Trieste capitale imperiale della musica e del cinema
1. Trieste capitale europea della modernità culturale in un vecchio Impero
1.2 I Theater-Kino-Varieté esistenti nel 1914 e il sistema di distribuzione
La denominazione «Theater-Kino-Varietè» viene convalidata dal suo utilizzo nei numerosi documenti conservati presso l’archivio di Stato di Trieste, nei quali tali sale sono censite in occasione della raccolta dei fondi a beneficio dei familiari dei caduti e dei soldati al fronte, a partire dal 1917.53 Ma non è solo una sommaria definizione di eterogenei luoghi di spettacolo, poiché racchiude un’avvenuta trasformazione di gusti e tendenze, nei piccoli locali come nei templi della prosa e della lirica, che avevano assorbito anche gli spettacoli di piazza e di strada, il circo, il varietà, le compagnie amatoriali e il cinematografo. Basti sfogliare le locandine di quegli anni per rendersi conto della varietà delle proposte spettacolari che si alternavano sui palcoscenici di tutta Europa. Il fenomeno della proliferazione di spettacoli in anni di guerra è un dato comune di molte città europee, come evidenziato dalla studiosa austriaca Eva Krivanec, la quale prende le distanze dal luogo comune di considerare il periodo 1914-1918 come un intervallo temporale di stagnazione della vita culturale, anche solo dando una veloce occhiata ai giornali o ai programmi teatrali di quegli anni.54 Nuovi miti e nuovi self-made men/women scaturiscono dalla crisi e dal dissodamento dell’ordine culturale precedente alla guerra e le folle animano i locali ‘misti’ di tavolini e palcoscenici dei caffè-concerto, dei cabaret, dei varietà, preferiti per gli spettacoli ‘a numeri’. In una vita frantumata, anche gli spettacoli riflettevano quella frammentazione e la parodia del varietà era il corrispettivo della catastrofe bellica; contestualmente il grande successo del cinematografo era un sintomo di un bisogno di belle époque, più che mai ancora acceso nei giorni di angoscia di questa umanità in guerra.
Nonostante la fame, la via Acquedotto rimase la meta preferita delle gaie serate triestine. Se il Corso perdurava quale via più ‘aristocratica’, adatta agli ufficiali e alle elegantissime signore «cocottes d’eccezione», l’Acquedotto rimaneva invece più «democratica, dove convergono e si divertono gli studenti e le studentesse, vere e… false. Mai l’Acquedotto era tanto frequentato come
53 ASTs, LGT-AP, b. 436, 1917, fasc. 522. Theaterkarten. Einfhrung freiwillige Zuschläge zu Gunsten der Witwen und Waisenfondes und anderer (Introduzione di un contributo libero sulle entrate dei teatri del Litorale a favore della Croce Rossa, vedove di guerra e parenti dei caduti).
54 Eva Krivanec esamina la situazione demografico-urbana, le scelte artistiche, i gusti e le relazioni tra gli spettacoli e gli avvenimenti bellici, attraverso un’ampia indagine documentaria e comparativa in riferimento a Berlino, a Vienna, a Parigi e a Lisbona: Eva Krivanec, Krieg auf der Bühne – Bühnen im Krieg, Zum Theater in vier europäischen Hauptstädten (Berlin, Lissabon, Paris, Wien) während des Ersten Weltkriegs, Dissertation, Universität Wien, Betreuerin Prof. Dr. Hilde Haider-Pregler, 2009, p. 6 e 34 sgg.
