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Le operazioni sotto copertura della polizia giudiziaria.

NUOVE FORME DI CAPTAZIONE DELLE COMUNICAZION

6. Le operazioni sotto copertura della polizia giudiziaria.

Si definiscono operazioni sotto copertura dell’agente della polizia giudiziaria il complesso di atti investigativi compiuti attraverso l’impiego della tecnica della simulazione investigativa, con l’obiettivo di determinare ed acquisire elementi probatori365.

In passato è stata utilizzata la figura dell’agente provocatore, quale situazione in cui un soggetto, pubblico ufficiale o privato, partecipava alla commissione di un reato con il fine di ottenere la punizione degli altri concorrenti. Tale figura era ritenuta particolarmente odiosa dalla dottrina perché costruita

364 CEDU, 2 settembre 2010, Uzun c. Germania.

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sull’inganno e tendente a moltiplicare la commissione di fatti di reato366, così si affermò un orientamento teso a sostenere, come principio generale, la responsabilità penale dell’agente provocatore, fatta eccezione per i casi del tutto marginali, in cui l’attività dell’agente provocatore si fosse limitata ad un contegno meramente passivo. L’esclusione di liceità della figura dell’agente provocatore e a fronte del diffondersi di reati, soprattutto, di criminalità organizzata difficilmente penetrabile attraverso i tradizionali strumenti investigativi, fece si che il legislatore autorizzasse gli ufficiali di polizia giudiziaria ad infiltrarsi nelle organizzazioni criminali, con il fine di raccogliere elementi di prova, con riferimento a numerosi delitti, ad esempio il commercio di sostanze stupefacenti, delitti commessi con finalità di terrorismo, la ricettazione di armi etc. .

Tale tipologia di attività, accanto all’agente provocatore, è l’agente sotto copertura, quale attività di infiltrazione per osservare i comportamenti degli investigati, costatandone i relativi intenti criminali. L’agente sotto copertura e l’agente provocatore sono sostanzialmente la stessa figura, l’unica differenza è che la prima figura è prevista dalla legge per i reati di terrorismo, pedofilia etc., mentre la seconda è vietata.

Pur essendo sottoposto al controllo dell’autorità giudiziaria ed obbligato al rispetto dei limiti dettati dalla legge, l’agente sotto copertura è autorizzato a tenere comportamenti in forma concorsuale all’esecuzione di fatti di reato e la sua azione può esercitare una rilevante efficacia alla realizzazione del delitto, ma in un secondo momento lo stesso investigatore interviene a bloccare la perpetrazione della condotta vietata. Tale copertura deve essere autorizzata preventivamente al compimento delle attività, che in assenza costituirebbe ipotesi di concorso nella commissione di fatti di reato367. Lo scopo dello svolgimento di attività sotto

copertura (undercover) si compendia, in particolare, nell’individuazione di dati probatori da utilizzare in sede processuale. La materia delle operazioni sotto copertura della polizia giudiziaria, più volte modificata, è contenuta nella l. 16

366 F. Carrara, Programma del corso di diritto criminale, Parte generale, I, Firenze, 1924, p. 380. 367 F. Mantovani, Diritto penale, Parte generale, Padova, 2009, p. 525.

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marzo 2006, n. 146368 e l’art. 9 della legge diventa la normativa di riferimento. Con l’approvazione della l. 13 agosto 2010, n. 136, l’art. 9 della l. n. 146/2006 è stato modificato in più punti, assumendo un carattere generale come un vero e proprio “statuto” delle operazioni sotto copertura369, con la precisazione che la legittimazione all’assunzione di tali comportamenti risulta supportata dalla previsione della esclusione della punibilità per l’ufficiale di polizia giudiziaria in relazione ai comportamenti illeciti simulati durante l’operazione. La disciplina delle operazioni sotto copertura, sebbene in larga misura unificata, rimane all’interno della legislazione speciale, riferita alle sole ipotesi di reato tassativamente indicate dalla norma. L’art. 9 della l. n. 146/2006 individua con la massima precisione i presupposti ed i requisiti formali che rendono lecita l’azione sotto copertura, individua i soggetti autorizzati a compiere tale attività, come gli ufficiali di polizia giudiziaria della Polizia di Stato, dell’Arma dei Carabinieri, del Corpo della Guardia di finanza, etc. . Inoltre, precisa che le operazioni sono disposte esclusivamente a seguito dell’acquisizione di una notizia di reato e non come strumento di ricerca di notizie di reato, anche se è frequente che l’attività dell’infiltrato, autorizzata in relazione ad uno specifico delitto contemplato dalla legge, riveli altresì l’esistenza di ulteriori e non preventivamente conosciuti fatti di reato, trasformando di fatto, le operazioni sotto copertura da mezzo di ricerca della prova a mezzo di prevenzione e di acquisizione di nuove notizie di reato370. L’art. 9 della l. n. 146/2006 prescrive, che ogni qualvolta nel corso dell’indagine emerga la necessità di utilizzare lo strumento dell’agente sotto copertura, che viene disposto dai rispettivi organi di vertice delle forze di polizia interessate ed a cui è demandato anche il potere di bloccarla, ne venga data notizia con i relativi aggiornamenti al pubblico ministero che aveva originariamente rilasciato l’autorizzazione all’indagine.

