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Il caso del cinematografo Excelsior nel mirino della censura

Trieste capitale imperiale della musica e del cinema

3 La dimensione urbana del Musizieren

5.1 Il caso del cinematografo Excelsior nel mirino della censura

5.1 Il caso del cinematografo Excelsior nel mirino della censura

É interessante ripercorrere la vicenda di un vero pioniere della cinematografia triestina, il foggiano Salvatore Spina, definito dalla stampa locale «coraggioso» per le sue proiezioni di film «italianissimi».304 L’attività di Spina a Trieste, «concessionario per l’Italia, colonie e paesi irredenti» della casa Georges Lordier di Parigi (con sede a Milano e agenzie a Torino e a Venezia) supportava quella di altri cinematografisti, come i triestini Enrico Pegan e Giuseppe Stancich:305

quest’ultimo nel 1906, prima di Spina, era direttore del cinematografo Orfeo, una delle primissime sale cinematografiche stabili locali.306 Spina aveva iniziato la sua collaborazione a Trieste con Enrico Pegan e Antonio Permè (o Perme), il quale era rappresentante concessionario dei Lumière per Trieste; il primo apparecchio francese fu presentato per la prima volta al teatro Fenice il 16 giugno 1897. Con lo stesso apparecchio Spina effettuò le prime riprese di attualità triestine, prima di partire per la Croazia, la Slovenia e l’Ungheria 307

Che Giuseppe Stancich fosse «di sicuri e provati sentimenti italiani e già possessore di diverse licenze cinematografiche», nonché in contatto con gli altri direttori dei cinematografi di via Acquedotto, lo confermano le stesse fonti archivistiche esaminate e le memorie autobiografiche scritte dall’irredentista Marcello Depaul, ex presidente dell’associazione La Giovane Trieste.308 Pegan e Stancich si separarono da Permè nel 1897, girando il Nord Italia; Pegan, che aveva già

304 ASTs, Archivio Attilio Gentile, b.XXI, fasc. 868, Storie lontane cit. Il vero cognome era Spina-Cucumazzi; nel 1905 prese la residenza a Trieste, dove iniziò le sue rappresentazioni al politeama Rossetti, diventando poi proprietario e direttore del Cinematografo Gigante Edison, gestito da Enrico Pegan dal 1905. Utilizzava uno schermo di 50 metri quadrati e colossali proiezioni a colori con intermezzi musicali eseguiti da un’orchestra. Aveva una sede fissa anche a Treviso e a Milano e una sede di noleggio di apparecchi, continuando però anche l’attività ambulante. Il patriottismo nelle sale cinematografiche si tramutava spesso in dimostrazione politica, ad iniziare dal celebre film La presa di Roma di Filoteo Alberini (che circolava pure con i titoli Bandiera bianca e La breccia di porta Pia) del 1905 (a Trieste nell’aprile del 1906, al Filodrammatico e poi al Rossetti): in Fulvio Toffoli, L’esercizio cinematografico a Trieste cit., p. 40 sgg. Sulla figura di Giuseppe Stancich cfr. Aldo Bernardini, Il cinema italiano delle origini, cit., p. 135

305 ACMVe, Guido Molinari, Guida italiana della cinematografia cit., p. 42. e réclame a p. 112. Per i film G. Lordier, edizioni di film, stabilimento e teatro di posa, Le grand Films Populaires G. Lordier, interpretati dalle vedette parigine e tratti dai romanzi e drammi celebri: cfr. MNCT, «Annuario generale della cinematografia», I,1, 1918, Roma, Cooperativa Tipografica L. Luzzatti, p. 178.

306 Aldo Bernardini, Cinema italiano delle origini cit., pp. 133-135 e Guida generale cit., 1915

307A Trieste vendeva anche cinematografi, fonografi e motori inglesi: Su Antonio Permè e Salvatore Spuna cfr. Aldo Bernardini, Il cinema italiano delle origini cit., p. 113 e 132-135.

