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CAP 2 – LA PROCEDURA RISTRETTA

PARTE III – I PROCEDIMENTI PER LA SCELTA DEL CONTRANETE

CAP 2 – LA PROCEDURA RISTRETTA

L’art 3, comma 38, del Codice dei Contratti fornisce una definizione abbastanza dettagliata di tale sistema di selezione affermando che le procedure ristrette sono procedure alle quali ogni operatore economico può chiedere di partecipare e in cui possono presentare offerta soltanto gli operatori economici invitati dalle stazioni appaltanti, con le modalità fissate dal Codice.

Si tratta dunque di una procedura bifasica. Il bando non richiede l’offerta ma la candidatura. Tra gli operatori economici candidati l’amministrazione opera una preselezione, un primo vaglio di

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idoneità. Solo quelli invitati, che hanno superato tale preselezione, possono presentare la loro offerta.

La ratio del ricorso alla procedura ristretta deve essere rinvenuta nell’opportunità di limitare il numero dei concorrenti partecipanti alla seconda fase della procedura, consentendo una più snella gestione del procedimento di scelta del contraente rispetto alla procedura aperta alla quale, in teoria, potrebbero partecipare centinaia di concorrenti. Infatti, la procedura in oggetto, viene consigliata dal Codice stesso in caso di appalti “complessi” come sia compresa la progettazione o siano aggiudicati con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa (art. 55, comma 2 del Codice).

Nella prima fase di preselezione dei candidati che manifestato l’interesse a partecipare, vengono escluse le imprese che non abbiano dimostrato di essere in possesso dei requisiti tecnici, economici e finanziari; tale aspetto negli appalti di lavori risulta comunque semplificato, visto l’adozione del sistema di attestazione dei requisiti di cui al D.P.R. 207/2010 nel cui testo è stato inserito quanto originariamente disposto dal D.P.R. 34/2000 “Regolamento per l'istituzione di un sistema di qualificazione unico dei soggetti esecutori di lavori pubblici”.

Alcune sentenza meno recenti affermano che la stazione appaltante poteva nella fase di prequalificazione procedere alla valutazione preliminare dei progetti presentati dalle imprese partecipanti cui può conseguire anche un giudizio di non ammissione alla gara vera e propria.103

La giurisprudenza più recente invece ritiene che la fase di prequalificazione sia volta a far conoscere la disponibilità del mercato all’amministrazione, la quale all’uopo provvede unicamente a verificare se il soggetto che chiede l’ammissione ha

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Cons. Stato, sez. V, 9 febbraio 2001, n. 578; Cons. Stato, sez. V, 17 maggio 2000, n. 2884; TAR Toscana, Sez. II, 3 giugno 2002, n. 1212.

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i requisiti richiesti e non già ad esaminare il progetto offerto. Tale fase si distingue da quella introdotta dall’offerta da parte delle ditte ammesse, in quanto volta quest’ultima ad accertare la meritevolezza delle stesse ad aggiudicarsi la gara. Risulta pertanto preclusa qualsivoglia commistione tra i criteri di prequalificazione e quelli oggettivi afferenti alla valutazione delle offerte ai fini dell’aggiudicazione104

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Più precisamente si è stabilito che la fase di prequalificazione nelle procedure di evidenza pubblica ha il compito di determinare i requisiti di “partecipabilità” alla gara, sotto l’aspetto della soglia minima di idoneità dei soggetti ad essere valutati, tramite l’esame dei parametri obiettivi riportati nelle dichiarazioni e nelle autocertificazioni allegate alla domanda e senza richiederne la puntuale dimostrazione, così restringendo l’ambito dei potenziali concorrenti, senza addivenire ad alcuna attribuzione di punteggi. Peraltro, l’amministrazione non ha la discrezionalità di ammettere alla fase successiva imprese che non hanno partecipato alla fase endoprocedimentale di prequalifica.