ora durante la guerra».55 Le parole della stampa periodica cittadina rendono testimonianza di una vita cittadina, anche notturna, che la guerra sembrava aver lasciato quasi intatta. Questa lunga passeggiata pedonale «avvolta nella più profonda oscurità», era percorsa da una «massa di eleganti signorine, giovanotti, sartine, studenti e militari […] un brulichìo di persone che si spingono e si agitano tra le rare lampadine di un caffè o di un cinematografo».56 Vale la pena affidarne la descrizione, ancora a una volta, al quotidiano triestino:
C’è un angolo a Trieste, dove in certi giorni, a certe ore, par non s’oda la voce della guerra, o meglio dove il ritmo della vita presente, tra febbrile e accidiosa –contraddizione strana e persistente – sembra sospeso per capriccio d’un folletto benefico…
In certi giorni, a certe ore l’Acquedotto ritorna la vivace e pittoresca lanterna magica di cinque, di venti, di sessanta anni fa… Le piccole diversità sfuggono alla prima vista…
L’Acquedotto è rimasto la deliziosa passeggiata triestinissima delle ore serotine; un acquerello movimentato, dalla tavolozza caotica. Sotto gli alberi un po’ cloritici passa il soffio dell’oblio ristoratore. Dimentichiamo per un attimo la grigia ora che incombe…
[…] Scende la sera ardente d’agosto del 1918. L’acquedotto è un caleidoscopio vivace e colorito come una volta, un’aiuola di bei fiori femminei in vesti chiare, un nido cianciante e pigolante che fa dimenticare, per pochi momenti, la tragica sinfonia della guerra. No, non strepitano più le orchestrucce dinanzi ai giardini-restaurants, ma da qualche sala scappano note affrettate: i cinematografi! Dei vecchi alberi del Giardino Rossetti non è rimasto che il platano maestoso, asilo notturno dei passeri; il lepido Arlecchino è andato in pensione…
Dinanzi ai caffè ardono lumi rossi: minuscoli surrogati; la folla si spinge innanzi, si sbanda, ondeggia: un cicaleccio or sommesso, ora insistente come un alveare: voci argentine, risate, strilli spensierati… La donna è mobile…
Per un istante tace qui, nell’angolo idilliaco, il grido della guerra… Il ritmo della tragica ora che passa è sospeso pel capriccio d’un folletto benefico…[…].
Ariele 57
Trieste, dunque, inizialmente viveva una parziale ignavia di un fronte bellico di cui conoscerà la catastrofe umana solo negli anni successivi. Nel frattempo condivideva con altre capitali, come Parigi, Berlino, Budapest e New York, delle quali i triestini apprendevano le notizie tramite i corrispondenti esteri della stampa locale, l’attrattiva per una vivace vita culturale. Riporto di seguito alcuni estratti:
Anche Berlino, come Budapest, nonostante la guerra, la miseria e la disoccupazione, non ha perduto nulla del suo carattere di città allegra e chiassosa. Soltanto nelle vie il frastuono non è alquanto diminuito, Ma i caffè sono affollati, le bande musicali suonano dappertutto, teatri, concerti, cinematografi (dai quali sono stati banditi i film di provenienza francese!) fanno affaroni […]. 58
Gli abitanti di New York sono invasi da una vera febbre di divertirsi […]. Manhattan, Long Island e New Jersey sono pieni di animazione […]. Divertimenti affatto puritani, ma tutto simili ai parigini
55 CMTTs Carlo Schmidl, «La bomba illustrata», 17 febbraio 1918, scatt. D/3 1915,16,17,18 Avvisi, Programmi, Giornali, Manifesti.
56 Ibid.
57 «Il Lavoratore», 24 agosto 1918, Revéries triestine. Sotto gli alberi dell’Acquedotto. Ariele, era lo pseudonimo di Aurelia Reina Cesari (per la quale si veda oltre nel testo).
[…]. Questa “zente refada” che fino a tre anni or sono girava cogli abiti sdrusciti e colle scarpe scalcagnate, sorti dal nulla, oggi possiedono yacht, automobili, ville sontuose, servi e cuochi. Consacrano le notti pure ai divertimenti nei bar e negli altri locali frequentati dal mondo elegante. Essi cercano d’imitare in tutto e per tutto la classe ricca, nobile ed elegante. […] La popolazione povera, dalla quale provengono i fornitoridi guerra divenuti milionari e che ora non si curano di essa, lotta tra la vita e la morte ed è favorevole alla pace.59
