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Caratteri dell’intercettazione: a) la segretezza delle comunicazioni captate.

LE INTERCETTAZIONI DI CONVERSAZIONI O COMUNICAZION

2. Caratteri dell’intercettazione: a) la segretezza delle comunicazioni captate.

Da quanto sin qui detto, quindi, l’intercettazione deve definirsi l’acquisizione di conoscenza di una comunicazione segreta in corso di svolgimento operata da un terzo in maniera clandestina. I caratteri essenziali affinché si possa parlare di intercettazione sono:

a) la segretezza della comunicazione captata b) la terzietà del soggetto captante

c) la clandestinità della captazione

oltre al fatto che l’intercettazione della comunicazione dovrà essere eseguita mediante l’utilizzo di strumenti meccanici di captazione o comunque di natura tecnologica.

La tutela costituzionale della comunicazione sarebbe “collegata ad una

presunzione iuris et de iure della volontà del soggetto a fare conoscere alcune notizie soltanto ad un altro soggetto da esso determinato”133. L’intercettazione è tale solo quando capta una conversazione condotta tra un numero limitato di soggetti. Alcuni autori sostengono che si possa parlare di intercettazione quando i destinatari delle comunicazioni siano ben determinati134; altri invece considerano sufficiente la determinabilità di questi, ad esempio, sarebbe riservata una missiva indirizzata ad una serie di destinatari non determinata, ma determinabile135.

Il diritto alla segretezza delle comunicazioni, come sottolineato nei capitoli precedenti, trova il suo fondamento nell’art. 15 Cost., che attribuisce tale diritto sia al mittente che al destinatario delle stesse a tutela delle illegittime interferenze di chiunque, siano organi pubblici o soggetti privati. Naturalmente tale segretezza, come ricordato, deve risaltare oggettivamente dalle modalità con cui si svolge la

133 V. Italia, Libertà e segretezza della corrispondenza e delle comunicazioni, Giuffrè, Milano, 1963, p. 108.

134 P. Barile, E. Cheli, Libertà di corrispondenza, in Enc. dir., vol. X, Giuffrè, Milano, 1962, p. 744.

135 E’ il caso di un telefax indirizzato al consiglio di amministrazione di una società, poiché non tutti i suoi membri potrebbero essere noti al mittente. A. Camon, Le intercettazioni nel processo penale, Giuffrè, Milano, 1996, p. 16.

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comunicazione136, non potendosi considerare rilevante un criterio esclusivamente soggettivo, desunto, cioè, dall’intenzione del dichiarante di riservare la ricezione del messaggio al destinatario, ovvero dall’animus excludendi alios. Pertanto, si è escluso che costituisca una comunicazione riservata il dialogo tra persone che discutono ad alta voce in un luogo affollato, perché chi parla ad alta voce, senza adottare eccessive precauzioni, rinuncia al carattere della segretezza. Invece pone in essere una comunicazione oggettivamente segreta chi parla nella propria abitazione in presenza del solo destinatario della conversazione. Ed ancora, la segretezza è una caratteristica che riguarda anche le comunicazioni effettuate mediante il telefono, la posta elettronica ed apparecchiature ad essi equiparabili, che garantiscono comunicazioni riservate ed una legittima aspettativa di segretezza per colui che li utilizza, rinunciabile solo con una manifestazione esplicita di volontà del comunicante137.

Anche la Corte europea dei diritti dell’uomo ha stabilito che le comunicazioni a distanza “sono per definizione confidenziali” e il loro “carattere

privato (…) non viene meno per il solo fatto che il contenuto (…) concerne o può interessare la pubblica autorità”138.

2.1 (segue) Segretezza e riservatezza: la registrazione ad opera dell’interlocutore.

Occorre distinguere tra diritto alla segretezza e diritto alla riservatezza. In quest’ottica, il diritto alla segretezza delle comunicazioni di cui all’art. 15 Cost. verrebbe leso ogniqualvolta una comunicazione segreta sia percepita da un estraneo o da un soggetto diverso rispetto al destinatario, diretto o indiretto; mentre il diritto alla riservatezza è inteso come l’interesse del comunicante “a

136 A. Pace, Problematica della libertà costituzionali, Parte generale, Cedam, Padova, 1990, p. 229.

137 P. Bruno, voce Intercettazioni di comunicazioni e conversazioni, in Digesto delle discipline penalistiche, Utet, vol. VII, 1993, p. 175.