368 Reca il titolo “Ratifica ed esecuzione della Convenzione e dei Protocolli delle Nazioni Unite contro il crimine organizzato e transnazionale”. Si tratta di uno strumento pattizio che elabora ipotesi di tecniche speciali di investigazione.

369 L’art. 9 della l. 146/2006 modificato con la l. 136/2010 autorizza le operazioni sotto copertura in relazione ai delitti: di contraffazione, alterazione o uso di marchi o segni distintivi, brevetti, estorsione, sequestro di persona, in materia di stupefacenti etc.

370 P.P. Paulesu, Notizia di reato e scenari investigativi complessi: contrasto alla criminalità organizzata, operazioni sotto copertura di captazione di dati digitale, in Riv. dir. proc., 2010, p. 787.

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È un’attività che, dal punto di vista processuale penale, rientra tra i mezzi di ricerca della prova e a livello sovranazionale è collocata tra le tecniche di investigazione speciale, essendo un vero e proprio “procedimento” di raccolta delle prove che incide sulla successiva utilizzabilità processuale dei risultati investigativi raccolti371 e l’art. 9 della l. n. 146/2006 precisa che tale operazione è

posta al solo fine di acquisire, da parte degli ufficiali di polizia giudiziaria, elementi di prova in ordine ai delitti specificatamente indicati.

La l. n. 136/2010 intervenendo sulle disposizioni del codice di procedura penale e sulle norme di attuazione in tema di ammissione e assunzione della prova dichiarativa, ha predisposto e disciplinato, secondo modalità protette, la testimonianza degli agenti sotto copertura, riconoscendo espressamente l’utilizzabilità dell’identità fittizia non solo nella fase investigativa, ma anche in quella dibattimentale. È opportuno, però, rappresentare che né il giudice né l’imputato conoscono l’identità del testimone e, questo, potrebbe impedire una piena valutazione della credibilità del teste stesso; ed, ancora, pur essendo concesso il controesame del testimone anonimo, il diritto di difesa dell’imputato potrebbe essere limitato in modo consistente. Ma la Corte di Strasburgo372 ha riconosciuto la compatibilità della testimonianza anonima quando, questa, rispetta i principi di cui all’art. 6 della CEDU, confermando il diritto ad un equo processo quando tale forma di testimonianza sia prevista in funzione di tutela della vita, libertà e sicurezza dei testimoni, ma con il diritto della difesa a poter controbilanciare la medesima testimonianza. Ricorda ancora la CEDU che un equo processo non possa, però, basarsi esclusivamente sulla testimonianza dell’agente anonimo.

Negli ultimi anni il legislatore si è più volto interessato all’aggiornamento dei correttivi in materia di contrasto alla corruzione nel settore pubblico. L’evoluzione normativa ha riguardato anche l’istituto dell’agente sotto copertura nel contrasto ai crimini contro la Pubblica Amministrazione, definito con la l. 9 gennaio 2019 n. 3, “Misure per il contrasto dei reati contro la pubblica

371 A. Cisterna, Attività sotto copertura, in Guida dir., 2006, p. 78.

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amministrazione, nonché in materia di prescrizione del reato e in materia di trasparenza dei partiti e movimenti politici” (c.d. legge spazzacorrotti)373.

In conclusione, le operazioni sotto copertura della polizia giudiziaria, grazie alle nuove tecnologie e alla nascita dei social network, possono tradursi in

“operazioni digitali sotto copertura”. Attraverso i social è possibile cercare

informazioni, diffondere idee, immagini, foto e video, etc., oggi sempre a portata di mano grazie a smartphone e tablet. Si è creata la figura dell’“agente

provocatore online” utilizzando le potenzialità investigative dell’agente infiltrato.