La baldoria americana rimase immutata anche dopo l’entrata in guerra degli Stati Uniti, come descriveva il «Berliner Tageblatt», secondo cui, nello sfolgorio delle luci, si ravvisavano le ragioni politiche di un paese che, subito dopo aver dichiarato guerra alla Germania, ambiva a diventare il motore di una nuova mondializzazione, di una riorganizzazione della geopolitica mondiale intorno alla finanza anglo-americana. Il giornale riceveva da New York la seguente descrizione:
Londra è sommersa nelle tenebre e Parigi è trasformata in un ospedale, ma a Nuova York passano per le strade le truppe in mezzo alle bandiere e alla banda. Gli Stati Uniti sono in guerra! E ogni sera c’è l’illuminazione. Broadway, un mare di luce, un paese di fate, dove Nuova York si diverte a danzare, a girare per i cabarets fulgenti di luce, per i bazar che scintillano d’argenteria. E nei quartieri popolari lo stesso spettacolo di baldoria si ripete, ma con meno eleganza e a più buon mercato nei cinematografi e nei caffè-concerto di secondo rango. A Long Island, enorme parco dove ci sono tutti i divertimenti del mondo: le ruote gigantesche, le montagne russe, il gioco del bersaglio. La folla invade i vaporini, i treni, la ferrovia sotterranea nelle notti d’estate. E’ una città di 6 milioni che si diverte. Oltre a Long Island e al Times Square ci sono anche i raffinati, che vanno da Billy Sunday, nella strada 165a s’è costruito un tempio che può contenere 20.000 persone. E’ un edificio in legno, destinato a stare in piedi non più di 3 mesi, costato 70.000 dollari, dove tutti i pomeriggi e le sere siedono migliaia di persone. Billy S. era un ex giocatore di biliardo, poi religioso, poi acrobata insuperabile, come nessun cantante, una sorta di urlatore, invasato che tuona contro l’alcoolismo e le rappresentazioni dei caffè—concerto, che faceva propaganda antigermanica, echeggiando i salmi e assolvendo il pubblico dai loro peccati. Le poche grida di affamati si mescolano al frastuono delle baldorie […].60
La stampa, dunque, presentava ai triestini l’immagine di teatri lontani in piena attività. In Germania, dopo la tragica pausa estiva del 1914, i luoghi di spettacolo furono riaperti a servizio dell’eroico sfozo della patria e della «Krieg der Geister».61 Anzi, i Kabarett berlinesi intensificarono la loro attività, in un mix di kitsch e sciovinismo che dava al pubblico la falsa immagine di una guerra combattuta in allegria; nei café-cabaret della Freidrichstrasse (la rue
59 «La Gazzetta di Trieste», 29 gennaio 1917.
60 «Il Lavoratore», 9 agosto 1917. Nuova-York durante la guerra. Baldoria e feste. Nel tempio di guerra di Sunday Billy.
61 Suona quasi uno slogan il famoso titolo dell’antologia di Hermann Kellermann Der Krieg der Geister (Weimer, 1915). Sulla vita teatrale a Berlino prima e dopo dell’entrata in guerra cfr. Martin Baumeister, Kriegstheater. Groβtadt, Front und Massenkultur 1914-1918, Essen, Klartext 2005, pp. 23-26.
lumière berlinese) e tra il Weidendammer Brücke e l’Invalidenstrasse, i programmi trasudavano di patriottismo e di Jahresrevuen.62
Era questo il consumo di cui si nutriva l’industria dell’intrattenimento ‘di guerra’, il cui ultimo nato era il cinematografo, primo vero prodotto di un’arte industriale moderna: il noleggiatore mediava con la casa produttrice il pacchetto di pellicole da importare a Trieste e ne stabiliva il prezzo, il gestore della sala sottoscriveva il contratto con il proprietario, chiedeva la «licenza d’industria» (come allora si chiamava) alla Luogotenenza, noleggiava la pellicola dal noleggiatore/distributore e individuava una sede per lo stoccaggio delle pellicole, mentre la réclame veniva fornita o dal distributore stesso o in proprio, se l’impresario/gestore aveva una propria stamperia. Fra tutti questi ruoli della filiera esistevano però, come vedremo, confini non sempre chiari e forme di interrelazione non sempre lecite: le ramificate gestioni associative cinematografiche – formalizzate e non – sorte allo scopo di contribuire ad un maggior lucro possibile, tentavano parallelalmente di sostenere la causa filoitaliana tramite il commercio di film, il contenuto dei quali potesse in qualche modo insinuare la sgradita presenza del dominio austriaco sul territorio.
