PARTE IV – I CRITERI DI AGGIUDICAZIONE.
CAP 1 QUADRO GENERALE
1.1 I nuovi orizzonti aperti dalle direttive comunitarie.
Il 26 febbraio 2014, come noto, sono state emanate le tre nuove Direttive in materia di contrati pubblici: la Direttiva 2014/24/UE
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Tar Lazio, sez. III-quater, sent. del 24 ottobre 2008, n. 9153.
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sugli appalti pubblici, che abroga la Direttiva 2004/18/CE, la Direttiva 2014/25/UE sull’aggiudicazione dei contratti di concessione e la Direttiva 2014/23/UE, sulle procedure di appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali, che abroga la Direttiva 2004/17/CE134.
Fra le tante innovazioni presenti nella direttiva sui settori ordinari, una delle più significative, è rappresentata dal favor del legislatore europeo per il criterio di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa, che assume peraltro un nuovo significato, frutto di quella strategia politico-economica che l’Europa vuole perseguire per il raggiungimento degli obiettivi fissati per il 2020, ovvero la «realizzazione di una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva garantendo contemporaneamente l‟uso più efficiente possibile dei finanziamenti pubblici (…) in modo da accrescere l’efficienza della spesa pubblica (…) e (…) un miglior uso per sostenere il conseguimento di obiettivi condivisi a valenza sociale»135.
Le direttive infatti superano il c.d. principio dell’equivalenza dei criteri di aggiudicazione, privilegiando il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, risultando pertanto residuale il criterio del prezzo più basso.
E' infatti previsto che gli Stati membri possano, alternativamente: a) imporre alle amministrazioni aggiudicatrici, in termini assoluti, di non utilizzare il criterio di aggiudicazione basato esclusivamente sul prezzo o costo;
b) limitare l'utilizzo di tale criterio a determinate categorie di amministrazioni aggiudicatrici o a determinati tipi di appalto.
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Si veda in proposito quanto esposto nella Parte I.
135 Comunicazione della Commissione Europea 3 marzo 2010, intitolata
«Europa 2020: Una strategia per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva».
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Per comprendere il significato di quanto sopra esposto bisogna partire dai c.d. considerando, ovvero i principi ispiratori della disciplina. Il considerando n. 89 della direttiva sui settori ordinari è chiarissimo nell’affermare che “la nozione di criteri di aggiudicazione è fondamentale…è pertanto importante che le disposizioni siano presentate nel modo più semplice ed efficace possibile”. Assegna all’offerta economicamente più vantaggiosa il rango di “concetto prioritario” e avverte che, per evitare confusione con il suo attuale significato, derivante dalle direttive 17 e 18 del 2004, “occorre un termine diverso per tradurre tale concetto”, coniando il termine «il miglior rapporto qualità/prezzo».
Questa preferenza tendenziale per il criterio fondato sul miglior rapporto qualità/prezzo trova la sua giustificazione nelle ragioni illustrate nel considerando 90, fondate sull'esigenza di incoraggiare l'orientamento alla qualità degli appalti pubblici. A completamento della disciplina contenuta nell'articolo 67, va ricordata la previsione del comma 1, che – analogamente a quanto previsto dalla precedente direttiva – fa salve le disposizioni legislative, regolamentari o amministrative nazionali relative al prezzo di determinate forniture o alla remunerazione di taluni servizi. Previsione che contempla quindi la possibilità che, in caso di prezzi o tariffe amministrate o imposte, si possa procedere all'aggiudicazione senza ricorrere ad uno dei due criteri da utilizzare in via ordinaria.
L’operazione compiuta è enorme in quanto non solo viene scardinato il principio dell’equivalenza dei criteri di aggiudicazione, ma la direttiva privilegia il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa rispetto a quello del massimo ribasso e, soprattutto, gli attribuisce un significato completamente
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diverso da quello attuale: il miglior rapporto qualità/prezzo all’interno del quale la qualità diventa l’elemento prioritario. Altro aspetti significativo è dato dal fatto che la direttiva pone al centro del nuovo significato attribuito al criterio in esame il costo del ciclo di vita del prodotto, servizio o lavoro oggetto di aggiudicazione, manutenzioni e costo di smaltimento finale compresi. Il concetto di “costo del ciclo di vita” (life-cycle costing), di derivazione anglosassone conferisce alla concezione di prezzo, oltre la dimensione dell’articolazione dei diversi oneri, soprattutto quella “temporale”, vale a dire il costo determinato da oneri successivi all’acquisizione in sé, purché “il loro valore monetario possa essere determinato e verificato”.
