il posizionamento delle imprese nelle catene del valore può cambiare nel tempo in fun-zione dalle strategie che le imprese mettono in atto. In particolare, i processi di sposta-mento nella catena del valore (upgrading) verso posizioni a maggior valore aggiunto, più favorevoli in termini di qualità prodotto ed efficienza dei processi, passano anche at-traverso l’utilizzo di tecnologie 4.0. Tra le imprese intervistate, le imprese trentine sono quelle che maggiormente usano l’internet delle cose (IoT) per guadagnare efficienza nei processi produttivi (51,6%) ed hanno fatto maggior uso della robotizzazione (68,6%). Le imprese trentine hanno, inoltre, introdotto in maniera più intensa innovazioni di prodot-to e innovazioni di processo, seppur in prevalenza in modo parziale.
Investimenti in tecnologie 4.0
valori %
Utilizzo di IoT per aumentare l’efficienza interna
Utilizzo di IoT per alimentare nuovi servizi ai clienti
Utilizzo della robotica
Trentino 51,6 21,7 68,6
Friuli-Venezia Giulia 48,6 22,9 57,3
Veneto 42,8 9,3 48,8
Fonte: Fondazione Nord Est – Unicredit, 2020
Attività di innovazioni sui prodotti condotte negli ultimi tre anni
valori %
Nessuna Innovazione incrementale
Innovazione radicale
Incrementale e radicale
Nessuna risposta
Trentino 9,6 30,6 3,2 53,3 3,4
Friuli-Vene-zia Giulia 24,6 21,2 14,5 39,7
-Veneto 26,4 23,7 8,4 39,2 2,3
Fonte: Fondazione Nord Est – Unicredit, 2020
Attività di innovazioni sui processi aziendali condotte negli ultimi tre anni
valori %
Nessuna Parziale Radicale Nessuna
risposta
Trentino 30,7 56,7 12,5
-Friuli-Venezia
Giulia 30,6 49,1 20,3
-Veneto 39,6 52,9 5,0 2,5
Fonte: Fondazione Nord Est – Unicredit, 2020
79
2.2 IL DEFP COME DOCUMENTO DI POLITICA INTEGRATA1
Il DEFP 2022-2024 si presenta come un documento con caratteristiche innovative rispetto al passato, almeno per due ordini di motivi.
In primo luogo, la pandemia rappresenta un elemento di forte discontinuità rispetto al passato non solo per gli effetti di lungo termine della crisi, ma anche perché problemi latenti, come la crisi ambientale o la transizione digitale, hanno assunto assoluta priorità nelle agende politiche.
In secondo luogo, il programma provinciale si colloca in un contesto di ampia mobilitazione di risorse pubbliche a diversi livelli, europeo, nazionale e locale. Questo secondo elemento è di particolare rilevanza per il Trentino data la dimensione della sua autonomia. In passato infatti la programmazione e la spesa provinciale indirizzava in modo pressoché esclusivo le decisioni di spesa rivolte al territorio. Nel presente contesto invece la spesa provinciale deve integrarsi con i programmi di spesa e di investimento definiti ad altri livelli.
Ciò implica due difficoltà. Sul lato della definizione delle politiche economiche e finanziarie, è necessario avere una chiara visione degli obiettivi generali e di quelli specifici locali, in modo da fornire una visione integrata e sinergica dei programmi. Sul lato della gestione la molteplicità dei livelli di gestione e di spesa implicherà probabilmente la necessità di coordinare le azioni di diverse amministrazioni il cui funzionamento e le cui responsabilità non sono, ad oggi, ancora completamente definite. È nondimeno importante, nel delineare un programma la cui realizzazione implica l’attivazione di diverse amministrazioni, capire quali strumenti potranno essere attivati per integrare e controllare la realizzazione dei piani.
Data la multidimensionalità degli interventi, il livello di programmazione provinciale offre un quadro all’interno del quale i diversi interventi possono integrarsi a favore del territorio. Tale integrazione opera a diversi livelli, a seconda della natura degli obiettivi proposti dai diversi livelli di intervento.
A. Con riferimento alle sei missioni previste dal PNRR (Digitalizzazione, innovazione tecnologica, competitività e cultura; Rivoluzione verde e transizione ecologica;
Infrastrutture per una mobilità sostenibile; Istruzione e ricerca; Inclusione e coesione;
Salute) il DEFP indica, collocandole all’interno delle aree strategiche provinciali):
a. le realizzazioni che possono rientrare (ed essere finanziate) dai programmi nazionali;
1 Il presente paragrafo è frutto del contributo del professor Enrico Zaninotto, ordinario di “Economia e gestione delle imprese industriali” presso il Dipartimento di Economia e Management dell'Università di Trento, Co-Direttore (con A. Leijohufvud) della Advanced Summer School on Adaptive Economic Dynamics, presidente del Presidio per la Qualità dell'Università degli Studi di Trento, presidente del Comitato tecnico scientifico dell’ISPAT e presidente del Consiglio Statistico provinciale.