Gli avvicendamenti dei gestori dei locali (desumibili dalla relativa colonna della Tav. n. 2), dovuti al richiamo alle armi, ai fallimenti, alle pressioni della Polizia nei casi di persone sospette o ‘regnicole’, sono già testimonianza di una conduzione difficile, ma mai disperata, anche quando i sopralluoghi della Commissione di sicurezza, istituita dalla Luogotenenza, rendicontavano le numerose irregolarità nelle strutture o nei comportamenti dei gestori, che avrebbero perlomeno dovuto segnare l’arresto delle attività di esercizio. Eppure ancora nel 1917 i locali sopravvivevano quasi tutti, anche se in qualche caso con un’apertura saltuaria. Colpisce, inoltre, il fatto che la quantità dei cinematografi a Trieste durante il primo conflitto sia la stessa del 1954, all’indomani della riconsegna da parte del Governo Militare Alleato di Trieste all’Italia.63
Nel 1912 i proprietari dei cinematografi Americano (n. 25) ed Edison (n. 13), rispettivamente Josef Caris, negoziante, e Johann Rebez, commerciante, si associarono al titolare del Nuovo Cine (n. 7) Josef Fulignot, sarto e perito giudiziario, costituendo la «Società Cinematografica Triestina», l’unica esistente, che si occupò di queste sale fino al 1915 compreso. Pubblicavano annunci in comune e proiettavano gli stessi film.64 Insieme ad Attilio Depaul, fratello dell’irredentista Marcello (che ha lasciato un’interessante autobiografia), avevano costituito una sorta di ‘cartello’,
62 Paola Sorge, Kabarett! Satira, politica e cultura tedesca in scena dal 1901 al 1967, Roma, Lit Edizioni 2014, pp. 68-70.
63 Fulvio Toffoli, L’esercizio cinematografico a Trieste dalle origini ai giorni nostri, tesi di laurea, Università degli Studi di Trieste, rel. Alberto Farassino, a.a. 1979-80, p. 15 (Università di Trieste, Archivio tesi).
64Si veda la Guida generale cit. Olimpio Lovrich ne era editore proprietario negli anni 1914 e 1915: «Società cinematografica triestina, coi saloni Americano, Piazza Borsa 15; Edison, via Caserma 19; Novo Cine, via Acquedotto 37»; inoltre Dejan Kosanović, 1896-1918. Trieste al cinema, Gemona, La Cineteca del Friuli 1995, pp. 134 e 146.
evidentemente non gradito alla polizia, tanto che i loro nomi non compaiono più al Rossetti e al Fenice dopo il 1915.65 L’ultima traccia della loro formula associativa al Rossetti, infatti, risale al gennaio di quell’anno, quando la Direzione di Polizia, organo che sottostava direttamente alla Luogotenenza, rinnovò a Caris e a Rebez la licenza.66 Dopo l’entrata dell’Italia in guerra ebbero inizio gli internamenti dei sospettati politici e vennero sciolte le associazioni di ispirazione liberal-nazionale ed irredentista (primi effetti dello schieramento italiano a fianco dell’Intesa) e l’organo di censura della Direzione di Polizia non risparmiò nemmeno la divulgazione spettacolare, facendo pubblicare un elenco lunghissimo dei film censurati.67
Non era estraneo alla società anche l’impresario Giacomo Fiocca, uomo, oltretutto, di cultura musicale, poiché nella Guida generale della città di Trieste del 1915 compare come «maestro di musica e direttore dei cinematografi»: professione, dunque, quanto mai utile per l’accompagnamento musicale in sala.68 Il loro fornitore principale di pellicole era Nicolò Quarantotto, socio di Ruggero Bernardino fino al 1913, poi unico conduttore. Dal 1 maggio 1910 Bernardino e Quarantotto istituirono la società per «l’industria libera», con sede in via Machiavelli 3, di «noleggio e vendita films, pellicole per cinematografi, Ruggero Bernardino & C.».69 La ragione sociale venne protocollata mediante il socio Quarantotto quale «rappresentante della società al n. 3 di via Machiavelli».70 Allora Ruggero Bernardino, ben noto alla Polizia per la sua militanza irredentista,71 risultava residente a Udine e il suo nome compare nella ragione sociale della ditta fino al giugno del 1913, quando i due proprietari chiesero al Tribunale Commerciale e Marittimo lo scioglimento della società e la cancellazione dell’impresa dal Registro Commerciale, esercitata in quell’anno in via Rittmeyer 14 (Tav. 2, lett. E.). Dal settembre successivo l’azienda venne registrata sotto il solo nome di Quarantotto.72
65 Il disegno della réclame pubblicitaria della «crema marsala Depaul» degli anni 1920/21 riporta un’allegoria femminile ammantata di rosso alabardato e una fascetta tricolore: in Piero Delbello (a cura di), Gli Unni… e gli altri. Satira e propaganda per le terre irredente 1900-1920, Trieste, Irci, Italo Svevo 2011, p. 245.