Così ad esempio dovranno essere ricompresi i costi interni (sostenuti dall’amministrazione, quali i costi relativi all’acquisizione, all’uso dell’energia, alla manutenzione) ed i costi di fine vita (raccolta e riciclo) e le c.d. esternalità negative (costi futuri di un bene non predeterminati né predeterminabili) non ricadranno sulla collettività. Ciò in particolare per quanto riguarda i costi ambientali, che devono essere inclusi nell’offerta, in modo da incentivare i concorrenti a cercare soluzioni tecnologiche che ottimizzino questi costi, accrescendo così l’efficienza della spesa pubblica nel lungo periodo. Secondo tale criterio l’offerta più vantaggiosa è individuata sulla base del prezzo o del costo, seguendo un approccio costo efficacia valutato sulla base di criteri quali gli aspetti qualitativi, ambientali e sociali connessi all’oggetto dell’appalto. Il fine perseguito con l’indicazione di tali criteri è di promuovere la qualità e l’innovazione negli appalti pubblici, di includere gli aspetti ambientali e sociali, con particolare riferimento alla tutela dell’occupazione e delle condizioni di lavoro, nonché dei disabili e degli altri gruppi svantaggiati.
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Si sottolinea, come peraltro evidenziato nella Parte I della presente trattazione, come la tutela dell’ambiente, sociale e del lavoro assumano proprio in questa fase dell’evoluzione della normativa sugli appalti, ed in generale di tutte le politiche comunitarie, un ruolo fondamentale che presuppone una specifica ponderazione di tali interessi, che assurgono ad interessi di carattere primario dell’intero ordinamento, addirittura con la politica della concorrenza nel cui alveo si muove l’intera disciplina dei contratti pubblici.
E’ contenuta inoltre la previsione del tutto innovativa secondo cui l’elemento relativo al costo può assumere la forma di un prezzo o costo fisso e gli operatori economici competono solo in base a criteri qualitativi. Si tratta di una prospettiva a dir poco rivoluzionaria, che consente, per determinati tipi di appalto, per esempio quelli ad alta intensità di lavoro, di evitare ribassi che inciderebbero inevitabilmente sul costo del lavoro, aggiudicando la gara solo in base alla qualità degli altri fattori dell’offerta. Tali previsioni producono, evidentemente, l’effetto di incrementare il potere discrezionale attribuito alle stazioni appaltanti rispetto alla valutazione del solo prezzo. Sembra che, in questo caso, l’approccio tipico della legge Merloni, ossia l’indebolimento della discrezionalità della stazione appaltante che lo stesso Codice dei contratti pubblici aveva messo in crisi, sia definitivamente superato. I benefici in termini di decongestione dell’attività amministrativa sono quindi potenzialmente elevati. Che, tuttavia, la massima discrezionalità possibile sia un rischio, ancorata com’è ad una nozione tanto vaga quanto quella di “costo del ciclo di vita”, è questione da non sottovalutare. Non bisogna comunque dimenticare che il ricorso prevalente al prezzo più basso, al quale abbiamo assistito nel corso degli anni, e quindi a
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modelli rigidi, non ha frenato il fenomeno della corruzione, ma anzi lo ha in parte incentivato (offerte anormalmente basse). Come già evidenziato il Senato ha approvato, con passaggio alla Camera, in data 18.06.2015 il disegno di legge n. 1678 recante la delega al Governo per l'attuazione delle tre direttive che riordinano la normativa europea in materia di appalti, che dovrà essere attuata entro il 18 febbraio 2016. I criteri di delega condividono le indicazioni delle disposizioni comunitarie e stabiliscono che il criterio del miglior rapporto qualità-prezzo diventi quello da adottare in via ordinaria, mentre quello del prezzo più basso viene confinato ad ipotesi residuali che lo stesso legislatore delegato dovrà individuare in sede di recepimento. La delega attualmente in discussione in Parlamento sfrutta pienamente le opportunità offerte dalla nuova Direttiva comunitaria. In sostanza, l'indicazione è che la normativa di recepimento dovrà prevedere in maniera puntuale le ipotesi in cui, o in relazione alla tipologia di appalto o in relazione all'importo – presumibilmente contenuto – gli enti appaltanti potranno utilizzare il criterio del prezzo-costo (prezzo più basso). In tutti gli altri casi, sarà obbligatorio il criterio di aggiudicazione fondato sul miglior rapporto qualità/prezzo.