308 L’unica versione di questa preziosa fonte, di cui non ho trovato traccia nelle fonti bibliografiche, importante per il suo valore memorialistico dell’irredentismo fino alla Grande guerra, è stata reperita in formato digitale: Marcello Depaul, Autobiografia, digitalizzata da Federica Depaul, Roma, febbraio 2012. L’autobiografia è stata scritta nel maggio 1916: consultabile sul sito: www.yumpu.com/it/document/view/14960713/autobiografia-di-marcello-depaul-digitalizzata-da-depaulitsul. Per Giuseppe Stancich «di sicuri e provati sentimenti italiani», p. 115 sgg.

l’esclusiva del cinematografo Lumière, diventò anche concessionario dell’American Bioscop di Luigi Roatto; questi, nel 1905 era diventato amministratore dell’impresa Spina, ottenendo la licenza anche per la Dalmazia e nel 1906 organizzò al Rossetti proiezioni lunghe «con quadri neri e colorati ed intermezzi musicali».309 Roatto, pugliese, attivo soprattutto a Venezia, aveva a Trieste un’impresa di noleggio di film, in via Barriera Vecchia 21 (Tav. 2.2, lett. H.), quartiere in cui i cinematografi erano in crescita (Tav. 1, area blu).310

Il cinematografo Spina si trovava in via Acquedotto 32, vicino alla tipografia di Ludovico Hermannstorfer (padre del direttore del cine-teatro Fenice), ubicata in via Giotto 6-8. 311 Dalle ricerche di Dejan Kosanović si apprende che nell’estate del 1910 Salvatore Spina, che due anni prima aveva avuto un cinematografo ambulante anche a Zara, dovette fare ricorso per una proiezione vietata dalle autorità, forse giudicata troppo filoitaliana; per questo motivo gli fu tolta anche la licenza del cinematografo, che passò ad Ernst Lenarduzzi. Il locale cambiò anche denominazione in Excelsior (Tav. 2.1, n. 9) e Spina continuò per poco tempo solo l’attività di noleggio di pellicole.312 D’altronde i suoi orientamenti politici erano ben noti alla Luogotenenza.313

La sua ditta si sviluppò in breve tempo nel noleggio di film e vendita di attrezzature cinematografiche, ma anche nella produzione di film.314 Anche il suo successore, Ernesto (Ernst) Lenarduzzi, era altrettanto noto agli uffici della Direzione di Polizia; questi aveva rilevato il locale nel 1911 e aveva inoltrato l’istanza per aprirvi un proprio cinematografo.315 A tale scopo aveva fornito ampie rassicurazioni, in quanto pensionato della Cassa di Finanza ed impiegato presso la ditta Domenico Deseppi.316 Di fatto era l’amministratore della ditta di Emma Deseppi, la quale tra

309 Scrive Carlo Montanaro che nel 1907, nella pubblicità del «Re dei Cinematografi» di proprietà Roatto e direzione Pegan, appaiono le prime indicazioni per il cinema parlato, le «cinematografie musicate» dei maestri Romolo Bacchini, Egidio Mazza (adattatore delle musiche per Cabiria a Trieste: vedi oltre) e Romeo Cuccolo: Carlo Montanaro, Gli ambulanti e impresari cit., p. 197. Per Enrico Pegan si veda Aldo Bernardini, Il cinema italiano delle origini cit., pp. 111-112.

310 Guida generale cit., 1914: Roatto cav. Luigi, ad vocem. Roatto aveva il noleggio esclusivo: Aldo Bernardini, Il cinema italiano delle origini cit., pp. 121-124.

311 Guida generale cit. del 1910 e del 1915. Nello stesso edificio oggi c’è il cinema Giotto, nel cui interno è conservata una riproduzione a stampa della stamperia di Lodovico Hermannstorfer. Si può ipotizzare, perciò, che i due impresari si conoscessero.