66 ASTs, LGT AG, b. 2425, fasc. 80, 4 gennaio 1915. La Direzione di Polizia (Sezione Politica I) godeva piena indipendenza di organizzazione e rispondeva unicamente al luogotenente; ne erano a capo il consigliere aulico di polizia, lo sloveno Anton Mahkovec, e il comandante militare maggiore Josef Lonek: Ettore Kers (italianizzato Chersi, presidente dell’Associazione ex perseguitati politici), I deportati della Venezia Giulia nella Guerra di Liberazione, Milano, Casa Editrice R. Caddeo 1923, p. 58; Almerigo Apollonio, La “belle époque”cit., II, p. 680.
67 ASTs, LGT AG, b. 2425, fasc. 69, Kinofilmzensur.
68 Ivi, b. 2420, fasc. 140, 1913, 13 dicembre 14: «Fiocca Giacomo, accordatore e riparatore Pianoforti v. Alfieri 13», anche in Guida generale cit., ad vocem, 1910.
69 ASTS, TCM, Registro A. III 46, 1910, «Ufficio di noleggio e vendita films Ruggero Bernardino & C.». Oltre che nel registro delle industrie, la licenza doveva essere anche protocollata presso l’I.r. Tribunale Commerciale e Marittimo. Dal 1 maggio 1910 venne istituita la Società in nome collettivo, con sede in via Machiavelli 3, di Ruggero Bernardino e Nicolò Quarantotto, entrambi commercianti, sotto la ragione sociale «Ufficio di noleggio e vendita films Ruggero Bernardino & C.».
70 Atto notarile del 1 luglio 1910, in ASTs, TCM, Registro A. III 46, cit. 71 Si rinvia a tal proposito al capitolo II, par. 2,2.
In tale ‘trust’ cinematografico, dunque, i noleggiatori e i distributori di film avevano una posizione trainante e sottostavano alle norme ministeriali dell’industria centro-europea, ben diversa dai pesanti oneri fiscali che gravavano sugli esercenti del Regno.73 In Italia, fino al 1909, i gestori compravano le pellicole direttamente dalle case produttrici, in particolare estere, e solo la successiva produzione interna e l’omologazione delle tecniche di perforazione delle pellicole permise un ampio mercato della circolazione, anche transnazionale e transoceanica, con l’introduzione della figura del noleggiatore, grazie soprattutto a Gustavo Lombardo, ad Arturo Ambrosio e ai fratelli Roatto.74 Dal 1912 al 1914 l’industria italiana godeva il suo massimo successo negli Stati Uniti, Argentina, Brasile, Francia e Spagna. 75
A Trieste, con l’introduzione delle prime sale stabili dopo il 1913, il noleggio era il vero nucleo dell’esercizio cinematografico. Le pellicole erano in prevalenza di origine italiana fino al 1915 e tedesca in seguito, fino al congiungimento ai mercati italiani della grande industria cinematografica del dopoguerra. Il noleggio si basava su una pratica sistematica di réclame e, dunque, di contatti con le redazioni di giornali e laboratori tipografici, che permettevano un controllo del mercato e il lancio di intere serie di film. I noleggiatori non erano affatto pochi: il numero ce lo fornisce un documento, emanato dal governo centrale nel gennaio del 1914 in seguito a un catastrofico incendio avvenuto nella filiale viennese della Gaumont.76 Venne, infatti, disposta una revisione generale di tutti i locali di proiezione e di deposito di film, allo scopo di verificarne i requisiti di sicurezza e di conformità all’Ordinanza ministeriale sui cinematografi del 1912.77 Ecco l’elenco contenuto nel provvedimento, ordinato nell’ultima colonna della Tav. 2, ma che riporto anche di seguito per differenziare le ulteriori fonti da cui ho attinto i dati:
Kajetan Furlani, piazza della Borsa 7; Nicolò Quarantotto, via Rittmeyer 14; Luigi Roatto, via Barriera Vecchia 21; Eugenio Perucchini, via Carducci 39; (aggiunti a matita): Giovanni Laurencich, via Pietà 6; Vittorio Pollak, via Madonnina 15, Cinema Eden78; Enrico Wölfler, Barriera Vecchia 17; Josef Skerl, Barriera Vecchia 36, Cine Réclame79; Erwant Anmahian, piazza San Giovanni 3, II p.