Non presenta particolari problemi interpretativi la facoltà della polizia giudiziaria di avvalersi autonomamente, nel corso delle indagini, di tutti i dati pubblicamente accessibili in rete374. Si tratta di una sorta di “pedinamento virtuale” che rientra in quell’attività atipica di cui all’art. 55 e 348 c.p.p., senza la necessità di una autorizzazione dell’autorità giudiziaria375. Chiaramente, si tratta di dati di carattere non comunicativo, atteso che per i contenuti comunicativi occorre applicare la disciplina relativa alle intercettazioni.

Ma è possibile anche un controllo occulto mediante social network, cioè la possibilità di spiare la vita virtuale di un determinato soggetto, ottenendo ogni genere di informazione. Il monitoraggio occulto è possibile attraverso software in grado di captare i dati e di trasmetterli, in tempo reale o ad intervalli prestabiliti, agli organi di investigazione. In particolare ci si riferisce all’invio di virus trojan. Queste operazioni rientrano nello schema tipico di intercettazioni telematiche, ai

373 Il comma 8 dell’articolo unico della l. 3/2019 introduce, per alcuni tra i più significativi reati contro la P.A., la possibilità di utilizzazione dell’agente sotto copertura, apportando una serie di modifiche, quanto a reati presupposto e condotte scriminate, all’art. 9 della l. 146/2006, che delinea lo statuto giuridico di tale organo di polizia giudiziaria. Il nuovo alveo di operatività dell’agente sotto copertura riguarda, adesso, anche la concussione, la corruzione per l’esercizio della funzione e quella, per un atto contrario ai doveri d’ufficio etc. Infine, di tecniche investigative speciali parla anche la Convenzione ONU contro la corruzione, che all’art. 50 “Tecniche investigative speciali” menziona esplicitamente la possibilità di operazioni sotto copertura. È la stessa relazione ministeriale al disegno di legge che ha modificato l’art. 9 l. 146/2006, introducendo tra i reati presupposto quelli di corruzione, che fa esplicito riferimento agli obblighi assunti con la convenzione di Merida.

374 Nell’ambito dei social network i dati pubblici consistono in tutti quei contenuti digitali immessi volontariamente dall’utente sul proprio profilo personale e destinati ad una comunità indistinta di fruitori. Riservate, sono quelle informazioni che l’utente ritiene di voler condividere esclusivamente con la sua cerchia di “amici”.

375 Il diritto alla riservatezza non viene leso se la misura di monitoraggio è limitata a quei dati che il titolare del social ha fornito tramite una comunicazione in Internet.

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sensi dell’art. 266 bis c.p.p. . Ed infine, mentre nel caso di intercettazioni tradizionali è necessario, sia l’aiuto dei tecnici e sia il contributo del gestore telefonico, in ipotesi di captazione da remoto del contenuto di un dispositivo di memorizzazione digitale delle informazioni non è necessaria alcuna assistenza da parte di terzi, quindi l’attività digitale è nelle mani del tecnico ausiliario della polizia giudiziaria376.

Più complessa è la questione riguardante il c.d. agente segreto attrezzato per il suono. Si tratta dell’ipotesi in cui una persona rechi con sé apparecchi di registrazione che consentono alla polizia giudiziaria l’ascolto contestuale o differito di una conversazione con l’indagato. Con riferimento all’ascolto contestuale, la Corte costituzionale377 ha considerato l’atto come una sorta di intercettazione mascherata. Pertanto, qualora la polizia giudiziaria abbia operato in assenza dei presupposti richiesti dalla disciplina stabilita dagli artt. 266 e ss. c.p.p. (es. autorizzazione del giudice, gravi indizi di reato etc.), la captazione è inutilizzabile perché l’impiego dell’agente segreto attrezzato per il suono si è risolto in un aggiramento surrettizio delle predette regole. In relazione alla mera registrazione operata dal privato al fine di consentire alla polizia giudiziaria un ascolto differito rispetto al momento del colloquio, secondo la Cassazione378 si tratta di una attività di indagine atipica che incide sul diritto alla segretezza delle conversazioni e delle comunicazioni. Tale attività non arriva a compromettere il predetto diritto fondamentale agli stessi livelli cui giungono le intercettazioni. Pertanto, perché possa dirsi rispettato l’art. 15 Cost., è sufficiente un livello di garanzia minore rispetto a quello predisposto dalla disciplina delle intercettazioni. L’attività in questione può essere effettuata, purché sia autorizzata con un provvedimento motivato dell’autorità giudiziaria.

376 A. Scalfati, Le indagini atipiche, Giappichelli, Torino, 2014, p. 418. 377 Cass., sez. VI, 6 novembre 2008, Napolitano, in C.e.d. 241610. 378 Cass., sez. VI, 7 aprile – 21 giugno 2010, Angelini, in Giur. it., p. 183.