138 CEDU, 23 novembre 1993, A. c./ Francia, in Publications of the European Court of Human Rights, serie A, vol. 277, 1993, p. 55.

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mantenere nell’ambito della propria sfera privata quegli atti o quelle vicende che la persona stessa desidera che restino tali, impedendo l’attività dei terzi che vogliono divulgarle rendendole di pubblico dominio”139 e verrebbe leso allorquando il contenuto di una comunicazione segreta sia rivelato a terzi da parte di uno dei partecipanti. La tutela del segreto si rivolge ai terzi, cioè ai soggetti estranei al rapporto di corrispondenza, i quali hanno l’obbligo di non interferire in quel rapporto e devono astenersi da atti che comportino la presa di conoscenza del contenuto della comunicazione. Invece, il diritto alla riservatezza si estende anche nei confronti dell’interlocutore, che conosce il tenore della comunicazione ed è tenuto a non abusare della fiducia in lui riposta, divulgando ad estranei quanto gli è stato riferito. Perciò, il segreto “è circoscritto alla sfera di ciò che è

inaccessibile all’altrui conoscenza”, la riservatezza “si estende a ciò che, pure essendo accessibile a tale conoscenza, non dev’essere indiscretamente propalato”140.

Tra i casi che non rientrano nella nozione di intercettazione di cui all’art. 266 c.p.p., poiché non presentano il carattere della segretezza, vi è la registrazione di conversazioni eseguita da uno degli interlocutori presenti al colloquio all’insaputa dell’altro. La dottrina e la giurisprudenza dominante141 non vedono

ostacoli all’uso processuale di tale registrazione, poiché esula dal concetto di intercettazione e per altro verso non incide sul diritto al segreto, posto che

“l’unico interesse coinvolto è quello della riservatezza insufficiente a far scattare la riserva di giurisdizione di cui all’art. 15 Cost.”142. A tal proposito, si è osservato che la registrazione fonografica di un colloquio svoltosi tra presenti, oppure ascoltato a distanza attraverso strumenti di trasmissione collocati addosso a un partecipante al dialogo, non sia riconducibile alla nozione di intercettazione, neppure se eseguita clandestinamente: si tratta di una forma di memorizzazione fonica di un fatto storico. L’autore della stessa può disporne legittimamente anche

139 F. Bricola, Prospettive e limiti della tutela penale della riservatezza, in Riv. it. dir. proc. pen., 1967, p. 1088.

140 A. De Cupis, Riservatezza e segreto (Diritto a), in Novissimo Digesto Italiano, vol. XVI, Torino, 1969, p. 120.

141 G. Illuminati, La disciplina processuale delle intercettazioni, Giuffrè, Bologna, 1983, p. 34; V. Sgromo, Natura e utilizzabilità delle registrazioni di conversazioni telefoniche, in Giur. It., 1994, II, p. 129.

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a fini di prova nel processo secondo la disposizione dell’art. 234 c.p.p., dunque la registrazione ad opera di uno degli interlocutori può assumere valore di prova documentale in quanto documentazione fonica dell’intervenuto colloquio. Confermato dalla Corte di Cassazione143 è possibile registrare una conversazione in maniera lecita senza bisogno dell’autorizzazione preventiva da parte dell’Autorità giudiziaria e in modo occulto, telefonate o colloqui, salvo gli eventuali limiti previsti per lo specifico oggetto della conversazione o per la particolare qualità rivestita dalla persona che vi partecipa: se colui contro il quale è prodotta non contesti che la conversazione sia realmente accaduta e il soggetto che registra sia parte attiva della conversazione e non un soggetto terzo, potendo questo, inoltre, far condannare il soggetto ignaro della registrazione, visto che la registrazione fonica costituisce valido elemento di prova di fronte al giudice. Infatti, sotto il profilo penalistico, qualora la registrazione avvenga da parte di un partecipante alla stessa, non è configurabile l’ipotesi di reato di cui all’art. 615 bis c.p., “interferenze illecite nella vita privata”.