73 A Milano, ad esempio, nella seconda metà del 1914 il contributo dei teatri e cinematografi era aumentato fino al 40% (settembre-ottobre): Irene Piazzoni, Teatro e cinema a Milano durante la prima guerra mondiale, in «Archivio Storico Lombardo», 8, 1991, pp. 309-351: 312.
74 Furono i primi (rispettivamente a Napoli, a Torino e nel Veneto) a capire le opportunità economiche offerte dal noleggio: Gian Piero Brunetta, Il cinema muto italiano. Da “La presa di Roma” a “Sole” 1905-1929, Roma-Bari, Laterza 2008, pp. 32-33.
75 Ivi, p. 59.
76ASTS , LGT CL, b. 3605, fasc. 443, 31 gennaio 1914.
77 Ordinanza del Ministero dell' interno di concerto col Ministero per i lavori pubblici, concernente l' impresa di pubblici spettacoli mediante cinematografi del 18 settembre 1912 pubblicata sul Bollettino delle leggi dell'impero. Regni e Paesi rappresentanti nel Consiglio dell’Impero, puntata LXXIX (vale a dire la "Gazzetta ufficiale" dell'impero austro ungarico), art. 5.
78 Viktor Pollak era proprietario del cinematografo Eden di via Madonnina 6. Può essere che una parte della sua attività fosse stata richiesta anche per assicurare le proiezioni nella sede delle Organizzazioni Operaie in via Madonnina 15. 79 ASTS, LGT CL, b. 3605, fasc. 443, 31 gennaio 1914, Kino Filmverleiher Revision der gewerblichen Betriebstätten
In base agli studi da me condotti la lista non finisce qui. Ho trovato, in aggiunta, i seguenti nominativi tratti dalla Guida Generale della città di Trieste del 1914 e del 1915 (fonti diverse sono riportate in nota):
Giacomo Fiocca, in via Farneto 1 80;Eugenio Zotter (socio di Quarantotto nel 1918), via Rittmeyer 14
81; Virginia Perini, via Valdirivo 29 (dal 1917 in poi), sede centrale prima ad Abbazia, poi a Vienna, filiali a Fiume, a Pola e a Trieste; Bazzanella Vittorio, Vio Olmo 3; Roatto cav. Luigi, via Barriera Vecchia 21 (fino al 1914); Vittorio Furlani, gerente della Universalfilms, Piazza della Borsa 7, II p.82; Pathé Frères & Co., Gesellschaft m.b.H., filiale di Trieste, via Carducci 3983; Società italiana Eclair, noleggio “films cinematografiche”, rappresentante esclusivo
Ė rilevante il fatto che le maggiori ditte di distribuzione, cioé la Pathé Frères & Co., Gesellschaft m.b.H.,84 filiale di Triete, via Carducci 39 (Tav. 1, lett. A.), la Eclair «noleggio films cinematografiche e articoli per cinematografi» di Anmahian Erwant in piazza San Giovanni 3 (Tav. 1, lett. B.), il deposito e noleggio di Giacomo Fiocca in via Farneto 1 (Tav. 1, lett. C.) e l’ Agenzia internazionale artistica teatrale di Angelo Curiel in Corso 28 (Tav. 1, lett. W.) si trovino nel punto centrale di confluenza delle tre aree urbane considerate (Piazza della Borsa, le vie dell’Acquedotto e della Barriera Vecchia).
La Guida italiana della cinematografia del 1915 riporta, ancora, altri professionisti attivi a Trieste; anche se alcuni non compaiono nella Guida generale della città di Trieste: si può ipotizzare che fossero rappresentanti di case italiane (o estere) e che non avessero, dunque, una sede propria:
Agenzia Ditta Pettine Cav. G, commercio film; 85 Rigo Flaminio & C., Casa Cinematografica, Trento, succ. Trieste, Milano, Torino, Genova, Napoli, commercio film; 86 Spina successori, via dell’Olmo 1
80 Ivi, 8 febbraio 1914.
81 Ibid. e Guida generale cit., 1915: procuratore Ettore Apollonio, stabilimento artistico-tipografico, via Rittmeyer 14. 82 Guida generale cit., 1914: «Films per cinematografo, noleggio», ad vocem.