Il nodo della procedura ristretta consiste pertanto nell’individuare gli operatori economici, tra quelli che abbiano superato la prequalificazione, da invitare a presentare offerta.

Tale articolazione, non è presente nelle procedure aperte ove, invece, l’amministrazione procede in un’unica fase alla valutazione dei requisiti d’idoneità e quindi delle offerte.

La licitazione privata nasce come sistema eccezionale di scelta del contraente, ammesso soltanto in ipotesi tassative previste dagli artt. 38 e 39 R.D. n. 824/1927 (Regolamento per la contabilità generale dello Stato).

In tale assetto normativo la licitazione privata era caratterizzata da una ampia discrezionalità della stazione appaltante nella scelta

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delle imprese da invitare a presentare offerta, scelta pressoché insindacabile, in forza degli artt. 89 e 68 del suddetto Regolamento.

In seguito, tale connotato di eccezionalità veniva superato, tant’è che con la cd. Merloni bis (legge n. 415/98), l’art. 23 della legge n. 109/94 veniva novellato prevedendo che alle licitazioni private di qualsiasi importo venissero invitati tutti i soggetti che ne avessero fatto richiesta e che fossero in possesso dei requisiti di qualificazione previsti nel bando.

In ambito comunitario, invece, la licitazione privata, denominata “procedura ristretta”, viene configurata come procedura cui partecipano solo le imprese scelte dalla stazione appaltante, impostazione questa confermata nelle direttive appalti del 2004. Il Legislatore del Codice dei contratti pubblici, a seguito del secondo decreto correttivo, ha recepito la configurazione della licitazione privata delineata dalla Merloni per i lavori pubblici, disciplinando la procedura ristretta come procedura ordinaria di individuazione dell’affidatario di contratti pubblici, del tutto equivalente rispetto alla procedura aperta.

Infatti, sebbene la definizione di procedura ristretta sia aderente a quella comunitaria (art. 3, comma 38, d.lgs. n. 163/06: “procedure alle quali ogni operatore economico può chiedere di partecipare e in cui possono presentare offerta soltanto gli operatori economici invitati dalle stazioni appaltanti, con le modalità stabilite dal presente Codice”), al successivo art. 55, comma 6, è stabilito che alla procedura ristretta debbono essere invitati tutti i soggetti che ne abbiano fatto richiesta e che siano in possesso dei requisiti stabiliti dal bando.

Sotto tale profilo, dunque, la procedura ristretta nazionale si differenzia da quella comunitaria, e diviene totalmente

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equiparabile alla procedura aperta, salvo che per la pluralità di fasi procedurali (domanda di partecipazione ed inviti).

L’unica ipotesi, peraltro piuttosto marginale, di limitazione del numero dei concorrenti nelle procedure ristrette è prevista dall’art. 62, in base al quale nelle ristrette relative a lavori di importo pari o superiore a 40 milioni di Euro (nonché nelle procedure negoziate con pubblicazione del bando e nel dialogo competitivo relativi ad appalti di lavori di qualsiasi valore), le amministrazioni possono indicare il numero minimo ed eventualmente anche il numero massimo dei concorrenti, che selezioneranno sulla base di criteri oggettivi predeterminati (cd. meccanismo della forcella)105. In tal caso comunque, la scelta dei soggetti da invitare costituisce espressione di un potere connotato da discrezionalità tecnica, che deve essere esercitato all’esito di un’attente istruttoria e deve essere assistito da una congrua motivazione106.

Al di fuori dei casi di cui al predetto art. 62, la procedura ristretta, come definita in ambito nazionale risulta differenziarsi da quella comunitaria, finendo per divenire sostanzialmente equiparabile alla procedura aperta, salvo che per la maggiore articolazione della sequenza procedurale data dalla previsione di una fase c.d. di prequalificazione avente una valenza”esplorativa”. In altre parole la procedura ristretta risulta essere una “variante aggravata” della procedura aperta, dalla quale ha finito per differire solo per meri aspetti procedurali.