312 Dejan Kosanović, 1896-1918. Trieste al cinema cit., pp.115 e 139. Non ho potuto ritrovare all’Archivio di Stato di Trieste il documento riportato dall’autore a p. 87, riguardante la richiesta di Spina di aprire il cinematografo in via Acquedotto 32.

313ASTs LGT AG, b. 2420, fasc.. 615. Il suo «Cinematografo Gigante» compare già nel 1905 al politeama Rossetti per uno «spettacolo di mole colossale, diviso in tre parti con intermezzi d’orchestra, tra cui una Dannazione di Faust tutta a colori», che aveva già girato in molte località italiane, istriane e dalmate. Il Plakat della serata è riprodotto in Guido Botteri, Vito Levi, Il politeama Rossetti cit., p. 231.

314 Su Spina cfr. anche Dejan Kosanović, 1896-1918. Trieste al cinema, cit., p. 99.

315 ASTs, LGT AG, b. 2420, fasc. 615, 4 ottobre 1911. Fascicolo istanza di Ernesto Lenarduzzi alla Luogotenenza per la concessione della licenza per il cinematografo in via Acquedotto 32, st.615.. L’ autorità revocherà a Spina la licenza cinematografica, lasciandogli solo l’attività di noleggio.

316 «Ernst Lenarduzzi, figlio dei coniugi Franz und Ursula Lenarduzzi nata Miniussi, nato nel 1856 a Monfalcone, residente a Trieste, cattolico, sposato con Antonia Boronin, residente in via Sanità 2, cassiere in Pensione della Cassa di Finanza, attualmente impiegato presso l’attuale ditta Domenico Deseppi e contemporaneamente amministratore delle

l’altro era co-proprietaria del teatro Goldoni (ex Armonia), nell’omonima piazza.317 E ciò fornisce un’ulteriore prova del connubio commercio-arte che sottostava alla nascita di questi locali. Nell’ottobre del 1911 iniziarono già i guai con le autorità di polizia, a causa di un manoscritto anonimo, con il quale si denunciava la faziosità italiana delle proiezioni programmate dal Lenarduzzi. 318

Visto che la delazione era comunemente praticata da opportunisti senza scrupoli, rimane dubbia l’effettiva partecipazione di Lenarduzzi a progetti sovversivi, ma il fatto che Spina avesse partecipato in prima persona con il proprio capitale, come sottolineato nella denuncia anonima, e avesse un ruolo importante nei contatti con i diversi fornitori di pellicole, oltre ad essere il principale impresario («Hauptunternehmer») del cinematografo in questione, doveva essere per la polizia comunque motivo di sospetto.319 Sospetto che veniva mosso anche contro Spina, il cui nome «pur avendo un ruolo secondario, doveva venir fatto in modo non palese presso i cinematografi».320

Tuttavia, un mese più tardi, il 30 novembre 1911 ebbe luogo l’inaugurazione del nuovo Salone Excelsior, in via Acquedotto 30 (e non più 32).321 Nel successivo dicembre, però, quando Lenarduzzi chiese il rinnovo della licenza, la Direzione di polizia si espresse negativamente, con la sua usuale formula «ein Anstand obwaltet» (si sollevano obiezioni). Contro tale decisione Lenarduzzi non produsse ricorso, forse consapevole del suo inevitabile fallimento. Infatti la sua posizione si era aggravata, dopo che le indagini della polizia avevano rinvenuto, nel febbraio 1912, l’esibizione di réclame «non censurate» presso il suo cinematografo.322

case di appartenenza della sig. Emma Deseppi. […] Per cui la Direzione di Polizia non ha nulla di nuovo da sollevare, secondo recenti indagini, che Spina sia realmente coinvolto limitatamente al suo locale relativamente al “Fundus instructus” da affittare o da vendere. Si deve ciononostante prendere misure e assicurazioni sul fatto che Spina abbia partecipato in prima persona con il proprio capitale all’impresa mentre il possessore della licenza fungeva più o meno da “uomo di paglia”. In questa citazione in giudizio ci si onora di biasimare una analoga richiesta di Angelina Pimpach»: ASTs, LGT AG, b. 2420, fasc. 615, 6 e 8 agosto 1911 (a penna). La Deseppi era tra i proprietari del teatro Goldoni (ex teatro Armonia, principale teatro di prosa a Trieste fino al 1902): cfr. Guida generale cit., 1914, ad vocem. E’ interessante notare che le attività impiegatizie di queste figure continuino ad intracciarsi con quelle teatrali.

