LE INTERCETTAZIONI TRA COSTITUZIONE E FONTI SOVRANAZIONAL
2. Riserva di legge e riserva di giurisdizione.
Come più volte ricordato, l’art. 15 comma I Cost., afferma l’inviolabilità della libertà e della segretezza delle comunicazioni, mentre il comma II stabilisce che la loro limitazione può avvenire “soltanto per atto motivato dell’autorità
giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge”. Il Costituente ha così imposto
una doppia riserva, di legge e di giurisdizione, a tutela delle inviolabili libertà e segretezza delle comunicazioni che, nel caso non venissero rispettate, comporterebbero la completa inutilizzabilità delle intercettazioni stesse.
Quanto alla riserva di legge, essa è da considerare assoluta70, poiché esclude l’intervento di fonti secondarie e impone al legislatore di disciplinare dettagliatamente la materia, come le “garanzie” da assicurare alla libertà e segretezza delle comunicazioni e indicare esclusivamente “i casi” nei quali la libertà e segretezza possono essere legittimamente limitate. Ma la locuzione presente nel suddetto articolo, “con le garanzie stabilite dalla legge”, costituisce un quid pluris rispetto alla fissazione “nei soli casi e modi stabiliti dalla legge”
67 L’art. 10 comma I Cost recita: “L’ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute”.
68 L’art. 117 comma I recita: “La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali”.
69 A. Pace, Problematica delle libertà costituzionali, Parte generale, 2003, p. 11.
70 Così, per tutte, Corte Cost., 23 luglio 1991, n. 366, in Cass. pen., 1991, II, 914. In senso conforme, P. Barile, E. Cheli, voce Corrispondenza (Libertà di), cit., p. 749; V. Grevi, Appunti in tema di intercettazioni telefoniche operate dalla polizia giudiziaria, in Riv. it. dir. proc. pen., 1967, 726.
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richiesti dagli artt. 13 e 14 Cost. e sembra implicare qualcosa di più: cioè che, oltre le garanzie consistenti nelle riserve anzidette, in sé stesse considerate, altre debbano essere istituite dalla legge71. Non possono intervenire poteri preventivi della polizia giudiziaria, sulla libertà e segretezza delle comunicazioni, che invece possono trovare applicazione negli artt. 13 e 14 Cost. .
Ed infatti la Corte Costituzionale72 ha determinato una serie di altre
garanzie. Essa ha premesso che nell’art. 15 Cost. trovano “protezione due distinti
interessi; quello inerente alla libertà e alla segretezza delle comunicazioni e quello connesso a prevenire e reprimere i reati, vale a dire ad un bene anch’esso oggetto di protezione costituzionale”. La Corte enuncia chiaramente la necessità
di creare un bilanciamento tra i diversi interessi contrapposti, ugualmente meritevoli di tutela, i diritti della personalità da un lato e l’interesse a prevenire e reprimere i reati dall’altro. Ed ha aggiunto che il contemperamento tra i diversi interessi deve trovare esplicitazione in una adeguata e specifica motivazione73. Il legislatore ha dettato la disciplina delle intercettazioni all’art. 266 c.p.p. e ha consentito lo strumento di intercettazione a crimini di modesto allarme sociale, come i reati d’ingiuria (oggi depenalizzati), di minaccia, molestia o disturbo alle persone con mezzo del telefono ex art. 266, comma I, lett. f) c.p.p.74. La legge consente che le intercettazioni disposte in relazione al reato di minaccia col mezzo del telefono possano costituire il primo atto di indagine, non impone che le intercettazioni possano essere esperite solo nell’ambito di un procedimento penale già radicatosi, né prevede alcuna durata ragionevole delle stesse, consentendo che esse possono protrarsi fino alla sentenza definitiva, se finalizzate alla ricerca del latitante, ex art. 295, comma III c.p.p.
Si è osservato come la mancanza di indicazioni legislative sul soggetto passivo dell’intercettazione, fa sì che questa sia divenuta un metodo ordinario di
71 M. Mazziotti Di Celso, La libertà e segretezza delle comunicazioni, Giuffrè, Milano, 1985, p. 261.
72 Sentenza C. Cost., 6 aprile 1973, n. 34, in Giur. Cost., 1973, p. 316, con nota di V. Grevi, Insegnamenti, moniti e silenzi della Corte costituzionale in tema di intercettazioni telefoniche. 73 Oltre la sent. Corte cost. n.34/1973, si interessarono la sent. Corte cost. 23 luglio 1991, n. 366, in Cass. pen., 1991, II, p. 914; Corte Cost. 11 marzo 1993 n. 81, in Cass. pen., 1993, p. 2741; Corte cost. 24 febbraio 1994, n. 63, in Cass. pen., 1994, p. 1477; Corte Cost. 30 dicembre 1994, n. 463, in Cass pen., 1995, p. 829.
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investigazione e di ricerca del latitante, nonché di prevenzione. Le intercettazioni probatorie sono utilizzate, ai fini investigativi, per ottenere dalla persona informazioni utili, rinunciando alla segretezza delle comunicazioni di questa e di tutti coloro che per caso comunicano con essa, anziché procedere all’assunzione del mezzo di prova atipico (testimonianza o sommarie informazioni)75.
Quanto alla riserva di giurisdizione “rinforzata”, preme sottolineare come il Costituente abbia affermato l’obbligo che l’atto dell’autorità giudiziaria sia sostenuto da un’adeguata e specifica motivazione, idonea a dimostrare la concreta sussistenza di esigenze istruttorie76. La Corte Costituzionale, già nella sentenza n.