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CONCLUSIONI

Negli ultimi anni è cresciuta in modo esponenziale l’attenzione per le problematiche sorte, soprattutto, a seguito di pubblicazioni, diventate di dominio pubblico, derivanti da intercettazioni che hanno avuto ad oggetto personaggi pubblici ed anche soggetti famosi dello spettacolo, personaggi della politica, etc., vicende che hanno sollecitato gli addetti ai lavori a porre in essere degli strumenti adeguati che, pur garantendo le opportune forme di pubblicità, fossero in condizione di tutelare la privacy della persona o dei soggetti coinvolti.

Le intercettazioni di conversazioni o comunicazioni costituiscono un mezzo di ricerca della prova utilizzato dagli inquirenti, in particolar modo, durante la fase delle indagini ed è, però, fortemente invasivo nella sfera personale dell’individuo. In ragione di ciò, tale strumento, deve essere costantemente rapportato alle garanzie e ai limiti previsti dalla Costituzione e dalle continue decisioni intervenute da parte della giurisprudenza europea. Deve, quindi, rispettare il dettato dell’art. 15 Cost. che afferma l’inviolabilità della libertà e segretezza delle comunicazioni e che la loro limitazione può avvenire soltanto per atto motivato prodotto dall’autorità giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge; deve essere adeguato al disposto dell’art. 14 Cost., che sancisce l’inviolabilità del domicilio, nonché alle fonti sovranazionali, in particolare l’art. 8 CEDU (Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo) che tutela la vita privata dell’individuo.

Quindi l’utilizzo di tale mezzo di ricerca della prova comporta un bilanciamento da una parte tra il diritto alla vita familiare ed alla privacy e dall’altra l’interesse generale per l’amministrazione della giustizia. Ne deriva che le intercettazioni devono essere regolate da norme di legge che definiscono in maniera chiara e precisa i limiti per l’impiego di tale strumento di indagine e l’interferenza dei poteri pubblici nella vita privata.

È una materia particolarmente delicata che incide su aspetti fondamentali della vita di relazione e della vita sociale, oltre che sui diritti inviolabili della persona. Un mezzo sicuramente utile ai fini investigativi, ma che ha un carattere insidioso poiché è svolto all’insaputa dei soggetti intercettati. L’utilizzo di tale

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mezzo di ricerca della prova pone infatti rilevanti problemi con riguardo al necessario bilanciamento fra due distinti interessi, la protezione dei diritti della libertà individuale e la necessità di garantire una efficace repressione dei delitti e degli illeciti penali.

Nonostante non sia stata prevista una rigorosa nozione di intercettazione all’interno del codice di procedura penale, l’elaborazione dottrinale intervenuta nel corso degli anni ha dato una specifica interpretazione e ciò ha permesso di distinguerla da altre fattispecie che non rientrano nella disciplina delle intercettazioni in senso stretto, ma che trovano un differente inquadramento normativo. Nel corso di questo lavoro si è cercato di descrivere come accanto alle intercettazioni, sulla base del principio di atipicità di cui all’art. 189 c.p.p., sono individuabili altre forme di limitazione della riservatezza delle comunicazioni, quali i tabulati telefonici, le videoriprese, la localizzazione satellitare tramite GPS e le captazioni ottenute dall’agente sotto copertura della polizia giudiziaria. Tutti mezzi di indagine che si caratterizzano per il fatto di avere numerosi punti in comune con lo strumento delle intercettazioni e che dunque pongono il problema relativo al loro inquadramento sistematico.

Il legislatore ha optato per una via intermedia attraverso l’introduzione dell’art. 189 c.p.p. il quale sancisce il principio di atipicità temperata, in virtù del quale l’introduzione di prove non espressamente disciplinate dalla legge è subordinata a condizioni di ammissibilità predeterminate dal legislatore stesso. È una questione particolarmente delicata, non solo perché coinvolge il conflitto tra interessi oggetto di tutela costituzionale, quali l’accertamento e la repressione di comportamenti penalmente illeciti ed il rispetto del diritto alla riservatezza dell’individuo – specie all’interno del domicilio – ma soprattutto perché non vi è una specifica disciplina legislativa precisa e puntuale. È evidente come la normativa in materia sia in continua evoluzione, soprattutto per tenere il passo con lo sviluppo tecnologico che permette l’utilizzo di strumenti più disparati, nonché con l’elaborazione dottrinale e giurisprudenziale, sempre più attenta alle esigenze connesse con il rispetto dei diritti fondamentali.