317 Guida generale cit., 1912.

318ASTs, LGT AG, b. 2420, fasc. 615, manoscritto anonimo senza data, recante il timbro della K.K. Polizeidirektion Triest, 21 settembre 1911, n. 16207/2/I.

319 Mentre il possessore della licenza (non nominato) fungeva più o meno da «uomo di paglia» (trad. it. di «Strohmann») ASTs, LGT AG, b. 2420, fasc. 615 cit., 5 ottobre 1911 (stesso n. di prot.). «[…] le informazioni contenute mostrano ormai senza dubbio che come prima era Spina impresario principale, di cui parlano anche i fatti, come Ella sa, ha condotto la maggior parte delle trattative necessarie alle attività della ditta con diversi fornitori. Si sottolinea inoltre il dovere esemplare di Spina anche se recentemente il suo nome è stato fatto al secondo posto presso il cinematografo in modo non evidente o manifesto» (TdA).

320 Ibid..

321 Il 5 dicembre 1911 Lenarduzzi inoltra richiesta alla Luogotenenza per ottenere il rinnovo della licenza (con decreto del 29 settembre) per l’esercizio del «mio Salone cinematografico Excelsior in via Acquedotto 32 (ora 30)»: ivi. 322 Il consigliere aulico della Direzione di polizia alla Luogotenenza: Lenarduzzi Ernst, a cui era stata concessa la proroga della Kinematographen-Lizenz con decreto del 14.marzo 1912, viene condannato a causa di esibizioni di réclame non censurate e della violazione degli articoli 11 e 12 dell’Ordinanza sui cinematografi, a una multa di 10 corone o 24 ore di arresto (TdA): ivi, 26 marzo 1912. Contro questa multa egli inoltrò ricorso, ma venne rigettato.

Questa complicata vicenda, probabilmente, incise sulle condizioni di salute di Lenarduzzi, considerato che poco dopo, nell’aprile del 1912, l’impresario morì e nello stesso mese, come prevedeva l’Ordinanza ministeriale sui cinematografi, la proprietà del locale venne rilevata prima dalla vedova e poi dai figli minori.323 Il 23 maggio la Direzione di polizia precisava alla Luogotenenza che la moglie aveva sempre osservato la correttezza politica delle rappresentazioni, che riceveva una pensione di 108 corone per il sostentamento dei figli, uno dei quali, Ceciliano, era tenente nel 97° reggimento.324

Nel 1913 il nuovo impresario del cinematografo, definito ora «Lichtspielhalle», ovvero sala con varietà, risultava Giacomo Fiocca, che non era nuovo del mestiere poiché gestiva già in via Acquedotto 37 (a pochi metri di distanza, dunque) un altro cinematografo, il salone Novo Cine, di proprietà dal 1909 di Giuseppe Fulignot, incluso Società Cinematografica Triestina.325 Che Fiocca non fosse gradito alle autorità di polizia lo si evince dal successivo diniego di un’estensione della licenza alle rappresentazioni di varietà all’interno del cinematografo: le argomentazioni sollevate da Fiocca sulle sue difficili condizioni finanziarie non trovarono accoglienza presso le autorità che, per evadere l’istanza, avrebbero dovuto allora rispondere positivamente anche a simili istanze da parte di altri cinematografi che, nella via Acquedotto, soffrivano della medesima concorrenza del più grande Theater-Kino-Varieté Eden e dal Teatro Minimo-Bellini; era il caso, ad esempio, del cinematografo Galileo, il cui proprietario e gestore Guido Wölfler (co-impresario anche all’Eden) si era appellato alla Direzione di polizia nel maggio del 1913 chiedendo un pari ampliamento del proprio cinema al varietà.326