34 del 1973, precisò che “nel nostro sistema, la compressione del diritto alla
riservatezza delle comunicazioni telefoniche (…) si attua sotto il controllo del giudice, il quale nelle proprie valutazioni deve tendere al contemperamento dei due interessi costituzionali protetti, onde impedire che il diritto alla riservatezza (…) venga ad essere sproporzionatamente sacrificato dalla necessità di garantire una efficace repressione degli illeciti penali”77, e nella successiva sentenza n. 366
del 1991, la Corte ribadì che “l’atto dell’autorità giudiziaria (…) deve essere
puntualmente motivato”78. L’art. 15 Cost. si limita a parlare di “autorità giudiziaria”, legittimando solo l’organo giurisdizionale a limitare la libertà e segretezza delle comunicazioni. È evidente come l’espressione contenuta nell’art. 13 Cost., commi II e III, è interpretata in senso restrittivo e come sinonimo del giudice, quindi con esclusione del pubblico ministero79 (d’altra parte l’art. 111 Cost. prevede che i provvedimenti sulla libertà personale sono pronunciati dagli organi giurisdizionali) per cui non vi sarebbero ragioni per giungere ad una conclusione diversa rispetto alla libertà e alla segretezza garantite ex art. 15 Cost. . Da non dimenticare, poi, la disciplina codicistica, la quale attribuisce al pubblico ministero il potere di limitare la libertà personale col fermo dell’indiziato di delitto, che trova il suo fondamento nell’art. 13 comma III Cost., laddove attribuisce tale potere, appunto, alla “autorità di pubblica sicurezza” e dunque
75 L. Filippi, L’intercettazione di comunicazione, Giuffrè, Milano, 1997, p. 55.
76 Corte Cost., 6 aprile 1973, n. 34, in Giur Cost., 1973, p. 316; Corte Cost., 26 febbraio 1993, n. 81, in Giur. cost., 1993, p. 731.; Corte Cost., 23 luglio 1991, n. 366, in Cass. pen., 1991, II, p. 914. 77 Corte Cost., 6 aprile 1973, n. 34, in Giur Cost., 1973, p. 316.
78 Corte Cost., 23 luglio 1991, n. 366, in Cass. pen., 1991, II, p. 914.
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anche al pubblico ministero, in quanto vertice della polizia giudiziaria da cui essa dipende funzionalmente80.
Quindi, in ragione di quanto fin qui detto, tanto le previsioni in materia di intercettazioni preventive, quanto quelle in materia di intercettazioni processuali, se non ben articolate rischiano di violare l’art. 15 Cost. . Sotto il primo profilo, la legge consente al pubblico ministero il potere di autorizzare l’intercettazione di comunicazioni o conversazione richiesta dal Ministro dell’Interno o, su sua delega, dai responsabili dei servizi centrali della Polizia di Stato o dal questore, dal comandante provinciale dei carabinieri e della guardia di finanza (art. 226 disp. att. c.p.p.)81.
Quanto all’intercettazione processuale, il legislatore ha affidato al giudice il potere di autorizzare, convalidare, prorogare e determinare l’utilizzabilità dell’intercettazione, conferendo il potere di disporre l’intercettazione al pubblico ministero, che dovrà agire con proprio decreto motivato, anche “nei casi di urgenza” previsti dall’art. 267, comma II c.p.p.82. L’autorizzazione del giudice
integra soltanto il punto di partenza per l’esercizio del potere di disporre l’intercettazione, affidando al pubblico ministero la conseguente attuazione, considerato che, nel caso di mancata osservanza, la captazione si risolverebbe in un “affare del pubblico ministero”83 provocando la completa estraniazione del giudice dall’esercizio del potere che la legge gli conferisce.
A differenza di atti altrettanto importanti, come l’arresto, la perquisizione e il sequestro della stampa, in cui è ammesso l’intervento della polizia giudiziaria, allo strumento dell’intercettazione non è consentito l’intervento della polizia giudiziaria, nemmeno in casi d’urgenza: l’art. 15 Cost. non ammette eccezioni. È un potere riservato all’autorità giudiziaria e non viene attribuito alla polizia
80 L. Filippi, L’intercettazione di comunicazione, Giuffrè, Milano, 1997, p. 62.
81 Le intercettazioni preventive sono state introdotte nel nostro ordinamento con la legislazione emergenziale dei c.d. anni di piombo, sino all’emanazione della legge antiterrorismo n. 438 del 2001, che ha abrogato tutte le norme speciali che operavano in materia e riscritto il testo dell’art. 226. L’art. 226 sexies del c.p.p. del 1930 prevedeva: “(…) il procuratore della Repubblica potesse autorizzare su richiesta del Ministro per l’interno (…) l’intercettazione quando fosse necessario per le indagini ai delitti indicati nel comma I dell’art.165 ter c.p.p.”.
82 L. Filippi, L’intercettazione di comunicazione, Giuffrè, Milano,1997, p. 63. 83 C. Taormina, Diritto processuale penale, vol. I, Giappichelli, Torino, 1995, p. 317.
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giudiziaria dalla legge. Tale articolo si limita a prescrivere che la restrizione della libertà e segretezza avvenga per atto motivato dall’autorità giudiziaria, quindi è sufficiente che la legge escluda ogni iniziativa autonoma della polizia giudiziaria richiedendo sempre l’intervento preventivo del giudice84.
In definitiva, l’art. 15 Cost. ha una sua intrinseca razionalità, considerato che il Costituente ha inteso riservare al giudice il potere limitativo della libertà e della segretezza delle comunicazioni, come più volte ricordato, volendo, consapevolmente, escludere qualsiasi potere d’iniziativa della polizia giudiziaria.