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La capacità produttiva identifica la quantità di produzione che assicura il pieno impiego dei macchinari e degli impianti di produzione, attraverso l’utilizzo efficiente dei fattori produttivi. La dimensione della capacità produttiva ottimale è quella che minimizza il costo unitario di produzione e la rischiosità dell’investimento.

L’impresa di solito per realizzare il suo output necessita di una complessa struttura comprendente magazzini, capannoni, impianti e uffici. In questo lavoro però mi limiterò a considerare l’impianto come l’insieme delle linee di lavorazione e ad analizzarne le caratteristiche principali.

169 In questo senso l’impianto può essere di tipo specializzato e automatizzato che persegue la riduzione dei costi o oppure flessibile che mira invece a ridurre i rischi. Un impianto può quindi essere elastico o flessibile.

Il grado di elasticità o flessibilità misura la capacità di un impianto di conservare la competitività sotto il profilo dei costo unitario, cioè che questo non aumenti sensibilmente in relazione ad un uso sotto regime o a variazione di volume.

Il grado di flessibilità tecnica si riferisce invece alla capacità dell’impianto di adattarsi a produzioni differenti di beni (variazioni del mix)attraverso lo volgimento di processi diversi senza dover sostenere costi che alterano significativamente la struttura economica e concorrenziale dell’azienda46.

Per la determinazione della capacità produttiva più conveniente occorre tenere in considerazione che: non esiste un prodotto la cui domanda non presenti una notevole variabilità nel breve periodo di vita di un impianto e che la capacità produttiva prevista una volta predisposta non potrà variare nel breve termine senza necessitare di ulteriori e rilevanti investimenti di capitale.

Nel progettare la capacità produttiva di un impianto occorre valutare:

 A quale volume di domanda occorre riferire la capacità produttiva dell’impresa nel corso della vita dell’impianto: Alla fase iniziale della vita dell’impianto oppure ad una fase successiva ipotizzando ulteriori espansioni della domanda.

 Se possono presentarsi possibili variazioni delle domanda aventi breve durata.

Se la domanda non presenta apprezzabili fluttuazioni di carattere stagionale l’esercizio di un impianto potrà essere svolto con continuità. Se la domanda presenta fluttuazioni, sia stagionali che congiunturali, occorrerà ipotizzare la formazione di stocks oppure si dovrà adeguare la capacità alla domanda di punta anziché alla domanda

46 Si veda le innovazioni avvenute nel campo della microelettronica, dell’informatica e della robotica che non solo sottraggono l’uomo dallo svolgere i lavori più umili ma permettono di ottenere vantaggi in termini di flessibilità

170 media con necessità di maggiori immobilizzi; inoltre, il processo discontinuo darà luogo a costi di esercizio più elevati e ridurrà l’efficienza.

Il dimensionamento della capacità produttiva è strettamente legato agli obiettivi che la start-up si prefigge, in particolare in termini di numero di segmenti serviti. La scelta della capacità produttiva da installare, fornita dall’imprenditore in sede di redazione del Business Plan, riveste un’importanza strategica, poiché determina il livello di integrazione delle attività (a monte e a valle), identifica la struttura organizzativa, il posizionamento sul mercato e la struttura dei costi della nuova attività. Sovradimensionamenti o sottodimensionamenti degli impianti sono i rischi in cui si può incorrere sia in fase di start-up, sia nelle fasi ordinarie di gestione.

La dimensione degli impianti produttivi è strettamente correlata alle scelte di make (quali attività sia opportuno svolgere internamente), o buy (acquisto di prodotti o servizi da subfornitori). L’opzione make offre il vantaggio di garantire un controllo diretto sull’attività, su eventuali segreti industriali, sugli approvvigionamenti e sulla qualità del prodotto/servizio, ma crea maggiore rigidità della struttura a causa degli elevati costi fissi. Infatti, la decisione di controllare internamente una certa attività comporta maggiori investimenti (per dotarsi delle strutture necessarie) e maggiori costi fissi (soprattutto a causa del personale da assumere per svolgere l’attività). Inoltre, se si tratta di un’attività complessa si possono verificare anche lunghi tempi di attesa per la messa a punto della struttura.

L’opzione buy comporta minori costi fissi e una maggiore flessibilità della struttura dei costi, poiché si sostituiscono i costi fissi con i costi variabili, proporzionali alle quantità di beni o servizi acquistati dall’esterno. E’ opportuno internalizzare le attività che costituiscono competenze distintive dell’impresa e che originano un importante know-how che rappresenta un’importante barriera all’entrata (si evita in tal modo che i sub-fornitori possano acquisire conoscenze e costituire una minaccia futura). L’esternalizzazione è sconsigliabile anche quando i livelli della domanda sono prevedibili e il controllo della qualità assume un’importanza fondamentale. Le scelte di make o buy sono influenzate anche dal ciclo di vita del prodotto e dalla localizzazione dell’azienda: se il prodotto che la start-up intende vendere è basato su di una tecnologia

171 molto innovativa potrebbero non essere presenti sul mercato i fornitori capaci di fornire i componenti necessari. Se si decide di produrre vestiti nella zona di Prato, sarà possibile trovare numerose imprese nel territorio in grado di fornire prodotti e servizi specializzati (es. disegnatori, società specializzate nel controllo della qualità dei tessuti ecc.). Nella fase di avvio della start-up, la scelta di esternalizzare una certa produzione può essere adottata in modo transitorio, cominciando gradualmente a dotarsi di propri impianti di produzione con l’aumentare delle vendite.

In tal modo si riducono i capitali necessari per l’avvio della nuova iniziativa imprenditoriale, rendendo la struttura produttiva più elastica.