Pertanto, concludeva la Luogotenenza usando la solita formula amministrativa standard «die Bedürfnissen der Bevölkerung in jenem Umkreise vollkommen entspricht und im Gewährunsfalle auch alle andere Kino-Lizenzinhaber das gleiche Ansinnen stellen würden».327 Le richieste degli impresari cinematografici di poter aprire un teatro di varietà all’interno dei cinematografi, al fine contrastare la concorrenza causata dalla crescita esponenziale dei cinema, si moltiplicheranno negli anni di guerra.

323 Ivi, 27 aprile 1912.

324 Pertanto non venne sollevata alcuna obiezione alla richiesta della vedova, che decise di devolvere il ricavo netto ai quattro figli e, pertanto, la licenza venne accordata ai minori sotto la guida di un tutore, l’avvocato Alfonso Tarabocchia: ivi, 23 maggio 1912.

325 Ivi, 31 marzo 1913. Per la definizione di «Lichtspieltheater», che lascia intravvedere la trasformazione del locale anche in varietà, cfr. ivi, documento del 3 aprile 1913. La richiesta di Fiocca di l’apertura di un teatrino di varietà nel cinematografo, tesa a risollevare le sue perdite finanziarie, risale però al 12 maggio 1913: ivi.

326 Per la Società cinematografica triestina di via Acquedotto rinvio al cap. II, par. 3. Il fratello Enrico, titolare del Caffè Espress in via Acquedotto 27, praticamente annesso al cinematografo, nel 1916 riuscì a fuggire in Italia. ASTs, LGT AP (Riservati), b. 396, fasc. 3765, 22 giugno 1916.

327 «Il bisogno della popolazione del quartiere è già coperto e questo vale anche per le richieste degli altri gestori di cinematografi» (TdA): ASTs, LGT AG, b. 2420, fasc. 615 cit., documento luogotenenziale del 25 maggio 1913.

Gli atti conservati al Consiglierato di Luogotenenza ci chiariscono ulteriormente le dinamiche di questo braccio di ferro tra Fiocca e la polizia.328

La solidità dell’attività cinematografica di Fiocca era dovuta, al pari di altri suoi professionisti colleghi, alla sua multiforme operatività: oltre al suo commercio in manifatture e alla gestione del Nuovo Cine di via Acquedotto 37, aveva un’ impresa di réclame in Piazza della Borsa 12, vicino al cinematografo di Caris al n. 15, ed era anche noleggiatore di pellicole cinematografiche, che teneva depositate in via Farneto 1 (Tav. 1, lett. C.).329 Proprio qui, nel febbraio 1914 ebbe luogo un sopralluogo della cosiddetta «Autorità industriale», in seguito ad una denuncia che aveva rilevato un quantitativo di pellicole superiore a quello stabilito dall’O. M. 15.7.1908 (variabile dai 5 ai 100 kg), per di più conservate in parte in scatole di cartone.330 Il locale stesso, inoltre, non risultava idoneo al deposito.331 Poiché Giacomo Fiocca era di cittadinanza italiana (come attesta il foglio d’identità allegato al procedimento), il Consiglierato di Luogotenenza nel marzo 1914 avanzò una richiesta «all’Inclita Regia Prefettura di Lecce», città d’origine dell’impresario, per sapere se l’interessato fosse «iscritto a qualche partito sovversivo».332 La risposta della Regia Prefettura di Terra D’Otranto fu, possiamo dire, scontata, in quanto Fiocca «risulta essere di buona condotta sotto ogni rapporto. A suo carico non esistono precedenti, né pendenze penali, come pure non risulta che sia iscritto a partiti sovversivi».333

Non sappiamo il seguito della vicenda: ma dal 1915 il nome di Fiocca scompare dagli atti documentali.