Al contrario, dottrina minoritaria144 ha osservato che la differenza tra segretezza e riservatezza non sarebbe data dalla natura del soggetto che opera l’intromissione, ma dal mezzo utilizzato per la riproduzione del suono, con il risultato che, nel caso in cui soggetti terzi ascoltassero la registrazione, si configurerebbe una vera e propria intercettazione, poiché i terzi verrebbero a conoscenza del contenuto della conversazione come se fossero stati presenti alla medesima, sia pure ascoltata successivamente allo svolgimento.

Del resto, la registrazione della conversazione da parte di un interlocutore presente implica la disciplina in materia di trattamento dei dati personali, la quale prevede che l’interessato debba fornire il consenso al trattamento dei dati a lui riferiti, secondo gli artt. 13 e 23 del d.lgs. n. 196/2003 e un comportamento contrario a tale normativa comporterà una responsabilità penale e l’inutilizzabilità dei dati, secondo l’art. 11 del medesimo decreto. Tuttavia, l’art. 24, lett. f del d.lgs. n. 196/2003, prevede che i dati possono essere trattati senza il consenso, per

143 Cass., sez. un., 24 settembre 2003, n. 36747, Torcasio, in Guida dir., 2003, p. 42.; Cass. civ., Sez. VI, 1° marzo 2017, n. 5259, in www.leggiditalia.it

144 F. Caprioli, Intercettazioni e registrazioni di colloqui tra persone presenti nel passaggio del vecchio al nuovo codice di procedura penale, in Riv. It. dir. proc., 1991, p. 153.

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far valere o difendere un diritto in sede giudiziaria o ai fini dello svolgimento delle investigazioni difensive: solamente in questo caso, dunque, la registrazione tra presenti sarà utilizzabile.

L’utilizzabilità probatoria della registrazione di conversazione tra presenti pone delicati interrogativi anche in ordine alla violazione del diritto al silenzio dell’imputato. Nonostante la rilevanza dell’art. 63 c.p.p. –dichiarazioni indizianti– si è chiarito che la registrazione e l’utilizzazione delle dichiarazioni rese al terzo da persona successivamente imputata sulla base di esse sono legittime, in quanto non rientrano nell’ambito di intercettazioni irrituali, né in quello delle dichiarazioni indizianti nei confronti di persona non indiziata né indagata, inutilizzabili ai sensi degli artt. 63 e 271 c.p.p. . L’inutilizzabilità opera con riferimento alle dichiarazioni rese all’autorità giudiziaria o alla polizia giudiziaria e non è assolutamente ipotizzabile né che un privato possa trovarsi investito di funzioni di polizia giudiziaria, né che sia tenuto, se in colloquio con persona che gli confidi fatti compromettenti sul piano penale, ad ascoltarlo dopo avergli assicurato le garanzie previste per l’imputato145. Tale tesi non risulta condivisa da parte della dottrina, secondo la quale le dichiarazioni auto incriminanti effettuate dall’indagato, anche se documentate con le forme della registrazione sopra descritte, risulterebbe in contrasto con il disposto dell’art. 63 c.p.p., in quanto impedisce qualsiasi uso processuale delle dichiarazioni medesime.

Non mancano, però, perplessità sul concetto di riservatezza, in particolare quando il contenuto della registrazione venga portato a conoscenza di terzi dall’interlocutore che la utilizza processualmente. Le stesse Sezioni Unite, difatti, affermano che la riservatezza è costituzionalmente garantita solo nei limiti in cui questa va ad intaccare alcuni diritti di libertà. Non è immaginabile che il Costituente potesse imporre il silenzio in modo indiscriminato su ogni comunicazione interpersonale, anche perché sarebbe contraria ad ogni logica: la riservatezza non può essere, quindi, un obbligo assoluto, imposta addirittura da una norma costituzionale146.

145 Cass., sez. I, 22 aprile 1992, n. 5467, Artuso, in Cass. pen., 1993, p. 2588. 146 Cass., sez. un., 24 settembre 2003, n. 36747, Torcasio, in Guida dir., 2003, p. 42.

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Da questa prospettiva, divulgare il contenuto di una registrazione non incide sul diritto alla segretezza delle comunicazioni, ma riguarda solo l’interesse alla riservatezza che, comunque, è soccombente rispetto all’interesse pubblico per l’accertamento della verità processuale147.