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La disciplina delle intercettazioni non solo pone vari dubbi interpretativi, ma anche il rischio di far utilizzare in maniera impropria ed a volte illegittima tale mezzo di ricerca della prova, concomitante con i continui progressi tecnologici. Anche in relazione a casi nei quali sarebbe possibile farne a meno, spesso si sceglie la comodità rispetto al presupposto dell’indispensabilità e troppo spesso accade che gli inquirenti si avvalgono delle intercettazioni anche quando potrebbero essere utilizzati mezzi diversi di investigazione e le operazioni spesso hanno una durata che supera un ragionevole termine. Oggi, infatti, il diritto stenta a tenere il passo con l’avvento delle nuove tecnologie e tale difficoltà si traduce in alcune lacune nella disciplina delle nuove tecniche di comunicazione, che rischiano di diventare un potente strumento per comprimere il diritto alla segretezza del cittadino. Manca una regolamentazione normativa dell’acquisizione dei tabulati telefonici la cui introduzione all’interno del processo rimane regolata dai continui orientamenti giurisprudenziali, non rispettando né il principio di legalità processuale dell’art. 111, comma 1 Cost., né la riserva di legge di cui all’art. 15 Cost. che dovrebbe regolare qualsiasi limitazione della libertà e della segretezza delle comunicazioni, compresi i dati esteriori delle comunicazioni.

Il carattere lacunoso di alcune disposizioni non permette di stabilire l’effettivo contenuto della disciplina, causando incertezze e situazioni potenzialmente lesive del diritto alla privacy. Sarebbe quanto mai opportuno aggiornare il catalogo delle prove tipiche, inserendovi alcune prove non espressamente previste.

In tema di intercettazioni ambientali, è evidente il vuoto normativo che presenta molte criticità, come il rinvio alla normativa relativa alle conversazioni telefoniche per la regolamentazione dei dialoghi inter praesentes, di conseguenza manca all’interno del codice di rito un regime specifico riguardante le modalità di effettuazione delle intercettazioni ambientali. In particolare, appare necessaria una disciplina specifica delle video riprese in un luogo pubblico, pur se comporta una minor compressione del diritto alla riservatezza. E per le videoriprese di comportamenti non comunicativi in luoghi di privata dimora, sarà indispensabile dettare una regolamentazione ad hoc, in modo da rispettare le garanzie previste dall’art. 14 Cost. a tutela della libertà domiciliare.

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Il legislatore non è riuscito, fino ad oggi, a creare un corpus normativo idoneo a superare alcuni profili discutibili della disciplina delle intercettazioni e della sua concreta applicazione nella prassi giudiziaria. Nel corso degli anni, per cercare di ovviare alle insufficienze della disciplina codicistica in tema di intercettazioni, sono stati presentati vari disegni di legge, intesi a salvaguardare le esigenze investigative, ma in maniera più rigorosa a rispettare i diritti costituzionalmente protetti. Come il d.lgs. n. 216/2017 che, modificando parte della materia di intercettazioni, conferma il ruolo di questo mezzo come fondamentale strumento di indagine, mirando a creare un giusto equilibrio tra la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione e il diritto di informazione. La riforma interviene sui delicati rapporti tra esigenze d’indagine e di contrasto alla criminalità, garanzie connesse al diritto di difesa e tutela della sfera della riservatezza, tanto dei soggetti direttamente coinvolti nel procedimento, con particolare riguardo alle conversazioni irrilevanti ed ai dati c.d. sensibili, tanto di coloro che risultino invece del tutto estranei alle investigazioni. E nonostante il legislatore con d.lgs. n. 216/2017 abbia disciplinato in modo analitico la materia delle intercettazioni, permangono ancora non pochi aspetti problematici, tant’è, ad esempio, che, con la l. 30 dicembre 2018 n. 145, sono stati prorogati ulteriormente i termini previsti dall’art. 9 del d.lgs. n. 216/2017, non più alle operazioni di intercettazione relative a provvedimenti autorizzativi emessi dopo il 31 marzo 2019, ma al 1° agosto 2019. Non viene messo in discussione l’istituto delle intercettazioni, ma vi è l’esigenza di delineare meglio le modalità di divulgazione di intercettazione legittimamente disposte e soprattutto di mettere al riparo i cittadini dall’intrusione di soggetti, non appartenenti agli organi di giustizia, che riescono ad accumulare dati relativi alla privacy delle persone.

Essendo un mezzo che incide sulla riservatezza dei singoli soggetti coinvolti, ma anche di terze persone estranee al processo, da un lato si cerca di affrontare la necessità che deriva dall’ampia diffusione dei nuovi mezzi di